
L’Orient-Express, il leggendario treno delle spie e degli avventurieri internazionali, occupa un posto importante nell’immaginario collettivo degli appassionati di letteratura poliziesca. Il merito è di Agatha Christie e del suo personaggio Hercule Poirot. In quella che rimane probabilmente la più celebre delle sue imprese, l’investigatore belga, salito a bordo di un vagone di prima classe partito da Istanbul e diretto a Calais, è costretto a occuparsi di un efferato delitto…
Nel 1941 Anna Levin ha ventitré anni, lavora come assistente in un asilo, ama dipingere e provvede da sola alla famiglia. Dopo la morte della madre ha dovuto crescere il fratello Koljia, mentre il padre Michail, scrittore inviso al regime, si è lasciato andare alla passività . Quando, in settembre, Leningrado è accerchiata dai carri armati tedeschi, nessuno può immaginare che sia l'inizio dell'assedio più cruento ed estenuante che la Storia ricordi. Mentre Anna lotta disperatamente per la sopravvivenza dei suoi cari, due persone trovano rifugio in casa sua: Marina Petrovna, un'affascinante attrice di teatro che in passato è stata l'amante di Michail, e Andrej, un giovane medico siberiano innamorato di Anna. Le due storie d'amore si intrecciano, mettendo a confronto due mondi e due generazioni, mentre l'inverno avanza impietoso e la città isolata è drammaticamente a corto di viveri. Gli assediati si trovano costretti così a settimane di sacrifici e di stenti, a bruciare i mobili e i libri per resistere al gelo o a masticare cuoio per ingannare i tormenti della fame. Sospettano gli uni degli altri. Superare l'inverno e preservare la propria umanità in mezzo alla disperazione estrema è la sfida che ciascuno si trova ad affrontare. Grande romanzo storico e toccante storia dei sentimenti, L'assedio è stato paragonato a un Via col vento russo in cui la straordinaria capacità narrativa di Helen Dunmore ha saputo dar vita alla figura di una vera eroina, Anna, animata dal coraggio e dalla tenerezza, e a un dramma familiare che scava nell'animo dei personaggi rendendoli emblematicamente universali.
Helen Dunmore
Helen Dunmore è nata nello Yorkshire nel 1952, seconda di quattro figli. Dopo l’infanzia trascorsa in una famiglia molto estesa, ha studiato letteratura, insegnato inglese in Finlandia, prima di dedicarsi alla poesia e alla scrittura in genere. È autrice di romanzi, racconti, libri per ragazzi e raccolte di versi. Con A Spell of Winter ha vinto la prima edizione del prestigioso Orange Prize, che, insieme al premio Whitbread per il miglior romanzo, ha avuto L’assedio tra i suoi finalisti. Helen Dunmore collabora alle pagine culturali del Times e dell’Observer ed è curatrice da diversi anni di programmi radiofonici dedicati all’arte. Già presidente della Society of Authors per gli anni 2005 e 2006, è oggi membro della Royal Society of Literature.
"Mi rendevo conto che c'era un demone in. me che gioiva nel vedere le persone per quello che erano, e sempre di più, sempre di più". Così Fleur Talbot rievoca per noi gli albori del suo talento letterario negli anni del dopoguerra londinese, quando, giovane e "piena di gaudio", scriveva il suo primo libro, Warrender Chase. Insieme a lei partecipiamo alle riunioni dell'Associazione Autobiografica, dove lavora come stenografa alle dipendenze dell'anziano e altezzoso Sir Quentin. I soci leggono al gruppo le proprie memorie, che Fleur, al momento della battitura, arricchirà di dettagli scabrosi. Dal canto suo Sir Quentin si premura di conservare i fascicoli sottochiave per ignoti, forse sordidi, usi futuri. Ma com'è possibile che intanto Sir Quentin vada somigliando sempre più a Warrender Chase"? O è Warrender Chase a precorrere misteriosamente, tappa per tappa, quel che accade a Sir Quentin?
Ritornano i furetti di Richard Bach, i rappresentanti di una civiltà aliena, giunta sulla Terra migliaia di anni fa, che non conosce l'odio, il crimine, la guerra, che ama l'azione e il pericolo, e desidera cimentarsi in imprese impossibili. Dopo le avventure degli intrepidi furetti guardacoste, questa volta tocca ai furetti aviatori, chiamati ad affrontare una tempesta di violenza soprannaturale. Come accadeva nel "Gabbiano Jonathan Livingston", anche in questo libro, illustrato con i disegni dell'autore, il vivo senso dell'avventura e la passione del volo, così tipici di Richard Bach, sono arricchiti da una costante attenzione a valori umani come il coraggio, la solidarietà, il bisogno di inseguire un ideale.
Rimarrebbe deluso chi pensasse di trovare in queste pagine un racconto puntuale intessuto di luoghi, fatti, incontri. Non manca - beninteso - nessuno di questi ingredienti, ma l'Autobiografia di Chesterton, uscita postuma nel 1936, è soprattutto la storia di un'intelligenza e di un'anima che cercano, non senza incertezze e contraddizioni, la propria strada. Sullo sfondo, evocato con tocchi magistrali, sta il difficile periodo di transizione tra XIX e XX secolo, con il crollo degli Imperi coloniali e il dramma della prima guerra mondiale. E dallo sfondo si affacciano le personalità del panorama politico e letterario con cui lo scrittore entra in contatto e su cui esercita la propria attitudine all'analisi per paradossi dell'uomo e della società, senza mai rinunciare alla sua impareggiabile vis polemica. La nota segreta del testo - quella che risuona inconfondibile dietro le vicende e le battaglie quotidiane -è però la ricerca di una verità più grande di quella proposta dalle filosofie e dalle dottrine che occupavano (e occupano ancora) la scena contemporanea, una verità capace di cogliere Fumano nella sua complessità e integralità. L'approdo sarà, come è noto, la Chiesa cattolica, «dove tutte le verità si danno appuntamento».
Un successo immediato accolse fin dalla prima edizione "Le straordinarie e sorprendenti avventure di Robinson Crusoe". Nei quasi trent'anni trascorsi lontano da ogni forma di civiltà, Robinson costruisce, coltiva, caccia, assegna nomi, ripercorrendo in sostanza la storia del genere umano. La forza di suggestione di quelle pagine è tale da aver oscurato tutto il resto, e forse pochi saprebbero dire, a dispetto della notorietà della vicenda, che cosa avvenne prima e dopo il fatidico naufragio. Dall'universo letterario Robinson Crusoe è passato rapidamente a quello del mito, e tuttavia questo non esaurisce il progetto dell'opera. Robinson, infatti, protagonista di una biografia in due tempi, fa ritorno nelle "Ulteriori avventure" alla sua isola di Speranza, di cui fu già king and lord. Qui ricomposto, il grande affresco di Robinson si arricchisce per la prima volta anche della traduzione italiana delle "Serie riflessioni", in cui lo stesso personaggio rievoca e commenta in chiave morale alcuni episodi del libro.
L'esperienza di essere nato in una famiglia gallese appartenente a una denominazione protestante particolarmente rigorosa ha segnato in maniera indelebile il rapporto di Ken Follett con la religione. Egli iniziò a trasgredire le ferree regole del puritanesimo non appena possibile. Sarà all'università, dopo il confronto con Platone, Cartesio, Marx e Wittgenstein, che si ritroverà infine ateo, anzi, ateo arrabbiato. Ma qualcosa ultimamente è cambiato...
Pubblicate anonime a Londra nel 1798, le Ballate liriche segnarono la nascita del movimento romantico inglese, divenendo ben presto un classico. Eppure ancora oggi possono rappresentare una scoperta, perché di vere e proprie poesie "sperimentali" si tratta. Esse infatti gettano le fondamenta di un nuovo linguaggio, proiettandosi verso il mito rigeneratore dell'immaginazione e giungendo a delineare la condizione ironica e sentimentale del poeta moderno. Pur nella diversità di intenti dei due autori - Wordsworth teso a ricreare il fascino del nuovo nella realtà quotidiana, Coleridge a rendere tangibile il sovrannaturale - queste ballate sono unificate dalla grande novità della poesia romantica: lo spontaneo traboccare delle emozioni e l'aspirazione a una visione globale dlla realtà.
Testo di snodo imprescindibile per la letteratura moderna, il volume contiene alcuni capolavori assoluti della lirica occidentale, come La ballata del vecchio marinaio di Coleridge e L'abbazia di Tintern di Wordsworth.
Camelot è un venditore ambulante che viaggia da molti anni e per vivere vende reliquie false. È anche un vecchio sfigurato da una cicatrice che lo ha reso privo di un occhio. Fingendosi un reduce delle battaglie contro gli infedeli in Terra Promessa, ha fatto del marchio che porta in faccia un mezzo per sopravvivere e così vende speranza e “fede in bottiglia”. Ma ora da tempo è lontano da casa e il ricordo del passato si fa vivo nella mente di Camelot, forte e nostalgico. Il venditore intraprende così la lunga strada di ritorno verso la Scozia, mentre l’imprevista esplosione della peste trasforma il suo viaggio in una fuga dall’epidemia. È il nefasto giorno di mezz’estate del 1348, quando il contagio comincia a diffondersi nel Paese e quando Camelot incontra Narigorm, una bambina albina, lettrice di rune. I suoi occhi celesti, splendenti nella cascata bianca e immacolata dei suoi capelli, lo fissano insistentemente come se volessero leggergli dentro. Un incontro fatale, il primo di una serie, che porta Camelot a proseguire il suo cammino con una nuova e bizzarra compagnia, unita dalla necessità di sopravvivere alla peste. Un mago bigotto, un cantastorie, un pittore di scene sacre, un musicista veneziano e il suo pupillo, un’esperta di erbe e infine proprio la bambina albina diventano così protagonisti di questa fuga dalla disperazione. Quando però uno del gruppo viene trovato impiccato a un albero, tra loro s’insinua il dubbio e la diffidenza. Qualcosa di più terribile della peste minaccia la loro vita, un segreto nascosto in ognuno di loro. Solo la bambina e le sue rune sanno cos’è.
Ci sono molte cose che Leila non capisce. La parola matrimonio, per esempio. E nemmeno di cosa parlano le nutrici quando dicono che sua sorella maggiore, dimenticata come lei in un istituto, è già incredibile che qualcuno la voglia sposare. Però quando Wifaq, una sua compagna di scuola, dice: «Mia madre non vuole che parli con le figlie del peccato», Leila capisce eccome. In Sudan, dove Leila è nata, nascere fuori dal matrimonio è una maledizione, un’infamia incancellabile. La sorte di questi bambini è segnata. Molti vengono abbandonati a loro stessi. I più fortunati, come Leila, vengono cresciuti negli orfanotrofi , con il marchio della colpa. Senza affetto. Senza un futuro.
Ma Leila ha un carattere forte e si oppone al destino che tutti considerano già scritto. Finché un giorno sente il bisogno di fare qualcosa per i bambini come lei.
In quel pomeriggio lontano, alla frase di Wifaq aveva reagito con rabbia. Con una manciata di terra stretta in pugno, l’aveva aspettata fuori casa e gliel’aveva sbattuta in faccia, prima di scaraventarla nella polvere. Ma ora sa che parlare al cuore è meglio che aggredire.
Una memoir coinvolgente, che sussurra parole di speranza e riscatto.
Fawad ha undici anni ed è «nato all’ombra dei talebani», come gli ripete sempre sua madre, Mariya. Non gli è chiaro cosa significhi esattamente, perché lei non aggiunge altro e lui era troppo piccolo quando quei fabbricanti di tenebre erano ancora in circolazione, ma una cosa è certa: una traccia di quell’ombra è rimasta sul volto della mamma. Severa e taciturna, non parla mai della famiglia perduta: il marito e il figlio più grande, uccisi, e la figlia rapita. Solo di tanto in tanto solleva lo sguardo dal cucito e rievoca i tempi felici, che nei suoi racconti hanno i colori di stanze dai grandi cuscini rossi e di un giardino dalle rose gialle.
Fawad pensa che la mamma, con le immagini che si inventa, potrebbe fare la poetessa, se solo sapesse scrivere, e invece è costretta a fare le pulizie nelle case dei ricchi per tirare avanti. Mentre lei è persa nel buio dei ricordi, Fawad corre nel vento e nel sole polveroso delle strade di Kabul, dove, insieme ai suoi amici, si inventa ogni giorno nuovi trucchi per alleggerire le tasche degli stranieri di passaggio.
Fino al giorno in cui Mariya trova impiego presso tre occidentali: Georgie, operatrice di una ONG; May, ingegnere; James, giornalista. Raccolto il poco che hanno, madre e figlio si trasferiscono a casa di quegli estranei: un mondo nuovo e bizzarro, fornito di tv e acqua corrente, ma fatto di stili di vita inconcepibili per chi è afgano. Spinto da un misto di curiosità e diffidenza, Fawad comincia a spiarne gli abitanti, fino a scoprire che tra quel mondo e il suo possono nascere l’amicizia e l’amore. Ma capisce anche che è impossibile sfuggire completamente alle tenebre. E lui stesso si troverà a fare i conti con l’ombra dei talebani quando questa tornerà a incombere sulle persone che più ama.

