
Che cosa vuol dire veramente “amare”?
È dedizione, crescita, esplorazione, conoscenza, passione, condivisione? L’amore ci aiuta a capire il significato del tempo, e non perché duri per sempre ma semplicemente perché ci consente di avere una diversa percezione della durata della nostra vita. Da sempre gli uomini studiano come allungare la vita, mentre bisognerebbe allargarla. In fondo, il tempo non è altro che un’emozione, e l’amore ci aiuta a rendere i suoi attimi più larghi.
Archetipo ed emblema dell'uomo rinascimentale, Leonardo da Vinci è universalmente riconosciuto come il genio più creativo e multiforme della storia. Dalla sua straordinaria capacità di osservare la natura, indagandone le leggi e i misteri, e di coniugare ricerca scientifica ed espressione artistica sono nati capolavori quali la Gioconda e l'Ultima Cena, ma anche strabilianti intuizioni, come l'idea che un giorno l'uomo, al pari degli uccelli, avrebbe potuto librarsi in cielo a bordo di macchine volanti. Il tratto peculiare di Leonardo è dunque un'insaziabile curiosità nei confronti del mondo circostante, ma alimentata e illuminata da una potente immaginazione visionaria. Ed è proprio questa la caratteristica che ha indotto Walter Isaacson a includere il più celebre artista italiano di tutti i tempi nella cerchia degli «innovatori», che sono l'oggetto privilegiato dei suoi interessi di studioso: come Benjamin Franklin, Albert Einstein e Steve Jobs, Leonardo incarna la capacità di rivoluzionare la propria epoca - e di segnare il destino di quelle a venire - grazie a un'originalissima combinazione di inventiva e raziocinio, realismo e fantasia. Ma il genio di Leonardo, sottolinea Isaacson, era qualcosa di squisitamente «umano», forgiato dalla sua volontà e dalle sue ambizioni, basato su abilità che ognuno di noi potrebbe addirittura aspirare a coltivare, e non esente da imperfezioni e debolezze.
Beethoven è stato una figura smisurata, supremo genio musicale e cumulo di contraddizioni, di comportamenti eccessivi, descritto dalla critica come l'emblema stesso dell'artista romantico o come un illuminista. Ma Beethoven è stato soprattutto un tedesco: e in questa biografia Buscaroli ne sovverte l'immagine abituale alla luce delle fonti e dei documenti. Ne esce un ritratto completamente nuovo che racconta la famiglia, il rapporto con i musicisti del suo tempo, il carattere, le malattie, gli amori, il sentimento e gli scopi dell'arte. La biografia diventa così chiave di revisione di un'immagine stereotipata, illuminista per non dire giacobina, dell'artista, dell'uomo e di tutta l'età seguita alla "révolution".
In questo saggio che diventa un romanzo, Caroli dialoga con un'amica di lunga data accompagnandola per quindici weekend e mezzo alla scoperta di grandi artisti, monumenti universalmente noti e gioielli nascosti (scelti dopo una oculatissima scrematura) nei luoghi nevralgici dell'arte italiana. Passeggiando per le vie dei centri storici o raggiungendo musei fuoriporta, ci presenta in un racconto ricco di immagini protagonisti come Andrea Mantegna, che si può incontrare nella basilica di Sant'Andrea, a Mantova, non solo attraverso le sue opere ma anche sotto forma di un busto scolpito posto nella Cappella funeraria, e promette: "Si innamorerà dello sguardo lontano di chi vede la grandezza del passato, e subito dopo ne percepisce la caducità e la cenere, e non può che rifugiarsi nella melanconia, e dar vita, con quella, agli unici antidoti concessi agli umani, che sono l'arte e la bellezza". A Venezia, dopo una sosta allo storico Harry's Bar, ci propone l'incontro con Giovanni Bellini alle Gallerie dell'Accademia: "La linea belliniana incontra la linea introspettiva dell'arte occidentale, con una carta in più, risolutiva: la luce come elemento realistico, drammatico e drammatizzante". Ai grandi artisti e alle loro imprescindibili opere affianca aneddoti poco noti, come l'importanza della Cascina Pozzobonelli di Milano, senza la quale il Castello Sforzesco non sarebbe come lo vediamo oggi. Un graffito presente nel portico mostra infatti l'aspetto originario del castello, con la Torre del Filarete, crollata nel 1521: fu su questa immagine che l'architetto Luca Beltrami si basò per ricostruire la torre fra il 1892 e il 1905. Un percorso nella storia dell'arte che si fa via via racconto personale: "Ricordi quando io ero poco più che un ragazzo, e tu mi sgridavi perché - a tuo dire - perdevo tempo con gli artisti, invece di occuparmi di te?". Oggi le opere di alcuni di quegli artisti, gli avanguardisti degli anni Sessanta appartenenti alla corrente dell'Arte Povera, sono raccolte al Castello di Rivoli, cui dedicare un ultimo, mezzo weekend: "Incontrerai le grandi metafore insite nell'occupazione dello spazio: metafore legate al naufragio della civiltà classica in fannis Kounellis; metafore della socialità in Luciano Fabro; metafore dell'infinita ambiguità dei linguaggi che generano l'immagine figurativa in Giulio Paolini". La felice penna di Flavio Caroli ci indica la via per comprendere appieno il patrimonio artistico italiano, nella convinzione che i capolavori sono il riassunto dei pensieri più profondi di un'epoca storica, e costituiscono "l'apertura visionaria verso il tempo che verrà".
Sono in molti a pensare che la musica classica sia qualcosa di troppo serio, qualcosa che si studia a scuola o al conservatorio e che si ascolta eseguita da compassati musicisti in circostanze eleganti ed esclusive. E sono in molti a ritenere che in fondo sia solo una questione di tecnica, di esercizio ostinato, di dedizione assoluta, appannaggio di geni solitari e piacere riservato a raffinati e incanutiti intenditori. Che la musica classica sia tutto questo è indubbiamente vero. Ma è altrettanto vero che è anche molto, molto di più. Per Jan Swafford, musicologo, compositore e autore di monografie su Brahms e Beethoven, essa è il linguaggio attraverso il quale esprimiamo i nostri sentimenti più profondi, lo specchio che riflette le infinite sfumature della vita e del sogno, del sacro e del mistero. Che sia prodotta soffiando in un flauto ricavato dalla zanna di un mammut, scritta nella quiete di una corte barocca o composta sotto l'incedere pauroso della guerra o della follia, la musica rivela ciò che di sublime e di ripugnante, di eccelso e di banale alberga nell'animo umano. Una speciale forma di comunicazione, quindi, il cui impatto emotivo e intellettuale non finisce di sorprenderci. Dal canto gregoriano alla dodecafonia di Schönberg, dalle soavi opere di Mozart al minimalismo di Philip Glass, dai madrigali di Monteverdi alle sinfonie di Haydn e ai Lieder di Schubert, con "Il linguaggio dello spirito" Swafford ripercorre la storia della musica occidentale, la sua continua evoluzione, la sua capacità di assimilare idee, voci e stili diversi e di reinventarsi ogni volta. Si sofferma sulle innovazioni - la notazione, la polifonia, il temperamento equabile, l'atonalità, ecc. - spiegandone il significato e l'importanza dal punto di vista tecnico oltre che artistico. Ci presenta compositori e brani, quasi sempre sotto una luce assolutamente inedita, in cui l'artista esce dal mito per entrare nella storia, una storia spesso fatta di sofferenze e rinunce, incomprensioni e fallimenti. Ci offre eccellenti suggerimenti per l'ascolto, indicandoci registrazioni imprescindibili, memorabili esecuzioni o semplicemente brani poco noti eppure straordinari.
Generoso con gli umili, insofferente con i rivali, attaccatissimo al soldo, ascetico, trasgressivo, Michelangelo Buonarroti è il primo artista veramente moderno, capace di opporsi a tutto e a tutti, pontefici compresi, pur di esprimere se stesso. Scultore, pittore, architetto, poeta, durante la sua lunghissima vita (morì a quasi 89 anni) fu acclamato, strapagato, imitato, odiato. Troppo spesso, fu solo. Per necessità, per scelta, per destino. Senza lasciarsi intimorire né abbagliare dal mito del genio assoluto, Giulio Busi segue le tracce dell'uomo Michelangelo, che si sentiva fuori posto sia nelle botteghe di pittori e scultori sia nei salotti dei principi. Figlio di un'antica famiglia cittadina impoverita, nasce in provincia, tra i monti dell'Appennino toscano, dove il padre Lodovico è podestà di Caprese e Chiusi. Lui dovrebbe studiare latino e invece diviene apprendista di Domenico Ghirlandaio. Lo scopre Lorenzo il Magnifico, che gli dà protezione, mezzi, fiducia in se stesso. Innamorato di Firenze, se ne va appena può, per cercare fortuna a Roma. Affascinato dal moralismo visionario di Savonarola, lavora per i cardinali e scolpisce per i nemici del frate domenicano. Insofferente all'autorità, si piega al volere del terribile papa Giulio II, e per lui progetta una tomba fastosa (gli ci vorranno quarant'anni per finirla) e affresca la smisurata volta della Sistina. Sopporta a stento i Medici, i suoi benefattori, e ne riceve committenze e ricchi incarichi. Ama la bellezza maschile, si lascia affascinare da giovanotti eleganti e da qualche ragazzo di vita, ma s'infiamma d'amicizia per Vittoria Colonna, gran dama e specchio di virtù. Sempre insoddisfatto, inquieto, inarrivabile. Lungo le pagine di un racconto storicamente documentato e sorretto da una felice vena narrativa, Busi rivisita tutte le tappe di uno straordinario percorso creativo (dalla dolorosa bellezza mistica della Pietà vaticana, al titanismo della Cappella Sistina fino al dialogo con la morte della Pietà Rondanini) e di un egualmente straordinario percorso biografico. Da un amore all'altro, dal trionfo all'amarezza, arte e vita s'intrecciano, si fondono, si scontrano, in un'avventura esistenziale compiuta, come Michelangelo stesso ebbe a scrivere, «con tempestoso mar, per fragil barca».
Che cosa unisce Artemisia Gentileschi, stuprata a diciotto anni da un amico del padre e in seguito protagonista della pittura del Seicento, a un'icona della bellezza e del fascino novecentesco come Frida Kahlo? Qual è il nesso tra Élisabeth Vigée Le Brun, costretta all'esilio dalla Rivoluzione francese, e Charlotte Salomon, perseguitata dai nazisti? C'è qualcosa che lega l'elegante Berthe Morisot, cui Édouard Manet dedica appassionati ritratti, alla trasgressiva Suzanne Valadon, l'amante di Toulouse-Lautrec e di tanti altri nella Parigi della Belle Époque? Malgrado la diversità di epoca storica, di ambiente e di carattere, un tratto essenziale accomuna queste sei pittrici: il talento prima di tutto, ma anche la forza del desiderio e il coraggio di ribellarsi alle regole del gioco imposte dalla società. Ognuna di loro, infatti, ha saputo armarsi di una speciale qualità dell'anima per contrastare la propria fragilità e le aggressioni della vita: antiche risorse femminili, come coraggio, tenacia, resistenza, oppure vizi trasformati in virtù, come irrequietezza, ribellione e passione. Elisabetta Rasy racconta, con instancabile attenzione ai dettagli dell'intimità che disegnano un destino, la vita delle sei pittrici nella loro irriducibile singolarità. Incontriamo così la giovanissima Artemisia, in fuga dalle calunnie romane dopo un processo infamante, che si fa strada nella Firenze dei Medici ma non vuole rinunciare all'amore. Élisabeth Vigée Le Brun, acclamata ritrattista di Maria Antonietta, che attraversa l'Europa contesa dalle corti più importanti senza mai staccarsi dalla sua bambina. Berthe Morisot, ostacolata dalla famiglia e dai critici accademici, che diventa la première dame degli Impressionisti. La scandalosa Suzanne Valadon, amante e modella dei grandi artisti della Parigi di fine Ottocento, che sceglie di farsi lei stessa pittrice combattendo la povertà e i preconcetti. Charlotte Salomon che, quando sente avvicinarsi la fine per mano del boia nazista, narra la sua breve e tempestosa vita in un'unica sterminata opera che al disegno unisce la musica e il teatro. Frida Kahlo, straziata dalle malattie fin dalla più giovane età, che sfida la sofferenza fisica e i tormenti amorosi con le sue immagini provocatorie e il suo travolgente look. Tutte loro, negli autoritratti che aprono le intense pagine di Elisabetta Rasy, guardano negli occhi chi legge e invitano a scoprire l'audacia con cui hanno combattuto e vinto la dura battaglia per affermarsi - oltre i divieti, gli obblighi, le incomprensioni e i pregiudizi -, cambiando per sempre, con la propria opera, l'immagine e il posto della donna nel mondo dell'arte.
«E ora, signore e signori, passiamo a Leonardo da Vinci, al "Salvator Mundi", capolavoro del genio fiorentino.» Con queste parole, il 15 novembre 2017, il banditore della sede newyorkese di Christie's mette all'asta un piccolo dipinto a olio, raffigurante Cristo che con una mano benedice e con l'altra tiene un globo trasparente. Dopo una lotta serratissima, il quadro viene aggiudicato per 450 milioni di dollari, diventando così l'opera d'arte più costosa al mondo. Ma qual è la sua storia, dal momento che per diversi secoli se ne sono perse le tracce? Quando è stato realizzato? Chi è il misterioso acquirente? E soprattutto: si tratta davvero di un dipinto di Leonardo? Sono queste alcune delle domande cui Ben Lewis tenta di rispondere, accompagnando il lettore in un viaggio che parte dalla bottega milanese di Leonardo, allora al servizio di Ludovico il Moro, segue le disavventure del "Salvator Mundi" nei palazzi di re Carlo I durante la guerra civile inglese e arriva fino ai giorni nostri. Tentando di non perderlo di vista tra le innumerevoli copie prodotte da artisti minori, comprate e vendute nell'Ottocento, il racconto assume i contorni di un vero e proprio giallo. Lo sfondo delle eleganti corti rinascimentali si trasforma in un mondo globalizzato, dominato da un mercato opaco e privo di regole, in cui l'arte è spesso uno strumento per rifarsi una reputazione e riciclare denaro. La vicenda prosegue quindi tra un laboratorio di restauro a Manhattan e un consesso dei massimi esperti mondiali dell'opera leonardesca presso la National Gallery di Londra; tra il porto franco di Ginevra, sede delle maggiori transazioni offshore del pianeta, e il paradiso fiscale del Principato di Monaco; tra una modesta casa in vendita a New Orleans e la prestigiosa sede di Christie's a New York. Numerosi sono i protagonisti di queste pagine, incontrati da Lewis durante la sua lunga ricerca della verità: periti, restauratori, mercanti d'arte, oligarchi russi, sceicchi. Ma soprattutto lui, il "Salvator Mundi", un quadro di intensa forza espressiva, capace di emozionare chiunque abbia avuto la fortuna di vederlo esposto e che tuttavia continua a mantenere l'aura di mistero che lo ha sempre circondato.
Con il libro dedicato a Leonardo, Walter Isaacson indaga il campo della genialità, raccontando la vita e le opere del genio per eccellenza e simbolo stesso del Rinascimento. Scavando tra i codici e interrogando la splendida produzione artistica, l’autore cala il lettore nell’Italia quattrocentesca dei sanguinosi scontri di potere (per cui Leonardo progettava modernissime macchine da guerra) e del fervore creativo. Leonardo fu un genio in molteplici discipline, dall’architettura all’arte, passando per la meccanica e gli studi anatomici; realizzò i due dipinti più famosi della storia, L’Ultima cena e la Gioconda, e s’interessò di scienza e di tecnologia. La biografia di Isaacson, riproposta in occasione dei cinquecento anni della morte, anniversario celebrato in Italia e nel mondo, ci ricorda l’importanza non solo di apprendere, ma anche di non smettere di interrogarci e di far sempre ricorso al "think different" che ha caratterizzato il genio di ogni epoca.
L'"Elettra" di Sofocle ha sempre goduto, nei duemila-cinquecento anni dalla sua comparsa, di una popolarità eccezionale, tanto da conoscere numerosissime riscritture sino all'Elektra di Hofmannsthal (poi trasformata in memorabile opera in musica da Richard Strauss), a O'Neill, Giraudoux e Sartre. La personalità della protagonista vi campeggia assoluta. La trama si svolge con rapidità stupefacente, ma con una quantità di svolte e raddoppiamenti sensazionali. Il tessuto lirico, drammatico e melodrammatico è teso come la corda di una lira. In questa edizione si dà una lettura nuova della protagonista: Elettra vi è interpretata come un "problema" «in quanto ostacola i cospiratori e ruba la scena ai loro piani»; il dramma stesso si configura come "problema", «perché è privo del normale meccanismo che serve a portare avanti la trama». Davanti alla sconfitta ateniese nella guerra contro Sparta, Sofocle sceglie di «sondare più da vicino l'individuo drammatico», ma anche qui sorgono questioni non indifferenti: per esempio, «può un individuo eroico essere esemplare se la forza della sua personalità non è diretta contro potenti antagonisti ma resta un'esibizione largamente inefficace da parte di una persona», come Elettra, «posta ai margini»? E ancora: perché Sofocle complica la trama del riconoscimento tra Elettra e Oreste già resa celebre dalla versione di Eschilo? Nell'Elettra sofoclea tale intreccio si sviluppa in una serie di scene di finzione che vedono il Precettore narrare la morte di Oreste; poi la sorella Crisotemi annunciare che è vivo e raccontare una replica dell'episodio, ben noto dalle Coefore, presso la tomba di Agamennone; quindi la comparsa dell'urna, portata da Oreste stesso, che ne conterrebbe le ceneri, e l'esibizione dell'anello paterno come prova definitiva. «Sì, proprio l'unico che viene a soffrire dei tuoi mali», dice Oreste di sé stesso un attimo prima, in un verso denso di compassione. «Oreste è qui morto per finzione, e ora per quella finzione sano e salvo», esclama Elettra, convinta dall'anello. Quella «finzione» è la chiave di volta dell'emozione intensa che ancora oggi suscita l'"Elettra" di Sofocle.
Con questo libro Carlo Pedretti ha finalmente deciso di fare il punto di oltre mezzo secolo di studi dei codici e delle opere di Leonardo da Vinci, in un libro che è una circumnavigazione dell'arcipelago biografico e artistico leonardesco. L'autore svolge il proprio ruolo di guida raccontando non solo le scoperte da lui fatte nel corso di un'assidua e feconda frequentazione del territorio, ma anche il lungo e avventuroso viaggio che le ha rese possibili. Così la lettura delle opere d'arte, dei disegni, degli schizzi e dei testi di Leonardo, nonché l'inventario del suo patrimonio conoscitivo e delle sue fonti, vengono costantemente supportati da una meticolosa ricostruzione sia delle tappe salienti dell'itinerario di ricerca, sia del contesto sociale, politico e culturale in cui quei frutti del genio e dell'ingegno individuale risultano storicamente inscritti. A tale scopo, il metodo adottato è quello di presentare al lettore un ricchissimo campionario di autocitazioni e di brani tratti da libri o documenti di ogni genere (storiografico, letterario, diaristico, epistolare). Ma nel quadro di questa opera, a mezza via tra la sistematica collectanea e la summa enciclopedica, quasi in ogni pagina brillano ipotesi folgoranti, intuizioni irresistibili, se non vere e proprie novità interpretative e autentiche scoperte.
Letterato curioso, sempre alla ricerca del nuovo, Giovanni Boccaccio «nel corso della sua vita è stato attratto dai più disparati ambiti del sapere e, come scrittore, ha sperimentato un gran numero di generi letterari; è stato uomo di corte, mercante, amministratore del Comune; si è adoperato a diffondere la letteratura in volgare ed è stato parte attiva di elitari circoli umanistici. A tanta apertura e disponibilità si accompagna una straordinaria capacità di recepire, assorbire, introiettare: anche grazie a questa disposizione innata è diventato il più polivalente e sperimentale scrittore del suo secolo». Un genio multiforme dietro al quale, tuttavia, si cela un'inaspettata fragilità, come uomo e letterato: «Boccaccio accoglie, ma anche si adegua; si modella sugli ambienti circostanti, ridisegna il suo profilo intellettuale sulle aspettative altrui, o almeno, su quelle che lui ritiene tali». Dopo i volumi dedicati a Dante e Petrarca, Marco Santagata torna a parlare dell'ultima delle tre corone fiorentine. All'analisi critica delle singole opere, Santagata predilige un discorso unitario che tiene insieme storia politica e sociale, panorama culturale e biografia. Dall'infanzia tra Certaldo e Firenze al trasferimento a Napoli, dagli studi di diritto alla nascita del romanziere, dall'incontro con Petrarca e l'umanesimo fino alla vecchiaia, il racconto delle vicende biografiche di Boccaccio e insieme della sua carriera di scrittore e di intellettuale.