
La Missione del dotto di Fichte è la più straordinaria descrizione moderna del ruolo dell'intellettuale, nella forma di un impegno condotto universalisticamente in rapporto diretto con l'idea di umanità e di emancipazione del genere umano tramite la prassi trasformatrice.
"Questo libro di Giovanni Fighera entra nel vivo della crisi della modernità, e analizza i fondamenti che l'hanno prodotta e che tuttora ne producono gli sviluppi in modo veramente impressionante": la libertà sciolta dai valori e dalla verità, la parcellizzazione del sapere, il relativismo, l'ideologia scientistico-tecnicistica. "Fighera si fonda soprattutto su testi di poeti e di letterati, che dimostra di conoscere molto bene, citando in modo puntuale molti loro passi particolarmente significativi". Così si esprime Giovanni Reale nella Prefazione, mentre Gianfranco Lauretano nell'Invito alla lettura soggiunge che attraverso un documentato percorso storico (dall'antichità alla contemporaneità) si delinea la "questione che l'autore ritiene fondamentale: senza il Mistero, il mondo è più piccolo e assurdo, soprattutto la parte più interessante del mondo, cioè l'io, la persona". L'uomo, come dimostra la sua storia, soprattutto in questa età post-moderna, non è autosufficiente, non è in grado di salvarsi da solo. Bisogna fondare un nuovo umanesimo, che per Fighera deve riscoprire Dio e riappropriarsi della legge morale universale guardando di nuovo alla ragione umana non più intesa in modo riduttivo. "Questo Tu che ha creato il mondo apre le porte all'amore, vero fulcro della conoscenza, e all'appartenenza a esso, per cui la solitudine che contraddistingue i contemporanei è sconfitta con l'adesione e l'appartenenza alla Verità."
«Quale bellezza salverà il mondo?», si chiede Dostoevskij nell'Idiota. Attraversando la storia dell'estetica dalla sua concezione antica e testimoniandola nella nostra contemporaneità questo libro giunge alle conclusioni che furono di Charles Moeller in Saggezza greca e paradosso cristiano: la bellezza dell'arte su questa Terra è superata dalla bellezza dei santi, quindi dell'uomo, che di Dio è immagine. «La gloria di Dio è l'uomo vivente», aveva affermato prima di lui icasticamente sant'Ireneo. Il percorso del volume investe i campi artistici letterario, figurativo e quello filosofico sorpresi sotto la luce portata dall'avvenimento cristiano.
"La vita comune ed a se sufficiente, ed organizzata nell'unità per il meglio dei suoi membri è per gli Elleni lo stato. Ciò che conduce a tale ordinamento è la cittadinanza. L'ordinamento fondamentale dello stato è la costituzione. La sottomissione della attività dell'individuo allo stato è la virtù civile. Lo scopo della costituzione è di svolgere la virtù civile". "Nell'organamento sociale dei singoli membri è possibile la lotta per gli interessi individuali. Lo stato dee rendere impossibile questa lotta. Poiché nella lotta rompesi l'armonia suprema dello stato, che è il suo proprio interesse. Una costituzione che renda impossibile la lotta è una costituzione ottima. Poiché nella Monarchia il principio politico è posto fuori delle classi; in essa trovasi una maggiore garantia contro la lotta dei vani interessi di queste. Al contrario nella Repubblica". "In ogni popolo trovansi i germi di una organizzazione di stato: ma solo in Grecia essi si svolgono per la prima volta. Lo stato rappresenta tutta la vita sociale, l'organismo sociale. L'interesse sociale è l'interesse dello stato. I Greci non distinguono società e stato. Il problema sociale è problema politico".
Il volume presenta in prima edizione italiana le tre celebri conferenze tenute nel 1968 dal filosofo John Niemeyer Findlay sul tema dell'Assoluto. Il nucleo della teoria qui esposta è che tutte le cose, dai corpi fisici agli oggetti dello spirito, sono unite da una rete di relazioni. Compito della filosofia è percorrere queste connessioni per ascendere all'essenza, indagare l'assurdo e il negativo dell'esistenza per cogliere in essi le tracce di un trascendente che dà loro significato e offre una possibilità di redenzione. I temi trattati - lo Spazio e il Tempo, la sostanza e la causalità, la vita interiore della mente, la conoscenza, i valori morali, il male - sono per Findlay passi verso la definizione di un Assoluto che sappia risolvere in una sfera oltremondana le contraddizioni di questo mondo.
Proseguendo il discorso ideale, iniziato con la pubblicazione, con l'Editrice Domenicana Italiana, del primo volume dal titolo Verità, bellezza e scienza, e del secondo volume, dal titolo Etica, bioetica e politica, e dal sottotitolo, posto in entrambe, Temi di filosofia aristotelico-tomistica, ora, con questo terzo volume, avente lo stesso sottotitolo e per titolo Attualità di San Tommaso, non fa che ribadire lo stesso proposito; cioè, oggi si avverte la necessità di ritornare ai princìpi ispiratori della filosofia aristotelico-tommasiana. Si tratta, però, di un ritorno da effettuare non mediante un appiattimento anacronistico, che farebbe un torto a questa stessa filosofia, ma mediante un ritorno che ripensi i problemi di oggi alla luce di quei princìpi, i quali, quanto più sono conservati nella loro formulazione originaria, tanto più se ne coglie la loro immensa fecondità euristica, profondamente umana, ragionevole e positivamente laica, nel momento stesso in cui sono applicati, come si fa anche in questo terzo volume, ai problemi in cui vive e si dibatte l'uomo moderno. Con questo volume l'Autore intende dimostrare che l'esigenza di tornare in modo particolare all'epistemologia e alla metodologia tommasiana ha dalla sua validi motivi e giustificazioni, perché vede in esse la possibilità per la filosofia e per la teologia di uscire dalle secche in cui da tempo si sono incagliate, dopo aver seguito, e in alcuni casi inseguito, gli orientamenti della filosofia moderna, giunta ormai al capolinea, sebbene continui ad avere ancora i suoi strenui difensori e i suoi santuari. La post-modernità, da tempo iniziata, sta già facendo comprendere che l'uomo ha bisogno di essere aiutato da un pensiero, sia filosofico sia teologico, attento ai problemi reali e non arroccato nei vuoti giochi di parole e negli ossimori, cui la filosofia e la teologia sembra che abbiano affidato le loro ultime carte. L'autore ha voluto soprattuto sottolineare che questo ritorno alla realtà deve essere accompagnato da un'ermeneutica, anch'essa realistica, aperta alla conoscenza oggettiva, che rompa il guscio di una pretesa trascendentalità soggettiva, la cui universalità è solo un pio desiderio dei suoi cultori, allo scopo di leggere, secondo verità e giustizia, sia il grande libro della natura sia tutte quelle immense ricchezze, affidate alla scrittura dai grandi pensatori del passato, presupposti ineliminabili di una communitas dai solidi fondamenti.