
Il XXI secolo è il secolo della solitudine. Noreena Hertz lo sperimenta in prima persona: a un colloquio di lavoro viene valutata da un algoritmo; un pomeriggio fa shopping con un'«amica del cuore» affittata tramite un servizio online; di sera si trova a sfiorare la pelle artificiale di un robot progettato per essere il suo animale da compagnia. La solitudine che Noreena Hertz racconta non si limita alla frustrazione del desiderio di avere qualcuno vicino; è un male sottile che si è insinuato dentro di noi e ha permeato ogni aspetto della nostra società. È la solitudine strutturale creata dal sistema capitalistico, che ci spinge a pensare solo a noi stessi e a vedere gli altri come concorrenti o nemici. È l'isolamento provato dalle persone che si sentono trascurate e tradite dai propri rappresentanti e dalle istituzioni, al punto di lasciarsi sedurre dal richiamo del populismo e degli estremismi politici. È l'anziana signora giapponese che fa in modo di farsi arrestare per un reato minore, per poter trovare in carcere una forma di comunità. È il mondo parallelo e incontrollato dei social network, dove l'io si occulta dietro una maschera. È l'emarginazione sul posto di lavoro, dove il lavoratore si percepisce come un ingranaggio insignificante. È la solitudine speciale delle metropoli, dove possiamo ordinare centinaia di menu in consegna a domicilio ma non sappiamo il nome del nostro vicino di casa. "Il secolo della solitudine" è il racconto dolente della condizione in cui ciascuno di noi è venuto a trovarsi e insieme una chiamata alle armi contro le distanze siderali che si infiltrano nelle nostre vite, infettando come un virus tanto la salute dei nostri corpi e delle nostre menti quanto le strutture stesse della società. È una sfida a trasformare questa economia disumanizzante in un sistema più sostenibile attraverso interventi mirati dall'alto e dal basso, come maggiori investimenti nel welfare, ricostruzione delle comunità locali, banche del tempo e condomini solidali. È un invito a riscoprire e cementare i valori della collaborazione e dell'altruismo: la celebrazione del singolo non come atomo isolato ma come parte integrante di una comunità.
L'"Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio" fu pubblicata a Heidelberg nel 1817 a uso degli studenti di Hegel. Opera molto travagliata dal punto di vista compositivo, tanto da essere redatta prima nel 1827 e in versione definitiva nel 1830, l'Enciclopedia è concepita da Hegel come un "prospetto generale sull'intero ambito della filosofia"; uno strumento didattico elaborato per fungere da filo conduttore nella dialettica insegnamento-apprendimento, da utilizzare nelle sue lezioni universitarie. "Deve ricevere i suoi necessari chiarimenti nel contesto dell'esposizioni orale" delle lezioni. È l'opera più sistematica di Hegel e può essere considerata come la summa esatta e fedele del suo pensiero, in cui espone in forma concisa ed "esoterica" l'intero suo sistema filosofico. Costituisce così la sintesi speculativa di tutti gli aspetti della realtà divina e umana: dalle strutture logico-metafisiche alla natura in generale, dallo spirito particolare dell'uomo allo stato, dall'arte e dalla religione fino alla stessa filosofia, culmine del sistema. L'oggetto principale dell'intera trattazione è l'idea assoluta (il Dio cristiano uno e trino) nel ciclo completo delle sue forme speculative, Logica, Natura, Spirito e del suo manifestarsi dialettico-speculativo. L'edizione è curata da Vincenzo Cicero, la traduzione tiene conto delle edizioni di Croce, Gandillac e Verra; completano il volume un apparato di note, il catalogo delle opere citate, bibliografia e indici.
Tra i radiologi si dice che trovare un tumore in una mammografia è come trovare una palla di neve in una tormenta. Umorismo nero tra medici che illustra le difficoltà di trovare segnali (palle di neve) entro un ambiente pieno di segnali disturbanti (tormenta). I medici affrontano problemi simili ogni giorno quando vagliano montagne di dati provenienti dagli esami del sangue, dai raggi X o dall'infinita lista dei sintomi dei pazienti. Ammettiamolo, le diagnosi sono spesso soltanto fondate congetture e le prognosi sono ancora meno certe. C'è una significativa quota di incertezza nella pratica medica quotidiana che dà luogo a confusione e a complicazioni potenzialmente letali. Questo libro è un'indagine sui molti aspetti dell'incertezza nella medicina moderna con l'obiettivo di dare al lettore un'idea delle sfide che si incontrano in tutti i campi della medicina, dal cancro alle patologie cardiovascolari, alle malattie infettive e altro ancora, con l'idea di fondo che riconoscendo piuttosto che negando l'incertezza si possono prendere decisioni migliori sulla salute delle persone. La medicina può fallire - qualche volta spettacolarmente - quando pazienti e dottori ripongono troppa fede nella tecnologia medica moderna. Questo libro ci rende al contempo più umili e più in grado di padroneggiare il lavoro clinico, togliendo i veli all'oscurità che permea la teoria e la pratica della medicina moderna. È dunque una lettura essenziale per medici e pazienti. Steven Hatch è professore di medicina all'Università del Massachusetts Medical School. Lavora nella divisione di malattie infe
L'attività didattica e di apprendimento del corso è proposta all'interno di un ambiente digitale per lo studio, che ha l'obiettivo di completare il libro offrendo risorse didattiche fruibili in modo autonomo o per assegnazione del docente. Il codice presente sulla copertina di questo libro consente l'accesso per 18 mesi a MyLab, una piattaforma digitale interattiva specificamente pensata per accompagnare e verificare i progressi durante lo studio. MyLab offre la possibilità di accedere al manuale online: l'edizione digitale del testo arricchita da funzionalità che permettono di personalizzarne la fruizione, attivare la lettura audio digitalizzata, inserire segnalibri anche su tablet e smartphone. Le attività formative e valutative sono dettagliate nella pagina di catalogo dedicata al libro. Postfazione di Gabriella D'Agostino.
Secondo una lunga tradizione intellettuale, la vita immaginativa nella prima infanzia sarebbe primitiva e disorganizzata. Paul Harris si schiera contro questa tradizione, mostrando come la capacità di immaginare possibilità diverse dal reale contribuisca allo sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino.
Un contributo di grande interesse per comprendere come il reale, l’immaginario e il magico si intreccino strettamente a costituire la natura stessa della cognizione umana.
L'autore
Paul Harris insegna Pedagogia all’Università di Harvard. Nelle nostre edizioni ha pubblicato Il bambino e le emozioni (2000).
In questo volume Robert D. Hare analizza le principali caratteristiche psicologiche e comportamentali della personalità psicopatica. Mantenendo sempre un serio approccio metodologico e scientifico, l'autore fornisce un quadro lucido e puntuale del mondo interno dell'individuo psicopatico e delle sue strategie interpersonali. Partendo dalle seminali ipotesi di Cleckley, Hare chiarisce l'importante distinzione tra disturbo antisociale di personalità e disturbo psicopatico, dimostrando come la psicopatia costituisca una vera e propria sindrome: la mancanza di empatia, lo spiccato egocentrismo, l'assenza di rimorso e di senso di colpa, e l'uso strumentale degli altri ne rappresentano gli elementi distintivi. La definizione del costrutto di psicopatia rappresenta un indubbio avanzamento nell'ambito della conoscenza del disturbo, ed è per questo che lo strumento ideato da Hare al fine di valutarne i sintomi, la Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R), viene utilizzato in tutto il mondo nella pratica clinica e forense, oltre che in ambito di ricerca. È stato infatti ampiamente dimostrato come la PCL-R sia un reattivo psicometrico valido e affidabile che permette di identificare gli psicopatici e distinguerli anche da altri individui condannati per reati gravi.
Centomila anni fa almeno sei specie di umani abitavano la Terra. Erano animali insignificanti, il cui impatto sul pianeta non era superiore a quello di gorilla, lucciole o meduse. Oggi sulla Terra ce una sola specie di umani. Noi. L'Homo sapiens. E siamo i signori del pianeta. Il segreto del nostro successo è l'immaginazione. Siamo gli unici animali che possono parlare di cose che esistono solo nella nostra immaginazione: come divinità, nazioni, leggi e soldi. Non riuscirete mai a convincere uno scimpanzé a darvi una banana promettendogli che nel paradiso delle scimmie, dopo la morte, avrà tutte le banane che vorrà. Solo l'Homo sapiens crede a queste storie. Le nostre fantasie collettive riguardo le nazioni, il denaro e la giustizia ci hanno consentito, unici tra tutti gli animali, di cooperare a miliardi. È per questo che dominiamo il mondo, mentre gli scimpanzé sono chiusi negli zoo e nei laboratori di ricerca. "Da animali a dèi" spiega come ci siamo associati per creare città, regni e imperi; come siamo arrivati a credere negli dèi, nelle nazioni e nei diritti umani; come abbiamo costruito la fiducia nei soldi, nei libri e nelle leggi; come ci siamo ritrovati schiavi della burocrazia, del consumismo e della ricerca della felicità.
Centomila anni fa almeno sei specie di umani abitavano la Terra. Erano animali insignificanti, il cui impatto sul pianeta non era superiore a quello di gorilla, lucciole o meduse. Oggi sulla terra c'è una sola specie di umani. Noi: Homo sapiens. E siamo i signori del pianeta. Il segreto del nostro successo è l'immaginazione. Siamo gli unici animali capaci di parlare di cose che esistono solo nelle nostre fantasie: come le divinità, le nazioni, le leggi e i soldi. "Sapiens. Da animali a dèi" spiega come ci siamo associati per creare città, regni e imperi; come abbiamo costruito la fiducia nei soldi, nei libri e nelle leggi; come ci siamo ritrovati schiavi della burocrazia, del consumismo e della ricerca della felicità.
Uno degli aspetti più straordinari dei disturbi dello spettro autistico è l'elevata frequenza di abilità speciali che in essi si rileva. È frequente che molte delle persone affette da questi disturbi possiedano abilità speciali nel campo della musica, dell'arte, del calcolo o della memoria. Perché soggetti con gravi compromissioni sul piano sociale e comunicativo sembrano predisposti a sviluppare l'orecchio assoluto, una memoria fotografica o la capacità di eseguire calcoli a velocità lampo? Questo libro esplora l'enigma del talento e il suo stretto legame con l'autismo indagando le numerose questioni che esso pone: esistono effetti genetici simili che predispongono al talento e all'autismo? Cosa c'è di speciale nei cervelli delle persone con abilità savant? Qual'è il modo migliore di promuovere i talenti in bambini e adulti con difficoltà comunicative e sociali? Con il contributo di alcune delle maggiori autorità mondiali, il volume cerca di districare il mistero delle abilità savant e di riflettere sul modo molto diverso in cui le persone con autismo vedono e comprendono il mondo.
Il campo della psicologia clinica si focalizza su tre domande tra loro collegate: come distinguiamo i comportamenti normali da quelli patologici? Come vengono classificati e diagnosticati i comportamenti patologici? Come possono venire compresi e modificati i comportamenti patologici? Per trattare tali questioni, gli autori hanno organizzato il libro intorno a sei concetti basilari, che vengono introdotti fin dal primo capitolo e poi enfatizzati in quelli seguenti: l'importanza del contesto nel definire e comprendere la psicopatologia, il continuum tra comportamento normale e patologico, l'importanza del relativismo storico e culturale nel definire e classificare la psicopatologia, vantaggi e limiti della diagnosi, il principio della causalità multipla; la connessione tra mente e corpo.
Che la diversità culturale sia divenuta un tema cruciale non solo per gli studiosi dell'epoca contemporanea, ma anche per coloro che in questa epoca vivono consapevolmente è cosa scontata. Più complesso invece è capire che cos'è, fino a che punto sia un elemento di ricchezza o di debolezza, se vada attivamente protetta oppure se vadano distinte, di volta in volta, vecchie incrostazioni nei costumi e nei modi di pensare e reinterpretazioni creative di spinte nuove. E, posto che le diversità culturali sono sempre esistite, a cosa corrisponde la loro riscoperta e valorizzazione? Il saggio di Hannerz affronta queste domande.