
Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. È una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia, il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. La lasciamo sulla neve credendo che morirà assiderata. Invece si salva, ma resterà zoppa e, soprattutto, segnata per sempre. Mattia è un bambino molto intelligente, ma ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela umilia Mattia di fronte ai suoi compagni e, per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita entrambi alla sua festa, Mattia abbandona Michela nel parco, con la promessa che lei lo aspetterà. Mattia non ritroverà più Michela. In quel parco, Michela si perde per sempre. Le vite di Alice e di Mattia, due esistenze segnate, si incroceranno. Diventeranno, Alice e Mattia, adolescenti, giovani, adulti.
"Da Socrate ho imparato la passione per la conoscenza, da Platone il vero volto dell'amore; da Epicuro l'amicizia e la felicità, da Eraclito l'idea che tutto scorre. È stato un santo come Agostino a farmi capire il senso del peccato, da Erasmo ho appreso un nuovo modo di guardare alla follia, da Nietzsche come superare la morale comune. Sono stati due scienziati, Galileo ed Einstein, a darmi una lezione sulla forza della curiosità intellettuale e su come ogni cosa dipenda dai punti di vista. Tutto questo adesso vorrei insegnarlo a te, lasciartelo in eredità." Questo nuovo libro di Luciano De Crescenzo è una lettera d'amore. Verso il nipote Michelangelo, verso tutte le nuove generazioni, e verso la filosofia. La dimostrazione di come Socrate e compagnia bella possano rendere un po' migliore la nostra vita.
Zù Cola era davvero "pirsona pulita"? E perché a San Calò piace tanto il vino? Come finirà la sfida tra "Calibardi" e il "Signiruzzo"? In queste pagine Andrea Camilleri ci offre una serie di immagini della sua terra natale, la Sicilia: "gocce" distillate di un amore antico e radicato nelle quali brilla tutta la vivacità dell'ingegno e del carattere isolano. Che rievochi con affetto la figura dello zio "magico", "u zz'Arfredu", o che racconti divertito la strana guerra per la bandiera scatenatasi tra comunisti, democristiani e separatisti alla vigilia delle prime elezioni regionali in Sicilia, in ogni suo testo Camilleri fa risplendere quel funambolismo della scrittura, quel suo linguaggio inventivo, insieme barocco e popolare, siciliano e nazionale, che ne ha fatto l'autore italiano più letto e amato degli ultimi anni.
"I'll trade all my tomorrows for a single yesterday: cambierei tutti i miei domani per un solo ieri, come canta Janis Joplin." È forse proprio questo il tempo che vorrei.
Lorenzo non sa amare, o semplicemente non sa dimostrarlo. Per questo motivo si trova di fronte a due amori difficili da riconquistare, da ricostruire: con un padre che forse non c'è mai stato e con una lei che se n'è andata. Forse diventare grandi significa imparare ad amare e a perdonare, fare un lungo viaggio alla ricerca del tempo che abbiamo perso e che non abbiamo più. È il percorso che compie Lorenzo, un viaggio alla ricerca di se stesso e dei suoi sentimenti, quelli più autentici, quelli più profondi.
Il nuovo libro di Fabio Volo è anche il più sentito, il più vero, e la forza di questa sincerità viene fuori in ogni pagina. Ci si ritrova spesso a ridere in momenti di travolgente ironia. Ma soprattutto ci si ritrova emozionati, magari commossi, e stupiti di quanto la vita di Lorenzo assomigli a quella di ciascuno di noi.
Roma, inizi di marzo del 44 a.C. Caio Giulio Cesare, il pontefice massimo, il dittatore perpetuo, l'invincibile capo militare che ha assoggettato il mondo alla legge romana, è un uomo di cinquantasei anni, solo in apparenza nel pieno della sua prestanza fisica e psichica. In realtà è stanco e malato, una belva fiaccata e rinchiusa nella gabbia dei propri incubi spaventosi. La missione di cui si sente investito - chiudere la sanguinosa stagione delle guerre fratricide, riconciliare le fazioni, salvare il mondo e la civiltà di Roma vacilla paurosamente sotto i colpi dei complotti di palazzo, orditi da chi vede in lui il tiranno efferato, colpevole, dopo lo strappo del Rubicone, di aver messo per sempre fine alla libertà della repubblica. Cesare è come paralizzato, incapace di reggere sulle spalle il peso di un potere immenso e cerca rifugio nella preparazione dell'ennesima campagna bellica, quella contro i Parti. Ma la logica politica della congiura definitiva incalza implacabile e neppure il sacrificio eroico di Publio Sestio, il più fedele legionario di Cesare, compagno di mille battaglie, che si lancia lungo le strade che portano a Roma in una spasmodica corsa contro il tempo per tentare di salvargli la vita, né la cura devota e amorevole della moglie Calpurnia, le attenzioni dell'amante Servilia e del medico Antistio riusciranno a disinnescarla. I presagi si compiranno, le Idi di marzo deflagreranno e il mondo non sarà più lo stesso.
Neve Corona Menin, l'unica bambina nata nel gelido inverno del 1919, è una creatura speciale. Tutti lo capiscono quando, con il semplice tocco della sua mano, alcuni compaesani in punto di morte guariscono miracolosamente. In effetti Neve altro non è che la parte buona della strega Melissa - guardiana di un raccapricciante inferno di ghiaccio -, tornata sulla Terra per riparare i torti commessi in vita. Il padre di Neve però non tarda a vedere in questo dono misterioso un'occasione per arricchirsi e organizza insieme ad altri cinici compari una serie di finti miracoli, che attirano schiere di malati pronti a pagare pur di ottenere la grazia dalla piccola santa e innescano una spirale inarrestabile di ricatti, violenza e delitti...
Quella che si narra in questo libro non è la storia di un cane. È la "biografia morale" di un animale non immaginario ma esemplare, che racconta come intelligenze diverse, umana e canina, cominciano a sfiorarsi. Infatti, grazie allo stile "lunatico" di Berselli, al suo divagare un po' picaresco, decollano subito, con vari scodinzolii, storie molto italiane e politiche, disincantate e ironiche, in cui avventure e disavventure di razze differenti si "specchiano in una visione di pura tolleranza, all'insegna di un relativismo assoluto, di un italianissimo 'sì, vabbè...'. Allora non stupitevi se la biografia "reazionaria" di Liù si intreccia con quelle di Montanelli e De Felice, di Cacciari e Agnelli, di Pasolini e Nanni Moretti, fra aneddoti memorabili e detti molto celebri o strazianti. Intorno all'idea di un cane", ecco allora una società italiana che guarda attonita se stessa, la sua cultura e il suo modo di essere, e alla fine si convince che un metodo, o un rimedio, per la convivenza ci dev'essere: basta accontentarsi di raccontare storie, accoccolati su un divano, immaginando magari una portentosa festa con tutti gli amici che abbiamo, mentre fra i piedi scalzi si diffonde il tepore dolce, filosofico e irrimediabilmente, deliziosamente, poco progressista dell'ultimo riferimento politico rimasto, la pancia calda di Liù".
Piero Rosini è un giovane integralista cattolico. Con una bella moglie altrettanto cattolica, una casa vista Ikea a Porta di Roma, tanti amici uguali a lui, "intellettuali organici in golf a strisce e mocassini da tranviere", e un lavoro come redattore alla casa editrice Non Possumus - ultracattolica, naturalmente. Diretto ormai a testa bassa verso la santità, eroe della rinuncia e dell'astinenza sessuale, Piero è costretto suo malgrado a realizzare che dentro di lui si sta facendo largo un io sepolto e rimosso che lotta per tornare in superficie. Gli basta vedere ballare sua cognata Ada, florida ventiquattrenne fiera della propria verginità, per non togliersi più dalla testa quelle tette immacolate. Ed è seguendo questa versione ruspante di sé che Piero abbandona Roma e il libro a cui sta lavorando - un controverso saggio contro Giovanni Paolo II -, per trasferirsi da solo a Parigi, città tentatrice per eccellenza. Dove le sue certezze si sgretolano in un vortice di "vorrei ma non posso" che lo conduce a una fatale, esilarante schizofrenia.
Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino e vive in perfetta simbiosi con il suo iPod. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori "una specie protetta che speri si estingua definitivamente". Così, quando arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, lui si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno.
Leo sente in sé la forza di un leone, ma c'è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il bianco è l'assenza, tutto ciò che nella sua vita riguarda la privazione e la perdita è bianco. Il rosso invece è il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l'ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Leo ha anche una realtà, più vicina, e, come tutte le presenze vicine, più difficile da vedere: Silvia è la sua realtà affidabile e serena. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha a che fare con quel bianco che tanto lo spaventa, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande.
Bianca come il latte, rossa come il sangue non è solo un romanzo di formazione, non è solo il racconto di un anno di scuola, è un testo coraggioso che, attraverso il monologo di Leo - ora scanzonato e brillante, ora più intimo e tormentato -, racconta cosa succede nel momento in cui nella vita di un adolescente fanno irruzione la sofferenza e lo sgomento, e il mondo degli adulti sembra non aver nulla da dire.
Contando su un recupero moderno e vitale della grande tradizione classica, il D'Avenia romanziere esordiente si allea con il giovane professore di liceo, questa la professione dell'autore, per offrire con energia al lettore più e meno giovane qualche risposta che, come ogni risposta vera, non aspira a essere definitiva, ma neppure esitante e rassegnata.
Danilo Pulvirenti è un antiquario romano, un uomo che ha fatto della sobrietà e dell’intransigenza una regola di vita, ma che nel recinto dei propri desideri è fermamente convinto che l’individuo sia sovrano assoluto. In questo recinto, Danilo è divorato dall’ossessione erotica, che presto lo conduce alla creazione di un Rivale – nel delirio erotico, l’espediente più classico per riaccendere il desiderio nei confronti del partner. Ma il gioco gli sfugge di mano e fi nisce per contagiare tutti gli altri aspetti della sua esistenza. Walter Siti ci consegna un romanzo nel quale l’ossessione erotica trasmigra dalla fi ction per condensarsi in proposizioni fi losofi che. In tal senso, anche se ci parlano del protagonista, esse riguardano in realtà l’esperienza di tutti, poiché tracciano i lineamenti fondamentali degli impulsi più oscuri.
Mandorla è la bambina felice di una ragazza madre piena di fantasia. Maria, la mamma, lavora come amministratrice d'immobili e ha lo speciale dono di trasformare ogni riunione condominiale in toccanti sedute di terapia di gruppo... Quando un tristissimo giorno Maria muore cadendo dal motorino, i condomini di via Grotta Perfetta 315, quelli che più le volevano bene, scoprono da una lettera che proprio nel loro stabile la piccola Mandorla è stata concepita... ma su chi sia il padre, la lettera tace. Proprio perché con tutti Maria sapeva instaurare un legame intenso, nessun uomo tra i condomini si sente sollevato agli occhi degli altri dal sospetto di essere il padre di Mandorla. È così che verrà presa la decisione di non fare il test del DNA su Mandorla, che verrà adottata dalla sola condomina single ma crescerà vivendo a turno in ciascuna delle famiglie di via Grotta Perfetta: un piccolo grande caleidoscopio dei modi di “fare famiglia” oggi. Ma per Mandorla sapere chi è il suo vero padre si farà sempre più irrinunciabile...
Pino Ravera, 52 anni, ingegnere, alto dirigente nel settore dell’elettronica, una moglie, Silvia, e due splendidi figli alle soglie dell’adolescenza. Pietro Quarenghi, 52 anni, brillante chirurgo, scapolo impenitente e assiduo lavoratore, sempre sulla breccia, sempre disponibile. Un mal di stomaco che si fa insistente. Gli esami di routine. La diagnosi. Pino e Pietro hanno entrambi un cancro all’esofago. “Una sentenza molto vicina alla pena capitale” pensa Pietro, che sa bene di cosa si tratta. Pino, sostenuto dall’amore di Silvia e dei figli, intraprende l’iter terapeutico indicato dai medici: intervento chirurgico, chemioterapia, radioterapia… Pietro no, Pietro decide che vuole vivere con pienezza il tempo che gli resta: lascia tutto, si dota dell’armamentario necessario a lenire a se stesso le sofferenze causate dal progredire della malattia e parte per Los Roques, paradiso nel mar dei Caraibi. Pino ancora non sa a quanti compromessi e umiliazioni lo costringeranno le cure; sa che vuole vivere, costi quel che costi. Pietro ancora non sa quanto l’amore per la vita sia forte e radicato in lui, e quanto sarà difficile abbandonarsi al destino come un’onda al moto del mare – quel mare scintillante che custodisce il segreto della sua felicità perduta. Pino e Pietro: un destino, due scelte opposte.