
"Entro i confini dell'universo non può esistere alcun esilio, perché nulla di ciò che si trova nell'universo è estraneo all'uomo." La consolazione che Seneca indirizzò alla madre Elvia, rientra in un genere letterario assai sviluppato nell'antichità, ossia gli scritti consolatori, la cui funzione era confortare chi aveva subito qualche sventura.
La passione totalizzante e assoluta dell'amore, l'amicizia sincera e fedele, l'irrisione triviale e feroce verso chi gli è nemico, le feste spensierate della jeunesse dorée romana negli anni convulsi delle guerre civili: da 2000 anni Catullo rapisce generazioni di lettori cantando con il linguaggio impetuoso e travolgente della giovinezza la vita in ogni suo aspetto.
La "Cambridge History of Classical Literature" si propone di rendere accessibili e un pubblico vasto i più recenti risultati conseguiti in questo campo dagli studi specialistici. La sua impostazione è di carattere critico: i dati biografici, cronologici e bibliografici figurano per la maggior parte nell'Appendice degli autori e delle opere che suggella ciascuno dei due volumi. L'impianto di questa storia della letteratura è di tipo tradizionale: all'interno di un'ampia cornice cronologica, la materia si dispone in capitoli dedicati a singoli autori o generi letterari. Ogni collaboratore ha la libertà di svolgere la propria ricerca secondo i criteri ritenuti più opportuni.
Un papiro dell'Università di Milano, pubblicato nel 2001, ci ha restituito oltre cento nuovi testi di Posidippo di Fella, acclamato epigrammista della prima età ellenistica. La fortunata scoperta ci permette di ricostruire una personalità artistica di cui prima si intuivano solo vagamente i contorni. Posidippo avvertì il fascino del "nuovo mondo" fondato da Alessandro Magno: visse a lungo ad Alessandria, cantò i fasti e lo splendore della corte tolemaica. Ma non fu solo un poeta cortigiano; i nuovi epigrammi gettano luce anche sulla vita quotidiana della gente comune: ci sono epitaffi (per donne, soprattutto), racconti di naufragi, dediche al dio Asclepio "per grazia ricevuta". Ne emerge il quadro di un'epoca complessa, segnata da trasformazioni profonde, sorprendentemente vicina alla sensibilità moderna. La presente edizione (che ripropone, accanto al "nuovo", il "vecchio" Posidippo) fornisce al lettore anche non specialista l'informazione e gli strumenti critici necessari per comprendere questa raccolta poetica così raffinata e densa di umanità.
La "Cambridge History of Classical Literature" si propone di rendere accessibili e un pubblico vasto i più recenti risultati conseguiti in questo campo dagli studi specialistici. La sua impostazione è di carattere critico: i dati biografici, cronologici e bibliografici figurano per la maggior parte nell'Appendice degli autori e delle opere che suggella ciascuno dei due volumi. L'impianto di questa storia della letteratura è di tipo tradizionale: all'interno di un'ampia cornice cronologica, la materia si dispone in capitoli dedicati a singoli autori o generi letterari. Ogni collaboratore ha la libertà di svolgere la propria ricerca secondo i criteri ritenuti più opportuni.
"Angeli, non Angli", esclama il futuro papa Gregorio Magno quando vede dei bellissimi schiavi inglesi in vendita nel Foro di Roma. Da questa frase prende l'avvio la missione di riconversione della Britannia abbandonata dalle legioni e occupata dagli Angli e dai Sassoni. È l'inizio ideale della "Storia degli Inglesi" composta da Beda nel VIII secolo. Leggermente balbuziente, chiuso per tutta la sua vita nei monasteri di Wearmouth e Jarrow, Beda possiede però "l'ardente spiro" del quale Dante lo vede fiammeggiare nel Ciclo dei Sapienti. Ha commentato quasi tutta la Bibbia, si è occupato del computo del tempo ha composto un "De natura rerum", trattati di ortografia e metrica, vite di santi e persino poesia. La sua "Historia ecclesiastica gentis Anglorum", della quale la Fondazione Valla pubblica in due volumi la prima edizione critica in quaranta anni, è fra le più belle opere storiografiche del Medioevo. Tutto è organizzato con mano sapiente e narrato col piglio dello scrittore di razza. Ma tutto, anche, ha l'aura delle origini e il passo della meditazione sugli accadimenti: se Beda vuole ancorare a Roma l'alba delle vicende inglesi è perché quella che Gregorio, per mezzo del suo missionario Agostino, porta nel Kent è una nuova cultura.
Il volume raccoglie la "Storia vera. Dialoghi dei morti", "Il sogno. Il gallo. L'asino" e "Come si deve scrivere la storia". I testi sono accompagnati da un apparato di note e da un'introduzione che li inquadra nel contesto storico, senza tralasciare il commento e l'analisi testuale.
Cartagine, 2O3 d.C.: Perpetua è una giovane donna condannata a morte insieme ad altri quattro coetanei a causa del suo credo cristiano, intollerabile per le autorità imperiali. L'esecuzione ha luogo nell'anfiteatro della città: i martiri vengono dati in pasto agli animali feroci per poi venire finiti dalla spada dei gladiatori. Questi gli eventi narrati nella "Passio Perpetuae et Felicitatis", uno dei più antichi testi appartenenti alla raccolta chiamata successivamente "atti dei martiri". È la narrazione di un martirio che si sviluppa attraverso parole, visioni e sogni; un racconto del tutto privo di retorica che ci restituisce un personaggio al pari di Antigone e Lucrezia.
Arriano nacque tra l'85 e il 90 d.C. a Nicomedia, in Bitinia. Egli cominciò a scrivere di Alessandro quando il suo carattere era già da tempo diventato oggetto di discussione nelle scuole di filosofia e di retorica. In quei tempi, Alessandro era la massima figura che fosse mai apparsa nella storia e un concentrato di tutto ciò che l'uomo aveva sognato e immaginato. Arriano era sobrio, scrupoloso, preciso: cercava di rinnovare l'esattezza di Senofonte, consultò e utilizzò gli storici più degni di fede. Arriano cancellò i paesaggi orientali, che avevano incantato Curzio Rufo, sfumò le figure minori e le ombre e tutto il suo quadro fu occupato dal nuovo Achille, che conquistò il mondo.
Con "Ifigenia in Taurine" Euripide porta il caos sulla scena sostituendolo all'ordine cosmico: gli equilibri sono rivoluzionati, le gerarchie sovvertite fino al ricatto posto da un uomo a un dio, i grandi scopi, le forti tensioni morali perdono consistenza e si degradano, diventano obiettivi circoscritti, personali, intrisi di egoismo. Goethe giudicò "Baccanti" la più bella delle opere di Euripide: ambigua e ricca di molteplici interpretazioni, è la tragedia della debolezza umana di fronte agli spietati e imperscrutabili disegni della divinità, il dramma della ragione che tenta di opporsi all'estasi dionisiaca, alla sua promessa di far svanire le sofferenze della vita.