
«Quello che ci unisce è un filo sottile.
Gli altri pensano che il dolore sia una
bomba che ti esplode nel cervello, ma
non è così. E’ un filo sottile, il dolore.
Un filo rosso.»
Da cinque anni Antonio Lavezzi non ha più una vita. Una tragedia orribile ha distrutto la sua famiglia e lui è scappato, rifugiandosi in un paese dell’alto Veneto e nel suo lavoro di ingegnere edile. Metodico e preciso, si è impegnato per avere un’esistenza il più possibile anonima, al riparo da altri traumi. Poi, un giorno, il telefono squilla: Antonio deve correre in cantiere, è morto un uomo. All’inizio sembra solo un drammatico incidente, ma ben presto si svela essere qualcos’altro: quel morto è un messaggio per lui, una richiesta d’aiuto. Qualcuno gli chiede di fare ciò che nessun altro fa, gli chiede di liberare quella sete di vendetta che per troppo tempo ha tentato di comprimere, e di metterla al suo servizio. Antonio è confuso, ha paura di sporcarsi le mani, ma lentamente, senza quasi accorgersene, viene risucchiato in un vortice di messaggi da decifrare, di incontri sconvolgenti, di gesti inspiegabili. Non è lui a orchestrare il gioco, e non è neppure l’unico anello della spaventosa catena mortale: a lungo si limiterà a eseguire gli ordini e non farà troppe domande, ma al culmine della tensione sarà costretto a scegliere che cosa diventare. In un thriller che non dà tregua, Paola Barbato costruisce un’implacabile macchina narrativa alimentata dalla cronaca nera di questi anni, e mette a nudo sentimenti e ossessioni che non vorremmo mai confessare. Perché Antonio Lavezzi è un uomo come tanti, e il suo bisogno di giustizia è anche il nostro.
Sono passati solo due anni, e di tutto ciò che è stata non è rimasto nulla. Lena era brillante, determinata, brava a detta di tutti, curata, buona. Poi nella sua vita era entrato Saverio, e tutto era stato stravolto. Quel ragazzo più giovane, che viveva per essere contro qualsiasi regola, pregiudizio, conformità, l'aveva trasformata. E non erano solo i vestiti, i capelli, le parole. Era lei, le sue sicurezze, il suo amor proprio. Tutto calpestato in nome di un amore che agli occhi di tutti gli altri era solo nella sua testa. Il giorno in cui lui era finito in Arno, dato per disperso prima e per morto poi, qualcosa in Lena si era spento definitivamente. Sono passati due anni, e di Saverio le resta il cane Argo, che ancora la vive come un'usurpatrice, e un senso di vuoto dolente e indistruttibile. La sera in cui trova nella cassetta della posta un cellulare, Lena pensa che si tratti di uno scherzo, oppure di uno sbaglio. Ma bastano pochi minuti per rendersi conto che quell'oggetto può cambiare la sua vita. Perché i messaggi che arrivano, e a cui lei non può rispondere, parlano di cose che solo Saverio può sapere. E quindi è vivo. È tornato. Così, senza che Lena se ne accorga, quell'oggetto diventa l'unica linfa vitale a cui abbeverarsi, e non importa che i messaggi siano sempre più impositivi e le ordinino di commettere atti di cui mai si sarebbe pensata capace. Perché se lei farà la brava, lui rientrerà nella sua vita. O questo è ciò che pensa. Almeno fino a quando le persone che le stanno intorno cominciano a morire. E il gioco si fa sempre più crudele. E la prossima vittima prescelta potrebbe essere lei.
Immagina di risvegliarti da una notte senza sogni e di ritrovarti sdraiata su una superficie fredda e dura, i vestiti del giorno prima ancora indosso e nessun ricordo delle tue ultime ore. Intorno a te solo un buio spesso a cui lentamente lo sguardo si abitua. Cominci a intravedere delle sbarre alla tua sinistra. Non può che essere un incubo, tra poco sarai nella tua stanza, avvolta nelle soffici lenzuola di casa e la vita riprenderà come prima. Questo non è ciò che accade ad Anna, che in quella gabbia, tra quelle sbarre, in un capannone pieno di gabbie simili alla sua e di persone come lei, si risveglia per davvero. Da quell'istante inizia una lotta contro chiunque l'abbia presa, una guerra impari perché Anna non ha altre armi che la sua rabbia e la nudità a cui a poco a poco è stata costretta per combattere contro chi detiene il potere, qualcuno che nessuno ha mai visto, ma la cui presenza si avverte in ogni centimetro di quel luogo spaventoso, di giorno e di notte. Spetterà a lei, circondata da persone diversissime, alcune rese folli dal macabro gioco, altre succubi di un "Lui" dai tratti sempre meno sfumati, decidere se giocare o lasciarsi morire.
1983. L'uomo seduto nella macchina blu è nuovo di quelle parti, ma Remo non ha paura, non sa che cosa sia un estraneo. L'uomo ha tra le mani un passerotto caduto dal nido, almeno così dice, e chiede a Remo di aiutarlo a prendersene cura. Il bambino, sette anni passati quasi tutti per strada, che i genitori hanno altri pensieri, non esita neppure per un attimo. E sale. Tre giorni dopo viene restituito alla famiglia, illeso nel corpo e nell'anima; racconta di un uomo biondo, bellissimo, che lo ha riempito di regali e che ha giocato con lui, come nessun adulto aveva mai fatto. Non è la prima volta che succede e non sarà l'ultima. Trentadue bambini in sedici anni. Tutti tenuti per tre giorni da un uomo che cerca di realizzare i loro desideri e li restituisce alla famiglia, felici. Quando la polizia comincia a collegare i rapimenti lampo, l'uomo scompare. 2015. Il padre di Greta non è mai arrivato una sola volta in ritardo a prenderla. Ma lo sgomento negli occhi della maestra gli fa capire che qualcosa non va, perché Greta a scuola non è mai entrata. Scompare così, la figlia di Remo Polimanti, come lui era scomparso trent'anni prima. Anche lei viene subito restituita alla famiglia, ma priva di vita. Greta non è che la tappa iniziale di una scia di sangue che collega i figli dei bambini rapiti anni prima. Ma perché il rapitore "buono" si è trasformato in un assassino? O forse c'è qualcuno che intende emularlo. O sfidarlo. O punirlo.
Un crudele e imprevedibile serial killer, soprannominato il Seviziatore, mette a dura prova le capacità investigative dell'anatomopatologa e psichiatra Giuditta Licari, alla quale è affidato il caso. Specialmente quando il pericoloso omicida dimostra di poter arrivare molto vicino a lei. Fredda, razionale e distaccata, come e forse più del killer, la dottoressa dovrà leggere la realtà con gli occhi dell'assassino, in un continuo e sempre più inquietante rovesciamento di ruoli tra vittime e carnefici, fino all'inaspettato finale.
Le stagioni che danno il titolo a quest'opera di Paolo Barbaro non sono solo quelle del tempo, ma anche - e soprattutto - quelle dell'anima, del corpo, della vita. Nella prima parte del dittico, Dario, assicuratore quarantenne con moglie e figli, insegue il desiderio e l'ardore perduti lasciandosi rapire da Bruna, che due pomeriggi a settimana, dopo il lavoro, lo aspetta nella casa di Sant'Elena, a Venezia. Nel susseguirsi della dolce monotonia amorosa, basterà però un piccolo cambiamento a spezzare l'incantesimo dell'idillio. Nella seconda parte, il protagonista ormai anziano, che la malattia costringe a un'immobilità sempre più definitiva, osserva il mondo dal suo ultimo riparo nella città lagunare: la casa. È una cronaca della fine, un consapevole e sereno accomiatarsi dalla realtà che lo circonda, mentre la sua realtà si riduce sempre più a una stanza, alla voce della moglie, al saluto di un amico, ai vividi ricordi che tornano a fargli visita da un passato lontano. Nel dipanarsi di queste ondate di racconti e memorie, Venezia si manifesta ancora una volta come vera, vitale protagonista. Con ponti, canali, campielli, giardini segreti e terrazze sul mare, ordisce trame e incrocia destini, favorendo incontri, spaesamenti, addii. L'acqua alta si fa allegoria della fine che incombe, anche se pagina dopo pagina è un'altra metafora - di speranza - a imporsi. Nel suo invecchiare, l'uomo somiglia infatti a quella Sant'Elena tra le cui calli Dario rincorre una passione che credeva perduta.
Il romanzo, attraverso il doppio binario delle confessioni dei due protagonisti, un uomo e una donna - un ingegnere e una suora - delinea un rapporto problematico e delicato senza ambiguità, frutto di una diversa e profonda esperienza spirituale.
Un uomo che è stato "lontano nel mondo" per anni torna al paese d'origine, al luogo che credeva eterno. Profondamente turbato, si accorge che intanto il legame con i tempi "di prima" è spezzato per sempre. Il protagonista che ripercorre lo Stradone dei Ronchi trova uomini e cose profondamente mutati. Le immagini familiari, le "sue" immagini, quelle che hanno formato la sua identità, gli appaiono come lampi, come miraggi: svaniscono nel momento in cui cerca di catturarle e fissarle. Non appena si avvicina a un luogo con l'attesa del riconoscimento, questo sparisce, sostituito da un altro. Il paese è cambiato, di ciò che era un tempo si intuiscono solo le forme e al protagonista rimane l'angoscia di un paese perduto.
Che lettori va cercando questo libro che cerca segnali d'amore nell'universo? Coloro che vogliono conoscere tutto di Luca Barbareschi? Anche, certo. Ma più ancora chi, di questo personaggio che non si può dire si sia negato alle cronache lungo gli ultimi quarant'anni, pensa di sapere già tutto. Perché ogni pagina, ogni riga, ogni parola risulterà una scoperta. Senza negare né rinnegare nulla, Luca Barbareschi - con la "spudoratezza" di sempre - si racconta. Cerca segnali. D'amore. In una autonarrazione ironica, divertente, piena di energia. Di ciò che ha vissuto come uomo, come attore, come manager culturale, ci dice per la prima volta le motivazioni profonde. E come la ricerca di ciò che sta dietro l'apparenza si sia trasformata via via in cammino spirituale, un cammino che unisce ebraismo e neuroscienze, trasgressione e restituzione, rabbia e amore. Il "pirata" Barbareschi all'assalto non più dei velieri nemici ma di se stesso. Confrontandosi con le parole dei grandi - da Shakespeare all'ironia pungente di David Mamet, il suo autore di elezione - Barbareschi ha scritto un romanzo autobiografico dedicato a quanti non hanno smesso di credere nei loro sogni, nei cieli notturni, nelle storie antiche, nelle lunghe attese, nella voglia di fare festa perché la vita è questo strano gioco nel quale tutti ci troviamo a recitare.
Anna Marzani è una donna finita, rovinata dalla cocaina, ridotta all'ombra della bellezza di un tempo quando, negli anni Ottanta, era la compagna del capo di una banda criminale che aveva terrorizzato Roma. Ora, pur di alleggerire la posizione di sua figlia Valentina, arrestata per droga, si dice disposta a rivelare ciò che potrebbe far luce su uno dei misteri più bui dell'Italia del dopoguerra: la scomparsa di una ragazzina di quindici anni, figlia di un funzionario del Vaticano. Ma Anna non riuscirà mai a dire tutto quello che sa, perché poco dopo verrà ritrovata cadavere. La sua morte ha tutte le caratteristiche di un suicidio, eppure questa versione non convince Fabrizio, un giovane avvocato che lavora nello studio penale che la segue da sempre e che è sempre più deciso a portare allo scoperto quello che Anna aveva soltanto lasciato intendere. E tuttavia, man mano che gli elementi di quel lontano passato emergono a formare un quadro agghiacciante, Fabrizio capisce che le forze oscure che avevano colpito un tempo sono pronte ad agire di nuovo e che dietro la scomparsa della ragazzina si nascondono trame perverse e poteri segreti, pronti a tutto perché la verità rimanga per sempre sepolta.
Vittorio Tanlongo sa cosa si prova. Conosce il senso di onnipotenza di chi legge dentro i sogni, le avidità, le frustrazioni degli altri. Titolare di un avviato studio legale per i più, abilissimo faccendiere per i pochi che hanno potuto permettersi i suoi servigi, ha assaporato il sottile piacere del burattinaio che tira i fili ed è maestro nel condurre gli affari, ora allettando e corrompendo, ora invece truffando, minacciando, ricattando. Ma dopo un grosso colpo per il quale ha rischiato di perdere tutto, Tanlongo con quella vita ha chiuso ed è sparito per qualche anno. Ora che è tornato, sua moglie Elisa, i suoi tre bambini e la villa seminascosta sul lago di Bracciano sono il suo unico orizzonte.
Ma il passato non dimentica. Alcuni russi che aveva saputo servire bene lo hanno rintracciato e pretendono che lavori di nuovo per loro. Non c’è spazio per un rifiuto: hanno eliminato Teo, il suo braccio destro, e prendono in ostaggio la sua famiglia.
Ci sono di mezzo trenta miliardi in bond americani sequestrati alla frontiera con la Svizzera e un’inchiesta condotta da un magistrato, Federica Assioli, che è anche l’unica donna che Vittorio abbia mai amato prima di sua moglie. L’unica che, come sua moglie, non vorrebbe ingannare. Ma la posta in gioco non sono più il denaro, il successo, il potere: la posta in gioco ora è la vita.
Senza possibilità di scelta, Vittorio comincia a imbastire la sua commedia.
Solo che questa volta anche lui è un burattino, e la commedia rischia di farsi tragedia già al secondo atto.

