
Ucciso da una pallottola dell'americano Mr. Smith nel 1987, il questurino Sarti Antonio risorge dalle proprie ceneri, quasi miracolosamente, sette anni dopo. I cinque testi qui riuniti, quattro racconti e un romanzo breve, tutti editi tra 1994 e 2001 su riviste e pubblicazioni ormai irreperibili, segnano appunto il ritorno dell'amatissimo sergente al suo pubblico. L'essere scampato alla P38 di Smith l'ha reso più duro, più diffidente, più smaliziato, più autonomo. Più deciso nell'affrontare i diversi frangenti, più capace di orientarsi con maggiore sicurezza in un mondo che dispiega a ogni passo orrori senza fine. Una nuova forza che, unita al pudico e profondo senso di pietà, all'onestà testarda di voler sempre capire, rendono questo Sarti Antonio "seconda maniera" un uomo più attrezzato per viaggiare lungo i molteplici inferni del presente.
Per le stanze della Pensione Eva, il casino di Vigàta, transitano figure e personaggi di quei provinciali, sonnolenti, tipici anni Trenta degli indimenticabili romanzi di Camilleri. Ogni quindici giorni le sei “picciotte” della Pensione partono, e ne arrivano delle nuove, ed è in mezzo a queste presenze carnali che trascorre la giovinezza di Nenè, Ciccio e Jacolino. Frequentando la Pensione i ragazzi si imbattono in apparizioni spirituali, fantasmi letterari, vicende al confine fra la poesia e la realtà, perché “le storie che quelle picciotte potevano contare gli avrebbero permesso di capire. Capire qualichi cosa di lu munnu, di la vita”.
"Tu che mi ascolti" fu il saluto terreno che Alberto Bevilacqua diede alla madre Lisa da poco scomparsa. Ora lo scrittore torna a quell'idelae colloquio certo di poterle confessare i segreti che non ha mai potuto svelare per non turbarla nel suo male depressivo. Protagonista di questa narrazione è un figlio non voluto dal padre, "il Mario", affascinante ufficiale dell'aviazione durante la dittatura, donnaiolo impenitente, che solo nell'umiliazione delle ritorsioni subite dopo la guerra trova la via della propria coscienza. Ed è allora che il figlio, già costretto dall'immaturità del genitore a divenire precocemente adulto, può diventare, standogli accanto, sinceramente il padre del proprio padre.
Al Paseo de Gracia di Barcellona - dice un anonimo autore catalano - tutti si incontrano come al giudizio universale. Qui però "Il Giudizio Universale" è il titolo di un kolossal cinematografico ispirato alla Cappella Sistina: vogliono realizzarlo un vecchio produttore avido di potere e di denaro in alleanza con un rampante capitano dell'industria televisiva degli anni Ottanta. Esiste già un'antica sceneggiatura scritta da Eugenio Crema-Donnini, o Eugene Kramer, come lo chiamano ora in California, talentuoso scenografo da Oscar, vero protagonista del libro: un uomo doppio, di "granitico egocentrismo", tormentato da un eros che lo spinge a ripetuti tradimenti e trasgressioni, ma al tempo stesso marito senza pentimenti e padre coscienzioso. Edito nel 1987, "EI Paseo de Gracia" è un romanzo di invenzione rigogliosa in cui i classici temi soldatiani sono proiettati nel mondo che cambia dell'economia e della comunicazione; un libro doloroso e irriverente in cui Soldati ha il coraggio di farsi beffe di tutto, del cinema, della finanza, delle donne, persino di se stesso. Questa edizione si arricchisce di un'introduzione di Massimo Onofri e di una nota al testo di Stefano Ghidinelli, corredata da materiali inediti.
"Amo gli uomini del pressappoco e odio, o per meglio dire non mi sono simpatici, quelli che hanno le certezze assolute. In pratica amo quelli che parlano, che ascoltano, che cambiano parere". In un momento storico in cui i fondamentalismi tornano a insanguinare il mondo e vecchi e nuovi assolutismi offrono certezze in cambio di fedeltà cieca, il pressappoco è (o meglio "sembra") una medicina salutare di cui si sente sempre più il bisogno. E chi meglio di Luciano De Crescenzo, relativista di scuola partenopea, poteva scrivere questo elogio del dubbio preventivo? "I principali nemici del pressappoco - spiega - sono i religiosi, i politici, gli innamorati e i tifosi di calcio." Per non parlare del telefonino, del computer... Ogni materia infatti ha il suo pressappoco: quello della musica ad esempio è il jazz, quello del sesso la masturbazione.
II desiderio più semplice e naturale per una donna: diventare madre e costruire una famiglia. Ma un progetto tanto normale può diventare una sfida ardua, come quella che metterà alla prova la forza e la profondità dell'amore di Francesca e Andrea, i due protagonisti di questo romanzo. La loro storia vacilla, entra in una crisi che mai, prima, avrebbero potuto immaginare, e li pone di fronte a decisioni sempre più drammatiche. Può una donna rinunciare ad avere un figlio? E dovrebbe porre dei limiti alla propria volontà di procreare, quando le opportunità di fecondazione assistita le fanno sperare di esaudire il suo desiderio?
"L'alchimista degli strati", Martino Senales, geologo altoatesino, è amico e compagno di studi universitari di Abramo Fusswi, figlio di un saggio Emiro del petrolio. Quando l'arabo ritorna in patria, Martino si lascia convincere a seguirlo. Nel piccolo Stato del Golfo diventa il responsabile dell'estrazione dell'oro nero. La sua intelligenza e creatività scientifica paiono in misterioso rapporto con le Forze del Cosmo. Il petrolio è nella prima parte uno dei grandi protagonisti di questo romanzo. È la preziosa energia attinta dagli strati profondi della terra, ma sempre legata ad avvenimenti drammatici e sinistri fin dalle origini della storia. Un libro misterioso, scampato dal fuoco che distrusse la famosa Biblioteca di Alessandria e poi accresciuto da vari autori visionari e profetici, in epoche diverse, ne racconta le vicende complesse e rovinose. Nei tempi moderni esso diventa sempre più la causa di sabotaggi, attentati, invasioni, guerre. Poiché l'epoca "maledetta" del petrolio sta per finire, creando crisi e disastri di ogni genere, Martino usa la propria genialità scientifica per trovare altre fonti di energia, e ci riesce.
"Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo..." Il caffè sospeso è un'usanza partenopea, ma anche una filosofia di vita. Questo libro raccoglie il meglio dei suoi articoli usciti su quotidiani e riviste dal 1977 al 2007 e mai pubblicati in libreria. Filosofia greca applicata alla vita quotidiana, aneddoti pieni di senso non comune, l'Italia passata sotto la lente dell'ironia: un pezzo dopo l'altro il libro compone una perfetta summa del pensiero di Luciano De Crescenzo.
“Da Socrate ho imparato la passione per la conoscenza, da Platone il vero volto dell'amore; da Epicuro l'amicizia e la felicità, da Eraclito l'idea che tutto scorre. È stato un santo come Agostino a farmi capire il senso del peccato, da Erasmo ho appreso un nuovo modo di guardare alla follia, da Nietzsche come superare la morale comune. Sono stati due scienziati, Galileo ed Einstein, a darmi una lezione sulla forza della curiosità intellettuale e su come ogni cosa dipenda dai punti di vista. Tutto questo adesso vorrei insegnarlo a te,lasciartelo in eredità.” Questo nuovo libro di Luciano De Crescenzo è una lettera d'amore. Verso il nipote Michelangelo, verso tutte le nuove generazioni, e verso la filosofia. La dimostrazione di come Socrate e compagnia bella possano rendere migliore la nostra vita.
È il 1883. Chiuso nella sua casa torinese, l'ormai settantenne don Domenico Lopresti. gentiluomo calabrese di incrollabile credo repubblicano, inizia a scrivere le proprie memorie, ripercorrendo l'attività politica clandestina, i dodici anni trascorsi nelle carceri borboniche, l'impresa dei Mille vissuta a fianco di Garibaldi, infine l'impiego presso le dogane del Regno unitario. Scrive con rabbia, di nascosto, quasi se ne vergognasse, spinto dalla necessità di frugare nel proprio passato per "rovesciarsi come un guanto": ne trae amarezza e disillusione. Antimonarchico, assiste al crollo dei suoi ideali risorgimentali e si abbandona ai ricordi di una vita raminga fitta di amicizie, tradimenti, speranze e delusioni: una vicissitudine umana di grande fascino che si fonde con le vicende di tutta una nazione dall'inizio dell'Ottocento ai primi anni del governo unitario, dando vita a un grandioso affresco tratteggiato con prosa compatta dalla leggera mimesi ottocentesca.
È l'alba. Anche stanotte Eva non riesce a dormire. Apre la finestra: l'aria pungente e dolce dell'aprile altoatesino sa di neve e di resina. All'improvviso il telefono squilla, la voce debole di un uomo che la chiama con il soprannome della sua infanzia: è Vito. È molto malato, e vorrebbe vederla per l'ultima volta. Carabiniere calabrese in pensione, ha prestato a lungo servizio in Alto Adige negli anni sessanta, anni cupi, di tensione e di attentati. Anni che non impedirono l'amore tra quello smarrito giovane carabiniere e la bellissima Gerda Huber, cuoca in un grande albergo, sorella di un terrorista altoatesino e soprattutto ragazza madre in un mondo ostile. Quando Vito è entrato nella sua vita, Eva la figlia bambina, ha provato per la prima volta il sapore di cosa sia un papà: qualcuno che ti vuole così bene che, se necessario, perfino ti sgrida. Sul treno che porta Eva da Vito morente, lungo i 1397 chilometri che corrono dalle guglie dolomitiche del Rosengarten fino al mare scintillante della Calabria, compiremo anche un viaggio a ritroso nel tempo, dentro la storia tormentata dell'Alto Adige e della famiglia Huber. La fine della prima guerra mondiale, quando il Sudtirolo austriaco venne assegnato all'Italia, quando Hermann Huber, futuro padre di Gerda, perse i genitori e con loro la capacità di amare.
Le storie degli eroi e degli dèi dell’Olimpo sono piene di colpi di scena, di amori, tradimenti, viaggi da sogno e vendette alla Rambo. De Crescenzo dedica al nipote e a tutte le nuove generazioni questo atto d’amore per Ulisse e tutti i miti greci, nella speranza, pagina dopo pagina, di trasmettere, come un contagio, la sua passione.

