
Il volume presenta il dibattito tra due indirizzi filosofici diversi: da una parte l'indirizzo ermeneutico e, dall'altra, la teoria critica.
In questo suo importante lavoro, Kurt Appel elabora una teoria teologica del tempo, mostrandone il ruolo centrale nella concezione di Dio da parte della filosofia speculativa – da Leibniz a Kant, da Hegel all’ultimo Schelling. Il concetto di tempo si mostra così come una chiave decisiva per la comprensione di questi due complessi sistemi di pensiero, la filosofia e la teologia. Il tempo al quale noi normalmente pensiamo, quello lineare e meccanico dell’orologio, scorre uniforme e indefinito, sempre uguale. È un continuum senza qualità di sorta, neutrale e asettico, del tutto indifferente: e pre- tende di dettar legge. Indagando il rapporto esistente fra il tempo della rivelazione (nel paradigma biblico) e il tempo secolarizzato (del paradigma post-moderno), Appel mette in scacco i presupposti di quest’ultimo. Mostra come la concezione del tempo cronologico in eterna espansione sia del tutto insufficiente. E svela come il senso del tempo aperto dalla creazione di Dio e occupato dall’intimità di Dio risieda «nelle infinite costellazioni dell’affezione che fanno il mondo degno di essere vissuto e il regno di Dio ospitale per una creatura realmente finita» (P. Sequeri). L’eternità, in questo scenario, risulta momento di un tempo intrinsecamente liturgico, nel cui passato – aperto e sempre da riscrivere – ci perviene il nome di Dio, e la cui dignità risiede nella vulnerabilità, nell’indisponibilità e nell’apertura dell’essere. Una sorprendente teoria teologica del tempo. Un modo inaspettato di guardare al Dio cristiano che si dona come nostro ospite nel tempo.
KURT APPEL, nato nel 1968, filosofo e teologo, è docente di teologia fondamentale e di filosofia della religione presso l’università di Vienna e direttore della piattaforma di ricerca interdisciplinare «Religion and Tran- sformation in Contemporary European Society». Tiene corsi universitari sia a Milano sia a Trento. In italiano ha pubblicato: Apprezzare la morte. Cristianesimo e nuovo umanesimo (EDB, Bologna 2015).
Gli scritti raccolti in questo volume si propongono di attraversare, lungo un arco temporale più che trentennale (1881-1916), il progetto filosofico di Roberto Ardigò di dar luogo ad un nuovo modello di filosofia, capace di dialogare attivamente con i risultati delle scienze particolari e di avere, al contempo, una funzione euristico-regolativa del concetto di scienza. Tenendo ben distinti di due campi, e rimarcando gli errori compiuti dall'idealismo e dal razionalismo, Ardigò assume una posizione particolare anche nell'ambito del positivismo europeo, riformando non poco le posizioni di Spencer e di Comte.
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
Otto Adolf Eichmann, figlio di Karl Adolf e di Maria Schefferling, catturato in un sobborgo di Buenos Aires la sera dell'11 maggio 1960, trasportato in Israele nove giorni dopo e tradotto dinanzi al Tribunale distrettuale di Gerusalemme l'11 aprile 1961, doveva rispondere di 15 imputazioni. Aveva commesso, in concorso con altri, crimini contro il popolo ebraico e numerosi crimini di guerra sotto il regime nazista. L'autrice assiste al dibattimento in aula e negli articoli scritti per il "New Yorker", sviscera i problemi morali, politici e giuridici che stanno dietro il caso Eichmann. Il Male che Eichmann incarna appare nella Arendt "banale", e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori sono grigi burocrati.
Essere fedeli alla realtà delle cose, nel bene e nel male, implica un integrale amore per la verità e una totale gratitudine per il fatto stesso di essere nati. Una donna è fra i più grandi pensatori del Novecento. Per Hannah Arendt, la riflessione filosofica sull'esistenza è un pensiero secondo, vale a dire che esso deve essere secondo la realtà e venire dopo ciò che l'esperienza suggerisce agli uomini. Dallo stupore e non dal dubbio procede la conoscenza. L'esperienza chiarisce all'uomo la stoffa di cui è fatto e il senso delle sue aspirazioni. Questa raccolta di brani della pensatrice tedesca allieva di Heidegger. Un modo adeguato, anche per i non addetti ai lavori, per avvicinarsi a una delle voci più brillanti e contro corrente del pensiero contemporaneo.
Torna di attualità in questi mesi un testo scritto da Hannah Arendt negli anni Settanta. Si tratta di un'originale riflessione sulla natura della politica e sul suo rapporto con la verità. Il libro - qui proposto con il testo originale a fronte - prende spunto dalla vicenda dei Pentagon Papers, documenti riservati del Dipartimento della difesa USA: nel 1971 alcuni stralci di quelle relazioni coperte da segreto di Stato furono trafugati e pubblicati sulle pagine del New York Times, rivelando all'opinione pubblica l'ammissione da parte del Pentagono dell'assoluta inutilità strategica dell'impegno americano in Vietnam.
Gennaio 1944: in Europa infuria la Seconda Guerra Mondiale quando viene pubblicato questo saggio in cui Arendt riflette sulle tappe che hanno portato all'ideologia razzista del Terzo Reich. Figli di quello stesso Illuminismo a cui dobbiamo la «Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo», i semi del pensiero razzista trovarono terreno fertile in alcuni aristocratici francesi preoccupati, all'indomani della Rivoluzione, di individuare i motivi storici della loro superiorità sulle masse del Terzo Stato. Il quadro si allarga poi alla Gran Bretagna e alla Prussia fino al «Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane» del conte di Gobineau. L'affermarsi della superiorità dell'individuo, una lettura distorta del darwinismo e la politica imperialista delle potenze europee fra Otto e Novecento sono gli altri tasselli che la Arendt compone per spiegare il pensiero razzista.
Chi fu Walter Benjamin? A questa domanda poteva forse dare risposta solo Hannah Arendt. Lo aveva conosciuto e frequentato a Parigi, negli anni d'esilio dalla Germania nazionalsocialista, prima che ponesse fine alla sua vita in Spagna nella fuga verso gli Stati Uniti, diventando un simbolo del tragico destino dell'ebraismo tedesco nel Novecento. Quando pubblicò un celebre saggio sull'amico nel 1968 - qui per la prima volta tradotto dalla versione originale tedesca - molte pagine erano dedicate alla biografia non già per ricercare motivi all'origine del suo pensiero, bensì per risalire alle cause della sua fama postuma. Scritti su letteratura ed estetica venivano riletti alla luce della critica politica, scoprendo intenti maturati dal confronto col marxismo dietro agli aspetti filosofici e religiosi rilevati fino ad allora dagli interpreti. Un'accusa che all'epoca si trasformò in polemica sullo sfondo dell'antagonismo tra capitalismo e comunismo, che richiedeva nuove soluzioni al problema della libertà dell'uomo d'imprimere un senso alla sua storia di catastrofi e non di progresso tra politica e teologia. Quel saggio dal lapidario titolo "Walter Benjamin" contribuì come nessun altro alla fortuna di un pensiero che accoglieva impulsi dalla metafisica per affrontare questioni della politica, come abbozzato nella serie di tesi "Sul concetto di storia", tradotte qui dal manoscritto originale affidato all'amica e presto riconosciute come suo testamento spirituale. Oltre alle loro lettere (1936-1940) sono raccolti in questo volume anche i principali documenti sulle discussioni che si accompagnarono alla riscoperta di un autore che continua a rivelarsi nella sua inattualità perché guardò oltre ogni attualità.

