Nel 70 d.C. il Tempio di Gerusalemme cadeva sotto i colpi delle fameliche legioni romane al comando dell'imperatore Tito, 'delizia del genere umano'. Tre anni di guerra e di assedio che costarono oltre un milione di morti, la fine dei sogni d'indipendenza della Giudea e l'inizio della grande diaspora ebraica. Questo libro ne racconta la storia partendo da un secolo prima, il 63 a.C., quando le truppe di un altro generale 'santissimo', Gneo Pompeo Magno, si accorsero che proprio nel Tempio era raccolto il tesoro dello Stato. «Finché sarà in piedi il Tempio, si ribelleranno.» Profezia di un capo militare romano all'assedio di Gerusalemme nel 70 d.C.
I trattati internazionali non riescono più a frenare i crimini di guerra: i conflitti esplosi dalla prima pubblicazione di questo libro, nel 2011, confermano ogni giorno questa amara constatazione di Antonio Cassese. Una dolorosa ammissione, da cui muove una antieroica, indimenticabile e irrinunciabile conversazione sull'«esperienza del male». Come scrive Micaela Frulli nella postfazione, Antonio Cassese ha dedicato la propria vita all'affermazione del diritto, ma in questa ultima conversazione non ha temuto di mettere a nudo le debolezze del proprio credo. Da questo paesaggio umano dolente, da questa indagine sui fondali oscuri della nostra convivenza civile, emerge però con forza una luce: il ruolo decisivo dell'opinione pubblica internazionale, quella che l'autore intende qui risvegliare raccontandoci, con la memoria degli occhi ma anche con la generosità del cuore, la sua esperienza di giudice internazionale.
Come è cambiata la nostra società negli ultimi decenni? Come ha influito sulla sua struttura il radicale abbandono del cristianesimo? La scomparsa della religione cattolica dalle menti e dalla vita della maggior parte delle persone è un fenomeno storico di straordinaria importanza, troppo poco indagato nelle sue conseguenze sociali, politiche, morali. Giancarlo Cesana s'interroga su questo fenomeno con lucidità e spregiudicatezza, guardando agli ultimi sessant'anni di storia del nostro Paese, che l'hanno visto in prima fila in molti eventi importanti, da una prospettiva ormai sempre più minoritaria e proprio per questo originale e degna di riflessione. Prefazione di Giuliano Ferrara.
Cosa ne sarebbe stato dell'umanità senza coloro che, per millenni, hanno accumulato, protetto e condiviso la conoscenza? Che cosa saremmo senza la Bibbia, le opere di Platone e Aristotele, la matematica di Al Jibra, la poesia di Villon e la musica di Mozart? E cosa accadrà in futuro? Dall'antichità a oggi, dalla Mesopotamia alla Cina, da Gerusalemme a Venezia, da Parigi a Londra, da New York a Shanghai, le modalità di trasmissione del sapere hanno avuto un ruolo decisivo nell'evoluzione delle culture, dei rapporti di potere, delle ideologie e delle religioni, con i potenti che il più delle volte hanno cercato di privare le persone della conoscenza che può minacciare i loro privilegi. Oggi la situazione sta peggiorando e ci troviamo di fronte a sfide cruciali: la disuguaglianza nell'accesso a un'istruzione di qualità, la rivoluzione digitale e i cambiamenti nelle professioni, la crisi ambientale e lo tsunami demografico. Domani, se non faremo attenzione, rischiamo di sprofondare in una nuova barbarie fatta di ignoranza e di scarsa padronanza delle tecnologie. Eppure, abbiamo i mezzi per formare tutti gli esseri umani e mettere l'educazione al servizio di un mondo più giusto e in armonia con la natura. Secondo Jacques Attali, l'educazione è infatti la chiave per costruire una società migliore, un bene comune essenziale che dev'essere accessibile a tutti, indipendentemente dalla provenienza sociale o dal livello di reddito. Ma per adattarsi ai mutamenti del XXI secolo essa dovrà essere più flessibile e personalizzata, più aperta al mondo e in grado di sviluppare competenze anche sociali, emotive e creative. In quest'opera ambiziosa e brillante - molto più di una storia globale dell'educazione - Attali delinea il profilo del sistema ideale di trasmissione del sapere e propone scelte radicali per combattere la barbarie dell'ignoranza, senza le quali vede minacciata la sopravvivenza stessa dell'umanità.
Nel 1899 il sindaco di Gerusalemme, Yusuf Diya al-Khalidi, rimase molto colpito dalla richiesta del movimento sionista di creare in Palestina un focolare nazionale ebraico. Si decise a scrivere una lettera proprio al fondatore del sionismo, Theodor Herzl, e lo avvertì dei pericoli che si sarebbero presentati. Concluse la sua nota dicendo: «In nome di Dio, lasciate in pace la Palestina». È così che Rashid Khalidi, pronipote di al-Khalidi, inizia questa ampia storia, il primo resoconto generale del conflitto raccontato da una prospettiva esplicitamente palestinese. Attingendo a una grande quantità di materiali d'archivio e ai resoconti di generazioni di membri della sua famiglia - sindaci, giudici, studiosi, diplomatici e giornalisti - Khalidi ribalta le interpretazioni accettate del conflitto, che tendono, nella migliore delle ipotesi, a descrivere un tragico scontro tra due popoli che rivendicano lo stesso territorio. Questo libro ripercorre invece cento anni di guerra coloniale contro i palestinesi, condotta prima dal movimento sionista e poi da Israele, ma sostenuta da Gran Bretagna e Stati Uniti, le grandi potenze dell'epoca. Originale, autorevole e importante, "Palestina" non è una cronaca vittimistica, né tralascia gli errori dei leader palestinesi. Piuttosto, analizzando in dettaglio le forze che si sono schierate contro i palestinesi, offre una nuova visione illuminante di un conflitto che continua ancora oggi.
Primavera 1945. Finisce la seconda guerra mondiale in Europa e l'Italia, che l'ha combattuta a fianco dei nazisti, ne esce sconfitta. Che significa per gli italiani che vivono alla frontiera adriatica? Per la maggior parte di loro, un sospiro di sollievo seguito immediatamente da un nuovo urlo di dolore. Quelle settimane segnano, infatti, un momento di svolta in un lungo dramma. Ma come si è arrivati a questo punto? Di chi sono le responsabilità? E prima ancora, che cos'è stata quell'italianità adriatica di cui si consuma la catastrofe? Il libro ne ripercorre i passaggi fondamentali dal processo di formazione - le cui radici si stendono molto all'indietro nei secoli - all'epoca della nazionalizzazione e della politicizzazione ottocentesche, fino alle convulse vicende novecentesche e alla loro eredità nella memoria, per approdare alla più recente costruzione di un'identità di frontiera protesa verso la cittadinanza comune europea.
I Greci presero Troia; Ramses II sconfisse gli Ittiti; Didone fondò Cartagine; Romolo fece rapire le Sabine; Temistocle vinse a Salamina; Annibale tenne in scacco l'esercito romano. Cosa accomuna questi e altri episodi della storia antica, greca, romana e non solo? Il ricorso a imbrogli, trucchi, raggiri: in una parola, stratagemmi. Anche se lasciavano credere che fossero sempre e solo i nemici a perpetrare le astuzie più ambigue ai loro danni, in realtà i popoli antichi non si fecero mai scrupoli a utilizzare mezzi subdoli e ingannevoli. Ritenevano l'intelligenza l'arma più efficace, affidabile e pronta per superare difficoltà, vincere nemici, imporsi sulla scena politica. I protagonisti di questo libro sono personaggi noti e meno noti della storia antica. Alcuni leggendari, come Ulisse, Pericle, Alessandro Magno, Annibale, Cleopatra. Altri meno familiari, ma ugualmente significativi per l'entità delle loro gesta. Tutti emergono vincenti da contesti competitivi o escono indenni da situazioni di disagio. Tutti mostrano come l'intelligenza, nelle sue diverse declinazioni - e tra queste, soprattutto l'astuzia -, sia la chiave per imporsi, o anche solo per sopravvivere, in ogni occasione.
I santuari hanno cominciato a diffondersi a partire dal IV secolo grazie al successo in Occidente del culto dei santi. Grande, infatti, era l'afflusso di pellegrini desiderosi di ottenere guarigioni, di venerare reliquie e immagini sacre legate soprattutto alle apparizioni della Madonna e dell'arcangelo Michele. Questo rappresentava un paradosso per la religione cristiana, dal momento che il suo fondatore aveva rifiutato l'idea che esistessero dei luoghi privilegiati per rivolgersi a Dio. Ma le iniziative dei vescovi e la pressione dei fedeli smussarono presto questo riserbo. I più rinomati santuari furono quelli di Gerusalemme - a cominciare dal Santo Sepolcro -, San Michele Arcangelo sul Gargano e in Normandia, San Martino di Tours e Rocamadour in Francia, Santiago di Compostela in Spagna e, negli ultimi secoli del Medioevo, San Francesco ad Assisi e della Madonna di Loreto in Italia. Insieme ad altri più modesti e meno noti, formarono una rete densa di luoghi sacri che popolò l'Europa con forme nuove di sacralità. André Vauchez, uno dei più autorevoli maestri della storia medievale, ne ricostruisce la storia della formazione e la loro crescita all'interno del mondo cristiano occidentale fra il IV e il XVI secolo, accompagnandoci alla scoperta del loro significato.
«Con questo libro si è definitivamente aperta una nuova prospettiva storica» Piero Craveri Durante la seconda guerra mondiale, gli Alleati stabilirono contatti con i movimenti partigiani europei per armarli, organizzarli e coordinarne le azioni contro i nazisti. Americani e inglesi crearono strutture segrete e inviarono agenti nei territori occupati. I rapporti con la Resistenza sollevarono problemi politici e militari, generando tensioni interne e polemiche postbelliche. Tommaso Piffer analizza la politica alleata verso la Resistenza italiana con particolare attenzione ad aspetti controversi, quali la presunta discriminazione nei confronti delle formazioni di sinistra, l'accesa competizione che si sviluppò in campo alleato, gli accordi tra i servizi segreti americani e il partito comunista italiano.
L'uso dell'analogia storica e l'appropriazione ideologica del passato da sempre costituiscono un efficace strumento per legittimare il presente o reclamare la necessità di intervenire su di esso. Le riletture fasciste del mitomotore medievale del paradigma agiografico francescano rappresentano in tal senso uno dei casi più espliciti di manipolazione della memoria storica. Ricorrendo a disinvolte decontestualizzazioni e forzature, la dialettica politica del Ventennio fece dell'epopea francescana medievale un fondamentale snodo retorico-propagandistico e, rinvenendovi una diretta ascendenza delle iniziative del regime, ne arruolò personaggi ed eventi per la costruzione della nova identità nazionale. Le celebrazioni centenarie di san Francesco (1926), Chiara d'Assisi (1941) e del beato Bernardino da Feltre (1939) trovarono così una precisa ricollocazione semantica nella cornice politico-ideologica della rivoluzione fascista, del conflitto mondiale e, soprattutto, delle leggi razziali. Il volume ne indaga le acrobatiche rimodulazioni politico-confessionali all'interno della narrazione agiografica e, attraverso la stampa e la libellistica dell'epoca, esamina il ruolo che i publicisti catto-fascisti assegnarono a santi patrioti e predicatori antisemiti.
Un mondo affascinante e straordinario, in cui la cultura, soprattutto quella religiosa, vive momenti di grande creatività: quello del Medioevo e, in particolare, del medioevo ebraico. Mito e leggenda permeano la creatività ebraica dell'epoca. Si affrontano questioni come l'esistenza nella diaspora, il significato della vita secondo i comandamenti e i problemi legati ai rapporti con il mondo circostante e, al contempo, quelli rivolti a una maggiore attenzione alla propria identità. I racconti biblici vengono adattati alla luce dell'esperienza delle crociate e delle persecuzioni, vengono ricostruiti in considerazione della realtà che le comunità vivevano in quei contesti storici e allo stesso tempo interpretati e sviluppati ulteriormente sia nello studio che nella predicazione.
Il libro è stato paragonato da Umberto Eco a un cucchiaio: un oggetto perfetto e non ulteriormente migliorabile. Ma come si è arrivati a questo risultato? Federica Formiga spiega quali siano gli elementi che identificano il prodotto librario e propone, in un percorso sistematico attraverso i secoli, le tappe del suo sviluppo e i suoi maggiori protagonisti. È tra Quattrocento e Cinquecento che si stabilizza un'accezione di libro come oggetto in grado di contenere testo in quantità considerevoli, prodotto a costi relativamente bassi e capace di resistere nel tempo. Il Settecento e l'Ottocento sono invece i secoli di svolta per gli autori, che iniziano a vivere del lavoro della propria penna, mentre gli editori si aprono alle nuove tecniche di stampa, che hanno lanciato il libro verso la modernità, passando dalla censura e dai diritti editoriali. Infine, agli e-book è riservata l'ultima parte, in cui si cerca di capire quali, forse, nuovi scenari aspettano il libro.