
Nel fervore di iniziative culturali e artistiche della Roma degli inizi del novecento spetta all'etnologo Lamberto Loria (1855-1913) il merito di aver raccolto, in occasione della Mostra di Etnografia italiana, tenutasi a Roma in Piazza d'Armi (attuale quartiere Prati) 1'eccezionale collezione di figure presepiali napoletane, circa mille bellissimi pastori che susciteranno l'interesse e l'ammirazione dei visitatori della mostra svoltasi nell'ambito dell'Esposizione Internazionale del 1911. All'inaugurazione, che avviene il 21 aprile, erano presenti i reali di casa Savoia e il principe di Connaught a sottolineare l'importanza dell'evento che rientrava nel più vasto e intelligente programma voluto da Giovanni Giolitti a sostegno dell'economia reso possibile grazie alla riscoperta dei valori e saperi tradizionali. Per questo nella mostra sarà presentato quanto di meglio era stato prodotto su1 territorio nazionale come il presepe napoletano con i suoi pastori del '700 e 800 raccolti dal Loria e dai suoi collaboratori in due anni. Si tratta di una collezione di inestimabile valore sintesi del nostro "patrimonio materiale e immateriale" che lega credenze profane e religiosità popolare, arte e artigianato destinata a costituire la collezione del Regio Museo di Etnografia che verrà istituito nel 1923.
I restauri e le verifiche effettuate nella Basilica di San Francesco ad Assisi a seguito del terremoto del 1997 hanno costituito l'occasione per lo studio delle tecniche esecutive e delle alterazioni cromatiche delle superfici pittoriche. Questo studio, pubblicato in occasione della ricorrenza del decennale del tragico evento, sono presentati i risultati delle indagini effettuate in stretta collaborazione tra l'Istituto Centrale per il Restauro e l'ENEA sulle Storie di san Francesco nella navata della Basilica Superiore. In questo modo è stato possibile individuare residui minimi dell'originaria coloritura a secco e di decorazioni con foglie metalliche, altrimenti non apprezzabili. Il riconoscimento e la stima di quanto purtroppo non sopravvissuto delle cromie originali di questo ciclo pittorico ha suggerito le ipotesi ricostruttive presentate e discusse in questo quaderno.
Il volume suggerisce itinerari nell'area dei Castelli Romani e Prenestini in cui le tappe sono scandite da edifici religiosi, custodi eletti di capolavori sconosciuti al grande pubblico: tredici noti paesi - Cave, Colonna, Frascati, Gallicano nel Lazio, Poli, Genazzano, Grottaferrata, Montecompatri, Monteporzio Catone, Rocca di Papa, Rocca Priora, Palestrina e Zagarolo -, destinazione elette delle gite fuori porta, che vantano un patrimonio artistico che spazia dall'XI al XIX secolo. L'opera si propone di far riscoprire soprattutto la storia e lo sviluppo di queste terre che, per l'amenità e la tranquillità dei siti, per la piacevolezza del clima, per la rigogliosità della vegetazione, da sempre sono meta di visitatori che amano il raccoglimento e l'eremitaggio e un turismo meno scontato e di massa. Molti sono gli intereventi che, nei secoli, sono stati commissionati da feudatari, signori, cardinali e addirittura pontefici che hanno contribuito a valorizzare il patrimonio artistico e architettonico dell'area, regalando alla popolazione splendidi e monumentali edifici per il culto. E così accanto alle varie chiese parrocchiali ricche di devozione anche minuta, si trovano luoghi di culto e preghiera cresciuti attorno ai vari ordini religiosi che cercarono e trovarono in queste regioni la dimensione più confacente alla propria missione in cui la predicazione si doveva conciliare con la meditazione.
Villa Ada Savoia, una delle più estese tra le ville storiche romane con i suoi 150 ettari, è nota soprattutto per essere stata commissionata dal primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II e per essere stata per decenni residenza della famiglia Savoia.
Per complesse vicende giuridiche ed ereditarie la Villa, dopo l'avvento della Repubblica è stata divisa in due parti, una proprietà pubblica e quindi aperta e fruibile da tutti, l'altra rimasta proprietà degli eredi Savoia e che solo di recente, nel 1994, è stata acquisita dal Comune di Roma.
Il complesso cosi riunificato è stato oggetto negli anni scorsi di un complicato ed impegnativo recupero per renderlo fruibile, ma molti interventi sono ancora in corso o di prossimo avvio.
Nonostante l'aspetto naturale e un po' selvaggio, dovuto in parte a decenni di abbandono, la Villa contiene numerose memorie storiche in edifici particolari o in sistemazioni a giardino spesso frutto di ingegnose invenzioni. Alcuni edifici sono rimasti proprietà privata e quindi inaccessibili, come la Palazzina reale, sede dell'Ambasciata della Repubblica Araba d'Egitto, o il Villino Pallavicini, testimonianza della storia della Villa antecedente la committenza Savoia.
Nella guida si è voluto dar conto anche di queste realtà, ricostruendo la storia di tutto il complesso, sia degli edifici sia del parco.
Si è inteso così offrire ai numerosi fruitori del parco uno strumento per apprezzare tutte le valenze della Villa, contribuendo alla conoscenza e quindi al rispetto dei luoghi.
Un elegante volume in cofanetto che illustra l'opera omnia di Franco Zeffirelli: teatro, opera, cinema.
La vita e l'opera di Fabrizio De André sono al centro di saggi e documentari, omaggi e celebrazioni che hanno contribuito negli anni a trasformare l'uomo in un mito, in un'icona musicale e poetica. Una specie di totem, che incute un timore reverenziale a tratti schiacciante. E pensare che invece lui si riconosceva soprattutto nel protagonista di Amico fragile, "evaporato in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte". Il giornalista Marco Ansaldo si mette sulle tracce di questo amico fragile, partendo dai vicoli della Foce, le zone che lui stesso, genovese doc, aveva esplorato da ragazzino di strada. Nel ripercorrerle oggi, così diverse eppure identiche, ricostruisce un'inedita topografia fatta di stradine e piazzette, di panchine e bar, in quel fermento musicale e intellettuale da cui scaturì la "Scuola genovese" dei cantautori e il genio di "un giovanotto della buona società". Ma Genova da sola non basta per spiegare De André, che in quarant'anni di carriera ha mostrato mille volti, anche molto diversi: l'uomo dalla voce profondissima, che scandisce parole dolci e terribili; l'uomo feroce con i potenti, anarchico, ruvido e solitario; l'"ateo a modo suo", lontano dalla Chiesa ufficiale ma vicino a Gesù e agli ultimi. In questo libro, Ansaldo ricostruisce un'immagine di Faber a partire da singoli dettagli, frammenti della sua fragilità e della sua forza, lasciando che la luce di ogni nuovo frammento ne illumini un altro. Con e-book scaricabile fino al 30-/06-/2016.
Nel 1991, Hans Ulrich Obrist organizza il suo primo "Kitchen Show", un'esposizione nella cucina dell'appartamento dove vive a San Gallo, in Svizzera. All'epoca ha solo ventitré anni. Troppo giovane per curare mostre in musei o gallerie, ha deciso insieme a Peter Fischli e David Weiss di sperimentare questa nuova strada: portare l'arte fuori dai circuiti canonici e inserirla in uno spazio raccolto, per recuperare l'intimità nel rapporto tra artista e opera. L'intuizione di Obrist si rivela geniale e le mostre sono un successo. Il suo nome comincia a circolare tra artisti e curatori. Obrist, guidato da una curiosità febbrile, si ritaglia uno spazio nel circuito dell'arte contemporanea: partecipa a mostre e fiere internazionali, studia i cataloghi delle gallerie e i manuali di storia dell'arte ma soprattutto inizia a intervistare gli artisti non appena ne trova l'occasione. Il suo modello sono "Le Vite" di Giorgio Vasari, il suo modus operandi ruota intorno a quella stessa idea su cui si basavano i Kitchen Show: l'artista viene messo a suo agio, ricreando la familiarità del dialogo estemporaneo «come se ci trovassimo in un bar». Negli anni successivi, mentre si afferma come uno dei più importanti curatori d'arte, Obrist raccoglie oltre 2 mila e 500 ore di registrazioni. Intervista pittori, architetti, scultori, filosofi, scrittori; ogni parola viene incisa su nastro magnetico e conservata in una monumentale opera archivistica. Nelle diciannove interviste qui raccolte seguiamo Obrist mentre conversa di cinema e poesia con David Hockney, di ready-made e specchi con Gerhard Richter, di performance e Yoko Ono con Marina Abramovic o di progetti mai realizzati e desideri con Zaha Hadid. Nella sua opera di resistenza all'oblio Obrist disegna la più accurata mappa dell'inventiva artistica degli ultimi vent'anni e allo stesso tempo ci indica le coordinate per l'arte del futuro. Con ebook scaricabile fino al 31/12/2017.
"Da molto tempo vado al cinema, almeno tre sere alla settimana, spesso vedo due film per sera (alle 20 e alle 22.30), talvolta anche tre. Da una decina d'anni, torturato dal pensiero della dimenticanza nel tempo delle opere che ho visto, ho preso l'abitudine al ritorno dal cinema, ogni sera, di scrivere, di getto, una mia valutazione critica dei film che ho visto, un resoconto per me stesso, lungo o breve, che possa rimanere un momento di pacata riflessione critica, anche dopo molti o moltissimi anni. Ho raccolto quindi tutti questi miei commenti, non molto approfonditi perché scritti alla sera, prima di addormentarmi, ma proprio per questo espressione dell'impatto immediato che ogni film ha avuto sulla mia psicologia, sulla mia cultura e sui miei valori etici." (Umberto Veronesi) Con e-book scaricabile fino al 30-06-2016.
Che puoi fare quando la tua migliore amica si mette in testa un'idea assurda? Nient'altro che assecondarla. È esattamente quello che accade a Mia, quattordici anni e il sogno di diventare scrittrice, quando l'amica Jenny decide di voler girare un film. Ma non un film da niente. Una vera e propria produzione con tanto di regista, fonico, costumista, casting per gli attori. E una star come protagonista: Gabriele, il protagonista della serie tv "Un avvocato in famiglia". Sì, perché Jenny si è innamorata di lui ed è disposta a tutto pur di farsi notare. L'impresa sembra davvero folle, ma pian piano Mia si lascia contagiare dall'entusiasmo di Jenny e della troupe. Si propone quindi come sceneggiatrice e si butta a capofitto nell'avventura. Un'avventura piena di imprevisti e contrattempi, ma a dir poco straordinaria. Età di lettura: da 12 anni.
«Così, per i tuoi pochi anni, e per i miei che sono cento, cercherò di dirti la verità; non una verità tecnica, che annoierebbe te così come qualunque altro lettore, ma una verità un po' più ricca, la realtà dell'arte moderna nella vita del nostro tempo: la vita vera, intendo, bellezza e guano equamente miscelati come accade nella vita vera.» E con queste parole che Flavio Caroli apre "Storia di artisti e di bastardi", rivolgendosi alla sua giovane nipote, aspirante storica dell'arte: quasi un breve programma, una premessa che detta il tono, le intenzioni e il passo. Da qui il racconto si muoverà rapido, ripercorrendo gli anni sessanta, settanta e ottanta, in cui per un giovane e appassionato storico dell'arte non era sufficiente lo studio rigoroso e libero degli antichi maestri; bisognava partecipare, e attivamente, alla scena dell'arte contemporanea, quella brillante società mondana fatta di artisti e mecenati, geni e farabutti, attrici, stilisti, Biennali e viaggi. Di pagina in pagina, Caroli alterna ricordi personali e aneddoti, considerazioni sul nostro presente e piccole fulminanti lezioni di critica d'arte. Che ci parli del suo primo incontro con Michelangelo Antonioni, bello e lontano, sul set di Deserto rosso, o della sofferta, consapevole depressione di Van Gogh, che ci racconti i ritrovati e poi perduti dipinti del Guercino o i suoi incontri notturni con Lucio Dalla, che ci riveli le pulsioni di morte di un pasoliniano Andy Warhol o la furia di Marina Abramovic, la sua voce ci arriva sincera e palpitante, immersa nelle storie che narra con la naturalezza del grande storico e divulgatore. "Storia di artisti e di bastardi" si rivela così forse il suo libro più personale: una divertente controstoria dell'arte contemporanea, un album di ricordi e uno spregiudicato memoir epistolare, ma anche un testamento spirituale che contiene, condensata, l'eredità artistica di un'epoca intera, perché solo chi era presente e l'ha vissuta in prima persona può preservare il fuoco di quella esperienza e tramandarlo intatto e ardente alle nuove generazioni.
Le distruzioni intenzionali di opere d'arte, l'incuria che affligge i monumenti e i paesaggi, il declino delle città storiche e il diffondersi dei ghetti urbani sono i multiformi segnali di una crisi che non è solo economica e politica, ma culturale. Stiamo disimparando a convivere con il nostro passato, a cui non sappiamo più guardare se non con nostalgia o con disagio. Per capire quel che sta accadendo, nessun osservatorio è più adatto di questa Europa sempre più disgregata, troppo spesso ridotta a progetto economico-politico in cui la cultura ha un ruolo gregario. Eppure, dall'eudaimonia di Aristotele al flourishing dell'odierna filosofia morale, la cultura è da sempre risorsa e motore dell'economia e della società, ma anche della democrazia, dell'uguaglianza, della giustizia. Partendo proprio dall'orizzonte europeo come intersezione fra opposti campi di forza (l'economia e la cultura, le identità nazionali e i flussi migratori, il passato e il futuro), Salvatore Settis affronta alcune idee vigenti di "cultura" e "culture", tra potenziali conflitti e possibili convergenze. Non soltanto quindi il lascito della civiltà greco-romana e della cultura rinascimentale, non soltanto la grande Mitteleuropa. È necessario un quadro più articolato e una maggiore consapevolezza delle "Europe" che compongono questa Europa. Una memoria culturale plurale è infatti il terreno di crescita di una creatività che non miri all'effimera felicità del successo: un sentimento che incardini l'individuo nella vasta comunità europea. A noi italiani va riconosciuto un merito, e spetta un compito. Riconoscendo ai cittadini il diritto alla cultura, la nostra Costituzione ha saputo guardare lontano: occorre farne tesoro ed espandere questa idea fino a contagiare l'Europa intera.
Oggi Michelangelo Merisi detto Caravaggio non solo è considerato uno dei pittori più grandi del suo tempo, fondamentale premessa dell'arte moderna ed emblema dell'artista maledetto: è una vera e propria superstar della pittura. Ma non è stato sempre così. Solo pochi anni dopo la sua tragica morte, il repentino successo che ne aveva accompagnato la parabola artistica ed esistenziale era svanito nel nulla. Nonostante la sua lezione sia stata accolta fin da subito e divulgata da una numerosa cerchia di seguaci in Italia e in Europa, ben presto molti cominciarono a evocare il nome di Caravaggio non per lodarlo ma per denigrarlo. Destinato per più di due secoli a una sorta di damnatio memoriae, nei primissimi anni del Novecento attirò l'attenzione di un giovane studente che di lì a pochi anni divenne il più autorevole storico dell'arte italiano: è il 1911, il suo nome è Roberto Longhi ed è lui l'artefice del ritorno di Caravaggio, della sua "invenzione" moderna. Roberto Cotroneo ce la racconta con la precisione del connoisseur e la piacevolezza del romanziere, in questo libro che omaggia il genio artistico e la forza creatrice della passione e della conoscenza.