
L'arcobaleno del desiderio è la raccolta sistematica delle tecniche del Teatro dell’Oppresso nelle sue applicazioni alla realtà europea. Nel Teatro dell’Oppresso lo spettatore è aiutato a liberarsi dai veti e dalle repressioni frutto di una ingiusta struttura sociale, indicati da Boal con il termine flics (poliziotti).
In un contesto come quello europeo, dove i bisogni materiali sembrano essere soddisfatti, l’oppressione assume caratteristiche di tipo psicologico. I poliziotti esercitano la loro funzione di sorveglianza o repressione in modo più persuasivo e sottile, nella testa di ciascuno di noi, e il teatro diviene, nella provocatoria proposta di Boal, tecnica assai efficace per liberarsi dal flics che danzano nella testa. La sua funzione terapeutica trasforma il disagio senza nome degli spett-attori in un "desiderio" incomprensibile di liberazione, che loro stessi organizzano sulla scena. Ancora una volta il teatro si offre come un fecondo strumento di cambiamento sociale assolutamente unico.
Che cosa si nasconde dietro la vicenda di un oscuro liutaio del Settecento emigrato in cerca di fortuna dalla Baviera alle terre dell'odierno Nord Italia? Quali imprevedibili sviluppi può generare per uno storico il tentativo di risolvere l'enigma di un violino? Come si intreccia uno sguardo su una realtà tanto lontana con le osservazioni sul nostro presente di cittadini europei? Punto di partenza di Philipp Blom è la cittadina di Füssen, in Algovia, ai piedi delle Alpi. Apparentemente è un anonimo borgo, ma qui si sono formati per secoli centinaia di liutai attivi da Parigi a Praga, da Londra a Napoli, che hanno segnato la fabbricazione e il commercio dei violini. Mescolando conoscenza e intuito, grandi eventi e microstoria, seguendo i flussi degli uomini e le rotte delle merci, la ricerca di Blom si snoda lungo varie direttrici: una più ampia e prettamente storica, dalla Guerra dei Trent'anni ai giorni nostri, e una connessa all'evoluzione del gusto musicale, tra Mozart, Beethoven, Vivaldi e le raffinate tecniche delle migliori botteghe artigiane; una più personale, ispirata dal viaggio in Italia di Goethe e in grado di restituire il fermento che all'epoca animava il Vecchio Continente, da Vienna e Venezia. Nel descrivere la parabola di un centro fiorente nell'Europa di più di tre secoli fa, Blom suggerisce che anche fama e prestigio possono nascere dalla necessità, come per i liutai di Füssen diventati tali per far fronte all'infertilità dei terreni nelle aree alpine. Allo stesso modo, la spinta a spostarsi può essere determinata da un cambiamento climatico, da una catastrofe ambientale o da una curiosità vitale, elementi che in ogni tempo influenzano l'esistenza degli individui.
Cinquant'anni fa, poco dopo la prima edizione del Signore degli Anelli, Cor Blok lesse la trilogia e venne totalmente rapito dalla sua originalità e dall'andamento epico della narrazione. La forza visiva del libro ispirò il giovane artista olandese, infondendogli una scintilla di entusiasmo che si unì al desiderio di creare un'opera d'arte inedita. Nacquero così oltre cento tele. In occasione di una mostra di queste opere tenutasi a L'Aia nel 1961, l'editore di J.R.R. Tolkien, Rayner Unwin, inviò allo scrittore cinque immagini. Tolkien ne rimase così colpito che volle incontrare l'artista, iniziando con lui una corrispondenza e acquistando per sé alcune delle opere. Le immagini di Cor Blok sono paragonabili all'arazzo di Bayeux: ciascuna racconta con uno stile semplice e immediato una vicenda epica, ma sotto questa semplicità si cela un linguaggio incisivo e potente che diventa sempre più efficace man mano che la storia procede. Le tele colorate riprodotte in questo libro sono presentate in armonia con lo sviluppo narrativo, in modo che il lettore possa fruirne secondo il criterio immaginato fin dal principio dall'artista. Sono accompagnate da estratti del Signore degli Anelli, e sono introdotte da un esauriente testo di Cor Blok, che spiega il processo creativo delle tele nel contesto della sua vita e della sua carriera.
Era il 1508 quando Michelangelo, poco più che trentenne, iniziò a lavorare al gruppo di affreschi della Cappella Sistina. In quello che potrebbe sembrare un manifesto pittorico del cristianesimo e della Chiesa cattolica, però, l'artista ha inserito simboli inaspettati. Perché l'albero del Bene e del Male è un fico, e non un melo? Perché il serpente tentatore ha cosce e braccia, come descritto nei testi ebraici? Stimolati da queste e altre "coincidenze", gli autori - uno storico dell'arte e un esperto di Talmud - ci mostrano il messaggio rivoluzionario celato in quelle immagini, gettando nuova luce sul profilo del genio ribelle. Il risultato è un libro nel quale l'indagine, condotta come in un giallo, rivela una ricerca storica rigorosa e appassionata, che insegna a vedere con occhi nuovi uno dei capolavori della storia universale.
Grazie a immagini e testimonianze inedite, ritroviamo l'interprete che toccava il cuore con una voce dall'estensione di quattro ottave. L'unico rocker a collaborare con Monserrat Caballé, al suo nome sono legati dischi - "Sheer Heart Attack", "A Night at the Opera" - e pezzi - "Radio Ga Ga", "Another One Bites the Dust", "We Are the Champions" - resi leggendari dalle sue performance, spesso riprese in video clip che fu tra i primi a realizzare. Di origini indiane, cresciuto fra Zanzibar e Londra, fu la prima star vittima dell'AIDS, dopo un'esistenza irriverente passata a esibire la propria diversità.
La tragedia del denaro: una variante mirata sulla struttura economica e finanziaria, del dramma borghese.
Accolto da un grande successo al momento della sua uscita nelle sale, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Grand Prix Speciale della Giuria al 23º Festival di Cannes e premio Oscar come miglior film straniero nel 1971) è considerato uno dei capisaldi del cinema politico. Il linguaggio cinematografico classico, l’eccellenza tecnica della realizzazione e il robusto piglio narrativo sono al servizio di una storia che racconta l’impunibilità del Potere. Un Potere che ha il volto di Gian Maria Volonté, in una delle sue più celebri interpretazioni.
In questo libro Claudio Bisoni analizza le tecniche di messa in scena, le scelte di montaggio, l’uso particolare del décor, la costruzione della maschera di Volonté e si sofferma sui rapporti che il film intrattiene con la commedia all’italiana e con la produzione hollywoodiana.
Il profilo che emerge è quello di un’opera che riflette sul ruolo perverso dell’autorità nella nostra società, e che, interrogandosi sul nesso eros/politica, contribuisce a tracciare alcune delle coordinate lungo le quali continueranno a muoversi, nell’arco di un decennio, il cinema italiano e la cultura cinematografica.
Claudio Bisoni insegna Storia e metodologia della critica cinematografica presso l’Università di Bologna. Si occupa dei rapporti tra critica, estetica e processi culturali. Tra le sue pubblicazioni: Brian De Palma (Recco, 2002); La critica cinematografica. Metodo, storia e scrittura (Bologna, 2006); Gli anni affollati. La cultura cinematografica italiana (1970-1979) (Roma, 2009). Suoi saggi e articoli sono apparsi in volumi collettivi e su varie riviste, tra cui «La valle dell’Eden», «Fotogenia», «Close-up». Per Lindau ha pubblicato (con Roy Menarini) Stanley Kubrick. Full Metal Jacket (riedito nel 2010).
Dal Prometeo incatenato di Eschilo, al Negromante dell'Ariosto, dal Candelaio di Giordano Bruno fino alla Vita di Galileo di Brecht (e oltre), la scienza del tempo ha profondamente influenzato il linguaggio teatrale fornendogli la materia prima per dei veri capolavori. Grazie alla sua profonda conoscenza della storia del teatro, Andrea Bisicchia costruisce così un affascinante percorso trasversale che ci permette di scoprire una dimensione fino a oggi del tutto trascurata e di capire ancora meglio quali siano state le più profonde fonti di ispirazione di capolavori senza tempo. Per questo "Teatro e scienza" è un punto di svolta cruciale nella storiografia teatrale e aprirà la strada, senza alcun dubbio, a un nuovo mondo di ricerche e di indagini.
Da tempo, Andrea Bisicchia utilizza categorie particolari per tracciare la storia del teatro in maniera personale; lo ha fatto con il sacro, con la scienza, l'economia, la lingua della scena. Con "Teatro e mafia" analizza 150 anni (quanto quelli dell'Unità d'Italia) di storia del teatro legata ad autori - come Rizzotto, Verga, Pirandello, Don Sturzo, Cesareo, Viviani, Eduardo, Sciascia, Fava, Luzi, Saviano - e a testi che hanno portato sulla scena il tema della violenza mafiosa in ambito sociale e politico. Il tutto con rigore scientifico e con apparati bibliografici che fanno riferimento sia alla storiografia teatrale che a quella del fenomeno mafioso.
Alfredo Jaar distribuisce macchine fotografiche usa-e-getta ai residenti della zona più povera di Caracas, e le foto scattate sono esposte come mostra inaugurale del museo locale; Lucy Orta tiene laboratori a Johannesburg per insegnare a persone disoccupate nuove abilità sartoriali e discutere di solidarietà collettiva; Superflex apre una TV sul Web per i residenti anziani di un’area di edilizia popolare di Liverpool; Annika Eriksson invita gruppi e individui a comunicare le loro idee e abilità alla fiera d’arte “Frieze”; Vik Muniz fonda una scuola d’arte per i ragazzi delle favelas di Rio [...] Questi progetti sono solo alcuni degli esempi della crescita dell’interesse artistico per la partecipazione e per la collaborazione, che si è manifestata a partire dai primi anni Novanta in una miriade di luoghi in tutto il mondo.
Quest’esteso campo di pratiche che si svolgono fuori dallo studio dell’artista è attualmente indicato con una varietà di termini: arte impegnata socialmente, arte incentrata sulla comunità, comunità sperimentali, arte dialogica, arte litorale, arte interventista, arte partecipativa, arte collaborativa, arte contestuale e (più di recente) pratica sociale. Ci riferiremo a questa tendenza come “arte partecipativa”.
Il volume raccoglie tutte le conoscenze relative al comprensorio callistiano, dalla riscoperta di Giovanni Battista de Rossi negli anni centrali dell'Ottocento fino ai nostri giorni, ma vuole, specialmente, rendere note le scoperte effettuate in seguito al restauro e allo scavo del cubicolo di Orfeo, nell'Area I del complesso. Lo studio propone anche la collezione del nuovo museo della Torretta, dove sono presentati un centinaio di frammenti marmorei (sarcofagi ed epigrafi) accuratamente restaurati ed utili a costituire un polo museale aggiornato e realizzato secondo i più recenti criteri espositivi, tale da rappresentare il centro ideale del grande "museo diffuso" del comprensorio callistiano.