
La bellezza e le strategie per accentuarla sono state perseguite in tutte le epoche, ma le civiltà del passato hanno cercato di imbrigliarle, arginando qualunque spinta liberatoria. L'ipermodernità contemporanea ha scardinato questo dispositivo e oggi la seduzione si sprigiona in ogni direzione. La parola d'ordine non è più costringere ma "piacere e colpire". E questa ingiunzione è una delle leggi che operano ovunque: nell'economia, nella pubblicità, nella politica. L'economia consumistica tempesta di offerte attraenti la nostra quotidianità intercettando i desideri; nella sfera politica, la seduzione si dispiega tramite l'immagine del candidato, appannando il programma politico, la vita vera. L'autore chiarisce quali sono i punti di forza della società della seduzione, e perché sarebbe catastrofico tornare ai modelli opprimenti del passato. Sottolinea anche le derive di questo parco giochi voluttuoso e spesso vacuo in cui ci troviamo a vivere, e delinea i modi per nobilitarlo senza sacrificarlo.
Un approccio antropologico e dialogico alla questione linguistica, testo di riferimento della riflessione filosofica di Lipps.
Il progetto di Lipps di inaugurare una logica dell’ermeneutica, condiviso con il filosofo tedesco Georg Misch (1878-1965), costituisce la sua eredità, un’intuizione per molti versi innovativa. Nel testo egli affronta la posizione di una questione filosofica del linguaggio di contro alla linguistica, alla filologia, alla logica formale e fa un richiamo a una ricerca che parta dalla parola proferita con la quale l’uomo interpreta e coglie – strutturando e dando senso – il mondo e se stesso. Il linguaggio è il luogo in cui l’uomo si risveglia all’esistenza venendo interpellato dall’altro, mette in comunicazione due esistenze, le cambia e cambia il rapporto che intrattengono col mondo circostante.
Filosofo "inimitabile", secondo le parole di Levinas, Jankélévitch si staglia sul quadrante del Novecento come un pensatore volutamente inattuale - perché diversamente orientato rispetto ai vettori caratteristici di esso. Proprio in ciò risiede la sua attualità, racchiusa nella cifra di una riflessione intensa e originale. Alla individuazione delle nascoste e non consumate potenzialità di tale riflessione è rivolto questo saggio. In un momento in cui diverse strategie teoriche paiono esaurirsi e viceversa il pensiero torna ad interrogarsi su quel flusso mobile che è la vita stessa, Jankélévitch, da sempre infaticabile esploratore dell-inquieto fascino del reale, della misteriosa "grazia" (charis) da cui prendono forma le cose - e proprio perciò attento alla responsabilità dell'agire pratico -, si rivela un interlocutore col quale oggi, forse più che mai, è importante confrontarsi.
Questo libro sfida l'ortodossia scientifica, e propone una nuova e accorata difesa del libero arbitrio impugnando gli stessi criteri naturalistici che di solito vengono impiegati per confutarlo. Christian List ammette che il libero arbitrio, insieme ai suoi prerequisiti - intenzionalità, possibilità alternative, controllo causale sulle nostre azioni -, non fa parte della fisica, e sostiene che esso vada invece considerato un fenomeno di «livello superiore», appartenente all'ambito della psicologia. È uno di quei fenomeni che, pur emergendo dai processi fisici, al pari di un ecosistema o dell'economia, resta autonomo da essi. Quando il libero arbitrio viene contestualizzato in modo corretto, ammettere che è reale non solo è scientificamente onesto, ma diventa indispensabile per spiegare il nostro mondo.
La tesi che qui viene presentata, in polemica con il pensiero post-metafisico e le varie forme di irrazionalismo contemporaneo, è che la metafisica, intesa come formalizzazione delle verità originarie già presenti nel senso comune, non può essere superata" e tanto meno ignorata dalla ricerca antropologica, etica e politica. "
L'autore espone nella prima parte ("Come la verità viene al soggetto") quelle che egli ritiene le vere leggi del pensiero, mentre nella seconda parte ("Come le leggi del pensiero determinano l'agire comunicativo") espone la possibilità e i limiti della comunicazione del pensiero tra soggetti diversi. Il trattato dimostra che il nucleo fondamentale della logica come prassi naturale è la logica "aletica", quella per cui ogni soggetto necessariamente: a) privilegia il "valore-verità" su tutti gli altri valori che tramite la riflessione può rilevare nel proprio pensiero e che può poi confrontare criticamente nel pensiero altrui tramite la comunicazione linguistica; e per questo b) assume come determinazione ultima del "valore-verità" il corretto e adeguato rapporto di ogni ipotesi di giudizio con tutti i suoi presupposti. Anche se l'Autore non fa uso di neologismi, nemmeno per esporre nozioni originali sue, deve comunque ricorrere a molti termini tecnici della logica classica e di quella moderna, e per questo aggiunge alla fine un "Glossario dei termini logico-epistemici" sul cui preciso significato non si è potuto soffermare nel corso dell'esposizione, in quanto si tratta di termini propri di altre discipline, come la filosofia della conoscenza, l'epistemologia, la logica formale e la filosofia del linguaggio. Sempre allo scopo di mantenere il volume nei limiti di un'opera propedeutica, viene aggiunta alla fine del volume anche una "Bibliografia complementare", nella quale i lettori troveranno testi in varie lingue che l'Autore ritiene utili all'approfondimento delle questioni, sempre ovviamente nell'ottica da lui proposta nel presente trattato.
Monografia critica su Camaus che si caratterizza per la decisa e motivata presa di distanza, da parte dell'autore, dalle troppe interpretazioni ideologiche e politiche che la vicenda umana di Camus e la sua produzione hanno avuto fin da quando gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura (1951).
"Il Tutto, dunque, in rapporto alla Causa prima è un instaurato e l'atto con cui è fatto esistere quel che esiste a partire dalla Causa prima non è certo tale da permettere all'inesistenza di avere potere sulle sostanze delle cose. Esso è invece un far esistere che, in ciò di cui si predica l'eternità, rende impossibile l'inesistenza in assoluto: questa è l'instaurazione assoluta e il far essere assoluto e non un certo far essere. E ogni cosa avviene a partire da quell'Uno e quell'Uno fa avvenire ogni cosa."