
Un "intervento di routine, una cosa da nulla", si ripete il protagonista, ovvero Vauro stesso, mentre varca l'ingresso della clinica dove verrà operato. Tanto più che si sente in formissima: ma allora perché il personale non vuole sentire ragioni e lo costringe a salire su una sedia a rotelle? E da dove viene quel cigolio fastidioso? Dalla carrozzella su cui lo stanno portando nella sua stanza o dalle ruote della bicicletta di fortuna che l'infermiere Fahrid costruì un giorno per un ragazzino mutilato dalle mine, lassù sulle montagne afgane, nell'ospedale di Emergency? Sta di fatto che quello scricchiolio rimette in moto la memoria: da quel momento i ricordi giocano a rincorrersi, tendono tranelli, si susseguono incalzanti nella mente. Con l'unica compagnia di una paura inattesa, che ha assunto le sembianze immaginarie di un cagnolino ringhioso, Vauro rivive la tragicomica scoperta delle gioie del sesso solitario grazie al disegno della donna di Neanderthal su un'enciclopedia per ragazzi, l'amore esacerbato per il padre fedifrago e quello doloroso per una madre ferita. E poi viaggi in luoghi lontani, tra baraccopoli africane e guerre in Medioriente, volti di ragazzini afgani e palestinesi, sorrisi, scene drammatiche e spassosi siparietti, in un emozionante alternarsi di lacrime e risate, dolori e gioie. Frenetico e variopinto com'è la vita.
Non è raro sentire di bambini che hanno vissuto una breve esistenza, segnati dalla malattia e dalla sofferenza. Ma è senz’altro meno comune che un bambino di tredici anni, consapevole della fine imminente, conforti la madre dicendole: «Non temere, mamma... Se non avessi fatto la cresima, come avrei fatto? Se non avessi ricevuto lo Spirito Santo, come avrei potuto arrivare fino a qui?».
In questa semplice verità sta la grandezza di Luca (1996-2009), la cui breve esistenza è stata un continuo inno alla vita, nella gioia di seguire le gare di MotoGP, mangiarsi la pizza preferita e dormire fino a tardi, come tutti i ragazzini della sua età.
Luca, quel “pezzetto di cielo” – per via degli occhi di un azzurro intenso – che ha testimoniato una fede semplice e matura al tempo stesso, affrontando la malattia con pazienza e spirito di sacrificio, sempre grato a quanti gli sono stati accanto negli anni del dolore, ma soprattutto riconoscente a quel Signore che era certo non lo avrebbe lasciato fino all’incontro definitivo con Lui.
Attraverso i suoi scritti e le pagine del suo diario, legate dal racconto della mamma, una testimonianza commovente, capace di toccare ogni cuore, come già ha fatto con i cuori di campioni del calibro di Pedrosa e Capirossi.
La bambina che cullava il soldatino ussaro... Il prete che andava a dir messa in un eremo di monaci bizantini... Zia Anja e zia Nini, le migliori sferruzzatrici del paese. Nonno Yerwant, l'armeno, che tornava da un lungo viaggio... I personaggi di questo libro palpitano di vitalità e di splendore. Si rimane intrappolati dalle loro storie, sospese tra due mondi: quello magico, che sa di sogni e di fiabe, e quello concreto, che narra di vita contadina, di terre lontane, di senso della patria e della famiglia, di fede e della forza invincibile dell'amore. Una galleria di racconti capaci di commuovere e regalare emozioni come solo i ricordi di vita vissuta sanno fare.
Sola e con una figlia, Mariuccia accetta di fare domanda come infermiera all'ospedale psichiatrico di Trieste. Quello è un lavoro sicuro, e Mariuccia ha una disperata necessità di mantenersi. Ma il mondo che le si spalanca di fronte è completamente diverso da ciò che immaginava. A Mariuccia si presenta una quotidianità fatta di trattamenti inumani, camicie di forza, bagni gelati, elettroshock, stanzini d'isolamento, e guai a chi fiata. Tutto le appare assurdo, anche se giorno dopo giorno vi si adatta come fosse normale. C'è anche una ragazza tra quei muri. Una ragazzina senza nome e senza diritti, come tutti lì dentro. Mariuccia scoprirà solo dopo alcuni anni che si chiama Marta. Marta è entrata all'ospedale dei matti per un'ubriacatura, una semplice sbronza, i genitori benestanti sono morti in un incidente e il cognato ha fatto di tutto per farla internare. Lo shock per la perdita dei genitori l'ha resa instabile, dice l'uomo, può essere pericolosa per sé e per gli altri. Ma la verità che traspare è del tutto diversa. Quando un giovane e coraggioso medico che si chiama Franco Basaglia inizia a denunciare con forza i trattamenti a cui sono sottoposti i pazienti psichiatrici e a lottare caparbiamente per una nuova realtà, Mariuccia entra in crisi. Riuscirà a crescere, a diventare una donna consapevole, a guadagnare la propria indipendenza combattendo per l'indipendenza e la dignità dei suoi pazienti.
Agata non sa nulla dell'amore e della bellezza. È una ragazza semplice, cresciuta su un'isola nel mezzo del Mediterraneo, da un padre distante, che è solo capace di toccare il ferro della sua fucina, e una zia bigotta, invecchiata anzitempo e terrorizzata all'idea di volerle bene. Al posto di una madre, un'assenza, sotto forma di un vestito azzurro sepolto in un armadio. Al posto delle carezze che meriterebbe, parole dure che feriscono come schiaffi. È la scoperta della passione a cambiare per sempre il corso della sua esistenza. Per la cucina, grazie alla creazione di una salsa capace di dispensare il buonumore e far gustare il mondo. Per un giovane addestratore di cavalli in un circo, Dumitru, che le fa capire, in un muto linguaggio di soli gesti, che la vita non è un inferno, come le hanno fatto sempre credere. È il piacere di un istante, un paio di scarpe rosse che danno scandalo, un ballo silenzioso con l'uomo amato e la pienezza che si prova solo realizzando i propri sogni. Così Agata inizia finalmente e vivere, a ribellarsi a un mondo chiuso, schiacciato dal moralismo, dalla corruzione, dalla prepotenza. Ma lì è nata, e lì vuole rimanere. Capirà che l'amore e la bellezza, in fondo, sono come il vento. Se non chiedi loro di restare, rimarranno a riempire i tuoi giorni.
Nel 1912, un anno dopo la morte di Mahler, la sua giovane vedova, considerata la più bella ragazza di Vienna e allora poco più che trentenne, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Inizia una storia d'amore fatta di eros e sensualità, che sfocerà ben presto in una passione tanto sfrenata quanto tumultuosa. Viaggi, fughe, lettere, gelosie e possessività scandiscono i successivi due anni, durante i quali l'artista crea alcune fra le sue opere più importanti, su tutte La sposa del vento. Ma la giovane donna è irrequieta e interrompe brutalmente la relazione. Kokoschka parte per la guerra con la morte nel cuore. Al suo rientro in patria, traumatizzato dal conflitto e ancora ossessionato dall'amore perduto, decide di farsi confezionare una bambola al naturale con le fattezze dell'amata. Questa è la sua storia.
"Un omaggio a Roma". Così Sandro Veronesi definisce "Gli sfiorati", il romanzo da cui è tratto il film omonimo di Matteo Rovere. Un omaggio non solo alla città che lo ha accolto per molti anni ma anche e soprattutto un confronto aperto con un momento storico che ha cambiato profondamente il volto di gran parte del mondo da noi conosciuto fino ad allora e rappresentato da una generazione sfuggente, distratta, schiumevole. In una Roma splendida e sinistra si dipana la vita solitaria di Mète, appassionato studioso di grafologia, introverso e ombroso. Belinda, la sorellastra quindicenne di Mète, affidata a lui per due settimane, è il centro d'attrazione di tutto il romanzo, il desiderio proibito e continuamente rimandato, la trasgressione irresistibile. A lei lo scrittore affida il vero senso del romanzo, rendendola portatrice di valori e caratteristiche appartenenti a un'epoca, quella degli anni Ottanta, contraddittoria e ambigua. I giovanissimi eroi di questa storia non sembrano invecchiati dopo vent'anni. Gli stessi desideri, le stesse paure e l'incredibile capacità di maneggiare l'insensatezza senza venirne travolti si possono ritrovare in molti giovani uomini e giovani donne della generazione degli anni Duemila; Mète e Belinda, infatti, diventano protagonisti di un film ambientato vent'anni dopo la loro nascita letteraria
È una vita come tante, quella del palermitano Giovanni Ribaudo: un lavoro dignitoso, una moglie, Vera, e un figlio, Salvatore, che frequenta l'ultimo anno delle superiori. Un ragazzo simile a molti altri, con un po' di sogni per la testa e qualche piccolo segreto. Ma una notte la paura che è di ogni genitore diventa realtà: una telefonata sveglia di soprassalto i Ribaudo, una sconosciuta cerca Salvatore con voce agitata. Salvatore però non è rientrato. La mattina, dopo angosciose ricerche, Giovanni scopre che suo figlio è stato arrestato: un reato grave, un'accusa incomprensibile. E per quest'uomo, che ha sempre creduto a parole come onestà, giustizia, serietà, e ha cercato di viverle, inizia un incubo, nel quale precipita tutta la sua famiglia. Schiacciato negli affetti, assurdamente e crudelmente privato di un figlio, si trova a dover combattere una battaglia personale contro un muro di indifferenza, di arroganza, di corruzione: una macchina capace di stritolare chiunque, che lo porterà lontano, molto lontano dalla persona che era... Una storia di sopraffazione e una requisitoria morale che investe un mondo intero.
Per Lorenzo, Leonardo è stato un padre affettuoso e insondabile. La sua verità gli è sempre sfuggita: o forse, ha sempre preferito non scoprirla, temendo di trovare in essa anche la propria. Ma la morte di Leonardo mette il figlio finalmente di fronte a una scelta decisiva: continuare a seguirne le tracce, conducendo una vita di impulsi e tradimenti, una vita destinata alla solitudine – o tentare finalmente un’autenticità limpida, faticosa, una coerenza negli affetti. In un’estate dei nostri anni spesa fra Roma e la Grecia, poche settimane in cui, come neanche il padre fece mai, nessuno sa o vuole dirgli tutta la verità, né le donne della sua vita, Sara e Carolina, né la madre Giovanna, elusiva e ferita, né la fragile sorella Martina, né Marco, l’amico tradito e rimpianto; in un’estate feroce in cui ciascuno è solo, eppure consegnato al desiderio, alla ricerca spasmodica, al bisogno insopprimibile dell’altro, e nulla è davvero come sembra; in questa estate definitiva, Lorenzo dovrà scoprire tutto insieme: chi era davvero suo padre? È ancora possibile amarsi? Che cosa c’impedisce di essere fino in fondo chi siamo?
Un romanzo apocalittico che, con ironia e leggerezza, sbeffeggia la sindrome millenaristica e getta uno sguardo inquietante sulle conseguenze dell’apostasia dalla Chiesa di Roma.
L’avvento dell’anticristo e la fine del mondo: che temi allegri. Roba dell’altro mondo, proprio. Roba da fare scongiuri o da sbellicarsi dal ridere? La sindrome millenaristica, che di quando in quando attanaglia molta gente, è giustamente motivo di ilarità, specie quando deriva da fisime neopagane, come i calcoli basati sui calendari Maya, le elucubrazioni New Age e altre ciarlatanerie. Ma spaventare la gente rende, ed ecco perché tanti ne scrivono. Bisogna allora dire due cose. Primo: non ci sono dubbi, succederà; tutte le religioni monoteistiche dicono chiaramente che il mondo è destinato a finire; lo stesso, con linguaggio diverso, dice la scienza. Secondo: non sappiamo quando avverrà, ma non è affatto imminente; non vedranno niente di simile né i nostri bisnipoti né i bisnipoti dei nostri bisnipoti, e via di generazione in generazione. Perciò riponete i cornetti e i ferri di cavallo e godetevi questo racconto.
Edgarda Solfanelli è una scrittrice, o meglio "si sente" una scrittrice, anche se al momento ha alle spalle un'unica, ignominiosa pubblicazione della quale non vuole neanche parlare per motivi di decenza. Tutta la sua vita, ora, gira intorno al capolavoro (peraltro mai iniziato) da pubblicare con le Edizioni La Sorte di Ravenna, che, ne è convinta, la consacrerà definitivamente nell'olimpo dei letterati. Per raggiungere questo obiettivo, non si ferma davanti a nulla: indaga sul conto dell'editore, rivolta profili Facebook, colleziona diversi amanti, quelli che contano. Passando per un'esilarante carambola di gaffe e peripezie, eventi mondani a cui imbucarsi e scrittori famosi da perseguitare ai limiti dello stalking, Edgarda arriverà all'occasione della vita. Saprà coglierla? Troverà l'ispirazione per il romanzo perfetto? E soprattutto, se "uno su mille ce la fa", riuscirà mai Edgarda a essere quell'"uno"?
Renata e Maria sono sorelle gemelle, ma non si assomigliano per niente. Diversa l'altezza, diverso il coraggio, diverso il modo di andare alla deriva. Renata ama Jorge, ma lo perde passando di letto in letto; Maria si affida all'eroina. La loro madre adora l'opera e lotta per aprire la sua erboristeria in pieno centro a Saragozza. Dice che la paura è un mucchio di cose: ciascuno vi passa accanto e raccoglie quello che vuole. Per le figlie si preoccupa solo delle cose pratiche, "non dell'anima". Crede fermamente nell'indipendenza. Ma "le peggiori dipendenze non sono quelle economiche", e la peggiore infedeltà è l'infedeltà a se stessi. Rivivendo corse in motorino, sedute di terapia 'light' nei centri di disintossicazione, seduzioni vampiresche e notti strane, Renata a quarant'anni si spoglia a poco a poco di ogni forma di autoinganno, decisa a entrare a occhi aperti nella vita che verrà.