
Riprodurre in prosa i versi di Dante è più incisivo che farne la pur utile parafrasi. Perché "spiega" il testo con un'espressività e una cadenza più simili a quelle della poesia. Così che la si può apprezzare con più calma nei suoi aspetti formali, che possono essere meglio approfonditi. I due testi che sono stampati in parallelo spingono anche a valutare in quello ammodernato le soluzioni lessicali, sintattiche e stilistiche: discuterle e integrarle è un modo di studiare la Divina Commedia. Grazie a Dante l'idioma italiano è nato adulto. Perciò la prosa moderna è singolarmente affine alla lingua del poema "antico". Ed è facile fare entrare chiunque capisca l'italiano d'oggi nel mondo poetico e morale di Dante: il più suggestivo e formativo concepito nella storia della cultura occidentale. Un mondo da proporre specie ai giovani e a chi, forestiero, ha però appreso l'italiano.
Una fiction fresca e moderna, arricchita da magistrali disegni, racconta a adulti e bambini la straordinaria storia dei frigoriferi che si mettono in marcia per salvare il Polo Nord, con l'aiuto dei bambini, dando vita a una rivoluzione nonviolenta, fantastica.
Antologia di testi letterari su Cristo, a partire dalla nascita del volgare fino ai nostri giorni. L'Autrice accanto a scrittori di comprovata fede cattolica, che hanno prodotto testi intenzionalmente dedicati a Gesù (da Petrarca a Manzoni) ha inserito nel suo lavoro anche laici" (come D'Annunzio, Pirandello, Alda Merini) che a un certo punto della loro vita hanno incontrato la presenza di Cristo.Oltre 14 illustrazioni dai Musei Vaticani impreziosiscono il libro. "
Dalla dura lezione delle pandemie al razzismo, dal virus della corruzione alla tensione per l'innovazione, l'epopea di Roma - a saperla leggere - può scacciare il buio che spesso ci inghiotte, illuminare il nostro presente, edificare il nostro futuro.
Molti imperi scompaiono avendo lasciato dietro di sé un campo di sterminio, rovine, massacri e... niente altro. Roma ha lasciato una civiltà. Viviamo ancora nella sua legge, ci avvantaggiamo del suo sistema di comunicazione, delle poderose e geniali tecniche costruttive, parliamo la sua lingua, in tante e diverse parti del mondo. Alcuni dei popoli che sono stati interessati dalla dominazione romana non avrebbero poi avuto alcuna pietà quando, a loro volta, si sarebbero trovati nel ruolo degli invasori. Avrebbero distrutto, ucciso, saccheggiato: in questo, la storia del genere umano è tristemente quella che è. Gli "altri" non erano migliori. Una volta ancora la differenza è in ciò che rimane dopo. O che non rimane affatto. La narrazione storica rifugge illusorie classifiche morali, ma quel che è certo è che bisogna sentirsi orgogliosi della civiltà che l'antica Roma ci ha lasciato, orgogliosi di esserne, in tanti, eredi.
Gilda ha partecipato nel Sessantotto alle lotte studentesche. A metà anni Settanta, quando ormai il movimento si è frantumato, la giovane ha intenzione di entrare nelle Brigate Rosse. Stefano la ama e cerca in ogni modo di impedirglielo. Tra i due giovani si istaura un rapporto profondo di affetto, ma Gilda non crede nell'amore e, imbevuta di ideologia, passa alla clandestinità. Una storia di amore e di piombo sullo sfondo della Maremma toscana, dove la natura è selvaggia e allo stesso tempo bella e affascinante. Età di lettura: da 10 anni.
La personalità di Lucrezio, banditore a Roma del verbo di Epicuro, resta avvolta nel mistero, complici l'assenza di fonti, il quasi totale silenzio dei contemporanei, l'avversione della civiltà cristiana per le sue idee materialiste. Il nulla biografico ha favorito il proliferare di ipotesi improbabili, come la celebre notizia di Girolamo sulla follia e il suicidio indotti da un filtro amoroso: un romanzo noir che è alla base delle interpretazioni in chiave decadente o pessimista della personalità del poeta, considerato affetto da malattia mentale o da un'inconscia avversione per le idee epicuree che professava. Figura simbolica polivalente - filosofo, poète maudit, darwiniano o marxista o esistenzialista ante litteram - Lucrezio è stato un poeta per tutte le stagioni, ammirato anche dai detrattori, che quasi mai hanno misconosciuto la qualità altissima dei suoi versi. Il volume si propone di ricostruire i momenti salienti della fortuna del "De rerum natura" nella letteratura e nella cultura europea, facendo emergere la ricca eredità di Lucrezio e il fascino profondo che il poema della natura ha esercitato sui lettori di tutti i tempi.
Il commento alla Commedia qui proposto, destinato prevalentemente alle scuole medie superiori e alle università ma anche a tutti gli studiosi e cultori di Dante, è caratterizzato da una parafrasi integrale del poema che per la prima volta mira - verso dopo verso - a mantenere fino a un estremo limite possibile l'ordine originario dei periodi in modo tale che il numero delle righe della parafrasi corrisponda esattamente al numero dei versi per ogni canto. E vengono anche restituite soluzioni semanticamente equivalenti a innumerevoli parole del poema che hanno molto o del tutto trasformato - nel corso dei secoli - peculiari, originari significati imprescindibili dalla cultura e dalla forma mentis del Medio Evo. Un lavoro che ha richiesto pure una particolare cura linguistica e filologica nelle note in margine, condotte con sobria misura e con massima chiarezza, nell'intento di offrire al lettore notizie utili in modo sufficientemente completo. Con una introduzione allo studio della Commedia.
Il piccolo Ruben è un "giudeo cacasotto": così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma. Meglio le lezioni private di clarinetto dal professor Nussbaum, uno che suonava con i Wiener Philarmoniker prima che lo cacciassero perché ebreo. Meglio gironzolare per le strade della città. Meglio starsene a casa, nonostante il clima in famiglia si faccia ogni giorno più cupo e agitato. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c'è tempo, alla stazione c'è un treno che aspetta. Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ruben. Il ragazzo viene salvato da un ufficiale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale. Il militare lo prende sotto la sua protezione, gli dà una certa libertà all'interno del lager, lo ospita nell'ospedale del campo. Ruben vive così una prigionia dorata e Klausemberg diventa per lui una specie di padre, protettivo e prodigo di consigli, oltre che un amico con cui suonare il prediletto Mozart. La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e sospetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti, che, al momento della liberazione, si trasformeranno in un lutto assai difficile da elaborare. Solo due decenni più tardi, rivivendo attraverso un diario postumo la tragedia di Auschwitz, Ruben potrà scacciare i fantasmi.
Di ritorno da Gerusalemme, dove ha trascorso il Capodanno, Lea è costretta a una lunga attesa all'aeroporto di Praga. In Israele ha incontrato Anna Paserman, figlia di un ebreo che negli anni bui della seconda guerra mondiale aveva trovato rifugio nella casa dei suoi nonni. Anna le ha rivelato un segreto riguardo alla storia della sua famiglia che ha messo in crisi le certezze di una vita. Mentre aspetta l'aereo che la riporterà in Italia, Lea si ritrova così a fare i conti con un passato ignoto e doloroso, nel quale le persone a lei care, i suoi genitori, i fratelli riaffiorano alla superficie dei ricordi sotto una luce nuova e tante mezze verità della sua esistenza acquistano un significato non più eludibile. Riemergono come fantasmi la madre Valeria, prigioniera di un matrimonio infelice e sprofondata in una religiosità bigotta; il padre volontario nella Repubblica di Salò; il fratello Giulio, amatissimo, esuberante, omosessuale, destinato a una fine prematura. E poi gli uomini che Lea ha amato - lo scultore Rinaldo; Roberto, il futuro marito, un uomo fragile e introverso; lo psichiatra Nicola - e le tante storie fuggevoli che hanno riempito la sua inquietudine, sullo sfondo della grande storia italiana, dal dopoguerra con il suo strascico di odio all'alluvione di Firenze, dal '68 agli Anni di Piombo, fino a Mani Pulite e alla Seconda Repubblica. Riuscirà Lea a riconciliarsi con il proprio destino e a trovare finalmente un po' di serenità?
Pubblicato per la prima volta nel 1972, e vincitore nello stesso anno del Premio Campiello, "Randagio è l'eroe" è un romanzo picaresco, il cui protagonista, Giuan, è un artista ribelle ossessionato dall'Ultima Cena di Leonardo, che di notte percorre in bicicletta le strade di Milano per correggere i graffiti sui muri e trasformarli in messaggi d'amore. Giuan, infatti, diventa "randagio" per insegnare agli uomini l'eroismo della bontà, sacrifica la propria vita per regalare un miracolo al mondo. Quella che Arpino racconta è una storia di surreale poesia, che, a distanza di oltre quarant'anni dalla prima uscita, ci appare straordinariamente fresca e attuale. Così Guido Piovene presentava il romanzo sulla Stampa: "In questo romanzo, Arpino ha voluto portarci in una condizione di verità e nudità totali. Nuda la parola profetica, nuda la parola scurrile, morte le inibizioni che possono vivere solo accanto ai sentimenti medi. Abbiamo così un altro segno che il pendolo oscilla di nuovo verso l'emotivo, il fantastico, il surreale, il favoloso, il sentimento cosmico e metastorico, e anche un misticismo di tendenza randagia, fuori di qualsiasi chiesa. Non senza fastidio per quanto ormai sa di dogmatico, apodittico, unidimensionale, freddo, rigoristico, arcigno nel genere di cultura scientifico-razionalista in cui siamo cresciuti".
"Se sei in cerca del tuo Io, se pensi di vivere una vita che non è la tua, se credi alla reincarnazione e la tua giornata è costellata di inspiegabili déjà-vu allora non devi assolutamente leggere questo libro oppure rischi di farti del male. Se invece credi nella psicoanalisi e magari hai a casa una comoda poltrona (consigliatissimo anche il freudiano divanetto...), allora preparati perché questo libro è per menti avide e caratteri forti. Nelle sue 200 e rotte pagine c'è un incubo ricorrente: è proprio l'Io. Un io che vagola disperato, in cerca di personaggi senza autore fino a quella 'porta' che dà il titolo al libro. Vita, morte, fetori, sentimento, ansie, orgoglio, visioni, luci abbaglianti e sangue si rincorrono vorticosamente quasi alla rinfusa, come se il bandolo a cui aggrapparsi per tirare il fiato non dovesse mai arrivare. E in effetti, non arriva. O forse sì, purché si leggano tutto d'un fiato e fino alla fine tutti i racconti. Fino a che non si trova una porta." (Felice Manti)