
In questo libro Enzo Biagi racconta la storia delle donne che ha incontrato, delle confidenze (o confessioni) che ha raccolto, di chi ha raggiunto la celebrità della grande Storia, di chi invece è rimasta nascosta ma ha recitato sino alla fine tutta la sua parte. Dalla regina Elena alla sua rivale Margherita di Savoia, da Maria Callas ad Anna Magnani, da Katja Mann a Natalia Ginzburg, da Dacia Maraini a Catherine Spaak, da Marlene Dietrich alla Dama Bianca...
Questo libro è il diario di un viaggio fatto nell'Africa dimenticata, quella delle bidonville sommerse dai rifiuti, dell'epidemia di Aids, della violenza indiscriminata, dell'infanzia distrutta dalla malnutrizione, delle malattie e delle droghe. Una testimonianza indignata e sgomenta di un viaggio all'inferno: un inferno senza redenzione, se non fosse per l'opera di volontari, laici e religiosi, missionari e membri di associazioni non governative, che tengono viva, contro ogni logica, la luce della speranza. Questo libro è insieme un tributo a quella speranza e agli uomini e alle donne che l'alimentano e una riflessione politica sulle storture della globalizzazione e le responsabilità dell'Occidente.
Una giovane restauratrice, sposata e madre di un bambino, s'innamora di un giornalista e per lui lascia il matrimonio, il figlio, gli affetti domestici. Sullo sfondo della contestazione del Sessantotto, la donna viene attirata dal gruppo di amici del suo nuovo compagno che la accoglie, la vuole, e poi la rigetta. Come ha scritto Garboli, "Rosetta Loy è il solo scrittore italiano che abbia cercato di leggere la nostra storia con continuità, andando a stanare sotto la crosta di un decennio tragicamente euforico, gli anni Cinquanta, il seme di tutto ciò che è avvenuto dopo".
Due sorelle adolescenti sono divise dalla separazione dei genitori. La più piccola resta con la madre, l'altra finisce col padre a Parigi. Per attutire il colpo si scrivono. Scrivendosi si raccontano l'una all'altra. Ma raccontano anche, con innocente crudeltà, le nuove vite dei "grandi". Scherzano, ma la commedia sfiora il dramma. Due sorelle per parte di padre viaggiano sulla vecchia Jaguar ricevuta in eredità. La più giovane è studiosa e tranquilla, la più vecchia spericolata e oppressa da una vitalità debordante. Scherzano, ma la commedia si fa tragica. Due sorelle già donne sono separate dalla morte della più grande. Quella che resta, racconta l'infanzia, la giovinezza, la maturità e la malattia finale come tappe di un viaggio doloroso e bellissimo.
Centro Italia, alla vigilia del secondo conflitto mondiale. La vita di un gruppo di ragazzi e ragazze si trova nel pieno di quella che presto diventerà una guerra civile. Fra loro c'è Stefano Portelli, avvocato di belle speranze con la testa gonfia di utopie innamorato di Eleonora. E c'è la cognata Nina, legata in segreto a Sergio, capo partigiano quasi adolescente. Altre esistenze corrono parallele, incrociandosi poi in maniera imprevista: quella di Alastair Ormiston, pilota inglese della RAF, che adora i libri di Virginia Woolf e sogna il compagno ideale. E quella di Edna, l'amica del cuore che, in una Londra bombardata dai nazisti, scopre se stessa e la felicità. Se queste vite si incroceranno in maniera imprevista, rimescolando le carte della grande Storia, sarà per opera di un destino che le supera, bruciandole in un falò dove tutto si consuma - gioia e dolore insieme.
Franziska è venuta alla luce il 1 gennaio 1990 e l'imperatore Francesco Giuseppe le ha concesso, come a tutti i sudditi nati nelle prime sei ore del secolo ventesimo, un dono di mille corone e il proprio personale padrinato. Così la figlia del falegname Skripac sarà figlioccia dell'imperatore. Fulvio Tomizza racconta la sua storia: la vita, i sogni, gli amori, le delusioni di una slovena del Carso a Trieste. Una vita come tante, ma ricostruita sulla base di lettere autentiche venute in possesso dell'autore.
"Non avrà fortuna questo libro, perché troppo dotto per gli umili e troppo umile per i dotti; è di moralità ipocrita, e perciò non potrà vivere." Con questo poco lungimirante giudizio Vincenzo Monti salutava l'uscita dei "Promessi sposi". Come ben sappiamo, si sbagliava. Perché fin dalla sua prima apparizione nel 1827 e con la successiva rielaborazione del 1840-42 (quella che qui si pubblica), "I Promessi sposi" si impose come il grande romanzo nazionale che all'Italia mancava. Nella vicenda seicentesca dei due fidanzati che solo dopo infinite peripezie riescono a convolare a nozze, infatti, è racchiuso quanto di meglio la letteratura possa dare: una trama che ancora cattura, una finezza psicologica che stupisce, un'ironia tanto sottile quanto irresistibile, l'incanto di una lingua raffinata e popolare, un profondo senso della morale e della storia. Con un saggio di Italo Calvino. Introduzione di Gabriella Mezzanotte.
Spagna, 1937. In uno scenario di guerra feroce come ogni guerra, vivido e vero come fosse oggi, una strana coppia di italiani di parte franchista - il capitano Degli Innocenti e il suo attendente, l'indimenticabile doppiogiochista Filippo Stella - sprofonda nella ricerca di un cadavere che forse non è un cadavere, visto che taglia teste di uomini vivi. Che cosa troveranno veramente questi due moderni Chisciotte e Sancho, mentre intorno a loro da ogni parte si annuncia l'orrore, non è dato sapere, ma solo intuire.
Il libro racconta di vicende impossibili se misurate col metro degli uomini, ma attraversate forse da una verità più intima: per Alessandro Magno il tempo viaggia al contrario costringendolo a rivivere a rovescio la vita; Ferdinand De Saussure risolve un intricato caso di omicidio con l'ausilio della linguistica; un uomo che dice di chiamarsi Sancho Panza uccide Cervantes accusandolo di essere un ladro di storie; Robert Scott va con ebbrezza incontro alla morte e nel suo diario qualcuno ha scritto per lui le frasi che più sembrano sue; Ulisse, dopo aver combattuto una guerra epica e immensa, esita a piegarsi all'ordinaria felicità che ha a portata di mano... Dieci racconti scritti con un linguaggio veloce e denso, con un ritmo da ballata.
Secondo libro di Fenoglio, "La malora" apparve nel 1954, due anni dopo il fulminante esordio dei "Ventitré giorni della città di Alba". Vi si racconta, con un tono ruvido che nulla concede alla retorica e al sentimento, la vicenda carica di destino del giovane Agostino che, morto il padre, va a servizio in un'altra cascina. Fenoglio conosceva bene la realtà umana delle colline di casa. Le vite elementari dei suoi personaggi, scandite dalla fatica e dal silenzio, dalla dignità e da speranze impossibili, sono come scolpite nella pietra di un linguaggio essenziale, e tuttavia profondamente partecipe che ha fatto dello scrittore albese uno dei "grandi" del Novecento.