
Nel novembre 2011, dopo un anno tormentato per l'Italia e per il mondo, Silvio Berlusconi cedeva la leadership politica a Mario Monti, nuovo capo del governo. Una svolta, nel bene e nel male. È stato allora che negli atteggiamenti pubblici e privati degli italiani si è imposta una nuova sobrietà, in opposizione alla consolidata barbarie. In "Un velo di sobrietà", Pier Aldo Rovatti rielabora gli editoriali scritti per "Il Piccolo di Trieste" più di sessanta "scene" suddivise in quattro sezioni tematiche: "La cattiva politica e quella buona", "Capitale umano", "Dentro la vita quotidiana", "Quale cultura". Con l'arma affilata della critica filosofica, Rovatti commenta gli eventi che dal maggio 2011 all'ottobre 2012 hanno segnato la realtà italiana e non solo. Dalla vittoria elettorale di Giuliano Pisapia a Milano alla spending review, al rigore dei ministri-professori; dal caso Lusi al neopopulismo di Beppe Grillo. E ancora, il naufragio della Costa Concordia; il corteo degli indignati a Roma nel 2011, sfociato in guerriglia urbana; i terremoti geologici e quelli finanziari; il limbo dell'università riformata; la medicalizzazione come modello diffuso; le nuove sfide della genitorialità; l'immagine femminile a lungo mercificata e svilita. Affrontando temi come questi, Rovatti promuove un uso non disciplinare della filosofia, che si concretizza in una pratica di lettura e scrittura per frammenti, a creare pause di riflessione nel flusso concitato della cronaca.
Un ebreo? Un portoghese? Un mercante? Un filosofo? Chiamatelo come preferite, ma è di voi stessi che parlate. Lui firmava le sue lettere come Bento, Benedictus o, semplicemente, B. Nel 1677, a pochi mesi dalla morte, uscì la prima edizione delle sue opere fondamentali. Il nome dell'autore compariva soltanto con le iniziali: B.d.S. Spinoza nacque ad Amsterdam, in una famiglia di ebrei sefarditi costretti a convertirsi al cristianesimo e fuggiti dal Portogallo. Nell'Olanda del Seicento pensare è un atto, scrivere è un atto, un gesto spettacolare e coraggioso. In questo tempo di rivoluzioni scientifiche e di guerre di religione, di epidemie e di vertiginosa espansione del commercio, i filosofi sono uomini d'azione. Modificare il corso delle verità è un compito pericoloso. Conoscere Spinoza significa entrare nelle vite che si sono intrecciate con la sua: Saul Levi Morteira, il rabbino capo della comunità ebraica di Amsterdam; Adriaen Koerbagh, enciclopedista in anticipo di un secolo; Franciscus Van den Enden, attivista fortemente contrario a Luigi XIV; Stenone, anatomista geniale; Leibniz, che si confronta con Spinoza sulla grande scacchiera metafisica degli infiniti e delle virtù, di Dio e delle certezze. Nel racconto di Maxime Rovere la vita entra prepotentemente nella storia del pensiero e getta luce su un mondo lontano nei secoli. È un ritorno alle nostre origini nella forma di un sogno storico e filosofico, completamente costruito su fatti e testi: Spinoza è il protagonista dell'avventura della ragione moderna, di cui in questa grande narrazione si può seguire giorno per giorno la nascita, guardando come si animano le idee e come il pensiero si fa strada nell'esistenza. Non un romanzo scritto a partire da una storia vera, ma una ricerca per avvicinarsi, attraverso tutti i mezzi della letteratura, alla verità di un universo perduto.
Mark Rowlands, giovane e inquieto docente di filosofia in un'università americana, legge per caso su un giornale una singolare inserzione, si incuriosisce e risponde. Qualche ora dopo è il padrone felice di un cucciolo di lupo, a cui dà nome Brenin ("re" in gallese antico). Per undici anni, sarà lui la presenza più importante nella vita del professore, che seguirà ovunque: assisterà alle sue lezioni acciambellato sotto la cattedra, incurante degli iniziali timori e del successivo entusiasmo degli studenti, ne condividerà avventure, gioie e dolori, lo accompagnerà nei suoi spostamenti dall'America all'Irlanda alla Francia, dove Mark si trasferisce dopo aver troncato quasi ogni legame con i suoi simili. E sarà, soprattutto, una fonte continua di spunti di riflessione e idee filosofiche perché, contrariamente allo stereotipo che ne fa un emblema del male, della ferocia, del lato oscuro dell'umanità, il lupo è per Rowlands metafora di luce e di verità, la guida per un viaggio interiore alla scoperta della propria più intima e segreta identità: "Il lupo è la radura dell'anima umana... svela ciò che rimane nascosto nelle storie che raccontiamo su noi stessi". La sua natura selvaggia e indomabile, infatti, rivela a chi gli sta accanto un modo di vivere e di fare esperienza del mondo non solo radicalmente diverso da quello degli uomini, ma forse anche più autentico e appagante perché immune da doppi fini, da ogni atteggiamento di calcolo e manipolazione.
Il nichilismo, il relativismo e il materialismo, che caratterizzano il nostro tempo, ci hanno resi consapevoli della condizione di precarietà e di finitezza in cui noi tutti versiamo. Il dilagante edonismo, connesso alla società dei consumi, non riesce a vincere l'angoscia di un esistere che appare privo di senso. Affidandoci esclusivamente alla razionalità scientifica ci precludiamo la possibilità di un'effettiva ricostruzione dell'umano. Occorre il concorso di tutte le modalità della coscienza - dalla filosofia, alla religione, all'arte, alla pratica della comunicazione - al fine di elaborare un nuovo Umanesimo, rispondente alle spinte spesso drammaticamente contrastanti, che la complessità dell'attuale contesto storico comporta.
Questo saggio si propone di richiamare l'attenzione su quelli che sono i problemi di fondo che da sempre inquietano la umana coscienza quali il mistero dell'essere e il senso della vita. Nel nostro tempo tali problemi sembrano oscurati dall'invadenza delle conquiste tecnologiche, ma l'incalzare di molteplici e sempre più pressanti eventi, ascrivibili in parte proprio allo stesso progresso, rendono necessario il ricorso al pensiero per una garanzia di sopravvivenza in un mondo che sembra farsi sempre più ostile nei confronti dell'umano.
L'idea diffusa che papa Francesco sia 'forte' nella pastorale ma 'debole' nella dottrina è un equivoco, La grande espressività del pontefice vive infatti di una originale 'teologia narrativa', che è a un tempo tradizionale e innovativa, legata al quotidiano e rivolta a tutti, credenti e non. Nelle sue parole ricorrono appelli di solidarietà sociale per i più deboli, i temi della gioia, dell'amore e della misericordia; ma emergono anche concetti e passaggi problematici come l'Incondizionata misericordia' di Dio che lascia indeterminati alcuni motivi religiosi tradizionalmente fondamentali quali il castigo, la punizione e l'espiazione del peccato. Bergoglio mette così in atto una faticosa ridefinizione del concetto stesso di peccato: «siamo tutti peccatori» ma perdonati. Dietro al nuovo sforzo ermeneutico e semantico del pontefice si intravede un abbozzo di nuova e potente teologia. Dove porterà questa 'rivoluzione'? Quali sono i contraccolpi teologici e dottrinali? Gian Enrico Rusconi esplora le conseguenze della teologia narrativa di Francesco sulla Chiesa, sui laici e sulla società in generale.
Dopo una succinta introduzione che definisce l'etica e chiarisce quali siano i contorni del dibattito odierno, l'autrice tratta brevemente degli antecedenti filosofici (Spinoza, Kant, Nietzsche, Wittgenstein, Heidegger), per esporre poi la serie di principi, nuovi e vecchi, che l'etica contemporanea deve mettere in campo. Conclusa questa parte d'inquadramento generale, l'autrice passa in rassegna tutti i maggiori contributi che ha prodotto la filosofia contemporanea: da Lèvinas a Jonas, da Apel a Habermas, a Rawls; e infine i vari settori della cosidetta etica applicata: la bioetica, l'etica dell'ambiente, l'etica degli affari e l'etica applicata ai media e alla politica.