
La sensazione più diffusa, in questi giorni difficili, è di smarrimento: viviamo in balia di un consumismo sempre più sfrenato, della paura suscitata da una guerra vicina e assurda, di una crescente incertezza del futuro. Avvertiamo il naturale bisogno di trovare un punto fermo su cui poter fare affidamento, ma al contempo constatiamo come a vincere e prosperare, attorno a noi, sia non di rado l'immoralità. Perché quindi il bene dovrebbe essere preferito al male, se questo risulta più conveniente e piacevole? Aiutandoci a fare chiarezza nel nostro intimo, con questo libro coraggioso e controcorrente Vito Mancuso ingaggia prima un ideale corpo a corpo con il più radicale tra i suoi nemici filosofici, Nietzsche, e poi ci guida, per mezzo di insegnamenti concreti e attraverso la pratica quotidiana dell'agire morale, verso la risoluzione dei tormenti, dubbi e conflitti che attanagliano le coscienze. Perché è solo ritrovando un'etica condivisa, e rinnovando il legame che ci unisce in quanto esseri umani, che le nostre ferite potranno finalmente essere rimarginate. La posta in gioco è altissima: chiamati a invertire la rotta di questa «nave dei folli» in cui si è trasformata la società, dall'esito delle nostre scelte dipenderanno il futuro del pianeta e le sorti delle generazioni future.
In una celebre pagina di Shakespeare, Antonio, di fronte al cadavere di Bruto suicidatosi poco prima, esclama: "Questo era un uomo!". Ma che cosa fa di qualcuno "un uomo", qual è la caratteristica che, persino di fronte a un nemico mortale, ci fa sentire in presenza di un "vero uomo"? Per Vito Mancuso, tutto dipende dalla libertà. La vera libertà però è interiore, perché ciò che impedisce alla nostra vita di essere autentica sono le menzogne che diciamo a noi stessi, all'origine di quelle che diciamo agli altri. È la libertà da se stessi a rendere la vita davvero libera e dunque autentica. Ma come si diventa liberi da se stessi? E vale la pena perseguire una vita autentica in un mondo basato sulla finzione? Rispondendo a tali interrogativi, questo saggio sulla libertà sorprenderà anche per la passione e la chiarezza con cui è scritto.
Cosa spinge un uomo a commettere atti valorosi se non il desiderio di rendersi meritevole di lodi? Che ne sarebbe delle donne oneste se non ci fossero quelle di facili costumi, pronte a soddisfare i più bassi bisogni dell'uomo? Insomma, quale vantaggio verrebbe alla nazione se non esistessero il lusso, la volontà di prevalere, di accumulare e di possedere? Mandeville risponde senza ipocrisia né moralismo: coloro che rimpiangono l'età dell'oro, oltre all'onestà, dovrebbero accettare anche le ghiande. Così "La favola delle api", paradossale analisi della società degli uomini attraverso le vicende di un alveare, diventerà un'opera di riferimento per i filosofi e gli economisti dei secoli successivi, da Smith a Ricardo, da Marx a Nietzsche, e si rivela ancora oggi apologo di sorprendente efficacia. Introduzione di Carlo Sini.
Un classico della filosofia moderna, al centro di ogni discussione sulla società civile e sulla morale. Esemplificando con un immaginario alveare, l'autore dimostra che la felicità pubblica di una società mercantile è legata non alla virtù, all'avvedutezza e alla parsimonia dei suoi componenti, ma ai loro vizi, ai loro comportamenti irrazionali e ai loro sprechi. Una delle più profonde interpretazioni filosofiche dell'individualismo moderno.
Il più rilevante e noto trattato rinascimentale sulle qualità morali, fisiche e divine dell'uomo fu redatto da uno fra i più poliedrici e dotti umanisti del Quattrocento. Il ''De dignitate et excellentia hominis'' è l'opera capitale di Giannozzo Manetti (Firenze, 1396 - Napoli, 1459), ricco mercante, politico, autore di numerosi scritti in latino, e traduttore di Aristotele dal greco e dei Salmi dall'ebraico. Fu per un ventennio ambasciatore della repubblica fiorentina, quindi segretario pontificio e, infine, cortigiano presso la corte dei re d'Aragona a Napoli. Proprio su committenza di Alfonso il Magnanimo, Manetti portò a compimento nel 1452 la sua summa enciclopedica di quanto scritto dagli autori classici e cristiani sul miracolo del corpo umano e dello spirito divino che vi alberga. L'opera rappresenta un imperituro monumento alla più perfetta tra le creature divine, posta al centro delle meravigliose bellezze dell'Universo e dotata di un corpo e di un'anima che sono riflesso del macrocosmo. L'esaltazione dei prodotti dell'ingegno umano e delle arti figurative, la contestazione della tradizionale posizione medievale che individuava nella morte l'unica via d'uscita dalle sofferenze terrene, la glorificazione delle virtù e delle prerogative dell'uomo, e soprattutto la riflessione sui privilegi e gli oneri della ''dignitas hominis'' fanno di questo scritto il manifesto del Rinascimento italiano. Il volume offre per la prima volta al lettore italiano una traduzione integrale dell'opera a cura di Giuseppe Marcellino, specialista della letteratura latina umanistica, preceduta da un saggio introduttivo di Stefano U. Baldassarri, Direttore dell'ISI Florence e studioso del Rinascimento di fama internazionale.
Il libro ripercorre le varie tappe del pensiero semiotico come si è manifestato nell'antichità classica, focalizzando l'attenzione sia sulle pratiche indiziarie, sia sulle teorie del segno e del linguaggio: si va, così, dai segni della divinazione greca al linguaggio delle Sibille, dagli indizi e prove della storiografia ai sintomi descritti nella medicina greca, per arrivare alle teorie dei filosofi. Queste ultime si susseguono in un ordine cronologico tale da coprire in maniera organica il percorso semiotico della cultura classica: una sorta, quindi, di comprensiva storia della semiotica dell'antichità. Si inizia con la teoria linguistica del Cratilo di Platone, si prosegue con Aristotele e gli stoici, si arriva al "De signis" di Filodemo, che illustra il dibattito tra epicurei e stoici sull'inferenza semiotica, e in cui compare per la prima volta l'espressione "semeiosis" (semiosi), poi adottata da Charles Sanders Peirce proprio in seguito alla lettura di quel testo nel 1879-80. Si affronta quindi il tema del confronto tra il linguaggio degli animali e quello degli uomini, che ha attraversato la riflessione filosofico-linguistica dell'antichità e si è posto alla radice di una lunga tradizione che conduce, attraverso il Medioevo, fino a Cartesio, ai dibattiti settecenteschi e alle indagini attuali sulla mente degli animali. Il volume si conclude infine su alcune tematiche semiotiche generali, che legano il mondo antico a quello contemporaneo...
L’empatia è l’altro nome della relazione, un aprirsi all’altro che dischiude il senso pieno della nostra umanità, oltre la solitudine e l’indifferenza. E questo stesso libro diventa occasione, per il lettore, di empatia con l’autrice e la sua preziosa riflessione. «Se c'è una parola perfettamente a suo agio davanti allo specchio, questa è proprio empatia. Lo specchio restituisce un'immagine riflessa, la mia immagine, che tuttavia non sono io».
PATRIZIA MANGANARO, docente di storia della filosofia contemporanea presso la Pontificia Università Lateranense, dedica la sua attività di ricerca al legame tra filosofia e scienze cognitive da un lato, e al nesso tra fenomenologia, teologia e mistica dall’altro. Autrice di Filosofia della mistica (Lateran University Press 2008), con Angela Ales Bello ha curato Le religioni del Mediterraneo (Mimesis 2008) e …e la coscienza? Fenomenologia, psicopatologia, neuroscienze (Edizioni Giuseppe Laterza 2012).
Piccolo esercizio di pensiero per scoprire nel termine "narcisismo" antiche e nuove intuizioni non riducibili al mero trionfo dell'effimero. L'autrice, con spiccata sensibilità filosofica e scrittura avvincente, ne coglie gli aspetti più attuali e dirompenti. Il mito di Narciso, narrato nel terzo libro delle Metamorfosi di Ovidio, è un classico che non ha ancora esaurito quel che ha da dire.