
Nonostante il ritratto abbia avuto un ruolo essenziale nella pittura degli impressionisti (in particolare nella produzione di Degas e Renoir) e sia stato oggetto di un'autentica ridefinizione nell'ambito della scultura, soprattutto ad opera di Rodin, il genere in sé non ha mai suscitato grande attenzione. Come spiega Guy Cogeval, sembra quasi che gli storici dell'arte abbiano trascurato il fatto che la ritrattistica - probabilmente a causa del suo legame col modello - è stata il veicolo privilegiato di quell'avanguardia pittorica che si impose nella scena artistica a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento. Fino all'autoritratto, che pure scandisce l'intera carriera di Cézanne, la cui ricchezza psicologica sarà riconosciuta dalla critica nell'opera degli eredi immediati dell'impressionismo come Gauguin e Van Gogh. Realizzato in occasione dell'esposizione romana, il volume presenta oltre sessanta ritratti dipinti o scolpiti appartenenti alle collezioni del Musée d'Orsay, uno dei musei più importanti al mondo, opere capitali realizzate da artisti francesi che sono oggi tra i più noti della storia dell'arte: Édouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Frédéric Bazille, Camille Pissarro, Paul Cézanne, Berthe Morisot o ancora Auguste Rodin.
Il volume, che accompagna la mostra ospitata nella Villa di Capo di Bove a Roma, esce nel cinquecentenario della morte di Raffaello e intende essere un contributo alla storia dell'eredità culturale del grande artista e, insieme, della Via Appia Antica. Si articola intorno a due focus: da un lato la fortuna della Lettera a Leone X (1519), la quale 'rivive' nella storiografia, nella letteratura, nella produzione figurativa del XIX secolo, divenendo un testo di riferimento per le politiche di tutela delle nazioni europee. Dall'altro, l'attività svolta dal maestro e dai suoi discepoli, in particolare da Pirro Ligorio, lungo la regina viarum e la via Latina, tradotta principalmente in disegni architettonici e appunti grafici dei sepolcri antichi. Nel segno dell'interdisciplinarità, il volume contiene sei saggi, a firma di storici dell'arte e archeologi: Ilaria Sgarbozza, Ilaria Miarelli Mariani, Maria Giovanna Sarti, Federico Rausa, Santino Alessandro Cugno, Carmelina Ariosto.
«Come nel Medioevo le tradizioni e le superstizioni esistenziali avevano prodotto una quasi impenetrabile e fitta rete di vincoli e remore, così oggi le nuove superstizioni - prodotto artificiale della civiltà, della modernità e della sua etica legale - si calano sulle attività produttive nella forma di una ragnatela ugualmente fitta di nuove infinite regole e inutili e sovrapposte servitù, di artificiose e forzose convenzioni ideologiche, politiche, e giuridiche... Si può evitare questa deriva, ma solo a partire dal Rinascimento, proprio perché questo è stato lotta per la libertà contro la tirannide, ma anche antitesi e rivoluzione come costruzione dell'avvenire.» Queste parole riassumono il senso di un originale manifesto culturale e politico scritto a quattro mani: da una nuova idea di Europa al ruolo dell'Italia non più subalterno, dal problema dei migranti allo Ius soli, dal recupero e la valorizzazione dei beni artistici, soprattutto dopo il terremoto del 2016, all'orgogliosa rivendicazione dell'Italia come «potenza culturale» i cui Beni valgono più di qualunque industria straniera. Sono questi i temi che in queste pagine con estrema forza indicano una via d'uscita dalla crisi economica e di valori del nostro Paese e del mondo occidentale in generale. Ma questa rinascita non può che partire dalla bellezza, bellezza come volano di sviluppo, bellezza come bene pubblico e forma politica più alta. Il nostro è un patrimonio di valori di civiltà che si può tradurre in valore patrimoniale, e gli esempi non mancano. Solo valorizzandolo l'Italia può tornare a dispiegare, con Dante, «le ali al folle volo».
Attraverso un percorso rigoroso ed innovativo, sospeso tra sentimento e favola, tra l'immaginario e il meraviglioso, dove entrano prepotentemente anche la storia e il Concilio di Trento, questo film-documentario rende più agevole la comprensione del cammino artistico del Guercino, introducendo in modo discorsivo i vari temi costitutivi del suo operare artistico, le vicissitudini e gli aneddoti della sua vita, raccontati per il pubblico da due personaggi tanto diversi, ma fini conoscitori dell'artista di Cento. Il libro riporta la storia umana e artistica del Guercino nel racconto storico-critico di Vittorio Sgarbi e di Sir Denis Mahon.
Se l'Italia è una Repubblica fondata sulla bellezza, come è stato recentemente proposto in Parlamento, non c'è dubbio che l'abitudine al bello - e a un patrimonio artistico e culturale che non ha eguali nel mondo - sia il vero elemento unificante degli italiani, e come tale si rifletta nel testo della Costituzione promulgata nel 1948. Michele Ainis e Vittorio Sgarbi compongono un inedito commento letterario e illustrato alla nostra Costituzione in sedici capitoli, uno per ciascuno dei dodici princìpi fondamentali e dei quattro titoli in cui s'articola la prima parte della Carta. Un incontro che rivela la bellezza di un documento a cui contribuirono intellettuali come Croce, Marchesi, Calamandrei, capaci di esprimere, nel rigore della forma, un'altissima sensibilità letteraria. Questo "paesaggio umano e naturale", che affiora tra gli articoli e i commi della Costituzione, esprime nella forma più riuscita la corrispondenza tra il diritto e i cittadini: noi stessi, posti davanti allo specchio della legge, potremmo riconoscervi molto della nostra eredità, e scoprirci più ricchi di quanto immaginiamo. Alla bellezza del testo della Carta, testimoniata dalla sua longevità, questo libro affianca un tesoro di riferimenti, assonanze, simmetrie, tratti dalle diverse arti e ispirati ai princìpi costituzionali: suggerimenti di lettura che illuminano la vitalità e l'attualità del testo della Costituzione, un monumento da preservare come parte del nostro immenso patrimonio culturale.
"Sono qui raccolti, per la prima volta convenientemente illustrati, alcuni dei saggi da me scritti nel decennio felice 1980-1990. Da un altro uomo, quindi, per il quale l'arte era soltanto fonte di godimento e non ragione di preoccupazione e di incertezza per il suo destino. Non mi riferisco, naturalmente, all'arte contemporanea a cui sempre minor necessità, almeno nelle forme tradizionali, si viene attribuendo di anno in anno. Mi riferisco alla conservazione di quella antica, sottoposta a restauri e a manomissioni che ne disperdono, assai frequentemente, l'aura e l'identità". (Dall'introduzione)
"Percorsi perversi di un secolo già trascorso in cui si è visto, detto e fatto tutto e il contrario di tutto. Si è uccisa la figurazione e la si è fatta rinascere; si è affermata l'Avangardia fino a trasformarla in una dittatura e la si è fatta morire. Oggi l'Avanguardia è un fantasma che non inganna più nessuno. Eppure è ancora un linguaggio obbligatorio. Se osserviamo i moti, i passaggi, gli intrecci del Rinascimento, dell'età baroccca, del Settecento, vediamo diversità, varietà, contrasti, ma come aspetti di un pensiero unico o prevalente. Nel Novecento le linee dominanti sono molteplici, contrapposte, elusive: domina una babele di linguaggi che fa convivere le esperienze più lontane in una perfetta intolleranza." (Vittorio Sgarbi)
Perché noi sentiamo Leonardo così vicino e così presente e vivo? È un artista che può determinare soggezione, perché nessuno dubita che Leonardo abbia un genio che lo rende diverso dagli altri uomini; però, quella di Leonardo è una diversità che non comporta lontananza e distacco. Questo accade, credo, perché Leonardo è un artista imperfetto. Leonardo assomiglia a noi uomini che non siamo geni assoluti. Ciò che caratterizza Leonardo è un continuo sforzo di capire il mondo, di sperimentare ma senza mai arrivare a compimento e senza mai scegliere una disciplina in cui manifestare o portare a compimento tutta la sua capacità. Il tentativo in lui è stato sempre più urgente che non la realizzazione. Il pensiero più forte e importante che non la realizzazione. Leonardo è il genio dell’imperfezione, un geniale dilettante. Forse è questo a rendercelo così vicino: sapere che in fondo ha sbagliato.” Vittorio Sgarbi
Nel cinquecentesimo della morte di Leonardo, sulla scia di uno spettacolo che ha registrato i teatri di tutta Italia, Vittorio Sgarbi compone un ritratto inedito di Leonardo, raccontandone le imprese e le opere, il contesto artistico in cui è cresciuto e la straordinaria risonanza che ha avuto lungo i secoli, fino a Duchamp, fino a Dalì, fino a noi. Leonardo. Il genio dell’imperfezione Vittorio Sgarbi
“Per Vittorio Sgarbi l’arte ubbidisce al suo fine se è poesia, e la poesia è qualcosa che una volta corteggiava il sublime e che oggi lui chiama anima.” – Angelo Guglielmi
“Sgarbi suggerisce e fa conoscere una congerie di pittori, scultori, architetti, designer, tutti magnifici, che rappresentano il telaio storico-culturale dell’arte del nostro tempo.” – Italo Zannier
Tratto dallo spettacolo teatrale che ha conquistato tutta l’Italia.
"Raffaello ha solo dipinto. Non è stato un uomo complesso come Leonardo, un pensatore curioso di tutto; non è stato come Caravaggio, un 'maledetto' che vive una vita piena di contrasti; non è stato un artista come Michelangelo, pittore, scultore, poeta, architetto. Raffaello ha dipinto soltanto. E ogni volta ha inventato un capolavoro. I pittori, come il suo maestro Perugino, tendono a ripetersi, a riprodurre un modello, hanno un archetipo di riferimento. Lui no. Ogni volta inventa un'immagine nuova. Opere che la critica disconosce sono di Raffaello: sono opere diverse da quelle che ci aspettiamo, perché Raffaello non è solo Raffaello, è anche Giorgione, è Caravaggio, è Michelangelo, è Parmigianino. Lui è tutto: nessuno è 'più tutto' di lui. Quello che ha fatto Raffaello è un prolungamento della creazione di Dio e della bellezza del mondo, una bellezza assoluta, senza limiti." Seguendo il racconto di Giorgio Vasari, Vittorio Sgarbi compone il suo racconto di Raffaello, dal commovente rapporto con il padre e la madre, al magistero di Pietro Perugino, dagli affreschi delle Stanze Vaticane fino al torbido amore per la Fornarina che destabilizzò la sua calma olimpica. E ogni volta Vittorio Sgarbi percorre la fitta rete di legami con i pittori del suo tempo: l'ammirazione per Leonardo, il rapporto contrastato con Michelangelo, l'amicizia con Bramante.
Ci sono luoghi che attraversiamo quotidianamente nelle nostre città e che nella fretta di una meta da raggiungere manchiamo di cogliere. Roma è piena di queste occasioni di bellezza: dai palazzi rinascimentali, attraverso la grande stagione del Barocco, alle architetture avveniristiche di questo secolo, tra chiese, fontane, piazze e musei, luoghi celebri e sorprese da scoprire. Vittorio Sgarbi compie una ricognizione totale delle bellezze architettoniche di Roma, suggerisce al lettore una serie di itinerari d'autore per orientarsi tra queste meraviglie e compone un'opera straordinaria per la quantità di edifici e autori citati. Con oltre 650 schede di autori e 1500 opere segnalate, questo libro è una guida alle architetture della capitale e uno strumento prezioso di conoscenza della storia artistica della città, che guarda al suo passato ma anche ai nuovi progetti in corso di realizzazione. A turisti e abitanti di Roma non resta altro che alzare gli occhi e, fosse anche solo per pochi secondi, fermarsi a godere con consapevolezza le mirabilia della città eterna. Nuova edizione.
Ogni stagione ha il suo Caravaggio. Questa è la più propizia, perché l'apparizione dell'Ecce Homo a Madrid è stata accompagnata da un coro di consensi senza precedenti per un'opera apparsa dal nulla. Non capitava da tempo che un dipinto mettesse d'accordo gli studiosi, imponendosi con una evidenza inequivocabile, e questo ci fa riflettere su ciò che resta, allo stato degli studi, a partire dalla mostra di Caravaggio curata da Roberto Longhi a Palazzo Reale di Milano nel 1951, vero atto di rinascita di Caravaggio dopo una damnatio memoriae durata circa tre secoli. Da questa data, il 1951, il nome di Caravaggio si infiamma ancora una volta, accendendo i desideri del mercato e dei critici, che si affannano a individuarne di nuovi, anche laddove, essi, Caravaggio non sono. E a disconoscerne altri che Caravaggio potrebbero essere, a volte anche con grande furbizia. Questo libro di Vittorio Sgarbi, dunque, non solo dà conto, per la prima volta, in modo molto sistematico, documentato e con un ricco apparato iconografico, dell'ultimo straordinario ritrovamento caravaggesco, l'Ecce Homo, a Madrid. Ma è anche l'occasione di percorrere un viaggio avventuroso ed entusiasmante nei labirinti, rivalità, furbizie che hanno accompagnato la riscoperta di Caravaggio, a partire da quel fatidico 1951, settanta anni fa esatti.
Vittorio Sgarbi chiude la sua trilogia del Rinascimento, dopo Leonardo e Raffaello, con il racconto impetuoso della vita e delle opere di Michelangelo Buonarroti. La parabola di un artista predestinato - narrata da Vasari nelle Vite con l'ammirazione che già suscitava nei contemporanei - capace di realizzare tra Firenze, Bologna e Roma una sequenza di capolavori che lo affermano come un maestro assoluto, venerato, copiato, rispettato per tutti i secoli a venire, fino ai giorni nostri. Le parole di Sgarbi guidano lo sguardo alla ricerca delle fonti e delle consonanze che le opere, opportunamente interrogate, ci suggeriscono: così sentiamo nostro il dolore muto e senza tempo della Madonna della Pietà vaticana, la forza interiore del David, proviamo la stessa vertigine provata da Raffaello nella Cappella Sistina, di fronte al gesto assoluto che unisce e allontana Dio e l'Uomo. Ancora vibriamo dell'energia che la pietra trasmette ai Prigioni, al Mosè, all'estremo abbraccio tra la madre e il figlio nella Pietà Rondanini. E in questo viaggio Michelangelo non ci appare mai solo: egli studia e rivoluziona la lezione dei maestri del passato - Masaccio, Donatello, Antonello da Messina -, si confronta con gli artisti coevi - Niccolò dell'Arca, Bellini, Mantegna -, e dialoga con i pittori e scultori successivi su cui eserciterà la sua influenza, dai manieristi che ne subiranno il mito a Tiziano, Caravaggio, Picasso, Pollock, fino all'arte contemporanea. Vittorio Sgarbi insegue Michelangelo nello stupore della bellezza, indaga le ombre della sua personalità inquieta, e pagina dopo pagina la storia del più grande di tutti diventa una storia che ci riguarda, il racconto del genio che ha mostrato al mondo l'anima dell'uomo. "Michelangelo evoca fantasmi. Nelle sue opere non c'è soltanto la bellezza e la pienezza della forma, ma anche il tentativo di cogliere uno stato d'animo e uno spirito che sono dentro la scultura e la pittura. Questa è la sua grandezza, la sintesi formidabile del Rinascimento".