
Preparando undici anni dopo una nuova edizione di "Aldilà delle isole galleggianti", Eugenio Barba ha cominciato a eliminare materiali per sostituirli con nuovi scritti e aggiungervi altri pezzi ritrovati, finché un giorno s'è accorto di avere tra le mani un nuovo libro che rivisita la storia sua e del suo gruppo: il riepilogo appassionato di una vita in teatro e nel teatro della vita, concepito come un viaggio nel mondo per cercarne la necessità. Non a caso questo volume si chiama "Teatro" e ha per sottotitolo "solitudine, mestiere e rivolta". È allo stesso tempo una zigzagante autobiografia, una storia pluridecennale della scena e dell'uomo al difuori della scena, un manuale di lavoro e uno studio sulla dialettica di gruppo, pieno di folgoranti visioni creative. Barba, da cinquant'anni regista, teorico e animatore dell'Odin Teatret, ripercorre qui le tappe fondamentali della sua pratica teatrale: la frattura originaria con la tradizione, l'importanza del laboratorio e del training, i viaggi e i baratti nel Sud del mondo, il Terzo Teatro come ricerca di senso oltre ogni etichetta, la testimonianza dei maestri, rivoluzionari della scena o apprendisti della vita, la trasmissione dell'eredità.
“Un affascinante viaggio nell’arte cristiana”
(Enzo Bianchi)
È possibile rappresentare Dio? Quale significato può avere nel nostro mondo contemporaneo, dove la parola “Dio” non è più quella certezza che era nei secoli passati? E quali rischi può correre il senso della divinità e della trascendenza? L’autore affronta i diversi aspetti delle immagini religiose oggi, alla luce della difficoltà di rappresentare Dio nell’arte: egli riesce così a “parlare l’immagine”, a immergerla in quella fonte che sono i versetti della Scrittura e gli scritti dei padri. Attraverso le sue descrizioni, le immagini di ispirazione cristiana acquistano nuova luce e si fanno vita agli occhi del lettore.
François Bœspflug (1945), studioso di storia dell’arte e teologo, da più di trent’anni conduce una ricerca iconografica senza precedenti. Professore all’Università di Strasburgo, ha pubblicato numerosi studi sulla storia di Dio nell’arte.
Nel panorama europeo Frédéric Debuyst non è solo un testimone e un interprete autorevole del cammino dell’architettura liturgica dal dopoguerra ai nostri giorni, ma anche un ispiratore ascoltato e influente, attraverso intuizioni teologicamente nette e spiritualmente intense. La misura umana dell’architettura cristiana è la cifra sintetica del pensiero di Frédéric Debuyst, un pensiero e un’opera che sono la testimonianza spirituale di un uomo sedotto dalla bellezza, maestro del genio cristiano del luogo. Un volume omaggio al principale esperto del legame tra liturgia e architettura, monaco benedettino amico fedele della Comunità di Bose: l’ultimo suo libro scritto proprio come “testimonianza personale”.
"Il mio sbigottimento alla notizia della morte di Giorgio Morandi non è quasi tanto per la cessazione fisica dell'uomo, quanto, e più, per la irrevocabile, disperata certezza che la sua attività resti interrotta, non continui; e proprio quando più ce ne sarebbe bisogno. Non vi saranno altri, nuovi dipinti di Morandi: questo è, per me, il pensiero più straziante. E tanto più se ricordo quel che, ancora pochi giorni fa, egli mi diceva: " Se sapesse, caro Longhi, quanta voglia ho di lavorare"; ed anche: "Ho delle idee nuove che vorrei svolgere...". Parole che denunciano l'improprietà, pur molto diffusa, di assimilare il percorso di un artista, soprattutto se anziano, a una parabola. Nella costante lucidità di Morandi, esso fu piuttosto una traiettoria ben tesa, una lunga strada; speriamo che resti aperta. Quelle poche frasi, sussurratemi nei suoi ultimi giorni (ed altre ne riporteranno certamente gli amici più vicini), stupiranno anche i molti che in Italia si sono accomodati a credere in una certa immobile comodità della posizione di Morandi dinanzi ai suoi semplici "oggetti" disposti, scalati, variati, permutati; senza intendere che in quella sua lunga, instancabile, solenne "elegia luminosa" - come ebbi a chiamarla presentandone la mostra al " Fiore " di Firenze nel '45, il giorno stesso della liberazione di Bologna". (Roberto Longhi)
"Non può sorprendere che, per una vicenda tormentosa e sciagurata come quella del Caravaggio, gli storiografi del Seicento più romanzevole e del più romantico Ottocento si industriassero a trasformarne ogni passo, fin dai princìpi, ad uso di un ritratto spiccatamente popolare (ciò che per essi suonava 'plebeo') e cioè adatto a spiegare la spregiudicata e, si diceva, 'indecorosa' naturalezza dell'artista. Fu così che il Caravaggio, già da ragazzo, in Lombardia, si tramutò in figlio di muratore, in rimestatore di calcine e preparatore di colle per gli imbianchini milanesi. Il resto della sua vita, soprattutto negli anni di Roma, Napoli e Malta, non aveva certo bisogno di esser rinforzato nelle tinte, ma pure non si mancò di farlo e persin la sua morte, per ragioni di corrispondenza simbolica, si amò fissare un anno prima del vero."
"È in Italia, nel Quattrocento, che risiede principalmente l'interesse della Rinascenza - in quel solenne Quattrocento, che non si studierà mai abbastanza non solo pei suoi resultati positivi nel campo dell'intelletto e della fantasia, le sue concrete opere d'arte, le sue tipiche figure eminenti, col loro profondo fascino estetico, ma pel suo spirito e pel suo carattere in genere, per le qualità etiche di cui esso offre un modello perfetto. Le varie forme d'attività intellettuale che insieme costituiscono la cultura di un'età, muovono per la maggior parte da punti di partenza differenti, e seguono cammini distinti. Come prodotti d'una medesima generazione esse invero partecipano d'un carattere comune, e inconsciamente s'illustrano a vicenda; ma quanto agli artefici stessi, ogni lor gruppo è solitario, e consegue quei vantaggi o subisce quegli svantaggi che possono esserci nell'isolamento intellettuale. Il Quattrocento in Italia è una di queste epoche felici, e quel che talora si dice dell'età di Pericle è vero per quella di Lorenzo il Magnifico: è un'epoca fertile di personalità, multilaterale, accentrata, completa. Qui artisti e filosofi e coloro che l'azione del mondo ha elevato e reso acuti, non vivono nell'isolamento, ma respirano un'aria comune, e ricevono luce e calore gli uni dai pensieri degli altri. L'unità di questo spirito conferisce unità a tutti i vari prodotti della Rinascenza".
Il compositore Bartolomeo Cordans (Venezia, 1698 - Udine, 1757) fu senza dubbio la figura più significativa della musica friulana del Settecento e operò come maestro di cappella nel duomo udinese per oltre un ventennio, dal 1735 alla morte. Anni intensamente creativi durante i quali l'istituzione da lui diretta visse uno dei suoi periodi più ricchi e vitali. Il volume, oltre a puntualizzare numerosi aspetti biografici del musicista e a fornirne un approfondito inquadramento critico, illumina alcuni momenti in parte del tutto inediti, in parte fino ad ora scarsamente indagati della società friulana del tempo, che si mostra particolarmente vivace e aggiornata e capace di usufruire dei notevoli stimoli culturali e artistici provenienti dalla Dominante, senza peraltro dimenticare i possibili apporti delle vicine realtà oltralpine.
Cosa rappresenta un affresco di Leonardo piuttosto che un olio di Mondrian? Cosa ha voluto dire l'artista e quali sono le tecniche con cui è stato prodotto? Per leggere e apprezzare un dipinto è importante distinguere gli stili e i linguaggi, riconoscere i temi, cogliere il significato voluto dall'artista e l'espressione della cultura del suo tempo. Questo manuale suggerisce come avvicinarsi ad un'opera pittorica con il piacere di capirne e saperne di più.

