Dalla straordinaria esperienza internazionale degli Autori un libro sulla transizione ecologica e socioeconomica, verso un mondo in cui le frontiere siano membrane di osmosi dove tutto attraversa e nulla è trattenuto.
Il mondo è alla ricerca di una terza via tra chi vuole un mondo diviso in centinaia di paesi, migliaia di popoli, centinaia di migliaia di città e cittadinanze diverse e divise, e chi, invece, vorrebbe usare la distinzione e la diversità per ridurre le distanze e diluire o eliminare le divisioni antagoniste. Dalla straordinaria esperienza internazionale degli Autori un libro sulla transizione ecologica e socioeconomica verso un mondo senza false frontiere, che dovrà fondarsi sulla fraternità della concittadinanza globale e dei diritti umani.
Se siamo tutti uguali e con gli stessi diritti, non possiamo più separare. Dobbiamo invece riparare i conflitti armati ed economici, imparare e preparare la rigenerazione di un genere umano felice.
Qualunque cosa possiate pensare, il progresso dell'umanità sta rallentando sin dall'inizio degli anni Settanta. I tassi di natalità e produttività sono scesi durante le ultime generazioni, e con essi, fatto sorprendente, anche il ritmo dell'innovazione tecnologica. Ma è davvero un problema? Danny Dorling, mentre sostiene che i rapidi passi in avanti del recente passato hanno portato alla guerra su ampia scala e a una mostruosa disuguaglianza, accoglie con favore l'attuale rallentamento in quanto periodo pieno di promesse e avanzamento verso la stabilità. Nel suo nuovo saggio, Dorling ci mostra come la nuova era della decelerazione ci regali l'occasione di stabilizzare l'economia, aumentare l'uguaglianza e imporre uno stop a ulteriori danni ambientali. Non stiamo andando verso l'utopia, sostiene l'autore, però potremmo finire per vivere una vita migliore.
C'è un'idea molto radicata su entrambe le sponde dell'Atlantico: chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo e sarà capace di elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento. È una retorica dell'ascesa, che anche il Partito democratico americano e i partiti della sinistra moderata europea hanno scelto come soluzione ai problemi della globalizzazione, primo fra tutti la disuguaglianza. Se tutti hanno le stesse opportunità, allora chi emergerà grazie ai propri sforzi o alle proprie capacità se lo sarà meritato. Se invece non riuscirà a emergere, la responsabilità sarà soltanto sua. È questo il lato oscuro dell'età del merito. Le élite che pretendono di interpretare la tradizione della sinistra hanno in realtà voltato le spalle a chi dell'élite non fa parte. In una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, il contraccolpo populista degli ultimi anni è stato una rivolta contro la tirannia del merito, che è umiliante e discriminatoria. Da questa ondata populista, dimostra il filosofo Michael Sandel, dobbiamo imparare: non per ripeterne gli slogan xenofobi e nazionalisti, ma per prendere sul serio le richieste legittime che ne sono all'origine. Sandel risponde così alla Brexit, al fenomeno Trump e all'avanzata dell'estrema destra in Europa, offrendo una strategia teorica e politica per ripensare il bene comune.
Mai Eugenio Scalfari si era aperto a considerazioni così intime. Sono le confessioni di un ultranovantenne divertito e attratto da questa lunga epoca di transizione. Attraverso le voci di Antonio Gnoli e Francesco Merlo, egli rivive il suo «secolo di carta», negli anni del trionfo e in quelli recenti del declino. Interrogandosi su cosa potrà riservarci il futuro. Se c'è un modo di essere autenticamente se stessi, queste pagine lo rivelano attraverso gli episodi meno noti o addirittura sconosciuti della sua vita. Ecco allora scorrere, come in un romanzo, l'infanzia cattolica e i genitori in crisi, le profonde amicizie e le contese giovanili, il fascista e l'antifascista, gli amori saldi e le avventure rapsodiche, le malattie e la forza per affrontarle, le professioni svolte e la politica vissuta giorno per giorno. Niente resta occultato in questa sorprendente storia che ripercorre un secolo di vicende italiane sulle tracce di un protagonista, di uno stile, un gusto, una cultura, un mondo che erano soltanto suoi e che sono diventati nostri.
"La storia non ha quasi mai un andamento rettilineo, non solo per chi ne è il protagonista, ma per chi ne valuta gli accadimenti dall'esterno in un secondo tempo. È per questo, anzi, che molto spesso i dati storici ci sorprendono a posteriori e ci chiediamo come mai non corrispondano a quel processo che a noi sembrerebbe il più legittimo. Ma, se questo è il caso più comune, tuttavia, ci sono dei casi che vanno al di là della normale procedura che a noi sembrerebbe una ragionevole successione dei fatti; e spesso questa accidentalità è proprio quello che cambia inaspettatamente il procedere degli eventi. Ne abbiamo molti esempi sotto gli occhi; e del resto basta leggere attentamente un testo storico, senza pregiudizi 'di parte', per scoprire una quantità di contraddizioni che rendono più affascinante la vicenda storica."
L'autore è noto per il sostegno a battaglie su temi civili. Anche in questo caso la sua denuncia riguarda una questione grave e tristemente attuale: la schiavitù e la violenza subita dalle donne nel mondo. Postfazione del politologo Gianfranco Pasquino. Introduzione di Emma Pomilio.
Il mito di Napoleone, «l'uomo che suonava la musica dell'avvenire», continua a coinvolgere e intrigare sempre nuove generazioni. Di che cosa è fatta la sua eccezionalità? Come si è sviluppata e che cosa ha prodotto? Dopo "N." (Premio Strega 2000), che racconta i dieci mesi dell'Elba, Ernesto Ferrero ha continuato a indagarne gli aspetti che possono rivelarlo meglio e che ci toccano più da vicino: le inesauribili capacità organizzative, le tecniche di comunicazione, la progettualità visionaria, l'introduzione della meritocrazia, il culto del budget, le politiche economiche e culturali, l'attenzione per l'arte e per il libro, la rifondazione della macchina dello Stato, a partire dal Codice civile. Con una narrazione incalzante e in un fitto intreccio di storie e personaggi, il libro condensa in venti temi-chiave le ragioni di un'ascesa e di una caduta fuori misura (dalla prima campagna d'Italia all'Egitto, dalla Russia a Waterloo, all'esilio sull'isola di Sant'Elena) e i retroscena di un «sistema operativo» che fa di Napoleone il fondatore della modernità.
Ogni persona, in Occidente, diventa immagine appena fuori dall'utero materno. I genitori o gli infermieri ci fotografano subito, al primo vagito. Ma il processo inizia già prima. Le moderne apparecchiature ecografiche sono in grado di mostrare i bambini ai loro genitori mentre ancora sono avvolti nella placenta. Lì comincia la nostra storia virtuale, la nostra immagine. Poi, la relazione con le immagini e le interfacce, i monitor, diventa come un fiume che ci travolge e ci trascina in un oceano di comunicazioni visive. Questo processo, però, non è neutrale. Nel tempo, le innumerevoli possibilità d'intervento sulle variabili luminose e di contrasto cromatico hanno costretto i produttori di apparecchi di registrazione e riproduzione d'immagini elettroniche a creare degli standard sui quali non c'è stato un vero dibattito. In pochi si pongono il problema di quanto essi influiscano sulla conoscenza e sul modo di percepire la realtà che ci circonda. Ma chi ha stabilito quello che gli occhi delle masse (nelle quali siamo tutti compresi) devono intendere come plausibilmente vicino al vero? Con quali criteri e, soprattutto, con quali conseguenze sulla cultura e sull'estetica in senso lato?
Viviamo, oggi, una babele di linguaggi, creata dalle tecnologie sempre più sofisticate: linguaggi utili, certamente, ma inadatti all'articolazione del pensiero. Siamo sommersi da continue informazioni, sondaggi, notizie false o manipolate. Di fronte a tutto questo, si fa urgente l'esigenza di una corretta informazione e dei valori etici che devono guidarla. È ciò che abbiamo tentato di fare in questa lunga conversazione, convinti che solo attraverso una comunicazione che si fa dialogo e una informazione fondata, chiara e a tutti accessibile sia possibile capirci e convivere. Prefazione di Gianpiero Gamaleri. Appendice di Franco Ferrarotti.
Il mondo è alla vigilia di una svolta storica. Il capitalismo sembra davvero aver raggiunto la sua fase finale, persino coloro che l'hanno sempre difeso ora sono pronti ad ammetterlo. Per questo John Elkington, imprenditore inglese e autorità indiscussa a livello internazionale nell'ambito della responsabilità sociale d'impresa, ha dedicato la sua vita lavorativa e le sue ricerche allo studio di un nuovo paradigma finalizzato all'elaborazione di un manifesto per il cambiamento del sistema mondiale, teso a servire le persone e il Pianeta, ma al tempo stesso anche a generare profitti. Grazie alle numerose iniziative in cui è stato coinvolto, alla lunghissima esperienza sul campo come consulente e alle letture che lo hanno influenzato, John Elkington ha potuto forgiare il concetto di "Cigno Verde" rappresentato da quelle "soluzioni sistemiche alle grandi sfide globali" che offrono "un progresso esponenziale sotto forma di creazione di ricchezza ecologica, sociale e ambientale". Se i Cigni Neri ideati nel 2007 da Nassim Nicholas Taleb sono problemi che portano esponenzialmente al collasso, i Cigni Verdi descritti da Elkington sono soluzioni che conducono esponenzialmente verso una svolta. Sono eventi rigenerativi, in gran parte pianificati e non improvvisi, che instaurano cicli virtuosi, sviluppano la resilienza, sono a favore delle generazioni future e sono ovviamente sostenibili. Sono mutamenti straordinari e profondi che nascono all'interno del sistema come ad esempio la rapida diffusione dell'ambientalismo, la crescita delle energie rinnovabili, l'ideazione delle vetture elettriche, i green bond, la "Transizione verde" della Danimarca, il Green Deal europeo... Questo libro disegna, insomma, per le persone come per il Pianeta, un quadro ottimistico del futuro, e si impone come una lettura imprescindibile per i leader di aziende grandi e piccole che vogliono aiutare le loro imprese a sopravvivere al prossimo inevitabile cambiamento e per chiunque sia interessato ad assumere un ruolo positivo e costruttivo a sostegno di questo momento delicatissimo e decisivo.
Quando diciamo: «Prima gli italiani!» cosa intendiamo? Chi ha la cittadinanza italiana o chi in Italia ci abita? Chi parla italiano? Chi ha genitori italiani o chi in Italia ci è nato? E non è la prima volta che ci poniamo questa domanda: ha cominciato Dante con la 'serva Italia'; poi d'Azeglio con gli 'italiani da fare'; e ancora, i 'santi, poeti e navigatori'; gli 'italiani nuovi' fascisti o 'gli italiani brava gente'. Urliamo questo slogan in un paese dai confini incerti, diviso tra nord e sud, est e ovest, città e campagna. Un paese che ha faticato a parlare la stessa lingua, che racconta a sé stesso una storia composta di micromemorie di parte. Un paese in cui i momenti più divisivi della vita pubblica sono proprio le feste nazionali. Ora questa identità frammentata è messa ulteriormente sotto stress dalle generazioni di ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori 'forestieri'. E negli stadi, con la realtà attorno a smentire l'ennesimo precario schema identitario, si grida: «Non ci sono negri italiani».
Una mattina di primavera del 2022, al termine di una lunga riunione del Consiglio dei ministri, i giornalisti vengono convocati a Palazzo Chigi per una conferenza stampa. Li attende un primo ministro tecnico che ha finalmente avviato il Recovery Plan, ha delineato le riforme necessarie, ha tamponato in parte la grave crisi economica e sociale, ma che si rende conto che, malgrado gli sforzi, l'Italia riesce a spendere solo una piccolissima parte dei fondi Ue. In apertura il primo ministro mostra ai giornalisti stupiti una scena del film di Buñuel, "L'angelo sterminatore", in cui un gruppo di borghesi, ospiti in una villa per cena, per qualche misterioso motivo non riescono più a uscirne. Comincia così questo libro, dallo stile narrativo e surreale, in cui Marco Ruffolo spiega come (non) funzionano organismi pubblici come la Conferenza Stato-Regioni, la Conferenza di servizi, la Corte dei Conti, i Tar, l'Anac. Sovrapposizioni di poteri, controlli asfissianti e inutili, scarsa competenza, leggi farraginose, gare d'appalto complicate: alla fine una grande tenaglia impedisce allo Stato di funzionare. L'immaginario premier ha molto più di qualche idea su come uscire dallo stallo. Ma la sua strada è disseminata di trappole.