
"Un nuovo romanzo da mettere in biblioteca soprattutto perché in una biblioteca che si rispetti un classico del Novecento come Moravia deve essere presente con le opere complete." (Geno Pampaloni) "Il viaggio a Roma è un romanzo di iniziazione, di iniziazione alla maturità; o di liberazione dalla nevrotica turbolenza dell'adolescenza." (Enzo Siciliano) "Un romanzo audace dove la strada dell'incesto è sbarrata soprattutto dalla tomba della madre; un romanzo continuamente in bilico tra la soglia oscura della memoria e i lampi contraddittori del presente." (Giulio Nascimbeni)
Sin è il nome della luna. Così la chiamavano gli antichi nomadi arabi che l'adoravano sulla vetta della montagna conosciuta col nome di Sinai. Roberto è un giovane tossicodipendente che, dopo un periodo trascorso fra crisi violente, furti per procurarsi la droga e il carcere, scompare da casa senza lasciare alcuna traccia di sé. Il padre, nel disperato tentativo di ritrovarlo, si rivolge a una donna dai poteri misteriosi che venera la luna di cui conosce le influenze, i riti e le magie. Il suo nome è Anna ma gli abitanti del paese di Solano la chiamano "Annaluna". L'uomo percorre la strada indicatagli dalla donna e arriva ai piedi della montagna della verità, l'ultima fatica della purificazione. Oltre la vetta, ritrova Roberto...
Tre donne, tre amiche e la loro storia, raccontata da Virginia. Il tema dell'eros e quello dell'addio, il tradimento e la fedeltà ai patti d'amicizia, l'ambiguità del vivere e il matrimonio, prigione piena di speranze di salvezza. E poi l'invidia e l'ipocrisia, che fanno da sfondo alle grandi amicizie nello straordinario mondo del teatro dell'opera.
Anto ha due passioni: il sonno e il lenzuolo di sotto. Vuole imparare a dormire sulla vita che scorre, e di questo dialoga con il padre. Incontra Sonnekj, il vecchio saggio che possiede il sonno assoluto e che gli insegna a diventare un sonnambulo, a dormire un sonno compiuto, limpido e colorato. Conosce Ora, una sonnambula. Si innamorano e si uniscono per sempre. In una prosa surreale, visionaria e potente Antonio Rezza ci dà un testo unico: un inno al sonno, inteso come metafora della vita e della crudeltà del mondo; ma anche una storia d'amore perché non c'è cosa più bella che vedere una donna che dorme...
Pubblicato con grande successo nel 1889, "Il Piacere" è il primo romanzo di Gabriele d'Annunzio. Le esperienze biografiche del giovane scrittore nella Roma elegante e mondana di fine secolo confluiscono qui nel personaggio di Andrea Sperelli, giovane artista e raffinato esteta. I suoi complicati amori e il suo tentativo di "fare la propria vita come si fa un'opera d'arte" si vengono però a scontrare con un mondo che, malato di edonismo, sta morendo soffocato "nel grigio diluvio democratico odierno" che alla bellezza sostituisce il profitto. L'amara e sterile ricerca del piacere del protagonista è dunque emblematica di una crisi di valori di ben più vasta portata, quella dell'intera società aristocratica ottocentesca.
Messa per la prima volta in scena a Venezia nel 1753, "La locandiera" piacque subito molto, anche se forse non riuscì ad affascinare del tutto il pubblico del tempo. Originale, spiazzante, giocata su una storia d'amore che non si sviluppa secondo gli schemi consueti, ma li rovescia in un gioco di imprevisti, "La locandiera" era probabilmente troppo "moderna", troppo audace per la sua epoca. Più che una vicenda sentimentale, il commediografo veneziano aveva infatti scritto una storia sull'egoismo e sulla forza di carattere, magnificamente rappresentati nella seducente e sicura Mirandolina, civetta e donna d'affari, indimenticabile esempio di un eterno femminino davanti al quale devono crollare tutte le difese degli uomini, anche e soprattutto di quelli che fanno sfoggio di un'esasperata misoginia. Con uno scritto di Giorgio Strehler.
Profondo, perfino inquietante, estremamente "vero": "Il Principe" di Machiavelli, scritto nel 1513, è un capolavoro del pensiero e della letteratura, un testo classico da leggere, rileggere, gustare nella sua prosa rapinosa e avvincente. Le rivoluzionarie intuizioni di Machiavelli, rimaste attraverso i secoli di provocante attualità, sono tese soprattutto a mettere in luce l'indipendenza delle categorie dell'utile e del pratico rispetto a quelle etiche e religiose. Su questa indispensabile premessa si basa il ritratto del Principe, individuo virtuoso, creatore assoluto dello Stato inteso come compiuta costruzione "artistica": un uomo nuovo che, con il suo individualistico sforzo creativo, attua la sintesi di virtù e fortuna, un profeta armato capace di realizzare il controllo razionale del progetto e della prassi politica, ponendosi come antitesi alla forza devastatrice del Caso. Introduzione di Vittore Branca. Commento di Tommaso Albarani.
Le lotte per il potere economico e politico, la rottura dell'ordine sociale per la decadenza della classe nobiliare e per l'ascesa di uomini nuovi sono i motivi dominanti del "Mastro-don Gesualdo", insieme impiegati a delineare la figura del protagonista: eroe epico nella prima metà del libro, tragico nel fatale fallimento psicologico-affettivo e nella malattia fisica nella parte finale. Il romanzo, capolavoro del verismo italiano, nasce nel grande decennio della narrativa verghiana, tra il 1880 e il 1890, con una gestazione lunghissima e tormentata che porta alla revisione finale del 1889, una vera riscrittura del libro. Questa edizione documenta la genesi del "Mastro-don Gesualdo" attraverso una scelta dei testi che lo precedono, e presenta anche ciò che resta della "Duchessa di Leyra", testimonianza dell'estrema crisi espressiva che ridurrà lo scrittore a un silenzio pressoché totale.
C'è un uomo da solo in una bella casa nuova: l'ideale per lavorare e riflettere. Dietro le spalle quest'uomo si è lasciato le macerie normali di una vita normale: un matrimonio finito, un'amante delusa, un figlio un po' estraneo. Ma ora finalmente il suo cumulo di rovine potrà chiuderlo dietro la porta. Peccato che, a porte chiuse, lo aspetti un roditore subdolo come un ricordo, tenace come un rimorso, feroce come la coscienza. Lui è il nemico. E' contro di lui che avverrà lo scontro finale. Per accorgersi poi che in fondo tutti abbiamo bisogno di «qualcosa che non faccia addormentare i nostri dubbi». Questo monologo è andato in scena dal 1988 al 1990.
Mattia Pascal è certo il primo protagonista di romanzo, in Italia, a intrattenere un rapporto volubile e leggero con le proprie radici temporali, quasi fosse incalzato da una segreta vocazione a evaporare e dissolversi in altre forme, contro il ricatto della storia e delle sue istituzioni. Agli antipodi degli eroi dannunziani dalla vita sublime, con Mattia Pascal si annunciano gli eroi della vita interstiziale, sopravvissuti a una catastrofe dell'ideologia ottocentesca, della quale solo dopo la grande guerra si intende per intero lo schianto.
Il capitano di un vecchio battello è al suo ultimo viaggio. Sottocoperta un carico di uomini, donne, bambini aspetta di arrivare alle coste italiane. Fra echi biblici e leggende di mare Erri De Luca narra una storia senza tempo calandola nelle vicende di oggi. Un testo scritto per il teatro che ha l'andamento di un racconto.