
Elizabeth, lasciata la famiglia e l'Irlanda per vivere una vita più autonoma, deve ritornare a Dublino perché la madre è morente. La donna non può parlare, e scrive lettere alla figlia nel tentativo di riprendere il colloquio con lei interrotto anni prima. Elizabeth le legge a poco a poco, superando gli antichi dissidi, riscoprendo un intenso legame affettivo che la legava alla madre e ritrovando al tempo stesso un dialogo commosso con il fratello. Alla fine, quando la madre morirà, fratello e sorella decideranno di conservare la vecchia casa di famiglia come simbolo di una memoria ancora viva e di sentimenti profondamente radicati.
Elizabeth, lasciata la famiglia e l'Irlanda per vivere una vita più autonoma, deve ritornare a Dublino perché la madre è morente. La donna non può parlare, e scrive lettere alla figlia nel tentativo di riprendere il colloquio con lei interrotto anni prima. Elizabeth le legge a poco a poco, superando gli antichi dissidi, riscoprendo un intenso legame affettivo che la legava alla madre e ritrovando al tempo stesso un dialogo commosso con il fratello. Alla fine, quando la madre morirà, fratello e sorella decideranno di conservare la vecchia casa di famiglia come simbolo di una memoria ancora viva e di sentimenti profondamente radicati.
Vittoria ha solo diciott'anni quando, nel 1837, la morte dello zio Guglielmo IV la innalza al trono d'Inghilterra. Esce da un'adolescenza malinconica, e nei suoi primi giorni da regina viene guardata a vista dalla madre e dall'onnipresente e ambizioso Sir Lord Conroy, che esercita una grossa influenza sugli affari di stato e si sente minacciato dal carattere indipendente della giovane sovrana. Sebbene il potere la seduca fin da subito, le prime mosse dell'inesperta Vittoria sono però piuttosto avventate, soprattutto quando solleva pesanti sospetti contro l'inseparabile dama di compagnia di sua madre, accusata di intrattenere una relazione con l'odioso Conroy. Questo e altri passi falsi gettano una luce sinistra sulla regina, che non piace né al parlamento né ai sudditi. Gli scandali si succedono, insieme agli intrighi della corte per ostacolare la sua ascesa. Inoltre, agli stentati inizi sembra che stia per aggiungersi un matrimonio di pura convenienza dinastica. E invece... Le nozze con il cugino Albert si riveleranno il felice punto di svolta della vicenda pubblica e sentimentale di Vittoria d'Inghilterra, destinata, grazie alla non comune abilità politica e all'intrepida personalità, a segnare l'Ottocento britannico e a diventare una delle più grandi figure femminili della storia.
Vittoria ha solo diciott'anni quando, nel 1837, la morte dello zio Guglielmo IV la innalza al trono d'Inghilterra. Esce da un'adolescenza malinconica e nei suoi primi giorni da regina viene guardata a vista dalla madre e dall'onnipresente e ambizioso Sir Lord Conroy, che esercita una grossa influenza sugli affari di stato e si sente minacciato dal carattere indipendente della giovane sovrana. Sebbene il potere la seduca fin da subito e le conferisca una straordinaria energia, le prime mosse dell'inesperta Vittoria sono però piuttosto avventate, soprattutto quando solleva pesanti, e ingiusti, sospetti contro l'inseparabile dama di compagnia di sua madre, accusata di intrattenere una relazione con l'odioso Conroy. Questo e altri passi falsi gettano una luce sinistra sulla regina, che non piace né al parlamento né ai sudditi. Gli scandali si succedono, insieme agli intrighi della corte per ostacolare la sua ascesa. Inoltre, agli stentati inizi sembra che stia per aggiungersi un matrimonio di pura convenienza dinastica. E invece... Le nozze con il cugino Albert si riveleranno il felice punto di svolta della vicenda pubblica e sentimentale di Vittoria d'Inghilterra, destinata, grazie alla non comune abilità politica e all'intrepida personalità, a segnare l'Ottocento britannico e a diventare una delle più grandi figure femminili della storia.
Sono i tempi dell'offensiva anticattolica quando Graham Greene si reca in Messico. Non per cercarvi tesori archeologici, un folclore pittoresco, né una natura magnifica, ma per vedere, e raccontare la realtà dei fatti. Ne nasce quest'inchiesta esemplare: da cattolico leale, ma alieno da ogni faziosità, Greene snida la verità e scrive una denuncia contro la violenza e l'intolleranza che va ben oltre l'episodio in causa.
In questo terzo capitolo dell’ideale trilogia dedicata alla storia delle persecuzioni religiose in Inghilterra che comprende an%7Cche Il trionfo del Re (già edito da Fede & Cultura) e Con qua%7Cle autorità?, Benson racconta la storia del giovane e caparbio Robin Audrey che, per non perdere la fede, rinuncia alla sua amata e diventa prete. La ex fidanzata ospiterà poi, a rischio della vita, il giovane ministro di Dio che assiste i pochi rimasti fedele al Papa nella feroce caccia al cattolico della regina Eli%7Csabetta I per sradicare la fede autentica dall’Inghilterra. Vie%7Cni ruota! Vieni forca! (titolo che riprende una frase del santo martire Edmund Campion, personaggio del romanzo) celebra l’eroismo e i sacrifici di quei sacerdoti che, accettando la pre%7Ccarietà, misero a repentaglio la propria vita fino al martirio per portare i Sacramenti alle famiglie rimaste cattoliche durante la persecuzione di uno Stato ingiusto, e offrirono un fulgido esempio a chi la fede l’aveva persa.
In poche parole:
Dall’Autore del capolavoro bestseller Il Padrone del mondo, un romanzo che celebra l’eroismo di tanti sacerdoti cattolici che sfidarono la tortura e il supplizio all’epoca della persecuzione di Elisabetta I d’Inghilterra e della congiura per mettere al suo posto la regina di Scozia Maria Stuarda.
«Nel 188* il Console americano a Venezia abitava al secondo piano di un antico palazzo sul Canal Grande. Era il piano che gli italiani chiamano nobile. Al di sotto di questo piano nobile c’era un ampio piano terreno, o, piuttosto, acquatico, il cui pavimento, solo leggermente al di sopra del livello del canale, era sempre umido e, spesso, bagnato. Al tempo in cui risiedeva là il Console, questo piano acquatico era occupato da un altro inquilino, un commerciante di oggetti antichi, che aveva delimitato una piccola zona interna alla grande facciata principale come spazio espositivo. Siccome occupava il piano terreno, questo commerciante disponeva, ovviamente, anche dell’entrata principale del palazzo, con la sua ampia scalinata che scendeva verso le piccole onde increspate della splendida strada azzurra là fuori e gli alti, sottili pali de casada, piantati irregolarmente nell’acqua come testimonianza della nobiltà dei venerabili pilastri sui quali vegliavano. Qualcuno avrebbe potuto dire che questi bastoni turchini, ornati di disegni araldici, erano simili alle lance dei cavalieri; questo era quello che sosteneva Miss Senter. Qualcun altro avrebbe potuto notare la loro forte rassomiglianza con quei pali a spirali bianche e rosse usati in America come insegna dai barbieri; e questo era quello che insinuava sempre Peter Senter».
Constance Fenimore Woolson (1840-1894) nata in New Hampshire fu scrittrice di racconti, apprezzati dall’amico Henry James, ispirati da situazioni di luoghi vissuti, da cui traeva soggetti non ordinari, anticonvenzionali. Una scrittura limpida, quieta, suadente, assunta spesso a modello di prosa, ma sotto la cui superficie circolavano passioni nascoste e inquietanti misteri. Non sorprende che alcuni di questi sfiorassero il poliziesco appena nato, o il genere gotico più tradizionale. Tale è Vigilia di Natale ambientato a Venezia (dove Constance morì quasi certamente suicida): in un vasto palazzo sul Canal Grande, il console americano Peter Senter e la sorella Barbara, «la consolessa», tengono la tradizionale festa di Natale, nel corso della quale avviene un omicidio e una serie di strane aggressioni.
Di lei questa casa editrice ha pubblicato Via del Giacinto (2002), Per il Maggiore (2005) e Il giardino davanti casa (2007).
Villa Ventosa è una casa di campagna circondata da un incantevole parco che viene sistematicamente devastato dalla furia della padrona di casa, l'eccentrica Lilith Collett, che nella sua vita ha detestato ogni istante in cui ha dovuto essere madre. Ma per i suoi quattro figli viene il momento della rivolta, complici l'omosessualità di William e il promesso sposo di Barbara, un seducente cameriere spagnolo dall'improbabile nome di Miguel Angel Arqueso Algaron Perz de Vega. Tanto basta perché si scateni una trascinante sequenza di eventi comici che coinvolgono tutti i membri della famiglia.
Il cinema ha un suo modo di affrontare i tempi più difficili, che da sempre consiste nel proporre agli spettatori i più facili fra i soggetti possibili. Così nella Londra degli anni dell’ascesa di Hitler, mentre tutti si preparano all’inevitabile, un volitivo produttore, Chatsworth, ritiene sia il momento giusto per mettere in cantiere un’operetta vagamente mitteleuropea, di quelle che vanno parecchio anche a Hollywood nello stesso periodo. Chatsworth è altresì sicuro che La violetta del Prater sbancherà il botteghino, ma a due condizioni: che a dirigerlo sia il più talentuoso e paranoide fra i registi di lingua tedesca, Friedrich Bergmann, e che a occuparsi della sceneggiatura sia un giovane, promettente scrittore – Christopher Isherwood. Quanto segue è semplicemente la storia veridica (come il suo doppio narrativo, Isherwood prima della guerra aveva effettivamente lavorato alla Gaumont) e non resistibile (a volte, si sa, i making of sono cinema allo stato puro) di come un film nasce e si trasforma, e soprattutto di come giorno per giorno rischia, nei modi spesso più folli e sgangherati, la catastrofe. Per John Boorman, questo piccolo gioiello semidocumentario era il più bel libro in circolazione sul rapporto fra il cinema immaginario e quello reale; per qualsiasi lettore, sarà quantomeno una necessaria e appassionante parafrasi della lapidaria definizione che Bergmann, in un momento di franchezza, largisce a Christopher: «Sa che cos’è un film? ... Un film è una macchina infernale».
La ventenne Anastasia, orfana di entrambi i genitori, torna nella Dublino della sua infanzia. La aspetta la nonna, consacrata all'ossessiva memoria del passato, chiusa in un dolore freddo, ancora incapace di perdonare Anastasia che aveva scelto, alla separazione dei genitori, di seguire la mamma a Parigi. In equilibrio tra amore distorto e amore respinto, crudeltà delle situazioni e tersa limpidezza dei dialoghi, si dispiega tra le due donne un duello di sentimenti tanto intensi quanto controllati, che si snoda fino a un epilogo malinconicamente inatteso, una svolta orchestrata con spietata eleganza.
La prima parte del volume è dedicata alle vicende di un ramo della famiglla di Alice Munro, i Laidlaw, a partire dai primi anni del Settecento. I suoi antenati vivevano nella Ettrick Valley, nelle Lowlands scozzesi, immersi in un'atmosfera che scolora nella leggenda folklorica, tra prove d'ardimento e incontri con fantasmi e folletti. Fino a quando la famiglia si imbarca verso il sospirato Nuovo Mondo. Il microcosmo della nave diventa per ognuno il segno di un irreversibile mutamento. Quando una delle protagoniste, rimasta vedova, affronta insieme ai suoi cinque bambini il viaggio su un carro trainato dai buoi per trasferirsi dall'Illinois in Ontario, il figlio maggiore inscena il rapimento del più piccolo per far fare dietro front alla famiglia, ma il piano viene sventato. Nel racconto seguente compare il padre dell'autrice: agricoltore, cacciatore, allevatore di volpi e guardiano notturno in una fonderia. In seguito compare Alice scolara; è la volta poi di una precoce esperienza sentimentale sotto i rami di un melo in fiore e di quella come donna di servizio presso una lussuosa villa. Nel racconto "A casa", la scrittrice ormai affermata torna a trovare il padre da poco risposatosi; altrove un'Alice sessantenne vaga nei cimiteri di campagna insieme al secondo marito, è in attesa di una biopsia per un sospetto tumore al seno, per fortuna un falso allarme. L'epilogo chiude il cerchio con una visita in IIIinois alla ricerca della tomba del bis-bisnonno William Lainlaw.