
Di fronte all’attuale crisi economica mondiale, ci si può ancora eticamente definire capitalisti? Se per capitalismo si intende un sistema economico che riconosce «il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia», la risposta è positiva; se invece si intende «un sistema in cui la libertà nel settore dell’economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale» (Centesimus annus, 42) e non persegua, quindi, l’edificazione di una società dal «volto umano», dove l’economia si raccordi all’etica, la ricchezza non sia un fine ma un mezzo, l’utile venga subordinato alla centralità della persona, l’essere abbia il primato sull’avere e la società esprima negli uomini che a vario titolo la rappresentano perenni valori morali sempre risorgenti e insieme profondamente rinnovatori, la risposta non può essere che negativa. Sulle origini culturali (e antropologiche) dell’anticapitalismo cattolico, il pensiero e l’opera di Giuseppe Toniolo offrono un importante contributo di chiarimento e di riflessione, ancor oggi, per taluni aspetti, valido.
Paolo Pecorari è professore ordinario di Storia economica nella Facoltà di Economia dell’Università di Udine, dove insegna anche Storia del pensiero economico e Storia della finanza e della banca. Tra le sue pubblicazioni: Ketteler e Toniolo, Roma 1977; Giuseppe Toniolo e il socialismo, Bologna 1981; Luigi Luzzatti e le origini dello «statalismo» economico nell’età della Destra storica, Padova 1983; Economia e riformismo nell’Italia liberale, Milano 1986; Il protezionismo imperfetto, Venezia 1989; Toniolo. Un economista per la democrazia, Roma 1991; La fabbrica dei soldi, Bologna 1994; Il solidarismo possibile, Torino 1995; La lira debole, Padova 1999; L’economia virtuosa, Roma 1999; Luigi Luzzatti economista e politico della nuova Italia, Napoli 2003; Storie di moneta e di banca, Venezia 2006; Luzzattiana. Nuove ricerche storiche su Luigi Luzzatti e il suo tempo, Udine 2010. Ha inoltre curato, per i tipi dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Finanza e debito pubblico in Italia tra ’800 e ’900, Venezia 1995; La diffusione del credito e le banche popolari, Venezia 1997; Le banche popolari nella storia d’Italia, Venezia 1999; Crisi e scandali bancari nella storia d’Italia, Venezia 2006.
"Ciò che bisogna opporre alla deriva distruttiva del business non è la 'gratuità', e neppure un''etica degli affari' o un''economia del dono', ma l''economia', semplicemente l'economia, anche se deve essere un'economia all'altezza del suo stesso nome. Quest'ultima, per essere tale, è come obbligata a rispondere a un doppio imperativo: essa deve misurare e calcolare (non può mai procede a caso: necessita di una ratio), ma al tempo stesso deve anche riconoscere che il suo calcolo (la sua ratio) è destinato per delle ragioni essenziali a misurarsi con l'incalcolabile. Uno stimolante saggio filosofico che, partendo da un'analisi approfondita delle radici antropologiche dell'abitare umano, arriva a denunciare la perversione di molta 'finanza creativa' e l'ingenuità delle diverse 'etiche degli affari'."
Alla sua nascita nel 1999 l'euro era stato salutato come un formidabile impulso al mercato unico e quindi al libero scambio delle persone, delle merci e del denaro, nonché al consolidamento del processo di integrazione e di una sempre maggiore coesione tra i popoli europei, anche grazie alla valenza simbolica della condivisione della stessa moneta. Ma alla prima vera crisi avviata nel 2008 dal fallimento di Lehman Brothers - quel grande e ambizioso disegno si è rivelato del tutto inadeguato. La moneta europea ha da allora più volte rischiato di finire sugli scogli, travolta da una tempesta che era nata, sì, oltreoceano, ma che in Europa ha trovato un impianto strutturale troppo debole per poter reggerne l'urto. Dopo più di mezzo secolo di impegno nella realizzazione di un'integrazione economica e politica, l'Europa si trova oggi di fronte alla sfida più difficile: ritrovare le proprie potenzialità, oggi soffocate dai vincoli delle politiche di austerità che essa stessa si è costruita. Si può e si deve, ci dice in questo libro l'economista Andrea Terzi, seguire una strada diversa, quella di un'Europa che rinuncia a suicidarsi e riapre i giochi tornando a credere nelle proprie possibilità e nel proprio patrimonio intellettuale. Una strada che restituisca ai popoli europei un percorso di prosperità condivisa e all'Europa la capacità di contare ancora qualcosa negli equilibri internazionali.
Il principio di eguaglianza tra gli individui è un argomento da sempre presente nei dibattiti teorici e d'opinione, e da sempre controverso. Anche perché può essere trattato da diversi punti di vista: sociale, giuridico, etico, culturale, economico-politico e altri ancora. Pilastro fondante della concezione cristiana dell'uomo, è alla base anche del pensiero di Rousseau e dei principi illuministici, così come alle radici dello Stato liberale e in definitiva del nostro sistema politico attuale. Dalle diverse posizioni assunte di fronte all'idea di eguaglianza, ad esempio, Norberto Bobbio fa discendere la distinzione tra pensiero di destra e pensiero di sinistra negli attuali sistemi politici e quindi tra le diverse maniere di concepire l'intervento pubblico nella società. Ma pur se di grande interesse, accresciuto di recente dai forti differenziali di crescita economica registrati tra i diversi Paesi del mondo, il tema della eguaglianza/diseguaglianza nella distribuzione dei redditi e del suo rapporto con la crescita economica non ha ancora trovato impianti teorici in grado di spiegarne per intero le ragioni né evidenze empiriche che forniscano elementi univoci e non contrastanti. Il dibattito è ancora vivace e aperto, a supporto sia di una relazione diretta tra i due fenomeni (più eguaglianza nei redditi favorirebbe una maggiore crescita) sia di una relazione inversa (una maggiore eguaglianza dei redditi deprimerebbe la crescita).
Merito, efficienza, competizione, leadership, innovazione? Sono parole che appartengono al lessico economico, ma che hanno ormai valicato i confini del mondo del lavoro e della produzione per occupare tutti gli ambiti della vita. Di più, sono diventate una sorta di grammatica universale, di pensiero unico per esprimere virtù vincenti in tutti campi dell'umano. Eppure, quest'invasione di frasi, espressioni, slogan provenienti dal mondo delle imprese si rivela di una povertà incolmabile quando si tratta di accedere alle cose più profonde e vere della vita. E in tempi come questi, di crisi non solo economica ma anche antropologica, si avverte un'acuta indigenza d'espressione, che svela l'inadeguatezza di queste nuove 'parole d'ordine'. Il libro di Luigino Bruni torna allora ad altre parole, a quel patrimonio spirituale e civile che è stato dissipato e infragilito, se non addirittura messo al bando e rinnegato. Parole come mitezza, lealtà, generosità, compassione, umiltà, che esprimono virtù 'preeconomiche' e si rivelano essenziali alla piena fioritura umana. Non si tratta di un'operazione nostalgica: riscoprire queste virtù significa soprattutto far dire cose nuove alle vecchie parole, rigenerarle per andare incontro allo spirito del tempo e soccorrerlo. Perché anche la grande cultura aziendale ha bisogno dell'ossigeno di queste virtù che non è capace da sola di generare. Come una foresta, ricorda Bruni, vive di biodiversità, di tante specie diverse, oggi l'albero dell'economia, per tornare a crescere bene, ha bisogno più che mai di essere affiancato da tutti gli altri alberi dell'esperienza umana, da quelle antiche e rigenerate virtù che consentono lo sviluppo integrale delle persone, dentro e fuori il mondo del lavoro.
Nuova edizione a cura di Giulio Colombi
DESCRIZIONE: «Ogni teorico dell’economia e della sociologia, per aver chiaro il valore dei princìpi sui quali pensa di dover costruire la sua teoria, dovrebbe domandarsi che cosa dicano la metafisica e l’etica intorno alla solidità delle sue idee. Cadranno allora molti preconcetti, anche sul medioevo, arrivando forse alla persuasione che gli Scolastici, e san Tommaso in particolare, non furono estranei ai problemi sociali ed economici; ché anzi, molti furono risolti da essi con una grande, persuasiva chiarezza. Per questo l’autore ha creduto che fosse opera utile l’esporre per sommi capi la dottrina tomistica del superfluo.
La dottrina di san Tommaso infatti, sia pur pensata e scritta da vari secoli, appare all’autore nella risoluzione degli odierni problemi sociali ed economici di grande vitalità, perché fondata su una sicura soluzione dei problemi metafisico ed etico».
(dalla Prefazione)
COMMENTO: Una sintesi molto chiara del concetto di superfluo come è presentato nell'opera di San Tommaso. Un'esposizione che aiuta a vedere la problematicità filosofica di un concetto del quale abbiamo esperienza quotidiana.
Una testimonianza biografica che vale come un atto d'accusa. Alla sbarra sono i ritardi della cultura italiana e l'orgoglio degli economisti. Ma anche un "breviario civile" che consente di comprendere le ragioni della crisi italiana e che indica nell'etica la via d'uscita per un paese ancora a "civiltà limitata".
Per alcuni il Mezzogiorno è una palla al piede. Per altri è un alibi. Per altri è un alibi. Per alcuni è un noioso rituale da inserire in agenda. per altri è la scorciatoia per arricchirsi illecitamente. Per tutti è una buona scusa per non affrontare realmente i problemi italiani.
Le assicurazioni vivono un boom incredibile: premi Rc auto raddoppiati in soli sette anni, ramo vita al top nelle classifiche della crescita. Ma perché il momento magico delle compagnie coincide con il momento nero degli assicurati? Un'inchiesta documentata sulle trappole di un sistema non controllato e poco trasparente e sui meccanismi con cui le compagnie costruiscono il loro giro d'affari.
Ex presidente della Consob, padre dell'Antitrust, docente alla Bocconi, avvocato stimato e consulente di tante aziende italiane, deus ex machina di alcune delle maggiori operazioni finanziarie degli ultimi vent'anni, Guido Rossi è uno dei protagonisti della politica e delle vicende del capitalismo italiano. Federico Rampini, editorialista e inviato di "Repubblica", raccoglie in questo volume ventidue interviste pubblicate sul quotidiano nel decennio che va dal 1996 al 2005 e un saggio inedito di Guido Rossi dedicato ai diversi modelli di società per azioni. Con sguardo lucido e impietoso queste pagine ripercorrono i fatti politici ed economici dell'Italia degli ultimi anni, mettendo a nudo l'intreccio tra affarismo e politica.