
Siamo abituati ad associare le emissioni di CO2 solo alla produzione energetica e ai trasporti. Ma vi siete mai chiesti quanto esse dipendano da cosa scegliamo di mangiare? La risposta è una sola: moltissimo, perché le abitudini di consumo, i processi di produzione e il riscaldamento globale ormai sono legati a doppio filo. Il direttore dell’associazione ambientalista Terra! e autore di importanti inchieste sulle filiere agro-alimentari ci racconta perché saper scegliere cosa mangiamo ci salverà dalla crisi climatica.
Se il clima cambia, cambia l’agricoltura. Se cambia l’agricoltura, cambia anche il cibo che mangiamo. È sotto i nostri occhi: la crisi climatica ha già sconvolto i cicli colturali, stanno diminuendo le api mettendo a rischio l’impollinazione, le ondate di maltempo distruggono interi raccolti, gli agricoltori abbandonano la terra perché il cibo che producono vale sempre meno. E non è tutto. L’aumento degli allevamenti industriali si traduce in milioni di ettari di deforestazione all’anno e sfruttamento delle terre arabili per la produzione di mangimi. Il consumo smisurato di acqua e fertilizzanti così come la quantità di alimenti sprecati si aggiungono alle ragioni gravi che attentano alla salute del nostro pianeta. È arrivato il momento di essere tutti consapevoli che l’agricoltura e gli altri usi della terra sono responsabili del 23% delle emissioni climalteranti totali, una cifra che arriva al 37% se si includono i processi di trattamento dei prodotti alimentari. E, fatto non meno importante, sull’altare del nostro fabbisogno si sta sacrificando l’equilibrio tra il consumo di risorse naturali a livello globale con la capacità del pianeta di rigenerarle. Comprendere tutto questo significa da una parte assumere abitudini di consumo rispettose del clima, delle stagioni e della biodiversità; dall’altra chiedere alla politica e alle istituzioni di rendere l’agricoltura non una nemica, ma un’alleata del pianeta.
Per Virginia Woolf la casa fu essenzialmente studio e rifugio, ma anche accoglienza e ospitalità. Gli amici frequentavano la casa della scrittrice per il tè o per il pranzo con cadenza quasi quotidiana e Virginia, che disponeva di cuoca e domestica, ma all'occorrenza cucinava da sé (aveva preso anche lezioni di cucina), affermava che "non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è cenato bene". In questo libro il lettore troverà le ricette di parecchi dei piatti menzionati da Virginia Woolf nelle sue opere, dove scene di pranzi e di ricevimenti sono sovente centrali.
Tra opulenza e penuria, ripercorrendo le vicende dell'affascinante Rossella O'Hara, si snoda una ricognizione nella cucina di Via col vento, che è anche un viaggio nella tradizione gastronomica del vecchio fascinoso Sud degli Stati Uniti. Margaret Mitchell, autrice di quello che resta uno dei romanzi più famosi e più amati dalle donne di ogni tempo, con il suo gusto per i dettagli storici e realistici, ha offerto infatti indicazioni molto accurate e precise sui cibi e le pietanze che i suoi personaggi mangiano o cucinano. E il lettore ne troverà qui le relative ricette.
«Il ragù vegano è il mio "punto zero". Essendo uno dei miei piatti preferiti - o, meglio, la lasagna alla bolognese è uno dei miei piatti preferiti -, è la prima ricetta che ho provato a veganizzare quando sono diventata vegana. Non volevo rinunciare a quel comfort food che mi accompagnava sin da bambina. Per me la lasagna voleva dire mia madre che il giorno prima di ogni festa preparava il ragù lasciandolo cuocere lentamente, voleva dire aiutarla e, un po' annoiata, stare a mescolare la besciamella sul fuoco per interminabili minuti, voleva dire l'intera tavola tappezzata di panni da cucina dove poggiare le sfoglie pronte sbollentate nell'acqua. E poi ancora voleva dire sedermi a tavola per pranzo, felice, sapendo che finalmente avrei riassaggiato quei sapori che amo così tanto, e che avrei potuto fare il bis la sera stessa, perché mia madre, sapendo quanto mi piacesse quel piatto, ne preparava due teglie. Così, nel lontano 2016, decisa a veganizzare il mondo, mi misi a cercare su internet un modo per cucinare il ragù vegetale e, con estrema felicità, scoprii non solo che era possibile, ma anche molto semplice.» Il cibo, attraverso le ricette, ci può portare in Paesi lontani, mai visitati, oppure ricondurci nei nostri luoghi del cuore, restituendoci profumi, sapori e colori che credevamo persi. Questo libro parla proprio di questo, di quei piatti che segnano la nostra vita, lasciando un marchio incancellabile nella memoria. Qui ogni ricetta, ogni "grande classico" italiano o internazionale, è anche un manifesto, il portavoce di una cucina vegetale cruelty free che ci dice che possiamo ritornare ai piatti delle nostre terre, dei nostri viaggi, della nostra memoria in un modo più etico, senza perdere sapori e profumi indimenticabili. Una rivisitazione che ad alcuni sembrerà un atto sovversivo. E invece è solo cucina vegetale che spacca.
Da trent'anni il vino italiano ha conosciuto una rinascita che lo ha portato ai vertici in tutto il mondo. Fino a generare mitologie e riti insopportabili. Daniele Cernilli di questa storia è stato testimone attivo. Ha frequentato i protagonisti di oggi quando erano giovani con un sogno e basta. È stato poi la Guida dei vini del Gambero Rosso. Oggi è il sorridente, competente Doctor Wine. E ha deciso che era tempo di fare un bilancio. Di raccontare la verità, la storia di quei ragazzi e ragazze che "fecero l'impresa". E insieme distillare, da trent'anni di incontri cantine assaggi e valutazioni, una guida utile per chi vuole orientarsi tra prezzi e bottiglie famosissime o sconosciute. Per chi cerca una qualità indiscutibile, ma senza timore reverenziale verso nessuno, e liberandosi allegramente di ogni dipendenza dalle mode.
Un'occasione per riscoprire le ricette che segnano le più importanti festività cristiane. Un'escursione nella storia della nostra cucina e delle nostre tradizioni alla luce dell'indubbio legame tra la festa, il sacro e il cibo. Attraverso la lettura di questo testo il "gusto" diventa davvero una sorta di "sapere".
Paolo Borghese fu un fine buongustaio e scrisse di suo pugno questo ricettario ricco di suggerimenti utili. Le ricette per cucina raccolte dal Principe Don Paolo Borghese rappresentano una straordinaria pagina di storia culinaria. Storia che può riprendere vita, con gli stessi sapori e raffinatezze di allora, grazie alle mani volenterose di un abile chef di oggi.
Prendiamo un papà e una figlia quattordicenne. Quando si tratta di cucinare, insieme fanno scintille. È naturale: lui è Moreno Cedroni, padre di Matilde nonché vulcanico chef marchigiano della Madonnina del Pescatore di Marzocca, vicino a Senigallia, due stelle Michelin. Che ci spiega quanto sia facile trasformare la preparazione di un pasto in un'occasione di divertimento e di scoperta da condividere con i propri figli. Perché secondo Cedroni la cucina è ciò che più si avvicina alla magia: liquidi che si mutano in solidi e viceversa, colori che cambiano, sostanze che si trasformano, profumi che si diffondono. Il filo del suo racconto corre leggero attraverso ricordi, esperienze personali, consigli fuori dagli schemi e ricette squisite quanto sorprendenti e alla portata di tutti. Come la "maionese di fragole" o gli "spaghetti psichedelici" o, ancora, lo "zabaione ghiacciatissimo", che trasforma chi lo mangia in una sorta di draghetto fumante. Tra effetti speciali e fantastiche scoperte, l'educazione alimentare diventa un gioco. Si comincia con la spesa fatta insieme ai propri figli, al mercato o al supermarket, scegliendo i prodotti del territorio e dando la caccia ad additivi e coloranti. Si prosegue con i segreti per rendere appetibili anche ai più recalcitranti le verdure (mai stracuocerle) o il pesce (camuffato come nella bufala di caprese o fritto in tempura nera), e con le "dritte" per evitare gli sprechi in cucina...
Non l'ha scelto lui, il mestiere del pizzaiolo. È stato un matrimonio combinato e all'inizio eran dolori: gli venivano le pizze con gli spigoli e niente discoteca il sabato sera. Dopo vent'anni, con un forno e una pallina di impasto può fare quello che vuole, anche bendato. Sforna pizze buone e leggere come uno sbuffo di farina. Con quattro o cinque foglie di tarassaco e altrettante fette di pancetta. Con santoreggia e salame piccante, topinambur e salsiccia, squacquerane e rosmarino. Alla Pizzeria Il Farro di Casola Valsenio, Cristiano è il 'pizzaiolo quando c'è'. I giorni che non scarica la legna, magari va a Roma per lo Strega, o incontra Doris Lessing davanti a un buffet. Questo libro è come la sua vita, unisce mondi che sembrano lontani, tra consigli preziosi sulla pizza e racconti esaltanti. Ha il calore del suo sangue romagnolo, lo slancio delle sue avventure senza rete. Ha il gusto del lavoro ben fatto. E fa venire l'acquolina in bocca. Per chi ama la pizza e chi la vuol fare.
Le ricette sono una miscela di dosi, di ingredienti e di tanta artigianalità nel creare qualcosa per gli altri. Mani che si sporcano per creare qualcosa di bello e di buono per gli altri. Ecco il Natale che io vorrei: un'occasione artigianale di bene per gli altri, nessuno escluso. Natale è fare felici gli altri. Natale è incontro significativo, è capovolgimento dei nostri criteri umani per evidenziare che il cuore e il centro di ogni riforma, di ogni cambiamento è Cristo. Le ricette che si offrono in questo libretto sono uno stimolo a prepararsi al Natale secondo il Vangelo. Sono ricette di un cuoco che è papa Francesco. Egli ci aiuta ad essere buoni come Gesù in questo cambiamento epocale. Siamo tutti amati, non esistono dei privilegi se non quello di farsi prossimo a tutti coloro che si incontrano nella propria esistenza quotidiana.