
Renata e Maria sono sorelle gemelle, ma non si assomigliano per niente. Diversa l'altezza, diverso il coraggio, diverso il modo di andare alla deriva. Renata ama Jorge, ma lo perde passando di letto in letto; Maria si affida all'eroina. La loro madre adora l'opera e lotta per aprire la sua erboristeria in pieno centro a Saragozza. Dice che la paura è un mucchio di cose: ciascuno vi passa accanto e raccoglie quello che vuole. Per le figlie si preoccupa solo delle cose pratiche, "non dell'anima". Crede fermamente nell'indipendenza. Ma "le peggiori dipendenze non sono quelle economiche", e la peggiore infedeltà è l'infedeltà a se stessi. Rivivendo corse in motorino, sedute di terapia 'light' nei centri di disintossicazione, seduzioni vampiresche e notti strane, Renata a quarant'anni si spoglia a poco a poco di ogni forma di autoinganno, decisa a entrare a occhi aperti nella vita che verrà.
La Riviera luccicante degli anni Venti, tra i balli e il casinò, le spiagge e i campi da golf, è lo scenario di questa storia in cui cospirazioni di corte, trame massoniche e manovre dei Servizi segreti sospingono i destini dei personaggi in un gioco che può rivelarsi mortale. È a Sanremo infatti che soggiorna Maometto VI, sultano in esilio. E poco distante, a Bordighera, ha la sua dimora la regina madre Margherita di Savoia. Ma quando il medico del sultano muore in circostanze misteriose, Fatima viene fatta fuggire dalla corte perché ha visto qualcosa che non doveva vedere. Sotto una copertura insospettabile si nasconde a Isolabona, paesino dell'entroterra ligure che "crede nella Madonna e nel silenzio". Qui trascorre le sue giornate aspettando Michel e l'ineluttabile compiersi del destino, mentre dal grammofono di Ricò, all'ingresso del paese, escono le note malinconiche di una canzone sudamericana che inspiegabilmente si interrompe sempre prima della fine. Ma il nascondiglio di Fatima si fa sempre meno sicuro: sono in troppi a voler conoscere il suo segreto. A partire da Gino Cariolato, lo chauffeur-coiffeur della regina, che invidioso delle sue doti di pettinatrice rischia di mettere a repentaglio la vita del sultano.
Gianni Mura, cronista sportivo di "Repubblica", si inventa un Tour de France bagnato di sangue. Il protagonista, nonché io narrante, fa più o meno il mestiere di Mura: segue il Tour insieme alla "banda" dei giornalisti internazionali, quando può mangia bene, si industria con passione e stile a ricreare per i lettori il clima delle tappe, telefona di tanto in tanto alla saggia moglie, esercita il suo sguardo umano sulla quotidianità bizzarra di una delle manifestazioni sportive più fascinosamente epiche. Ma guardare costa. E comincia a costare da subito. Una giovane prostituta che ha tentato di adescarlo viene trovata senza vita davanti alla porta della camera d'albergo del nostro cronista. Che naturalmente viene subito sospettato, portato in galera e interrogato a sangue. Non fosse per la durevole ostilità del giudice al quale sono affidate le indagini, l'episodio sembrerebbe rientrare, ma ecco un nuovo, terribile omicidio. È a questo punto che entra in scena il detective Magrite - il solitario, riservato, acuto Monsieur Magrite che si mette sulle tracce dell'assassino. Ma ci vorranno un altro morto, una dark lady e un nugolo di appetitosi personaggi minori per scoprire il legame fra l'una e l'altra morte violenta e ripulire così le strade del Tour.
Il primo romanzo storico autobiografico di Nedo Fiano prigioniero A5405 nel campo di sterminio di Auschwitz. «La testimonianza di Nedo è una delle poche rimaste sui campi di concentramento e di sterminio. Lui, come Liliana Segre, si è accollato il compito civico di mantenere viva la memoria, un fiore debole che appassisce in fretta». Dalla presentazione di Ferruccio de Bortoli.
La Berlino di questo libro non conosce confini, né geografici, né storici. Parlano le statue, il Muro, i grattacieli, le stazioni, le vie, le piazze, i morti, i vivi. Parlano Jesse Owens, Vladimir Nabokov, Rosa Luxemburg, Franz Kafka, Marlene Dietrich, le aquile del Terzo Reich e la Madonna del Botticelli. Apre la Dea della Vittoria che stringe la lancia aspirando i profumi del Tiergarten; chiude Albert Einstein, il cui genio sembra scintillare nello sguardo rapido di un ragazzine in bicicletta. Eraldo Affinati scende nei bunker sotterranei, nuota nelle piscine pubbliche, corre in BMW, sorride ai fantasmi, si perde in periferia, ritrova il sentimento italiano nei quadri della Gemäldegalerie e nelle canzoni di Mia Martini. Si rivolge a Marx ed Engels. Ammira gli studenti della Biblioteca Nazionale. Riflette nella Stanza del silenzio. Ci racconta degli Hohenzollern e delle giovani reclute morte sulle alture di Seelow per difendere Hitler. Fa amicizia coi venditori di Kebab. Segue gli ultimi sopravvissuti dei lager. Ascolta i piloti della Luftwaffe, le prostitute dell'Artemis, i calciatori corrotti della Dynamo, le gracchie che volano sugli stabilimenti dismessi della Sprea, perfino le birre tracannate sui banconi delle Kneipen. Alla fine ci consegna il ritratto impossibile di un camaleonte: una città che sembra più vera di quella autentica, ma è fantastica come una leggenda.
Queste tragedie sono in realtà commedie: scenette teatrali in due battute basate sul 'nonsense' e sul paradosso. Achille Campanile mette in luce la pericolosità dei luoghi comuni, scardinandoli dall'interno e dissolvendoli nella loro assurdità. I personaggi che si muovono su questo palcoscenico immaginario, in un'atmosfera di sospensione ossessivamente nutrita di dettagli, hanno una sola battuta a testa per giocare il loro ruolo. Talvolta le stesse note di rappresentazione costituiscono l'intero contenuto della tragedia, come in quella d'apertura, "Una tragedia evitata in tempo", nella quale l'unico protagonista non recita una sola battuta; o in quella di chiusura, "Un dramma inconsistente", il cui solo personaggio è Nessuno, la scena "si svolge in nessun luogo" e Nessuno "tace". Beppe Severgnini, difensore appassionato della lingua italiana, sottolinea come Campanile tratti le parole: "Con delicatezza, infilzandole una a una, come un collezionista di farfalle. In un romanzo si può sbagliare una pagina, in un racconto un paragrafo, in un articolo qualche parola. In una 'Tragedia in due battute' neppure una virgola. Campanile trasforma la precisione stilistica in una vertigine letteraria".
Treviso, 1259. La città è stretta nella morsa della calura, l'aria stagnante toglie il fiato. Ezzelino da Romano siede severo sullo scranno, il viso impassibile e lo sguardo impenetrabile bastano a identificarlo come podestà senza che inutili orpelli ricoprano il corpo ormai consumato da mille battaglie. Di fronte a lui, insieme a una folla muta e sbigottita, la forca. È quello il destino dei venticinque sudditi che hanno scelto di parteggiare per il Papa e che hanno tradito lui, il loro padrone. Mai nella sua vita Ezzelino ha mostrato debolezza o indecisione di fronte al nemico, e i colpevoli devono morire. Ma quei pochi nobili, impauriti e quasi inconsapevoli della propria sorte, non sono che una goccia nell'oceano dei suoi avversari. Perché il Pontefice sta schierando le truppe contro di lui, per annientare l'ultimo baluardo dell'Impero, per uccidere l'Anticristo e la sua stirpe. Ancora una volta Ezzelino sarà costretto a combattere in quell'impasto di dolore ed esaltazione che è la guerra, ma questa sarà la sua ultima battaglia.
È attraverso l’amore che si impara ad apprezzare la vita e a dare il meglio di se stessi.
In un mondo dominato dall’ossessione dell’efficienza e della prestazione, la strada per raggiungere l’amore autentico coincide con il “coraggio dei sentimenti”. Il coraggio di abbandonarsi a essi per riuscire a esprimerli senza paura e a viverli in pienezza. Da questo – secondo le antiche tradizioni orientali – dipende la vera felicità.
Dal patrimonio delle filosofie e religioni 50 racconti sull’amore. Parabole vibranti di sensualità e di sapienza antica bussano alla porta del cuore e schiudono significati profondi.
Un libro per gli innamorati di ogni età. Un viaggio sognante e poetico sul sentiero della maturità affettiva che non trascura nessuna delle trappole e illusioni annidate lungo il cammino.
Il re Davide, anziano e costretto a tetto, presagisce la fine dei suoi giorni: accanto a lui, per riscaldare l'ormai debole corpo, giace una schiava; fuori dalla stanza si svolgono gli intrighi di corte per la successione al trono. Il re si rivolge a Dio e ripercorre, con Lui e davanti a Lui, tutta la sua lunga e avventurosa vita. Con Lui e davanti a Lui: perché Davide è stato il primo uomo a non temere di stare al cospetto di Dio, a dargli del "tu". Ed è stato il primo uomo che osò amare Dio: di un amore appassionato, sensuale, inebriante; così come di un amore appassionato, sensuale, inebriante aveva amato il suo popolo, le sue donne, l'amico fraterno Gionata, il figlio ribelle Assalonne. Un amore che non gli aveva impedito - per eccesso di passione, di sensualità e di ebbrezza - di peccare e di essere punito. Senza smettere di amare. Questo è, e non altro, il romanzo "Davide" di Carlo Coccioli: una storia d'amore e di peccato, di obbedienza e di desiderio, di vicinanza e lontananza dal Divino.
Cecilia è una ragazza romana di famiglia nobile che si converte al cristianesimo. Siamo nel II secolo d.C., sotto Marco Aurelio. Cecilia ha quindici anni e racconta il suo mondo con sensibilità e freschezza: l'amore felice che la lega alla sua nutrice Carite e al padre Paolo, medico filosofo e magistrato di Roma; l'affetto profondo e contrastato per la madre Lucilla; le sue amiche, le passioni, i matrimoni e i tradimenti di cui sono protagoniste queste giovani donne. Attraverso tutte queste relazioni, attraverso il confronto con la cultura del suo tempo, Cecilia cerca se stessa. In una società maschile, cerca un posto come donna. In un'epoca d'angoscia, di presentimento della fine, cerca una via di luce. Penserà di averla trovata nell'amore per un uomo, e poi in una nuova fede. "Cecilia" è la storia di un'anima, il percorso di una personalità insieme inquieta, forte e commovente, di una nuova identità femminile.