
In un tempo in cui è sempre più raro leggere belle storie, capaci di rincuorare e aprire orizzonti di speranza, Filantropia Attiva Italiana desidera dar voce alle diverse realtà sociali incontrate in sei anni di vita. E lo fa direttamente lasciando la parola ai protagonisti: presidenti, fondatrici, veri e propri imprenditori che con coraggio scelgono ogni giorno di valorizzare persone e territori, a vantaggio di chi è più vulnerabile. Perché è possibile fare impresa in modo etico, sostenibile, rispettoso. Che si tratti di una cooperativa sociale o di un’associazione, di una fondazione o di un’impresa sociale, la ricchezza di queste storie è il crocevia senza il quale FAI non sarebbe ciò che è oggi. Grazie alla testimonianza delle persone che, in varie situazioni di disagio, hanno ritrovato la strada del riscatto, il racconto assume i lineamenti dei volti incontrati, carichi di emozioni e soddisfazione per un futuro ritrovato. Insieme. «Un’associazione dedita alla salute dei bambini, una cooperativa sociale per l’inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettive, una realtà a servizio dei rifugiati, un fondo di impact investing, un’impresa sociale che forma e dà lavoro a giovani artigiani, una sartoria sociale per donne in situazioni di vulnerabilità, una scuola professionale nel territorio napoletano, un progetto per l’inserimento lavorativo di persone detenute. Tutte storie affascinanti e in continuo divenire. Perché non raccontarle? Sono attività d’importanza fondamentale per andare incontro alle necessità di persone fragili, per favorire una società più inclusiva e, non da ultimo, per promuovere una migliore tenuta sociale del nostro Paese.» (Giulio Litta Modignani, fondatore e presidente di Filantropia Attiva Italiana)
Maria Gabriella De Giacomi, detta Milli, milanese, con una formazione scout, psicomotricista, nel 1995 parte per una breve esperienza in Brasile, l’anno dopo vi trascorre sei mesi. Nel 1998 si licenzia e raggiunge un padre missionario alla Casa do menor dove svolge per sette anni l’attività di coordinatrice pedagogica. Poi la svolta. Pur tra dubbi e timori, Milli si lancia con entusiasmo in una nuova sfida e insieme ad alcune donne brasiliane fonda a Miguel Couto, vicino a Rio de Janeiro, Espaço Progredir, un luogo per aiutare i ragazzi finiti sulla strada, tra microcriminalità, narcotraffico, droga e povertà estrema.
In 20 anni vede passare dal “suo” centro oltre mille ragazzi. Il progetto, che prevede anche il coinvolgimento delle famiglie, cresce nel tempo: nascono percorsi psico-sociali, laboratori culturali, attività ludiche e creative. Ora la nuova avventura è quella di aprire una scuola sociale per offrire anche ai bambini più poveri della favela un futuro migliore.
Dieci donne raccontano la loro storia: le prove che hanno dovuto affrontare, il dramma che le ha colpite, la lotta che hanno sostenuto, le energie investite per superare un lutto, una malattia, un'offesa, una violenza, un'ingiustizia... Fino a risollevare la testa e uscirne più forti di prima, con orgoglio e determinazione. Spesso hanno dovuto ricostruirsi, rimettere insieme i loro "pezzi" e ritrovare l'autostima perduta; hanno resistito grazie allo spirito di sopravvivenza, recuperando quell'equilibrio indispensabile per continuare a vivere. Oggi sono donne cambiate e camminano giorno per giorno guardando al futuro con rinnovata speranza, ottimismo e passione, mettendosi in gioco e aiutando gli altri, perché questo è il segreto della felicità. La capacità di resilienza le ha portate a guardare in faccia il loro "mostro", a sconfiggerlo e a rinascere a vita nuova. Le ferite del cuore sono diventate la loro forza e ora sono capaci di affrontare ogni sfida. E vincerla.
La scelta della solitudine, della contemplazione e dell'ascetismo esiste ancora, in Italia. Lontani dallo stereotipo falsante dell'eremita misantropo, quelli raccontati da Espedita Fisher sono gli eremiti di oggi, abitanti di un eremo soprattutto interiore, prima che geografico. Swami Atmananda, Ginevra, Miriam, Juri Camisasca e altri sono i custodi di un significato molto distante dalla palpitante ma sempre più vacua realtà metropolitana, una realtà in cui crediamo si trovi la verità del presente. Già autrice di un fortunato libro sulle grandi scelte spirituali, "Clausura" (Castelvecchi, 2007), la giornalista calabrese ha percorso l'Italia sconosciuta delle montagne e delle zone rurali, tracciando una sorprendente testimonianza di chi oggi cerca ancora il significato profondo delle cose nel silenzio e nella scoperta di una verità che, sola, può condurre l'uomo alla vera libertà.
Il periodo trascorso a Marsiglia tra il 1940 e il 1942, in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, rappresenta per Simone Weil una stagione di fioritura delle amicizie e un momento di straordinaria ricchezza e fecondità del pensiero e della scrittura. Il numero di lettere inviate a familiari e amici è impressionante, ma quel che più stupisce è la maniera in cui la sincerità degli affetti si coniuga con la ricerca della verità, che si va facendo sempre più pura e assoluta. Di questa continua vibrazione interiore dà testimonianza la prima parte di questo libro che ricostruisce la complessa esperienza culturale e sentimentale vissuta a Marsiglia, proponendo le lettere che Simone invia a due amici, con i quali la parola scritta si offre come l'unico strumento di conoscenza reciproca. Sono Joë Bousquet, il poeta di Carcassonne, paralizzato in seguito alle ferite riportate durante la Prima Guerra Mondiale, e Antonio Atarés, contadino anarchico aragonese, prima rinchiuso nel campo d'internamento del Vernet e poi spedito a Djelfa, sull'altopiano algerino. Il volume si chiude con la nuova traduzione di alcune pagine, tratte da Le forme dell'amore implicito di Dio, in cui si condensa la splendida, vertiginosa concezione dell'amicizia elaborata e concretamente vissuta da Simone Weil.
Daniel Boyarin spiega in questo libro perché la storia del Nazareno non rappresenta un momento di rottura con il senso religioso ebraico. L'idea di un'incolmabile scissione teologica tra cristiani ed ebrei, diffusa tanto da una parte quanto dall'altra, dimentica una natura comune profondamente unitaria. Gesù era un ebreo osservante, un ebreo che mangiava kosher, e si era presentato nel modo in cui molti ebrei si aspettavano che facesse il Messia: un essere divino incarnato in un corpo umano. All'epoca dei fatti, del resto, la questione non era: "Giungerà il Messia?", ma solo: "Questo falegname di Nazareth è Colui che aspettavamo?". Alcuni credettero di sì, altri di no, e oggi noi chiamiamo il primo gruppo cristiani e il secondo ebrei. Operando una sorprendente rilettura del Nuovo Testamento e avvalendosi delle più recenti scoperte come dei testi sacri, "Il Vangelo ebraico" risale alle origini di una divisione millenaria che oggi, secondo Boyarin, dobbiamo avere il coraggio di capire e superare, andando oltre le semplificazioni della Storia. Prefazione di Jack Miles.
Un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio fino in Kenya, dove è nato e cresciuto suo padre, dove vive tuttora sua nonna. In "I sogni di mio padre", Barack Obama racconta i primi trent'anni della sua vita. Un difficile cammino di riscoperta della sua cultura e identità di afro-americano nato da un uomo nero e da una donna bianca, cresciuto alle Hawaii e che, contro il destino già segnato di molti americani neri, ha conosciuto una folgorante ascesa politica fino all'elezione al Senato degli Stati Uniti. Un viaggio difficile e sofferto, che inizia a New York, quando il ventunenne Obama viene a sapere che il padre è morto per un incidente d'auto, e che passa prima in Kansas, nella cittadina dove è nata la madre, poi alle Hawaii, suo luogo di nascita, infine in Kenya, alla scoperta della misteriosa "metà africana". Un'autobiografia senza reticenze, senza ipocrisie, scritta prima della sua ascesa politica, che racconta senza veli vicende private di samrrimento e confusione, ma anche le difficoltà della società americana e dei suoi giovani di colore.

