
La storia dei rapporti tra la Chiesa e la mafia, la camorra e la ’ndrangheta è complessa e contraddittoria. È diffusa la consapevolezza che spesso uomini di Chiesa hanno ceduto alla paura, al quieto vivere e, purtroppo, alcuni di loro, al collateralismo e a interessi inconfessabili. Ma ci sono nomi, in particolare di sacerdoti, che hanno vissuto il Vangelo con tale coerenza da "interferire" con gli affari, le complicità, gli equilibri e i crimini della malavita organizzata e della sua "cultura". Alcuni li conosciamo, ma non sappiamo che sono stati molti e che hanno accompagnato la storia d’Italia dalla sua nascita a oggi. "Volevo conoscerli questi preti", scrive l’autore, "approfondire le loro storie e imprimere su carta che i sacerdoti divorati dalla piovra mafiosa appartengono anche a tempi meno recenti, hanno nomi di cui nessuno sa, e sono stati molti di più di quello che comunemente si pensa. Le loro vicende per me sono diventate Vangelo".
«Sono stato ritualmente affiliato all'età di 19 anni, credo di essere stato uno dei più giovani nella storia di Cosa Nostra...». Giovanni Brusca è l'uomo che il 23 maggio 1992 premette il telecomando che fece saltare in aria il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta. Ma prima di quella data, per anni aveva ucciso, imprigionato, minacciato, da vero uomo di mafia. La sua è stata una lunga "carriera" e prima di tutto una "esistenza" nell'inferno della violenza come sistema di potere. Senza chiedere troppo facilmente di dimenticare le sue terribili responsabilità, Giovanni Brusca dialoga con don Cozzi e racconta il suo percorso. In questo dialogo con un sacerdote abituato a confrontarsi con tragedie e ingiustizie e con faticosi percorsi di riconciliazione, si espone al giudizio del lettore, ma soprattutto si mette nelle mani di un mistero di misericordia più grande di lui.
È la narrazione di un dolore che provoca, che non lascia in pace, che mette in discussione certezze e convinzioni, che chiede di abbandonare ogni comoda neutralità; è il dolore degli innocenti, ma anche di chi si è reso responsabile di morti e violenza e vive tormentato da sensi di colpa. Marcello Cozzi racconta anni di percorsi, incontri e colloqui con chi si porta sulla pelle le cicatrici e le ferite ancora aperte della violenza subita ma anche di quella di cui si è stati artefici: dal caso Elisa Claps, la ragazza sedicenne ritrovata cadavere nel sottotetto di una chiesa a Potenza, alle confidenze di Giovanni Brusca, l'autore della strage di Capaci; da Andrea, Sara e Angelina, vittime della criminalità mafiosa, a Rahama, Becky e tanti e tante che come loro sono vittime della tratta degli esseri umani. Un racconto fatto "con il vangelo in mano" che permette di comprendere meglio che il Dio dell'umanità sofferente è fragile e inerme, ma che non teme di lasciare la sacralità dei propri spazi pur di sporcarsi le mani con il dolore e la fatica degli uomini.
Tormenti di vite in fuga. In queste pagine parlano pentiti eccellenti di mafia, un tempo protagonisti di stragi efferate, estorsioni, traffico di armi, droga e rifiuti tossici. Sei collaboratori di giustizia uno fra tutti Gaspare Spatuzza, l'uomo d'onore che ha dato il massimo impulso alle indagini sulla trattativa Stato-mafia che restituiscono squarci di grande storia italiana criminale, insieme alla testimonianza personale. E mentre la loro narrazione ambisce a farsi anche rinascita spirituale, la voce ricorda: dalla giovanile attrazione irresistibile per il potere fino all'attuale paura di vendetta, per aver rotto uno scellerato patto di sangue con le più spietate cosche di Cosa nostra e 'ndrangheta. Uomini e donne sui cui volti don Cozzi riconosce i tratti di Caino e che incontra in carceri di massima sicurezza o in località segrete, nascosti da nuove identità. Ma senza alcuna promessa di perdono a buon mercato, nella convinzione che la misericordia si incroci necessariamente con la restituzione di giustizia ad Abele per il male sofferto. E nella certezza che il bene più prezioso da confiscare alle mafie siano i loro stessi affiliati.

