
"Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve afferrare qualcosa di inafferrabile" ha scritto Marc Chagall, artista che ha assimilato tre culture - ebraica, russa e occidentale - che in questa raccolta producono una grande suggestione legata al tempo del Natale e della maternità. Una sezione è dedicata alle illustrazioni della Bibbia, che esercitò sempre un grande fascino su di lui. Esse rivelano un'interpretazione straordinariamente "umanista" delle scritture anche grazie all'originalissimo uso cromatico, perché "tutti i colori sono gli amici dei loro vicini e gli amanti dei loro opposti".
Ritengo il presente lavoro molto importante e quanto mai attuale. Paola Cesca è stata capace di approfondire vari aspetti della missione di questa casa, esaminandoli alla luce della storia generale e delle storie personali, collocandoli nel contesto della geografia della salvezza, sottolineando l'importanza di una bellezza in grado di evangelizzare, di parlare di Cristo agli uomini di questa generazione. Il Concilio Vaticano II è venuto a illuminare la Chiesa in un momento di crisi, proponendo il ritorno alle fonti, necessario per scoprire la propria identità. Quali sono le fonti? Dove sono? Sono qui nella Terra Santa, perché tutto partì da qui. Qui si compì la storia di salvezza, da qui nacque il germe della salvezza annunciato dal profeta Isaia: “Un germoglio spunta dal tronco di Iesse”. Il germoglio è Gesù Cristo, che si è incarnato, che ha predicato, che ha sofferto, che è morto, che è resuscitato, che è salito al cielo, che ha inviato il suo Spirito Santo, che ha fondato la Chiesa e ci ha inviato ad annunciare al mondo la buona novella: il culmine di tutta la estetica. (dalla presentazione di Rino ROSSI, Direttore del Domus Galilaeae Monastery Korazim - Israele)
In questo stupendo libro, Paola Cesca ci aiuta a entrare in profondità in una delle tante manifestazioni di bellezza che ancora esistono nella Chiesa e sempre esisteranno – giacché essa è e sarà sempre viva! –, grazie al rinnovamento della fede. La Domus è frutto, oltre che dell'ispirazione di fede e del genio artistico di Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale, anche dell'amore alla Terra Santa e della fede di Carmen Hernández, iniziatrice con Kiko dello stesso Cammino: a lei si deve non solo l’idea di un casa sul monte delle Beatitudini, ma anche il fatto che i Francescani – con i quali aveva intessuto relazioni di profonda amicizia nel suo storico pellegrinaggio in Terra Santa nel 1963-64 – abbiano voluto lasciare la proprietà sul monte delle Beatitudini in comodato d'uso al Cammino Neocatecumenale per costruirvi la Domus Galilaeae. E' di grande rilevanza, pertanto, che il presente libro sia frutto della riflessione teologica di una donna cristiana, secondo quanto auspicato da Papa Francesco:
In virtù del loro genio femminile, le teologhe possono rilevare, per il beneficio di tutti, certi aspetti inesplorati dell’insondabile mistero di Cristo nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza (Col 2,3). Vi invito dunque a trarre il migliore profitto da questo apporto specifico delle donne all’intelligenza della fede.
Abito ormai da quasi quindici anni nella Domus Galilaeae, ma rimango ancora ammirato dalla sua bellezza, immersa nella bellezza ancor più grande della Galilea e del suo lago e nella bellezza della comunione che stiamo sperimentando. Posso anche testimoniare che tutti rimangono in qualche modo colpiti da tale bellezza: cristiani, ebrei, arabi, religiosi e laici, credenti e atei, perché la bellezza è un linguaggio universale. La lettura di quest'pera aiuterà il lettore a “decifrare” tale nuova estetica e a goderne, come un riflesso della divina Bellezza che si è manifestata prima nella creazione e poi in Cristo e nella comunità cristiana. (dall'introduzione di Francesco Giosuè VOLTAGGIO Rettore del Seminario Redemptoris Mater di Galilea)
Il "Diario del ritorno al paese natale" è stato ed è il diario della faticosa presa di coscienza non solo di cosa significa essere "negro", negli anni '40, ma anche di ciò che significano oppressione e sfruttamento colonialista. In Césaire tale presa di coscienza assume un carattere profondamente rivoluzionario che, uscendo dal carattere fisiologico del colore della pelle, assume una dimensione universale: causa ed effetto della sua grandezza poetica. Breton che lo incontrò in Martinica riconobbe immediatamente nella terra di cui parlava Césaire la sua terra, la nostra terra; il negro che incontrò non era soltanto negro, ma l'uomo tutto.
Arabi, turchi, africani, egiziani, cinesi, giapponesi, pagani, barbari, shintoisti, musulmani: sono tante le "realtà" - culturali, geografiche, religiose, antropologiche -, diverse da quella occidentale, che hanno trovato spazio nell'opera lirica. Molte di queste realtà, peraltro, hanno consentito all'Occidente di giungere, progressivamente e in un confronto storico articolato e complesso, alla definizione (ancora mutevole) di se stesso. L'opera lirica, pertanto, oltre che come prodotto artistico, può configurarsi anche come documento, capace di restituirci frammenti dell'immagine che l'Occidente ha "inventato" delle suddette realtà: nel modo in cui le ha rappresentate a teatro; nella voce che ad esse è stata data nel canto dei protagonisti; nel confronto scenico, talvolta ironico e talaltra drammatico, fra la cultura occidentale e l'altro da sé.

