
La fuga di Enea, il buono e leale principe troiano, dalla sua patria verso l'Italia trascende la particolare vicenda per farsi metafora di ogni itinerario umano, costellato tanto di impedimenti quanto di incontri fondamentali. Composta nel I secolo a.C., l'Eneide non è semplicemente uno dei massimi vertici della poesia epica virgiliana, ma è divenuta un'opera capace di dialogare con il lettore nel corso dei secoli, attraverso la continua raffigurazione di momenti emblematici, di scelte supreme e di rinunce dolorose. In questa edizione l'autore ne fornisce una nuova traduzione in un italiano alla portata di un qualsiasi lettore dotato di cultura media, intelligenza e un po' di passione per i classici.
Celebre soprattutto come storico per le sua "Vite parallele", in cui narra le vicende biografiche di un famoso personaggio greco e di uno romano a confronto, Plutarco è stato anche un uomo di profonda cultura, grande appassionato e studioso di filosofia oltre che abile diplomatico, un politico perfettamente a proprio agio alla corte imperiale romana come nelle native polis elleniche. E nei suoi scritti ha lasciato una miriade di preziose osservazioni sull'arte di negoziare, dì mediare, di sedare i conflitti cercando una soluzione condivisa. Consigli utili nel I secolo come oggi, nei grandi scenari internazionali e nelle mille piccole tensioni della vita quotidiana.
I due testi plautini qui raccolti, risalenti rispettivamente al 186 e al 200 a.C., ruotano entrambi attorno a una storia d'amore contrastata. Il primo mette in scena un patrigno e un figliastro innamorati della stessa ragazza, una trovatella, che alla fine si scoprirà di libera nascita e così potrà sposare il più giovane dei pretendenti, di cui è innamorata, beffando i tardivi desideri del vecchio. Il secondo riprende il tema dei fratelli e delle vicende parallele, tipico del teatro classico, per raccontare la storia di due sorelle che insistono nel serbarsi fedeli ai mariti, di cui non hanno notizie da tempo, contro i tentativi del padre di farle risposare. La loro dedizione sarà premiata dal ritorno degli sposi nel frattempo divenuti ricchi.
Nella "Repubblica" Platone ci presenta la maestosa architettura di uno "stato ideale" dove l'idea di giustizia è l'assoluto criterio di governo sia della vita collettiva che di quella individuale. Attraverso l'insieme dei suoi dieci libri, Platone mette in discussione ogni aspetto della vita organizzata e del sapere della "polis" greca. Qui, arte, scienza e religione vengono sottoposte allo sguardo critico del filosofo e condotte dal buio quotidiano dell'esistenza all'eterna luce della ragione. Ma la "Repubblica" non è soltanto la prima e più famosa "utopia" della storia. Essa, infatti, è il progetto originario della nostra civiltà occidentale.
La storia della fuga di Enea da Troia in fiamme e della fondazione di Roma, scritta da Virgilio tra il 29 e il 19 avanti Cristo, rimasta incompiuta per la morte dell'autore, rimane ancor oggi uno dei libri più letti dal pubblico ed è argomento di studio nelle scuole. La nuova traduzione è di Enrico Oddone. L'introduzione di Beniamino Placido, studioso di letteratura angloamericana e cultore dei classici antichi, rilegge l'Eneide come un grande testo sulla guerra, alla luce delle varie interpretazioni e contaminazioni che la letteratura ha fatto di queste pagine.
Composte da Ovidio negli ultimi anni della propria vita, a partire dal 12 d.C. durante l'esilio a Tomi sul Mar Nero, le "Epistulae ex Ponto" sono quarantasei lettere in distici elegiaci che il poeta invia alla moglie, ai famigliari, agli amici o a personaggi influenti della Roma augustea, supplicandoli perché si adoperino per farlo rientrare in patria. Tutta l'opera è pervasa da una straordinaria complessità di sentimenti nei confronti, prima di tutto, del potere, che viene adulato e smascherato insieme. Ma anche degli amici, soprattutto poeti, e di se stesso, protagonista di un'elegia che, nei forti tratti autobiografici, non cessa mai di essere letteratura di alto rango. Sono versi, questi delle Epistulae, che hanno sempre suscitato intense reazioni nei lettori e sono stati un modello per autori, spesso grandissimi, che l'esilio lo hanno vissuto in prima persona, da Seneca a Brodskij. La costruzione letteraria apparentemente facile lascia intatto un denso nucleo di irrisolta umanità, nel quale ogni lettore finisce per ritrovare un'immagine di sé.
Se Orazio, a partire dal 23 a.C. e dopo aver pubblicato le Odi nel 20 a.C., torna a scrivere - ci dice nella lettera proemiale delle Epistole - è per via del tormento di essere quel che non si vorrebbe e di non essere quel che si vorrebbe. L'esperienza lirica è conclusa, poiché non è più l'età del canto della gioia e dell'amore, resta la possibilità di veicolare nel verso meditazioni morali di carattere generale, sul vero, sul bello, sulla condizione umana, rivolte all'uomo comune. Con quest'opera di conversazioni in esametri composta di due libri (rispettivamente di venti lettere e di due aggiunte successivamente e centrate sul tema della poesia) Orazio creò un genere letterario del tutto nuovo. In componimenti eterogenei per materia il poeta tratta di diversi aspetti della vita quotidiana con una pratica saggezza del vivere, nutrita di filosofia stoica ed epicurea. Tenendosi lontano da ogni dogmatismo si abbandona a riflessioni sulla potenziale grandezza umana, sull'incerto procedere del tempo, sulla necessità di restare imperturbabili di fronte a tutto riconoscendo tuttavia il piacere del vivere, soprattutto dell'amore, sull'arte del sapersi accontentare.
Costruito come dialogo, il "De Repubblica" è uno dei testi fondamentali dell'intero corpus ciceroniano. Un testo di filosofia politica che analizza in maniera sorprendentemente attuale le possibili forme del governo e le sue altrettanto possibili degenerazioni. Cicerone riflette sulla natura della monarchia, sempre a rischio di trasformarsi in tirannide, sull'aristocrazia e sulla sua deriva in oligarchia, sulla democrazia che può scadere in demagogia. Ma si concentra anche sull'idea di giustizia e sulla sua pratica, all'interno dello stato e nei rapporti internazionali, sulla costituzione romana nel suo sviluppo storico e sulla figura dell'uomo di governo ideale, il princeps, colui il quale sacrifica l'interesse individuale a vantaggio di quello collettivo.
La parola "storia", nel greco antico, significava soprattutto "inchiesta", ovvero quell'indagine che a partire dalla narrazione dei fatti avvenuti, e dalla riflessione su essi, aveva l'ambizione di individuare le ragioni logiche per le quali cause ed effetti si connettevano tra loro dando luogo alle vicende degli uomini: dalle guerre alle gesta degli eroi, passando per i grandi viaggi per il Mediterraneo e le fondazioni di città, I due maggiori rappresentanti di quella che possiamo considerare contemporaneamente una scienza e un'arte, la storiografia, furono Erodoto - di fatto considerato il "padre della storia" - e Tucidide - che seppe formalizzare in maniera sapiente i criteri metodologici ai quali uno storico doveva attenersi.