Il Natale può essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la prima domenica d'Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi. Nessuno osa sfidare il buio e il gelo dell'inverno islandese per accompagnarlo nella rischiosa missione, o meglio nessun uomo, perché Benedikt può sempre contare sull'aiuto dei suoi due amici più fedeli: il cane Leó e il montone Roccia. Comincia così il viaggio dell'inseparabile terzetto, la «santa trinità», come li chiamano in paese, attraverso l'immenso deserto bianco, contro la furia della tormenta che morde le membra e inghiotte i contorni del mondo, cancellando ogni certezza e ogni confine tra la terra e il cielo. È qui che Benedikt si sente al suo posto, tra i monti dove col tempo ha sepolto i suoi sogni insieme alla paura della morte e della vita, nella solitudine che è in realtà «la condizione stessa dell'esistenza», con il compito cui non può sottrarsi e che porta avanti fiducioso, costi quel costi, in un continuo confronto con gli elementi e con se stesso, per riconquistare un senso alla dimensione umana. Nella sua semplicità evocativa, Il pastore d'Islanda è il racconto di un'avventura che diventa parabola universale, un gioiello poetico che si interroga sui valori essenziali dell'uomo, un inno alla comunione tra tutti gli esseri viventi. Esce per la prima volta in Italia un classico della letteratura nordica che ha fatto il giro del mondo e sembra aver ispirato Hemingway per "Il vecchio e il mare", considerato in Islanda il vero canto di Natale.
Seconda guerra mondiale. Un piccolo paese della Norvegia viene occupato dall'esercito tedesco senza che gli abitanti riescano a capire la gravità della situazione e senza che possano organizzare qualche forma di opposizione. Dopo lo shock iniziale la piccola comunità imparerà una lezione fondamentale: la forza dell'individuo si basa sull'unione del gruppo. Dopo aver assistito a violenze e tradimenti dell'invasore, si farà strada e si consoliderà lo spirito di indipendenza e rivalsa del gruppo. Prima con sporadiche esecuzioni dei soldati occupanti, poi con una guerriglia sistematica e organizzata, la comunità dimostrerà agli altri e a se stessa che nessuno è vinto finché non si arrende.
Verso la fine della seconda guerra mondiale Vonnegut, americano di origine tedesca, accorse con tanti altri emigranti in Europa per liberarla dal flagello del nazismo. Fatto prigioniero durante la battaglia delle Ardenne, ebbe la ventura di assistere al bombardamento di Dresda dall'interno di una grotta scavata nella roccia sotto un mattatoio, adibita e deposito di carni. Da questa dura e incancellabile esperienza nacque "Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini", storia semiseria di Billy Pilgrim, americano medio affetto da un disturbo singolare ("ogni tanto, senza alcuna ragione apparente, si metteva a piangere") e in possesso di un segreto inconfessabile: la conoscenza della vera natura del tempo.
Il giorno di Pasqua del 2018, durante il tradizionale discorso urbi et orbi, il papa, dopo un lungo silenzio, esclama a gran voce: "Dio non esiste!". Tre parole che gettano nello sconcerto cristiani, ebrei, musulmani, agnostici, atei, e scatenano uno tsunami nel mondo intero. È l'inizio di una settimana folle, che incendierà il pianeta e farà piazza pulita di ogni sentimento religioso. Ma che cosa ha spinto il sommo pontefice a un intervento così intempestivo? In tempi di massacri nel nome della religione, questa favola contemporanea, visionaria e insolente, che tiene il lettore con il fiato sospeso, lascia trasparire gli accenti di una fede illuministica nella ragione: forse, senza la violenza che a volte il sentimento religioso comporta, la fratellanza tra gli esseri umani non sarebbe più un'utopia.
Siamo negli anni Novanta, tra i monti al confine con la Svizzera. Franco Morelli detto il Moro ha ereditato dal padre la Trattoria dell'Angelo, e la fa fruttare come si deve: ma i soldi, quelli veri, li guadagna trafficando con prostitute e spalloni - e forse grazie ad altri affari ancora più oscuri e pericolosi. È un uomo chiuso, determinato: del tutto amorale. Ha un figlio in realtà un trovatello, ma nessuno lo sa - che lo adora come un dio; e una moglie timida e servile - la cuoca - che gli serve solo per giustificare al mondo l' esistenza del piccolo Angelo. Ma Angelo, crescendo, scopre che cos'è in realtà suo padre; e anziché ripudiarlo decide di voler essere come lui, più di lui. Si lega d'amicizia con Salvo, rampollo spendaccione - ma non sciocco di una famiglia del Sud in soggiorno obbligato. Ben presto però anche questa amicizia diventa competizione, e Angelo commette l'errore fatale: vuole essere come il suo amico Salvo, di più del suo amico Salvo. La punizione dello "spregio" sarà terribile; e terribili le conseguenze. In questa narrazione breve, spedita e secca come il racconto del peccato originale, Alessandro Zaccuri torna al tema del suo primo romanzo: il legame, la competizione, la lotta tra figli e padri.
È un giorno di sole quando Armin chiama suo fratello Wulf, per mostrargli un prodigio: la costruzione della "strada che non si ferma mai". Una meraviglia che li lascia senza fiato, il miracolo tecnico dei nemici romani, capaci di creare dal nulla una strada che attraversa foreste, fiumi, paludi e non devia nemmeno davanti alle montagne. Improvvisamente i due sentono dei rumori: è una pattuglia romana. Armin e Wulf sono catturati dai soldati. Nel loro destino però non c'è la morte, né la schiavitù. Perché Armin e Wulf sono figli di re. Sigmer, il loro padre, è un guerriero terribile e fiero, principe germanico rispettato e amato dalla sua tribù. La sua sola debolezza era l'amicizia segreta con Druso, il grande nemico, il generale romano precocemente scomparso che Sigmer, di nascosto, ha imparato a conoscere e ad ammirare. I due giovani devono abbandonare la terra natale e il padre per essere condotti a Roma. Sono principi, per quanto barbari. Saranno educati secondo i costumi dell'Impero fino a diventare comandanti degli ausiliari germanici delle legioni di Augusto. Sotto gli occhi dell'inflessibile centurione Tauro, impareranno una nuova lingua, adotteranno nuove abitudini, un modo diverso di pensare. E come possono Armin e Wolf, cresciuti nei boschi, non farsi incantare dai prodigi di Roma? I due ragazzi diverranno Arminius e Flavus, cittadini romani. Ma il richiamo del sangue è davvero spento in loro? La fedeltà agli avi può portare alla decisione di tradire la terra che li ha adottati?
Il romanzo è un'esplorazione attenta della prima realtà verso le sorgenti non inquinate della vita. L'isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e, insieme, la tentazione delle terre ignote. L'isola, dunque, è il punto di una scelta e a tale scelta finale, attraverso le varie prove necessarie, si prepara qui, nella sua isola, l'eroe ragazzo-Arturo. È una scelta rischiosa perché non si dà uscita dall'isola senza la traversata del mare materno; come dire il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza.
Come si può continuare a scrivere quando la morte ti ha sottratto la tua Musa? È questo l'interrogativo che, l'8 giugno 1290, tormenta Dante Alighieri, giovane poeta ancora alla ricerca di una sua voce, davanti alle spoglie di Beatrice Portinari. Da quel momento tutto cambierà: la sua vita come la sua poesia. Percorrendo le strade di Firenze, Dante rievoca le vicissitudini di un amore segnato dal destino, il primo incontro e l'ultimo sguardo, la malìa di una passione in virtù della quale ha avuto ispirazione e fama. È sgomento, il giovane poeta; e smarrito. Ma la sorte gli riserva altri strali. Mentre le trame della politica fiorentina minacciano dapprima i suoi affetti - dal rapporto con la moglie Gemma all'amicizia fraterna con Guido Cavalcanti - e poi la sua stessa vita, Dante Alighieri fa i conti con le tentazioni del potere e la ferita del tradimento, con l'aspirazione alla gloria letteraria e il timore di non riuscire a comporre il suo capolavoro... È un Dante intimo, rivelato nella sua fragilità ma anche nella potenza della sua visione del mondo, quello che Marco Santagata mette in scena in un romanzo che restituisce le atmosfere, le parole, le inquietudini di un Medioevo vivido e vicino. Il sommo poeta in tutta la sua umanità: lacerato dall'amore, tormentato dall'ambizione, ardentemente contemporaneo.
Il narratore ripercorre la lunga vicenda del fratello, Cosimo di Rondò, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo a Ombrosa, in Liguria. Cosimo, per sfuggire a una punizione inflittagli dai suoi educatori, decide di salire su un albero per non ridiscendere mai più. Cosimo si costruisce un mondo aereo dove diversi personaggi della cultura e della politica (Napoleone compreso) lo vanno a trovare, testimoniandogli la loro ammirazione. Vive anche una tormentata storia d'amore con la volubile Viola. Cosimo muore vecchio, senza mai discendere in terra: ammalato, in punto di morte, si aggrappa alla fune di una mongolfiera e scompare mentre attraversa, così appeso, il mare. Postfazione di Cesare Cases.
Gli "Scritti dal sottosuolo" non sono quello che sembrano. Questa nuova traduzione di uno dei classici più decisivi per la cultura contemporanea (è stato considerato il primo esempio di esistenzialismo) ma, in fondo, meno compresi è il risultato di un lungo lavoro di ermeneutica del testo letterario condotto dalle curatrici. Emerge, anche dal commento analitico, un nuovo volto di Dostoevskij: uno scrittore religioso che affronta i temi del nichilismo, del male, della fede.
Questo libro è il percorso di una vita. Nato da un profondo rispetto della natura, del suo equilibrio e della sua grazia, rievoca grandi avvenimenti della storia e piccole vicende personali, in un flusso scandito dall'alternarsi delle stagioni. Nella memoria dell'autore ogni cosa ha lo stesso spazio, la stessa dignità; ogni frammento trova la giusta collocazione all'interno di un quadro che Rigoni Stern, "uomo di montagna", dipinge dei colori più vivi. Accanto alla campagna di Russia e alla drammatica esperienza del Lager riemergono così episodi apparentemente marginali, che tuttavia danno il senso di una vita: dai suoi giochi di ragazzo alle prime battute di caccia, da una visita alla Reggia di Versailles al "bel gallo" regalato all'amico Vittorini, che però, a mangiarlo, si rivela "selvatico e coriaceo". E poi ancora antichi riti e vecchie tradizioni, uomini e affetti di altre epoche, alberi e animali destinati ad annunciare il nuovo clima e la nuova stagione, luoghi e paesaggi forse dimenticati ma sempre carichi di storia e di ricordi: su tutto lo sguardo, a volte divertito a volte malinconico, dell'autore, testimone del suo tempo e di un passato che continua a riaffiorare.