
Le facce da Ventotene che dal salotto di casa annunciano il ritorno del fascismo, emaciate e dolenti. I camerati di Forza Nuova che commemorano la strage di Acca Larentia in un'orgia di braccia tese, a favore di telecamere. I martiri della Resistenza che non fanno notizia. Immortalati, a Roma, nel Museo di via Tasso e nella cella dove il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo non cedette agli aguzzini nazifascisti, fucilato alle Fosse Ardeatine. Eroi che in "Antifascisti Immaginari" Antonio Padellaro racconta in antitesi al baraccone dei talk dove ci si accapiglia sul busto di Mussolini a casa La Russa o sul perché Giorgia Meloni non riesca a dichiararsi antifascista. Polemiche utili solo a distogliere l'attenzione dai disastri e dalle macchiette partorite dal governo di destra. Finzioni e ipocrisie scarnificate nella introduzione di Marco Travaglio.
Roma, domenica 23 gennaio 1994. Una giornata festiva come tante. Il campionato di calcio di Serie A ha in programma il match Roma-Udinese. Quasi 44 mila tifosi affollano l'Olimpico mentre un gruppo di carabinieri presidia gli ingressi dello stadio. Nessuno sa che, in viale dei Gladiatori, antistante l'entrata dell'impianto sportivo, è stata parcheggiata una Lancia Thema imbottita di esplosivo e tondini di ferro che il boss di Cosa nostra, Gaspare Spatuzza è pronto a far saltare in aria: potrebbe essere la più sanguinosa strage di mafia di tutti i tempi. Ad evitare l'ecatombe sarà il malfunzionamento del telecomando che dovrebbe innescare l'ordigno? O qualcos'altro? Antonio Padellaro, presente quel giorno alla partita, ripercorre quelle ore straordinarie (siamo alla vigilia della discesa in campo di Silvio Berlusconi). Che avrebbero potuto cambiare la storia del nostro Paese.
"Berlusconi devo riconoscere che in fondo lei ha fatto la fortuna dei suoi amici ma anche dei suoi nemici. Sottinteso, anche la mia". Antonio Padellaro si racconta in una autobiografia politicamente scorretta e ironica. Oltre quarant'anni di giornalismo e cronaca del Paese ricostruiti attraverso le sue esperienze editoriali: da notista parlamentare al Corriere della Sera - negli anni dell'omicidio Pasolini e degli scontri con Oriana Fallaci allo scandalo P2 fino a Tangentopoli - passando per la vicedirezione dell'Espresso e la guida, prima, dell'Unità - in cui i dissapori con i vertici dei Democratici sono all'ordine del giorno - e, poi, del Fatto Quotidiano, di cui è stato anche fondatore nel 2009. "Durerete due o tre mesi", sarà il lapidario giudizio di Gianroberto Casaleggio di fronte al folle progetto di Padellaro di dar vita a un nuovo quotidiano cartaceo nell'era del web. Ma saranno i numeri a smentire gli scettici: il Fatto, senza un euro di finanziamento pubblico, otterrà presto risultati impensabili per il panorama dell'informazione italiana. La società, infatti, con 600 mila euro di capitale iniziale farà utili per oltre 16 milioni. È il racconto di chi del giornalismo conserva un'idea romantica: "a bordo di una fiammante Alfa percorre al tramonto le strade della Maremma che portano al mare. L'indomani, sulla terza pagina del Corriere uscirà, per la prima volta, un suo articolo. Dai finestrini aperti sulla sera respira il tiepido profumo del successo".