
Non finisce mai la voglia di Dario Fo di confrontarsi con il sapere e la storia per capire meglio l'uomo e il suo mondo. In questo caso per capire da dove veniamo e superare tutti i pregiudizi che abbiamo in testa, dettati dall'ignoranza. Ecco una risposta semplice, documentata e divertita a chi ancora oggi sostiene il creazionismo in polemica con Darwin e la teoria dell'evoluzione. Vale la pena leggere queste pagine su un grande scienziato e viaggiatore instancabile, che dedicò la sua vita a scoprire come è fatto il mondo in cui viviamo e perché siamo così. Anni passati in mare e in terre lontane a raccogliere conchiglie, coleotteri, crostacei, a studiare la vita degli insetti (soprattutto le formiche e la loro incredibile capacità organizzativa) e in genere di tutti gli animali considerati come nostri fratelli. Da lì noi veniamo, come possiamo maltrattarli? Strano: un teologo che diventa scienziato confutando le teorie deterministe della Bibbia, che dimostra che noi tutti siamo discendenti dello stesso ominide, siamo tutti uguali, e per questo combatte la tratta degli schiavi. Era troppo allora (subì attacchi violentissimi non solo dalla Chiesa), ma anche adesso Darwin dà fastidio e la sua teoria è contrastata, soprattutto in certi ambienti scolastici. Una favola vera, di più di duecento anni fa, attualissima.
"Sì, ora ve lo dico, ma promettetemi che andrete avanti a leggere. Non fate scherzi. L'ho saputo da poco pure io, me l'ha detto mia mamma, perché è capitato, ma com'è andata lo leggerete più avanti. Dopo ha voluto parlarmi la psicologa e anche la dottoressa che mi conosce da quando sono nato (è parecchio seria la dottoressa ma anche parecchio simpatica e gentile). Mi chiamo Giovanni, ho dodici anni (quasi tredici) e sono nato con l'Hiv. Non lo sa nessuno, a scuola, alla polisportiva, all'oratorio, ma ho un gruppo di amici che lo sanno eccome e mi hanno istruito come in una piccola confraternita (sì, Star Wars l'ho visto tutto). Poi c'è mia mamma (mi vergogno un po' a dirlo ma sono sincero: amo mia mamma! wow, l'ho detto), mio papà che gli voglio bene anche se è impossibile batterlo a Fifa con la Play-Station (accidenti!), mia zia supercreativa e un po' scombinata (adesso si offende, lo so!) che mi porta a teatro e allo yoga della risata. Ho un desiderio e mi hanno detto che questo libro potrebbe aiutarmi a realizzarlo: vorrei parlare della mia malattia perché il silenzio mi fa sentire un po' solo (e a me la solitudine proprio non piace) e perché può aiutare anche chi non ce l'ha a non prendersela (questo me l'ha detto la dottoressa, eh). Allora buona lettura, Giovanni."
"Quasi niente" ha il sapore antico delle storie narrate un tempo davanti al focolare. Storie che intrattenevano liberando sapienze semplici ed essenziali, di cui oggi si sente la mancanza. In quest'epoca frenetica dominata dai miti del successo, della vittoria a ogni costo e dell'arricchimento, Corona e Maieron portano un contributo diverso e spiazzante. Parlano di sconfitta, fragilità, desiderio, pace interiore, lealtà, radici, silenzio, senso del limite, amore, rievocando personaggi leggendari come Anna, Silvio, Menin, Tituta, Tacus, Orlandin, Cecilia, Tin, il trio Pakai e molti altri. Uomini e donne che non hanno trovato spazio nei libri di storia ma hanno saputo lasciare un messaggio illuminante, che può trasformare le nostre vite. "Quasi niente" nasce dall'incontro tra due grandi amici che, in una conversazione appassionata e godibilissima, alternano delicatamente storie, aneddoti, riflessioni e citazioni regalandoci un piccolo e prezioso gioiello. Una filosofia minima e pratica che al linguaggio gridato preferisce l'arte di sussurrare, in cui l'etica del fare ha sempre la meglio sull'estetica dell'apparire. Una filosofia che proviene da un passato rievocato senza nostalgie. Un tempo in cui i valori erano vissuti concretamente non per moralismo ma perché aiutavano a stare meglio. È l'ultima traccia di un mondo ben diverso da quello in cui viviamo oggi. Un mondo duro, feroce, ma che ha ancora molto da insegnarci.
Tutto ha inizio al Marriott Hotel di Washington. Nessuno dei convocati sa qual è veramente la posta in gioco e il ruolo che ciascuno di loro avrà nel più grosso complotto internazionale degli ultimi decenni. Non lo sa nemmeno Ron J. Stewart, agente segreto americano, pronto a tutto, una vita segnata da missioni impossibili. Ma questa che sta per essergli affidata è la più mefitica e delicata in assoluto. In gioco c'è il futuro politico dell'Italia e i rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Fermare l'entrata al governo del Pci usando qualsiasi mezzo, anche le Brigate rosse: questo l'obiettivo. Tra Praga, Parigi, la Berlino attraversata dal Muro, Milano, Genova, in accordo con altri agenti segreti dell'Est e dell'Ovest, al di fuori dei canali ufficiali, Stewart dovrà infiltrarsi e aiutare i terroristi nella loro azione eversiva e destabilizzante. A farne le spese, l'uomo politico italiano più famoso. Un agente segreto francese, scoprendo la trama che si stava tessendo, cercherà invano di salvare il leader democristiano. Invano, perché "lui" doveva morire. Commissionato a Ferrari con non poche pressioni dal "Corriere della Sera" devastato dallo scandalo P2, tenuto nel cassetto per anni, questo romanzo anticipava quanto poi in parte confermato da nuove testimonianze e dalle commissioni d'indagine sul delitto Moro.
Una manifestazione antifascista che riuniva partiti e sigle sindacali. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti e un fiume di gente tutt'intorno. L'esplosione, dissero i sopravvissuti, fu "una specie di vento". Il bilancio: otto vittime e centodue feriti. Poi indagini, depistaggi, omissioni, mezze verità, cinque istruttorie, tredici dibattimenti e due condanne definitive arrivate nel giugno 2017. Quarantatré anni dopo. Marco Archetti, scrittore bresciano, avvalendosi di documenti storici e testimonianze di prima mano, compone un romanzo toccante e prezioso che ridà vita alle otto vittime della strage. Evitando ogni retorica e concentrandosi sulle loro vicende umane, le fa affiorare dal buio ed entrare in scena come in un film. Un atto d'amore e di memoria. E per la prima volta i caduti della strage non sono solo nomi su una lapide commemorativa, ma vengono raccontati come uomini e donne in carne e ossa, "né santi né eroi", in una Spoon River luminosa, scandita dalla voce di Redento Peroni. Quella mattina si trovava a pochi passi dalla bomba ma il destino volle che il piccolo gesto di uno sconosciuto gli salvasse la vita. Così il suo racconto guida la narrazione e testimonia fatalmente un'epoca della nostra storia recente, anni bui, di piombo ma anche di umanità, tenerezza e legami profondi che hanno molto da dire a ciascuno dia noi. Una storia che è un canto di vita: la morte in ritardo di duecento pagine.
Susanna Bo non è soltanto autrice di una storia autobiografica come tante, ma è, a differenza di molti che raccontano se stessi in versi o in prosa, una scrittrice con un suo stile e una vocazione narrativa molto forte, grazie a cui sa ben dosare gli elementi del racconto per spingere il lettore alle risa e alle lacrime, a volte nello stesso tempo, e ad alzare lo sguardo. Questa è una "storia vera" e però è allo stesso tempo un "romanzo", con una sua struttura che man mano si è imposta alla spontaneità diaristica e ubbidisce allo statuto narrativo proprio del genere letterario, grazie a una scansione degli avvenimenti non solo cronologica. Al suo interno campeggiano i due protagonisti: Susi, "la brava ragazza" tutta casa e chiesa ma insofferente degli stereotipi, inguaribilmente ironica e autoironica; Luigi, "l'ateo", più esperto di discoteche che di chiese, l'ingegnere di poche parole che diventerà l'amore della sua vita e la guida, anche per lei, nel condurre la sua e la loro "buona battaglia"; intorno si muovono altri personaggi reali, l'amico di infanzia, le giovani coppie, i genitori: e lo sfondo è, per quanto volutamente sfumato, una piccola città di provincia a forte vocazione turistica, inquadrata con la sua riviera da un obiettivo che non è quello del turista. Prefazione Enrico Rovegno.
Mons. Giuliano Agresti (Barberino del Mugello 1921 - Lucca 1990) è un singolare personaggio. Uomo di Chiesa (fu Vescovo di Spoleto e Arcivescovo di Lucca), fu anche scrittore e pittore, che con la sua esistenza ha attraversato i momenti più infuocati del `900: la 2° guerra mondiale, il Concilio Vaticano II, la contestazione, fino al caos dei giorni nostri.
La lettura de `Il Nomade` è una vera esperienza spirituale: ci porta sempre più in confidenza con lo spirito del protagonista e contemporaneamente con il nostro, con nuove intuizioni e scoperte davvero rivoluzionarie.
Nomade è il pellegrino che, attraverso le vicende della vita terrena, scopre la Presenza di Dio nella storia. Per questa ragione egli resta, lungo tutto il suo cammino, un cercatore di Dio.
Un documento notevole per comprendere le idee politiche e religiose di Niccolo Tommaseo nel periodo parigino tra il 1835 e 1837.
Una vacanza speciale, il profumo della speranza che riporta la gioia di vivere. Agnese è una bambina piena di paure, chiusa, insicura e timida che si ritiene abbandonata dai suoi genitori, che l'hanno spedita con Caterina, una zia sbucata da chissà dove, in vacanza a Dogana, una fattoria sul mare. "L'estate di Agnese" è il racconto di questo incontro, la storia semplice di una vacanza insieme, capace di curare ferite e ridonare, ancora e di nuovo, il respiro della speranza.
L'alba di un primo bacio, preludio del tempo bello che verrà. Due storie, due amori, due epoche diverse... Lele ha vent'anni ed è stato lasciato dalla fidanzata dopo tre anni. Decide di andare a trovare il nonno paterno, Raffaele, per raccontargli le sue paure per il futuro, ma anche il suo dolore per la fine del rapporto con Lorena. Il nonno lo ascolta e gli racconta una storia che non ha mai rivelato a nessuno. Ha lavorato come infermiere nel manicomio di Teramo. Qui, nel 1945, mentre finisce la guerra vengono ricoverati, quasi contemporaneamente, due giovani, Saverio e Crocifissa. La simpatia tra i due si trasforma presto in un sentimento più profondo. Tutti osteggiano il rapporto nato in un luogo di sofferenza e di alienazione, ma Raffaele prende a cuore i due giovani e li aiuta a scappare dal manicomio.il saggio di Loredana Petrone affronta le tematiche legate al periodo dell'adolescenza e dell'innamoramento.
"Diario di un padre innamorato" è il regesto emozionale di un uomo quarantenne che diventa padre e affronta - prima, durante e dopo - tutte le trepidazioni che l'evento gli fa provare, a cominciare dalla paura. Orchestrato come una "monodia" di introspezioni progressive, in una prosa limpida e intensa, di evidente impronta poetica, il testo si compone di settanta frammenti lirici, i quali costituiscono altrettanti paragrafi di una ideale "lettera aperta" che il padre, divenuto pienamente consapevole del proprio amore, scrive in prima persona alla figlia, ricordandole - dal concepimento ai primi tre anni di vita - tutta la bellezza racchiusa nel "miracolo" di essere nata. Con un saggio di Paolo Di Paolo.
Due donne che insieme riallacciano i fili di un'esistenza svuotata e si ritrovano nella capacità di generare nonostante le difficoltà vissute. Alice e Ilaria sono due donne che non hanno nulla in comune se non il dolore della perdita. Alice, barbona per scelta e per amore, ha dissipato la propria bellezza e gioventù per correre dietro alla libertà, rinunciando all'unico bene certo della sua vita: una figlia nata per caso, non amata anche se voluta. Ilaria ha il ventre vuoto, dopo un aborto spontaneo che le ha portato via la forza per affrontare l'esistenza. Alice aspetta ora una nuova creatura. Ilaria l'aiuta a vivere una gravidanza complessa tra centri di ascolto, ospedali, assistenza sociale. La loro amicizia sarà il cemento di un cammino comune che le porterà a scoprire un modo nuovo di essere madri, a recuperare rapporti perduti e una serenità possibile. Si ritroveranno insieme nella capacità di generare, nonostante le difficoltà affrontate.