
Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un'insurrezione mentale. Chi l'ha innescata - dai pionieri di Internet all'inventore dell'iPhone - non aveva in mente un progetto preciso se non questo, affascinante e selvaggio: rendere impossibile la ripetizione di una tragedia come quella del Novecento. Niente più confini, niente più élite, niente più caste sacerdotali, politiche, intellettuali. Uno dei concetti più cari all'uomo analogico, la verità, diventa improvvisamente sfocato, mobile, instabile. I problemi sono tradotti in partite da vincere in un gioco per adulti-bambini. Perché questo è The Game.
"A volte azzardare ipotesi è solo un modo di chiarirsi certe domande. È il caso, ad esempio, di questo libro. A leggerlo può sembrare soprattutto una collezione di certezze: ma scriverlo è stato soprattutto un modo di mettere a fuoco dei dubbi. Interrogativi che dovrebbero sorgere spontanei in chi frequenta per amore o per mestiere la musica colta: che senso ha ancor oggi parlare di un suo primato culturale e morale? Il modo in cui la si consuma replica anacronistici riti o ha qualcosa a che vedere con il nostro tempo? E la Nuova Musica - totem indiscusso e scomodo - è stata un'avventura intellettuale della modernità o solo una sofisticata truffa? E continuare a scrivere musica oggi, è una cosa che ha un senso o è un esercizio gratuito per pochi eletti stabilitisi fuori dal mondo?" (Dalla Nota introduttiva)
Questo volumetto intende uscire dall'idea stereotipata dell'arte africana che vede, con sguardo coloniale, una supposta "africanità" come involucro unificante di un intero continente. Si è cercato piuttosto di introdursi alle molteplici produzioni artistiche antiche, tradizionali e contemporanee che si incontrano nel continente africano per coglierne il diverso divenire, pur nelle costrizioni dell'evento coloniale. Da come l'Occidente ha "visto" l'Africa si passa a come l'Africa ha influenzato l'Occidente, a cui però è sfuggito il contesto delle opere che lo attraevano.
Direttore d'orchestra e regista dialogano sul tema controverso dell'"interpretazione" a partire dal Tristano e Jsotta, opera capitale di Richard Wagner e del teatro d'opera moderno. Un'occasione unica per spiare il lavoro che cuce insieme parola e musica, recitazione e canto. I lettori - e non solo i melomani di stretta osservanza - sono chiamati a partecipare a un rito eccezionale, che è per l'appunto quello della costruzione del suono e dello spettacolo di un capolavoro chiave nello sviluppo storico della musica moderna: Wagner e il suo Tristano (così profondamente ambiguo e ricco di futuro) offrono il destro per una appassionante meditazione sulla "realizzazione" di un'opera. Un'occasione unica per svegliare l'intelligenza dell'ascolto e della lettura dell'azione teatrale. Mai si è misurata tanta passione nel condividere le ragioni della creazione di uno spettacolo. Uno spettacolo che rimanda ad altri spettacoli e definisce una forma di "fare" teatro d'opera che ha lasciato una traccia profonda nella cultura contemporanea.
Daniel Barenboim torna a riflettere sulla musica. Sulla musica che si fa, che si legge, sulla musica che si interpreta, sulla musica che si ascolta. Sulla musica che interconnette, che stringe relazioni e le riempie di senso. Daniel Barenboim ha a cuore una visione della musica in cui etica ed estetica dialoghino continuamente e a livelli diversi. Se l'essenza della musica è il contrappunto, ecco che l'idea di un tutto non scomponibile nei suoi elementi domina, come un'ossessione, l'opera e il lavoro del grande Maestro. Eseguire bene un pezzo implica una scelta, è di per sé una sequenza di scelte. Non è diverso - dice Barenboim - da ciò che deve fare un politico. La scelta giusta. E il giusto qui produce bellezza. Ma produce bellezza se si impone quel formidabile equilibrio che da una parte guarda alla partitura e al compositore, dall'altra al nesso profondo fra gli esecutori, e dall'altra ancora al pubblico, ai luoghi dell'ascolto, a chi governa le sale, a chi governa tout court. Diviso in tre sezioni (Occasioni, Conversazioni e un Epilogo), questo libro entra con severità e leggerezza di spirito nei temi che sono centrali per la cultura musicale contemporanea, non senza toccare la complessità di compositori che hanno segnato la carriera del Maestro, Mozart e Wagner; in chiusura, una riflessione su Giuseppe Verdi.
Daniel Barenboim torna a riflettere sulla musica. Sulla musica che si fa, che si legge, sulla musica che si interpreta, sulla musica che si ascolta. Sulla musica che interconnette, che stringe relazioni e le riempie di senso. Daniel Barenboim ha a cuore una visione della musica in cui etica ed estetica dialoghino continuamente e a livelli diversi. Se l'essenza della musica è il contrappunto, ecco che l'idea di un tutto non scomponibile nei suoi elementi domina, come un'ossessione, l'opera e il lavoro del grande Maestro. Eseguire bene un pezzo implica una scelta, è di per sé una sequenza di scelte. Non è diverso - dice Barenboim - da ciò che deve fare un politico. La scelta giusta. E il giusto qui produce bellezza. Ma produce bellezza se si impone quel formidabile equilibrio che da una parte guarda alla partitura e al compositore, dall'altra al nesso profondo fra gli esecutori, e dall'altra ancora al pubblico, ai luoghi dell'ascolto, a chi governa le sale, a chi governa tout court. Diviso in tre sezioni (Occasioni, Conversazioni e un Epilogo), questo libro entra con severità e leggerezza di spirito nei temi che sono centrali per la cultura musicale contemporanea, non senza toccare la complessità di compositori che hanno segnato la carriera del Maestro, Mozart e Wagner; in chiusura, una riflessione su Giuseppe Verdi.
La mostra vuole riportare a Firenze, dopo un oblio durato quasi un secolo, alcuni fra i dipinti più belli e significativi di Cézanne, che la città ebbe la fortuna di ospitare tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento. In un'epoca in cui Cézanne era vivo, disprezzato da quasi tutti i critici e non ancora riconosciuto come "padre della pittura moderna", nelle case fiorentine di due giovani americani, Egisto Paolo Fabbri e Charles Loeser, erano conservati poco meno di 50 dipinti. Un gruppo sostanzioso di questi capolavori saranno esposti nelle sale di Palazzo Strozzi in una mostra che ripercorre le vicende dei dipinti e dei due brillanti e precoci collezionisti. Saranno proposte opere provenienti da musei e collezioni internazionali tra i quali spiccano quelle del Museo Pu¢skin di Mosca, del Museum of Fine Arts di Boston e ancora della National Gallery of Art di Washington.
Quaranta "romanzi disegnati", firmati da altrettanti artisti - autori sia delle sceneggiature che dei disegni - raccontano cinquant'anni di storia del fumetto italiano. Sono lunghe storie d'avventura, biografie e autobiografie, trame satiriche, trasposizioni di opere letterarie, cronache della realtà quotidiana. E rappresentano un po' tutte le forme editoriali che hanno fatto conoscere "l'arte sequenziale" in questo mezzo secolo: dalle riviste distribuite in edicola, che per più di trent'anni hanno stampato, anche a puntate, i romanzi a fumetti, ai graphic novel, narrazioni autoconclusive che oggi hanno conquistato gli scaffali delle librerie e soprattutto un pubblico nuovo. "Fumetto italiano. Cinquant'anni di romanzi disegnati" è una panoramica sull'arte del fumetto che prende il via dal 1967, anno in cui iniziò la pubblicazione di "Una Ballata del mare salato", capolavoro di Hugo Pratt, in cui appare per la prima volta Corto Maltese, e prosegue nei decenni successivi con straordinari lavori tra i quali "Sheraz-De" di Sergio Toppi, "Le Straordinarie avventure di Pentothal" di Andrea Pazienza, "Fuochi" di Lorenzo Mattotti, "Max Fridman" di Vittorio Giardino, "Cinquemila chilometri al secondo" di Manuele Fior, "Dimentica il mio nome" di Zerocalcare, passando dal romanzo a puntate ai graphic novel.
Il libro presenta una breve quanto articolata storia della musica russa con i suoi autori più importanti: da Glinka a Rachmaninoff, da Glazunov a Kabalevskij, da Cajkovskij a Prokof'ev, con intenti di alta divulgazione rivolgendosi a un lettore curioso e attento, non necessariamente musicista. "Russia porta dell'Oriente" muove dalla XV edizione di "Musica in Villa" (2009), rassegna che vuole contribuire alla crescita interculturale attraverso ideali viaggi musicali che danno voce ai compositori e ai popoli di cui sono espressione. Il testo è corredato da foto in b/n e colori e da opportune guide alle migliori incisioni per ciascun compositore trattato. Introduzione di Alberto Cantù.