
"Il diario del seduttore", parte importante della più vasta opera "Aut-aut", contiene la filosofia dell'estetico cui Kierkegaard dedicò il primo momento della sua riflessione. Nel rapporto intenso e tormentato del giovane Kierkegaard con la ricerca del piacere interviene ben presto il demone della coscienza e dell'interrogazione a trasferire la comprensione della seduzione sul piano intellettuale e ad aprire la strada verso l'esistenza religiosa. Il riscatto della sensualità è il primo gradino di un itinerario verso Dio. Una concezione antica, che trova però in Kierkegaard un'analisi fenomenologica e psicologica di sapore moderno. Introduzione di Angelo G. Sabatini.
Il volume raccoglie nove discorsi religiosi che Kierkegaard pubblicò tra il 1849 e l'agosto 1851, nell'ultimo periodo della sua attività letteraria. Quello che ne viene fuori è un "altro" Kierkegaard, ma non un Kierkegaard minore, bensì un Kierkegaard a partire dal quale bisognerà rileggere la sua intera opera. Questi discorsi vogliono essere semplicemente "cura dell'anima", cura della sofferenza, possibilità di indicare una via d'uscita dalla disperazione del vivere. Così i primi tre, che vanno sotto il titolo de "Il giglio nel campo e l'uccello nel cielo", sono un elogio del silenzio, dell'obbedienza e della gioia che dobbiamo imparare dal giglio e dall'uccello di cui ci parla il Vangelo. Il silenzio come condizione per smorzare il ritmo incalzante delle parole e delle preoccupazioni, l'obbedienza come capacità di "prestare ascolto". Infine la gioia, quel movimento con cui si getta via da sé ogni pena e che deve essere possibile qui e ora nella vita. Negli altri discorsi si discute la compassione, quindi il perdono, infine l'amore, l'amore di Cristo che offre riparo di fronte all'ansia di autodistruzione. Insieme al significato religioso, quel che resta è il messaggio di una filosofia che torna a Socrate. Una filosofia che non vuole decostruire, ma "edificare", ossia tentare di costruire una casa senza sofferenza, o almeno con minore sofferenza.
Lazzaro, l'amico di Gesù, è malato. Marta e Maria, le sorelle, lo mandano a dire a Gesù. "Signore, ecco, il tuo amico è malato". Udendo quelle parole, Gesù dice: "Questa malattia non è per la mor-te, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato" (Giovanni 11,4). Lazzaro però morì, dunque la sua malattia era mortale. Eppure quella malattia non fu per la morte, non fece il gioco della morte, perché divenne fonte di fede. Se quella malattia non è per la morte, c'è nella nostra epoca una malattia che sia per la morte? C'è, risponde Kierkegaard, ed è la disperazione. La disperazione è il peccato dell'uomo contro il mondo, contro gli altri, contro Dio. E la malattia dello spirito, del sé, la malattia che fa desiderare la morte pur tenendo sempre in vita, pur condannando sempre alla vita. Per questo la disperazione è per la morte, è a servizio della morte senza essere mortale, fa vivere la morte senza concedere la morte. La malattia per la morte, pubblicata nel 1849, è una fenomenologia della disperazione, e descrive una parabola che va dalla disperazione che non sa di essere tale alla disperazione che sa se stessa e sfida il mondo e Dio. È il capolavoro di Kierkegaard, in cui i fili della sua riflessione psicologica, teologica e filosofica trovano la più alta e compiuta formulazione.
«La muerte atraviesa la vida, ésa es la enseñanza del cristianismo; tú tienes que morir a; el Espíritu vivificante es precisamente el que te mata; es la primera manifestación del Espíritu vivificante: que tú debes meterte en la muerte, tú debes morir a — así es, para que no puedas tomar el cristianismo en vano. Un Espíritu vivificante: he aquí la invitación, ¡quién podría no aceptarla! Pero muere, primero: ¡he aquí la parada!».
De entre los escritos edificantes de Søren Kierkegaard (1813-1855), el presente es el más popular de todos. Destinado en un principio a ser una de las predicaciones previstas para 1851, fue finalmente publicado el 10 de septiembre de ese mismo año, en el undécimo aniversario del compromiso de su autor con Regina Olsen. Interpelación al individuo singular, constituye un excelente compendio del pensamiento kierkegaardiano.
En 1844, bajo el pseudónimo de Juan Clímaco, Kierkegaard había publicado «Migajas filosóficas», obra en la que diferenciaba radicalmente la filosofía sistemática con pretensiones absolutas (Hegel) del socratismo, y a éste, de la relación única entre el maestro y los discípulos, tal como se establece entre Cristo y los cristianos.
Dos años más tarde, el mismo Juan Clímaco (y su «editor», Kierkegaard) se vio en la obligación de hacer una serie de apostillas a dicho texto. En ellas profundizaba en los muchos matices del problema de cómo cabe siguiera pensar que la eternidad se relacione con el tiempo, o sea, que Dios y la historia puedan estar de algún modo en contacto y el individuo existente pueda realmente convertirse ya ahora en seguidor de la verdad plena y eterna. La empresa no puede ser más atrevida: formular los fundamentos de una ontología existencial donde la libertad y el amor hallen cabida e incluso se conviertan en el núcleo de un nuevo pensamiento antisistemático y más profundo que cualquier intento de sistema.
La lettura dei Diari - una miniera di intuizioni folgoranti, pensieri, preghiere, polemiche e spunti argomentativi - restituisce la complessità non sistematica ma edificante del pensiero filosofico e teologico di Søren Kierkegaard. Questa ultima edizione, di molto ampliata e rivista, riprende la versione del suo maggiore studioso italiano, Cornelio Fabro, svolta sull'integrale danese (20 voll., 1909-1948), pubblicata da Morcelliana nel 1948 e più volte ristampata. Ma l'attento spoglio compiuto dai curatori sulle carte postume, le lettere, i documenti e le opere complete, nel confronto fra la prima e i volumi già disponibili della nuova edizione critica danese, rende quest'opera del tutto originale nella traduzione e nelle note. Un classico, queste pagine dei Diari parlando del mondo si mettono in dialogo con Dio, la morte, l'amore, e toccano tonalità affettive come la noia, l'inquietudine, la pazienza e l'impazienza, l'angoscia... Un esercizio di pensiero quotidiano in cui traluce, sotto vari registri, la teoria dei tre stadi dell'esistenza estetico, etico e religioso.
Publicado por primera vez en 1844, EL CONCEPTO DE LA ANGUSTIA es quizá el libro más conocido del danés SÖREN KIERKEGAARD (1813-1855), y en él se articulan algunos de los conceptos en los que se apoya el existencialismo cristiano. La angustia se relaciona con el pecado y con la libertad. Engendrada por la nada, alimentada por la impaciencia, surgida como «realidad de la libertad en cuanto posibilidad», la angustia es «el vértigo de la libertad» y al mismo tiempo un medio de salvación que conduce a la fe, a la verdad que años antes de escribir este libro el autor, en su diario íntimo, confesaba buscar como sentido definitivo de su existencia: «Es preciso encontrar una verdad, y la verdad es para mí hallar la idea por la que esté dispuesto a vivir y morir». Del mismo autor, en esta colección: «Temor y Temblor» (H 4419).
Chi voglio essere? Che persona voglio diventare? Il cammino dell'uomo per costruire se stesso, dallo "stadio estetico" allo "stadio etico" fino alla perfezione della fede in Dio. Un percorso di maturazione dell'individuo, quello descritto dal grande filosofo danese, incentrato sulla "scelta", capace di portare a un approdo spirituale che possa dare un senso autentico all'esistenza. Un itinerario interiore, un messaggio tutt'altro che superato e valido più che mai nel mondo di oggi, dominato dalle pulsioni edonistiche, ma sempre alla ricerca di una dimensione più libera e vera.
Obra de claro sustrato autobiográfico, LA REPETICIÓN (1843) retoma y redondea, al menos en su primera parte, el análisis que hiciera SÖREN KIERKEGAARD (1813-1855) de la compleja relación que sostuvo con su novia Regine Olsen y que tan decisiva resultó a la postre en su trayectoria existencial y filosófica. En efecto, si en «Diario de un seductor» (H 4484) examinaba las artes con que se ganó el afecto de la muchacha y en «Temor y Temblor» (H 4419) el “salto al vacío” que supuso la ruptura de su relación, «La repetición» –obra recompuesta tras llegar a conocimiento de Kierkegaard el nuevo compromiso de la que fuera su amada– consolida y explica la decisión del autor de dejar atrás definitivamente la condición de “hombre estético”, atrapado por el plano terrenal, para comprometerse en un camino de mayor trascendencia. Igualmente en esta colección: «El concepto de la angustia» (H 4473) e «In vino veritas» (H 4494).