Il popolo tributa grandi onori a san Giuseppe. Gesti, riti, fede che non sono frutto di spontanea e semplice fede popolare, ma diretta emanazione di un documento scritto, secondo il quale sarebbe stato proprio Gesù, che ama definirsi "il figlio prediletto" di Giuseppe, a dare indicazioni su come onorare degnamente la memoria del padre putativo. Un santo che, secondo l'apocrifo "Storia di Giuseppe il falegname", non morì il 19 marzo ma il 26 del mese di Epep, giorno della resurrezione di Osiride e capodanno per gli antichi Egizi, all'età di centoundici anni. Vecchiaia messa in dubbio da alcuni cristiani. Papa Giovanni Paolo II ne proclama la gioventù. In questo studio anche il testo integrale di S. Alfonso de' Liquori: Rosario dei sette dolori e allegrezze di San Giuseppe, la riduzione teosofica di eventi e numeri e alcune immagini votive della collezione di Giuseppe Pitrè.
L'antologia contiene centinaia di rosari, frutto di trentennale ricerca sul campo dell'autrice. Rosari in gran parte ignoti alla fede ufficiale di Santa Romana Chiesa e nei quali il rapporto del fedele con la SS. Trinità, Gesù, la Madonna e i Santi è, quasi sempre, frutto di una relazione alla pari e, in ogni caso, di tipo familiare. Ci sono anche tanti rosari in siciliano che non sono popolari alla fonte, ma nell'acquisizione e nella divulgazione. Rosari che sono frutto di elaborazione strategica da parte del clero, che si serviva di metrica e linguaggio del popolo per catechizzare.
Si ha testimonianza scritta dei proverbi siciliani fin dal XVI secolo. La presente raccolta mostra la Sicilia dei nostri antenati attraverso la documentazione di più di mille proverbi e modi di dire, raccolti nelle diverse province siciliane fin dal 1600 ai nostri giorni. Molti sono frutto di ricerche sul campo degli stessi autori o dei loro corrispondenti, altri sono frutto di approfonditi studi. Molti adagi si trovano come conclusione di strofa di diversi componimenti poetici o anche di canzoni, composti da autori eruditi, altri sono oggetto di dispute poetiche come quelle tra Petru Fudduni e altri autori del suo tempo.
Fin dalla notte dei tempi in tutte le culture si riscontrano, in coincidenza con l'equinozio di primavera, riti di resurrezione di varie divinità. Rituali che contraddistinguono il passaggio che, dalla perdita di una determinata forma di vita, conduce all'acquisizione di una nuova. Rigenerazione e trasformazione accompagnate da celebrazioni presenti nelle varie culture nel segno del legame indissolubile tra natura, uomo e dio. Un dio che con la sua resurrezione, a prescindere dal credo religioso, dal tempo e dal luogo di adorazione, si fa segno tangibile della vittoria sulla morte, traslazione di speranza, convincimento di immortalità.
Modi di dire siciliani in uso è una guida indispensabile per chi voglia capire l'anima di un popolo che spesso si esprime per metafora, in quel gioco sottile tra il detto e il sottinteso, tra il taciuto e il rivelato, dove ogni singolo vocabolo assume significati che oltrepassano i confini della parola stessa. Modi di dire che affondano le radici in una cultura millenaria dove si fondono, in plurime sintonie, mitologia e cultura materiale. Talora insegnamenti, altre consigli, storie di vita sintetizzate in una frase, scherzi, affettuasità, ma anche imprecazioni e offese.
Storie di Giufà, edite e inedite, della tradizione mediterranea, raccontate così come ascoltate dalla viva voce di chi ancora le narra.
Giufà è il personaggio più conosciuto e "interculturale" del Mediterraneo: le sue storie sono narrate in Italia, nel Magreb, in Turchia, nell'Europa del Mar Morto, in Spagna e in Francia. Il personaggio spesso assume nomi diversi…ma la sostanza non cambia: Giufà è spesso lo sciocco a volte stolto a volte sapiente, è l'ingenuo a volte furbo, è il disgraziato a volte fortunato. Giufà è tutto e il contrario di tutto.
Sara Favarò, poeta, cantastorie, interprete della musica popolare, ricercatrice delle tradizioni popolari, attrice, autrice di ricerche antropologiche, romanzi, saggi sociali, poesie. Collabora con le scuole sulle tematiche della legalità e delle tradizioni popolari.
Fino a pochi decenni fa i dolci si preparavano, quasi esclusivamente, in casa. Dolci come rito e ritualizzazione di eventi, e non solo. Nulla veniva lasciato al caso, nemmeno la loro forma, talvolta palese riferimento antropomorfo, altre volte, intima simbologia. Per tutto c'era una ragione, così scopriamo da dove trae origine l'uso delle tavolate di San Giuseppe, la forma fallica di alcuni dolci, la valenza esoterica dei biscotti pasquali e tanto altro ancora. Questo libro è un chiaro esempio di come dal micromondo familiare si possa risalire al macro, in quell'incessante ricerca di armonia tra l'uno e il tutto!