
Città di pietra e di luce, Firenze nasconde nel suo ventre un luogo di pura tenebra, dove la sera del 2 ottobre 1981 un uomo in sedia a rotelle viene condotto. Di lui si sa poco, molto invece delle sue ossessioni. Per il mondo strangolato dai suoi abitanti e dalla follia che li domina. Per la sua vita che corre senza senso verso la fine. Per il tempo che non c'è più. È uno come tanti, Venturino Filisdei, dunque non è nessuno, o comunque uno che, non avendo più nulla da esplorare nel mondo di sopra, scende nel mondo di sotto, dove rigurgitano acque malsane e fioriscono incubi. Terrore chiama terrore, e lui si prepara a morire. Ma benché sappia che c'è anche di peggio della morte, non sospetta quanto possa essere penoso quel che sta per capitargli. Ad attirarlo nella trappola è un'improbabile banda armata. Trappola ? In realtà è lui a muovere verso di loro, anime perse come lui, e a lui affini più di quanto si possa pensare. Loro sono Max Penitenti, un povero diavolo che la sa anche troppo lunga. Dolores Entierro, brigatista malinconica e indecifrabile. Confiteor, equivoco comandante transgenere. E poi quel ragazzo cupo e disperato, che si rivela suo figlio. Un patto di sangue li impegna ad amare e a uccidere gli stessi compagni. Lui lo rispetta. Non perché lo voglia, ma perché costretto da una tragica necessità. E dire che la vita era là fuori, libera, dolcissima, con quanto di non vissuto e desiderabile aveva da offrire. Bastava abbandonarsi al suo incanto. Ma ormai non c'è più tempo.
Giuseppe "Nino" Sgarbi (novantaquattro anni, oltre sessanta dei quali trascorsi nella sua casa-museo, cenacolo di scrittori, artisti e personalità della cultura) tesse, in un delicato gioco di rimandi fra passato, presente e futuro, le tre correnti che sono state vento alla vela della sua vita: l'aria - la passione per il volo, la caccia, il cinema; l'acqua - il fiume, la pesca, il mare; il pensiero - i grandi incontri con i libri e la poesia, ma anche con alcuni tra i protagonisti della scena culturale del Novecento. Come scrive Claudio Magris nella prefazione, "I toni tragici non si addicono alla ferma dignità di un vecchio signore familiare con la ruvida terra e l'acqua del fiume, ma sempre attento alle buone maniere. Sarebbe bello potergli assomigliare, almeno un pochino...".
Serve un pizzico di follia per inseguire, nella vita, quello che a tutti appare un sogno irragionevole. Questa storia si sviluppa a Sarajevo, in piena guerra fratricida della ex Jugoslavia, nell'estate del 1992, quando i cecchini sono appostati dietro ogni persiana, le granate dilaniano interi quartieri, persino arrampicarsi su un albero può essere letale: c'è chi muore perché non ha saputo resistere alla tentazione delle ciliegie. Con la ferita di un matrimonio fallito ancora aperta, Marco De Luca è l'unico fra i suoi colleghi giornalisti ad aver accettato l'incarico di inviato per la televisione italiana in questo inferno. Raccontare la complessità dei Balcani in novanta secondi al Tg è impossibile, perciò non resta che denunciare l'inaudita barbarie. Come quella del bombardamento sull'orfanotrofio, dove Marco si precipita a realizzare un servizio. Ma questa volta il filmato, paradossalmente, non ha nulla di drammatico. Come è possibile? In quella camerata piena di culle, Marco è rimasto colpito da un particolare che nessuno ha notato: c'è un'unica bimba bruna, mentre tutti gli altri sono biondi. E proprio quella bimba bruna lo spinge a inseguire, con un pizzico di follia, quello che a tutti appare un sogno irragionevole. Questa storia, ispirata a vicende realmente accadute, ruota attorno a un formidabile atto d'amore che, a dispetto delle bombe e della burocrazia, si è potuto compiere grazie all'aiuto provvidenziale di due donne e alla determinazione incrollabile di un uomo.
Serve un pizzico di follia per inseguire, nella vita, quello che a tutti appare un sogno irragionevole. Questa storia si sviluppa a Sarajevo, in piena guerra fratricida della ex Jugoslavia, nell'estate del 1992, quando i cecchini sono appostati dietro ogni persiana, le granate dilaniano interi quartieri, persino arrampicarsi su un albero può essere letale: c'è chi muore perché non ha saputo resistere alla tentazione delle ciliegie. Con la ferita di un matrimonio fallito ancora aperta, Marco De Luca è l'unico fra i suoi colleghi giornalisti ad aver accettato l'incarico di inviato per la televisione italiana in questo inferno. Raccontare la complessità dei Balcani in novanta secondi al Tg è impossibile, perciò non resta che denunciare l'inaudita barbarie. Come quella del bombardamento sull'orfanotrofio, dove Marco si precipita a realizzare un servizio. Ma questa volta il filmato, paradossalmente, non ha nulla di drammatico. Come è possibile? In quella camerata piena di culle, Marco è rimasto colpito da un particolare che nessuno ha notato: c'è un'unica bimba bruna, mentre tutti gli altri sono biondi. E proprio quella bimba bruna lo spinge a inseguire, con un pizzico di follia, quello che a tutti appare un sogno irragionevole. Questa storia, ispirata a vicende realmente accadute, ruota attorno a un formidabile atto d'amore che, a dispetto delle bombe e della burocrazia, si è potuto compiere grazie all'aiuto provvidenziale di due donne e alla determinazione incrollabile di un uomo.
Il romanzo racconta la vita di una protagonista del Novecento, Dacia Maraini. E lo fa grazie a una voce che mette a nudo le emozioni, svelando l'unicità nascosta in ogni esistenza. La cronaca si fa storia vera e immaginario collettivo, raccontando un viaggio in cui l'eccezionalità è stata la norma: una famiglia che ha rotto ogni schema, la scrittura, e poi Moravia, Pasolini, il femminismo...
Il momento in cui ti innamori, anche se mentre lo vivi non te ne rendi conto, innesca conseguenze impreviste e irreversibili. È ciò che succede anche al protagonista di questo libro, quarantacinque anni, padre separato, quando un sabato pomeriggio di marzo mette su la prima maglietta di cotone che gli capita, un paio di vecchie scarpe e invece di andare in palestra tira dritto e comincia a correre lungo il Naviglio: due chilometri all'andata e due al ritorno. Perché sì, è della corsa che si innamora. Di quella cosa che "si fa per non impazzire", per tornare bambini o per preparare "il viaggio più bello della vita": la prima maratona. Ed è così che nasce questo libro che parla di running. Perché a dare il passo all'autore ci sono tanti personaggi incredibili: per esempio c'è Edoardo, che scopre la corsa a sessant'anni sotto gli sguardi irridenti dei suoi compaesani e che oggi, a settantotto, è il secondo ultramaratoneta al mondo della sua categoria; c'è Constantin, che corre in stampelle dopo l'amputazione di una gamba; c'è Mahanidhi, prototipo del corridore-cercatore; c'è persino Chet Baker, che appare come una visione in un'alba nebbiosa alle porte della città. E c'è appunto Milano, la Milano del Parco Sempione e quella delle periferie, di tanti luoghi nascosti e tanti sguardi possibili solo all'occhio di chi li attraversa correndo.
Un giornalista scrittore che vive da anni all'estero torna per capire l'Italia che TV e giornali non sanno raccontare. L'attraversa da nord a sud e, tra reportage e memoria personale, traccia undici ritratti esemplari: la Nazionale Italiana Maschere. Oltre al caso che dà il titolo all'opera, la vicenda di un'avvocatessa disposta a tutto pur di fare una comparsa in televisione, gli incredibili fatti di "cronaca" partoriti dall'immaginazione di Romagnoli rappresentano altrettanti vizi nazionali, eterni perché propri della natura italica, oppure di fresca attualità perché emergenti dagli sviluppi della storia contemporanea: eroi di una farsa che l'autore nobilita in commedia, con il sospetto che possa un giorno sfociare in tragedia.
La mattina del suo quarantanovesimo compleanno Giulia è seduta sullo sgabello della cucina a bere un caffè e, mentre contempla la nebbia dell'inverno milanese, viene travolta da un attacco di panico in piena regola. Lei, giornalista di costume in una rivista di grido, con una vita scandita da mille impegni, avverte all'improvviso la consapevolezza che la sua esistenza così com'è sembra non avere più alcun senso. Un compagno da quattro anni, Massimo, anch'egli giornalista con una forte propensione all'indipendenza, una madre giocatrice incallita dalla personalità crudele e affascinante da cui ha imparato a guardarsi le spalle, qualche amica con cui condividere sfilate e pettegolezzi, un fratellastro amatissimo, un padre artista e sognatore, e questo è tutto. Ciò che la sconvolge, però, è l'impellente desiderio di maternità mai provato prima, giunto molto oltre i tempi supplementari, che adesso le sembra l'unica ragione di vita. Le reazioni delle persone vicino a lei non sono incoraggianti e, accompagnata da un coro di «ma tu non ne hai mai voluti», Giulia si accinge non senza difficoltà a convincere il compagno a imbarcarsi nel complicato mondo delle cure per la fertilità, ispirata da un'idea di famiglia in cui crede ancora nonostante la sua infanzia passata a giocare a Barbie sotto i tavoli verdi. Massimo però si rivela un partner imprevedibile, che la porta un giorno in un paradiso di mille premure e quello dopo nell'inferno dell'indifferenza, facendola sentire ancora più sola. Così Giulia, quasi senza alleati, decide di abbandonare per sempre la sua zona di confort e di spiccare un salto nel vuoto. Alternando ironia e malinconia col suo stile inconfondibile, Federica Bosco ci trascina in un crescendo di emozioni e colpi di scena raccontando una storia in cui tutti possiamo riconoscerci, perché e non è mai troppo tardi per prendere una decisione folle, se è quella che ti può rendere felice.
La mattina del suo quarantanovesimo compleanno Giulia è seduta sullo sgabello della cucina a bere un caffè e, mentre contempla la nebbia dell'inverno milanese, viene travolta da un attacco di panico in piena regola. Lei, giornalista di costume in una rivista di grido, con una vita scandita da mille impegni, avverte all'improvviso la consapevolezza che la sua esistenza così com'è sembra non avere più alcun senso. Un compagno da quattro anni, Massimo, anch'egli giornalista con una forte propensione all'indipendenza, una madre giocatrice incallita dalla personalità crudele e affascinante da cui ha imparato a guardarsi le spalle, qualche amica con cui condividere sfilate e pettegolezzi, un fratellastro amatissimo, un padre artista e sognatore, e questo è tutto. Ciò che la sconvolge, però, è l'impellente desiderio di maternità mai provato prima, giunto molto oltre i tempi supplementari, che adesso le sembra l'unica ragione di vita. Le reazioni delle persone vicino a lei non sono incoraggianti e, accompagnata da un coro di «ma tu non ne hai mai voluti», Giulia si accinge non senza difficoltà a convincere il compagno a imbarcarsi nel complicato mondo delle cure per la fertilità, ispirata da un'idea di famiglia in cui crede ancora nonostante la sua infanzia passata a giocare a Barbie sotto i tavoli verdi. Massimo però si rivela un partner imprevedibile, che la porta un giorno in un paradiso di mille premure e quello dopo nell'inferno dell'indifferenza, facendola sentire ancora più sola. Così Giulia, quasi senza alleati, decide di abbandonare per sempre la sua zona di confort e di spiccare un salto nel vuoto. Alternando ironia e malinconia col suo stile inconfondibile, Federica Bosco ci trascina in un crescendo di emozioni e colpi di scena raccontando una storia in cui tutti possiamo riconoscerci, perché e non è mai troppo tardi per prendere una decisione folle, se è quella che ti può rendere felice.
"Non dirlo" è l'ordine che Gesù fa seguire a ogni miracolo che compie, la chiave del segreto di personalità che costituisce la trama della sua avventura terrena. Il Vangelo di Marco è il Vangelo d'azione, il primo, il più breve, il più imperscrutabile. Sandro Veronesi spreme fino all'ultima stilla il succo di questo testo e lo propone nella sua scintillante modernità. Scritto a Roma per i romani, il Vangelo di Marco è, nel racconto di Veronesi, una raffinata macchina da conversione, sintonizzata sull'immaginario dei suoi destinatari e per questo più simile ai film di Tarantino che ai testi con i quali gli altri evangelisti raccontano la stessa storia. È una miniera di scoperte sorprendenti, che riportano il Cristianesimo alla sua primitiva potenza componendo il ritratto di un enigmatico eroe solitario, il cui sacrificio ancora oggi rappresenta uno sconvolgente paradosso: che ci sia bisogno della morte di un innocente per potersi liberare del proprio nulla. Sandro Veronesi ha tratto da "Non dirlo" un monologo teatrale: proprio come il Vangelo stesso la sua destinazione è la comunicazione orale, "da bocca a orecchio, con la fondamentale messa in gioco del corpo e del contatto visivo tra autore e uditore".
Samia è una ragazzina di Mogadiscio. Ha la corsa nel sangue. Ogni giorno divide i suoi sogni con Alì, che è amico del cuore, confidente e primo, appassionato allenatore. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell'irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L'appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqa ed è costretta a fronteggiare una perdita lacerante, mentre il "fratello di tutta una vita" le cambia l'esistenza per sempre. Rimanere lì, all'improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi. Rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il Viaggio di ottomila chilometri, l'odissea dei migranti dall'Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia.
Samia è una ragazzina di Mogadiscio. Ha la corsa nel sangue. Ogni giorno divide i suoi sogni con Alì, che è amico del cuore, confidente e primo, appassionato allenatore. Mentre intorno la Somalia è sempre più preda dell'irrigidimento politico e religioso, mentre le armi parlano sempre più forte la lingua della sopraffazione, Samia guarda lontano, e avverte nelle sue gambe magre e velocissime un destino di riscatto per il paese martoriato e per le donne somale. Gli allenamenti notturni nello stadio deserto, per nascondersi dagli occhi accusatori degli integralisti, e le prime affermazioni la portano, a soli diciassette anni, a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. Arriva ultima, ma diventa un simbolo per le donne musulmane in tutto il mondo. Il suo vero sogno, però, è vincere. L'appuntamento è con le Olimpiadi di Londra del 2012. Ma tutto diventa difficile. Gli integralisti prendono ancora più potere, Samia corre chiusa dentro un burqa ed è costretta a fronteggiare una perdita lacerante, mentre il "fratello di tutta una vita" le cambia l'esistenza per sempre. Rimanere lì, all'improvviso, non ha più senso. Una notte parte, a piedi. Rincorrendo la libertà e il sogno di vincere le Olimpiadi. Sola, intraprende il Viaggio di ottomila chilometri, l'odissea dei migranti dall'Etiopia al Sudan e, attraverso il Sahara, alla Libia, per arrivare via mare in Italia.