
Nella memoria collettiva dei Romani la nascita della repubblica, sullo scorcio finale del VI secolo a.C., è legata allo stupro commesso dal figlio del re Tarquinio il Superbo ai danni della castissima Lucrezia: furono quella violenza e il conseguente suicidio della matrona ad accendere la miccia della rivolta popolare e a determinare il crollo della monarchia e l'avvento di un nuovo regime politico, che avrà in Bruto il suo padre fondatore e nel rifiuto del regno il suo mito di fondazione. Nel libro, per la prima volta tre studiosi di letterature antiche e altrettanti specialisti di diritto romano incrociano i loro sguardi su un episodio chiave della leggenda di Roma, a partire dal resoconto che ne fornisce in età augustea lo storico Tito Livio, allo scopo di metterne in luce gli aspetti letterari, antropologici, retorici, giuridici e di storia delle istituzioni. Ne risulta una prospettiva a più voci che esplora il racconto in tutta la ricchezza delle sue sfumature e restituisce lo spessore di una storia nella quale un'intera cultura ha riconosciuto la matrice della propria identità.
"I racconti sulle origini di Roma erano già antichi quando i primi autori della letteratura latina - storici come Fabio Pittore o poeti come Nevio provvidero a fissarli per la prima volta in forma scritta, nella seconda metà del III secolo a.C, e nei secoli successivi hanno continuato senza sosta a evolversi, modificarsi, arricchirsi. È solo il naufragio di questa amplissima produzione letteraria, della quale possediamo oggi soltanto una manciata di frammenti, ad aver artificialmente semplificato il quadro, inducendo l'erronea opinione che la variante infine affermatasi come standard fosse anche l'unica elaborata dalla cultura latina. In realtà, su quel segmento della propria vicenda più remota i Romani avevano lavorato per secoli: e come sempre accade nel caso del mito, questo lavoro aveva prodotto una miriade di varianti, di sviluppi rimasti isolati o invece di tradizioni parallele che convivevano fianco a fianco." (dall'introduzione di Mario Lentano)