
Dalla collina di Capodimonte, la «Posillipo povera», Rosa guarda Napoli e parla al corpo di Vincenzina, la madre morta. Le parla per riparare al guasto che le ha unite oltre il legame di sangue e ha marchiato irrimediabilmente la vita di entrambe. Immergendosi «nelle viscere di un purgatorio pubblico e privato», Rosa rivive la storia di sua madre: l'infanzia povera in un'arida campagna alle porte della città; l'incontro, tra le macerie del dopoguerra, con Rafele, il suo futuro padre, erede di un casato recluso nella cupa vastità di un grande appartamento in via Duomo; il prestito a usura praticato nel formicolante intrico dei vicoli, dove il rumore dei mercati e della violenza sembra appartenere a un furore cosmico. E una narrazione di soprusi subiti e inferti, di fragilità e di ferocia. Ed è la messinscena corale di molte altre storie, di «anime finte» che popolano i vicoli e, come attori di un medesimo dramma, entrano sulla ribalta della memoria: Annarella, amica e demone dell'infanzia e dell'adolescenza, Emilia, la ragazzina che «ride a scroscio» e torna un giorno dal bosco con le gambe insanguinate, il maestro Nunziata, utopico e incandescente, Marioma-ria, «la creatura che ha dentro di sé una preghiera rovesciata», Iolanda, la sorella «bella e stupetiata»... «Anime finte» che, nelle profondità ipogee di una città millenaria, attendono, come Vincenzina e come la stessa Rosa, una riparazione. Arriverà, sorprendente e inaspettata, nelle pagine finali del libro ad accomunare madre e figlia in un medesimo destino.
L'incontro casuale con il nome di un compagno del liceo nell'elenco del telefono suscita nel narratore l'improvviso ricordo di un amico e di un'età perduta. È la scintilla che risveglia un'incursione nei territori della memoria: il liceo, la colonia penale dell'adolescenza, la passione per la fotografia, la bella che tutto trasfigura e in cui ci si perde, il lavoro nell'orto del nonno, il rifugio dei libri, l'esperienza di una radio libera prima, di un circolo culturale poi. Sullo sfondo, la guerra del Vietnam, la contestazione, le prime avvisaglie di quella che diventerà la lotta armata. Marani lavora come traduttore principale e revisore presso il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea a Bruxelles.
Rievocando la passione giovanile per il dialetto che, benché tabù nel contesto scolastico, gli era indispensabile per assicurarsi il rispetto dei coetanei e cogliere le sfumature di certe sere, di personaggi bizzarri e di odori e sapori di campagna, Diego Marani comincia il racconto del proprio approccio alle lingue, un lungo apprendistato che culmina nell'incarico di interprete al Consiglio europeo. Un tirocinio costellato di esperienze spassose, viaggi rocamboleschi e incontri personali.
Il mondo in un possibile futuro. La Chiesa cattolica ha esteso il suo potere instaurando in Italia una teocrazia e controllando ogni aspetto della vita politica e sociale. Il Papa governa un feroce sistema inquisitoriale. L'eroe di questa sacra rappresentazione esplosa è Domingo Salazar. Orfano, allevato dai domenicani, è diventato un agente segreto pontificio, o meglio, un cane sciolto, che non disdegna l'amicizia del musulmano Guntur e combatte con ogni mezzo lecito e illecito gli atei, i negatori di ogni fede e senso dell'ordine cosmico. L'incarico che Salazar ha ricevuto da un misterioso Vicario è di catturare Ivan Zago, l'imprendibile capo dei nemici della Chiesa, e di sventare l'attentato che incombe sulla cerimonia per la santificazione del Santo Padre. Ma nella polizia vaticana qualcuno ordisce altre trame e Domingo da cacciatore, sta per diventare preda. Diego Marani ci porta con il suo nuovo romanzo, veloce e pieno di sorprese, nel cuore segreto e inquietante di un nuovo impero del male.
Due donne, un agosto piovoso, una conversazione. Questo lo scenario contro cui le tragedie del reale si trasfigurano nel dialogo tra l'affettuoso inquisire di Dacia Maraini e l'inquieto rievocare di Piera Degli Esposti "pieno di aria e di vento" dotato di una comicità che "è insieme crudele e segreta e surreale". Questo libro è uno straordinario scrigno di storie: intricate, tristi, amorose, drammatiche. Le vicende di famiglia, gli aneddoti su registi, attori e compagni di lavoro e in controluce la storia di un'amicizia lunga una vita, quella tra le due autrici.
Una famiglia italiana in un campo di concentramento giapponese nel diario della madre, Donna Topazia Alliata, che fu allieva di Pippo Rizzo, amica di Guttuso ed esponente della scuola pittorica siciliana degli anni Trenta. L'8 settembre 1943 Topazia Alliata si trova a Kyoto insieme al marito Fosco Maraini - orientalista, antropologo e fotografo - e alle tre figlie bambine Dacia, Toni, future scrittrici, e Yuki. Erano arrivati in Giappone nel 1938 quando il marito aveva vinto una borsa di studio per ricerca. Il viaggio offrì loro, antifascisti, l'occasione per sfuggire all'atmosfera opprimente del regime mussoliniano. Poi, la guerra. Dopo l'8 settembre, il rifiuto di aderire alla repubblica di Salò li condusse in campo di concentramento.
II volume intende rendere ragione della poliedrica personalità dell'autore; presenta innanzitutto e integralmente i due testi che costituiscono la summa dell'incontro di Maraini con l'Asia, ovvero "Segreto Tibet" e "Ore giapponesi" (1951 e 1957). Di qui il titolo del meridiano "Pellegrino in Asia". Non manca inoltre una scelta di testi che documentano i vari ambiti di interesse dell'autore; l'alpinismo (con il racconto dell'ascesa al Gasherbrum IV), lo studio delle ultime popolazioni pagane del mondo musulmano (i cafiri, in particolare, con una scelta dalla sua opera etnografica più famosa, "Gli ultimi pagani"), la riflessione linguistica sugli ideogrammi, ma anche sulla lingua italiana e le sue potenzialità creative (il meridiano comprende infatti l'intero corpus, più alcuni testi finora inediti, delle "fànfole", esempi di poesia metasemantica). La ricca curatela di Franco Marcoaldi - a sua volta viaggiatore, giornalista, poeta, nonché amico personale di Fosco Maraini comprende anche uno scritto di approfondimento scientifico a firma dell'antropologo Francesco Paolo Campione.
Fosco Maraini (Firenze, 1912) è certamente fra quei protagonisti della nostra vita culturale che più sfuggono ad una classificazione precisa. Antropologo, fotografo, orientalista, scrittore, grande viaggiatore, Maraini è soprattutto la felice incarnazione di un'idea di uomo che stenta a sopravvivere in un'epoca come la nostra, dove sembra che non si possa essere nessuno se non si possiede una collocazione precisa, un proprio biglietto da visita esistenziale. E forse questa è la ragione principale per cui Maraini resta, in fondo , e nonostante il fatto che sia così facile imbattersi nei suoi libri, nei suoi articoli, nelle sue fotografie, un personaggio ancora per molti versi sconosciuto.
Per molti aspetti il Giappone di oggi somiglia alla Svizzera: due paesi nei quali tutto, dai treni alle poste, dagli alberghi ai negozi, dalle fabbriche, alle banche, alle università, funziona come un'orologeria mirabilmente oliata, che non conosce inceppi. Resta solo una grossa differenza: che la Svizzera non offre misteri, mentre il Giappone è misteriosissimo. In un certo senso il Giappone guerresco e aggressivo degli anni Trenta e Quaranta era abbastanza trasparente e comprensibile; ma i giapponesi dei giorni nostri, i quali, dopo essere rimasti stesi a terra nel '45, finiscono in meno di mezzo secolo per costruire una delle maggiori potenze industriali, commerciali e finanziarie del globo, pur non vantando il possesso di vasti territori né avendo a disposizione materie prime - ecco qualcosa che sfiora l'enigma, cha ha sapore di magia e d'occulto! Soprattutto quando vediamo che gli artefici della straordinaria cavalcata ci si presentano in genere come individui anonimi, confusi nella folla con un fare spesso impacciato. Cosa li anima? Quali sono i loro segreti? Come conoscerli davvero? Come capirli? L'asse portante del libro è costituito dal racconto di una lunga e lenta peregrinazione attraverso il Giappone, effettuata in macchina a metà degli anni Cinquanta, in compagnia di giapponesi e di stranieri.
Dov'è finita Colomba? Perché la sua bicicletta giace abbandonata ai margini della foresta? Tante ipotesi si affollano nella mente di sua nonna Zaira, dalla fuga al rapimento, alla morte. L'unico indizio è la bicicletta abbandonata dalla ragazza, un anno prima, ai margini della foresta. Ogni mattina Zaira passa al setaccio i boschi delle montagne abruzzesi e intanto cerca una soluzione nell'ordito dei ricordi. Così, in quella nipote persa finisce per cercare tutte le persone scomparse nel passato, in un percorso a ostacoli che diviene la storia della sua famiglia. Con l'aiuto della "donna dai capelli corti", una scrittrice che vive tra le montagne d'Abruzzo, Zaira riannoda i tanti fili della memoria. Le voci delle due donne si alternano, si sovrappongono, narrano una fiaba che intreccia storie personali e storia italiana. Un romanzo epico e corale, che segna il grande ritorno di Dacia Maraini ai suoi temi prediletti: la trama sottile dei sentimenti, l'attenzione per il mondo femminile e i suoi conflitti, il dolore causato dalla storia, l'amore per la natura.
Antigone, sfidando le leggi per dare sepoltura al fratello, incarna la pietà, un sentimento sobrio quanto necessario, profondamente umano. Proprio da Antigone prendono spunto gli articoli che compongono questo volume e che sono usciti negli anni sul "Corriere della Sera" e sul "Messaggero". Sono storie di donne che in giro per il mondo subiscono un destino di discriminazione e di violenza, ma anche storie dell'Italia, un paese che secondo l'autrice sembra rassegnarsi alla devastazione incessante del proprio patrimonio naturale e culturale.
Emanuele è un bambino ribelle e pieno di vita che vuole costruirsi un paio di ali per volare come gli uccelli. Emanuele ha sempre addosso un odore sottile di piedi sudati e ginocchia scortecciate, l'"odore dell'allegria". Emanuele si arrampica sui ciliegi e si butta a capofitto in bicicletta giù per strade sterrate. Ma tutto ciò che resta di lui è un pugno di lettere, e un quaderno nascosto in un muro nel ghetto di Lodz. Per ritrovare le sue tracce, Amara, l'inseparabile amica d'infanzia, attraversa l'Europa del 1956 su un treno che si ferma a ogni stazione, ha i sedili decorati con centrini fatti a mano e puzza di capra bollita e sapone al permanganato. Amara visita sgomenta ciò che resta del girone infernale di Auschwitz-Birkenau, percorre le strade di Vienna alla ricerca di sopravvissuti, giunge a Budapest mentre scoppia la rivolta degli ungheresi, e trema con loro quando i colpi dei carri armati russi sventrano i palazzi. Nella sua avventura, e nei destini degli uomini e delle donne con cui si intreccia la sua vita, si rivela il senso della catastrofe e dell'abisso in cui è precipitato il Novecento, e insieme la speranza incoercibile di un mondo diverso.