
Avvalendosi di dati sperimentali che mettono a confronto scimmie antropomorfe e bambini piccoli, Michael Tomasello ricostruisce come i primi uomini siano gradualmente diventati una specie ultra-cooperativa e, alla fine, morale. Due sono stati i passaggi chiave nell’evoluzione, ciascuno fondato su un modo nuovo di agire in base al quale gli individui lavorano insieme come un “noi” plurale. Il primo è avvenuto quando le sfide dell’ambiente hanno spinto i nostri antenati a procacciarsi il cibo collaborando tra loro, pena la morte. Il secondo si è verificato quando le popolazioni umane sono cresciute e sono emersi gruppi più definiti che pretendevano dai loro membri fedeltà, rispetto delle regole e responsabilità. Il risultato di questo processo sono gli esseri umani contemporanei che, a differenza degli animali, possiedono una morale che li obbliga nei confronti degli altri individui e della comunità nella sua interezza.
Cosa intendiamo dicendo che l'essere umano è persona? L'idea contiene più di quanto si possa spiegare: l'intuizione stessa dell'umanità di ogni uomo. La svolta antropologica nelle riflessioni del secolo scorso ha dato alla filosofia e alla pedagogia un'evidente impostazione personalistica, della quale il volume traccia un bilancio critico per approdare a una nuova fondazione filosofica, attraversando i percorsi fenomenologici di Husserl, Scheler, Heidegger, Fink, Ricoeur e Marion, i personalismi cattolici di Guardini, Stein e Maritain e le tradizioni italiane di Stefanini, Capograssi e Pareyson. Una storia inedita del pensiero novecentesco: il personalismo, nella sua stessa pluralità di prospettive, diventa nuova fonte di senso nella società di oggi, che appare come un "villaggio dei diversi", attraversato dalle sfide della tecnoscienza, delle questioni di genere e del postumano. Introduzione di Antonio Bellingreri Contributi di Alberto Anelli, Stefano Biancu, Malte Brinkmann, Carla Canullo, Giuseppina D'Addelfio, Emmanuel Falque, Paul Gilbert, Massimo Naro, Giorgio Palumbo, Livia Romano, Giuseppe Tognon, Angelo Tumminelli.
La pedagogia e la filosofia sono sepolte dalla cenere di molte morali astratte e di troppe istruzioni per la felicità. Il valore simbolico del fondamento dell'educare, della procreazione e della generatività ci consente invece di restituire dignità al sentimento dell'esperienza e alla sensibilità. La Paideia occidentale, fondata dai greci sulla forza di un modello competitivo di vita e sulla tensione tra i corpi e le idee, nella cultura moderna si è dematerializzata in un'ambizione di conoscenza che ha assolutizzato il soggetto pensante ma ha reso anonimo e manipolabile il soggetto senziente. Le nuove scienze mostrano l'artificialità della scissione tra pensiero e vita, tra corpo e mente, e la storia delle idee rivela che la bellezza e la morale hanno una radice comune nella percezione di esistere che l'uomo pone alla base di ogni giudizio e di ogni scelta. L'est-etica dell'educare è assenso al creato e alla vita e resiste a tutte le pretese di fissare una forma perfetta di umanità e un unico modello di educazione.
Non è scritto da nessuna parte che una minoranza, anche se composta dai migliori, possa attribuire a sé ciò che la democrazia reclama per tutti: le libertà, la dignità, l'istruzione, il lavoro, l'accesso alle cariche. In troppi casi la meritocrazia dei ricchi preferisce non vedere che cosa potrebbe essere il merito dei molti.
Ventuno filastrocche per ventuno illustrazioni, una per ogni lettera dell'alfabeto, sulle piccole e sconfinate cose dei neonati, della mamma e del minuscolo e immenso mondo che insieme li contiene. Età di lettura: da 1 anno.
"Voglio trattare della scoperta che l'io fa dell'altro". Nel secolo che segue il primo viaggio di Cristoforo Colombo, le regioni dei Caraibi e del Messico sono lo scenario di avvenimenti fra i più sconvolgenti della storia degli uomini. Tzvetan Todorov ripercorre quelle vicende, leggendole attraverso le più famose cronache e relazioni di Cortés, Las Casas, Duràn, Sahagùn, non tanto quanto incontro-scontro fra due civiltà, quanto come scoperta e impatto.
Infedeli, malfattori, eretici, ebrei, usurai; ma anche coloro che esercitavano un mestiere vile o disonorevole come il boia, la prostituta, il servo; e ancora gli stranieri, le donne, i minori, le persone deformi, i poveri. In un crescendo di sospetti e inaffidabilità, il catalogo degli "infami", ovvero dei soggetti che per la loro natura ferina e criminale o semplicemente per la loro condizione sociale o fisica non potevano godere della pienezza dei diritti della "civitas christiana", si allunga a dismisura nel corso dei secoli fino a lambire pericolosamente l'intera popolazione. Attraverso quali pratiche e quali categorie prese forma il codice sociale dell'esclusione in Europa? Chi contribuì a disegnarne i contorni e quali ne furono le vittime? Questo volume propone paesaggi brulicanti di un'umanità periferica, come in un dipinto di Bosch o di Bruegel dove anche i tratti del volto e le vesti recano lo stigma di una specifica inferiorità morale e sociale. Un quadro arricchito dall'esame dei testi e delle scritture che venivano diffondendo la nozione di subalternità civica, sanzionando la debole cittadinanza di un popolo cristiano sempre a rischio di precipitare nella marginalità.
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<tr><td align="right">Date:</td><td>Friday, October 1, 2021 at 5:08:03 PM</td></tr>
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Mario Tobino dirigeva il "manicomio" di Lucca quando, nel 1978, la legge 180 sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici. Con un linguaggio terso ed elegante, egli dà voce alla propria amarezza e allo sgomento di fronte al mistero della follia. Dalla sua memoria emergono i ritratti delle ricoverate, con le loro sofferenze e i loro affetti, le grida selvagge e gli spersi sorrisi, ma anche i paesaggi e i personaggi dell'ospedale-città. E insieme riflessioni più teoriche sulla psichiatria e sugli psicofarmaci, con violente accuse professionali e visionarie utopie. "Gli ultimi giorni di Magliano" e l'appendice con pagine tratte dal diario personale di Tobino sono testimonianze preziose del suo impegno per un'umanizzazione della psichiatria, nella convinzione che «i matti sono creature degne d'amore».
A pochi chilometri da Lucca, dalla pianura s'alza il Colle di Santa Maria delle Grazie. In cima c'è il manicomio. Il paese più vicino si chiama Magliano. Così «venire da Magliano», per la gente del luogo, significa portare il segno della pazzia, di una vita attraversata dal vento sublime e dannato della sofferenza mentale. In un reparto psichiatrico femminile, negli anni precedenti l'età degli psicofarmaci e ben prima della contestata riforma Basaglia, un medico vive con le «libere donne di Magliano»: donne aggressive, tristi, erotiche, disperate, orrende, miti, malate o semplicemente fuggite dal mondo. Capolavoro di Mario Tobino, Le libere donne di Magliano è «il libro sulla sua vita» oltre che il poema della profondissima e unica atmosfera che pervade le stanze della follia: perché «il manicomio è pieno di fiori, ma non si riesce a vederli». E perché «anche i matti sono creature degne d'amore», come lo stesso autore volle scrivere sulla fascetta della prima edizione del romanzo (Vallecchi 1953). Arricchiscono il volume due inserti iconografici che mostrano com'era e com'è oggi l'Ospedale Psichiatrico di Maggiano, nel quale lo scrittore psichiatra Mario Tobino abitò due camerette della Casa Medici dal 1943 al 1990 e in cui operò come responsabile del settore femminile fino al 1980.
A metà degli anni Ottanta, Joseph Tobin realizzò, insieme a David Wu e Dana Davidson, un progetto di ricerca sulle istituzioni prescolastiche di Giappone, Cina e Stati Uniti. Il libro che ne scaturì, Infanzia in tre culture. Giappone, Cina e Stati Uniti (pubblicato in questa stessa collana), è ormai una pietra miliare negli studi di antropologia dell'educazione. Il resoconto di una tipica giornata in una scuola dell'infanzia giapponese, in una cinese e in una americana sollecitò una riflessione sulle diversità culturali dei metodi educativi, suscitando l'appassionato interesse di insegnanti, genitori, antropologi, sociologi e psicologi. Vi si proponeva una metodologia efficace e innovativa per affrontare in modo dialogico e con sensibilità etica il confronto interculturale. A vent'anni di distanza Tobin presenta una nuova ricerca, condotta con due psicologi ed esperti di etnografia visuale, il cinese Yeh Hsueh e la giapponese Mayumi Karasawa. Affiancando la prospettiva storica a quella interculturale, indaga se, come e quanto due decadi di globalizzazione e di trasformazioni sociali e politiche abbiano cambiato il modo in cui Cina, Giappone e Stati Uniti educano e si prendono cura dei loro piccoli cittadini. Attraverso l'analisi di filmati realizzati in anni recenti e messi a confronto con quelli di molti anni fa, osservatori interni ed esterni alle tre culture esaminano gli elementi di continuità e mutamento rispetto al passato, e si interrogano sui fattori che li hanno prodotti.