Pubblicate per la prima volta nel 1937, le diciotto novelle di questo volume siglano il "ritorno all'ordine" di Palazzeschi negli anni Trenta. Sul piano formale l'autore sembra rientrare nell'ambito di una rigorosa classicità, non rinunciando ai temi clowneschi, eversivi, a lui così cari: buffi, appunto. Perché "buffi sono coloro che per qualche caratteristica, naturale divergenza e di varia natura, si dibattono in un disagio fra la generale comunità umana."
Elsa Morante comincia a scrivere molto giovane e dapprincipio scrive soltanto racconti. Nel 1933, passati i vent'anni, intraprende una frenetica attività di pubblicista e numerosi suoi scritti appaiono in settimanali di largo consumo e su fogli popolari quali il "Corriere dei Piccoli", "I diritti della scuola", "Oggi". Nel 1941 la Morante raccoglierà nel "Gioco segreto" alcuni di questi racconti e vent'anni dopo con la pubblicazione dello "Scialle andaluso" amplierà la raccolta. Restano così inediti dei racconti che l'autrice non ha mai ristampato, ma neanche rifiutato. Questa raccolta, presentata da Cesare Garboli, fa quindi emergere il libro fantasma che si nasconde dietro alle altre due antologie.
In un libretto in cui si alternano prose, sonetti e canzoni, Dante narra del suo amore spirituale per Beatrice, la "donna angelicata" che contribuirà a ispirargli la Commedia.
Parigi 1793. Un uomo e una donna s'incontrano mentre i sogni della Rivoluzione stanno per trasformarsi negli incubi del Terrore. Lui, Gilbert, è un avventuriero americano in cerca di denaro; lei, Mary, è un'inglese coraggiosa e spregiudicata che vuole conoscere da vicino gli avvenimenti francesi dei quali è fervente sostenitrice. Attraverso le parole della cameriera Marguerite, che racconta la travolgente e fallimentare storia d'amore di due protagonisti, rivive nel romanzo una figura realmente esistita, quella di Mary Wollstonecraft, scrittrice e saggista della fine del Settecento, autrice di una battagliera "Rivendicazione dei diritti delle donne" e madre di Mary Shelley.
Chi era veramente Ferdinando Tartaglia, protagonista dell'esperienza religiosa forse più radicale ed estrema del Novecento? Che cosa ha scritto? Una risposta ci è offerta dal ritratto che a Tartaglia ha dedicato Giulio Cattaneo. Scorrono davanti ai nostri occhi le frequentazioni di Tartaglia; il ventaglio delle sue letture; il contesto socio-politico. Emergono così i nessi tra la vita di Tartaglia e la sua opera, dove si stagliano scritti provocatori come la "Tesi per la fine del problema di Dio" o il "Manifesto" per il Movimento di Religione; o tra quei crepuscoli collinari e una filosofia notturna e cameristica come la sua prosa, rischiarata solo dalle irruzioni di un "azzurro subacqueo".
Un epistolario in gran parte inedito che va dagli anni della maturità liceale fino agli ultimi mesi di vita. Una testimonianza che ci mette in contatto con la fascinosa e sfuggente personalità di Fenoglio, con la sua etica austera e il suo assiduo lavoro di scrittore.
Al museo di Volterra il giovane archeologo Fabrizio Castellani sta cercando di svelare il mistero racchiuso nella statuetta etrusca "L'ombra della sera", quando inquietanti telefonate gli "consigliano" di lasciar perdere. Nel frattempo nei boschi circostanti la necropoli vengono rinvenuti cadaveri di persone sbranate da una terrificante belva. Fabrizio è convinto che tutto sia frutto di un'ira implacabile dalle lontanissime origini. E da archeologo si fa detective del passato.
Sul filo della memoria, come in un diario che talora si interrompe, Mario Lodi riflette sui film cui ha assistito, sulle mostre visitate, sugli amici incontrati, sui ricordi accantonati, sui sapori e i profumi della natura, sulle dichiarazioni di personaggi famosi. Rilegge grandi eventi e piccoli fatti privati sottolineando come, quando si spegne l'invadenza del piccolo schermo, d'improvviso i particolari della vita tornano a splendere dando rilievo ai significati profondi di ogni cosa.
Sono passati soltanto sessant'anni o poco più, ma l'Italia di allora, del regime trionfante, dei valori condivisi, dell'ordine borghese e piccolo-borghese, si è completamente dissolta, nella sequenza di tragici rivolgimenti e frenetiche trasformazioni, fino al punto di svanire nelle tenebre di una liberatoria rimozione. Carlo Mazzantini, invece, non ha dimenticato nulla di quel tempo, non il calore degli affetti familiari o il fremito di una passione patriottica alimentata dalle celebrazioni della vittoria sul Piave, non il rigore di un'educazione religiosa o la rassicurante retorica del decoro; anzi, in queste pagine, torna a riassaporare la confortante sicurezza di un mondo forte nella sua disarmante semplicità.
"La bella vita" è la prima delle tante raccolte moraviane di racconti. Il libro presenta dunque allo stato nascente le figure, le problematiche, i modelli di una esperienza letteraria tra le maggiori del Novecento italiano. E mentre il giovane scrittore ripensa la propria vita e il proprio ambiente, in piccoli capolavori, illumina anche i molti vizi e le poche virtù della realtà italiana negli anni del fascismo, e getta a grande profondità uno scandaglio sui nodi oscuri dell'esistenza.
Di questo romanzo breve sulla mafia, apparso per la prima volta nel 1961, ha scritto Leonardo Sciascia: "... ho impiegato addirittura un anno, da un'estate all'altra, per far più corto questo racconto. Ma il risultato cui questo mio lavoro di 'cavare' voleva giungere era rivolto più che a dare misura, essenzialità e ritmo, al racconto, a parare le eventuali e possibili intolleranze di coloro che dalla mia rappresentazione potessero ritenersi, più o meno direttamente, colpiti. Perché in Italia, si sa, non si può scherzare né coi santi né coi fanti: e figuriamoci se, invece che scherzare, si vuole fare sul serio".
Un reportage sulla "terra del sogno". Scritto con una precisione svagata e rabdomantica, il libro di Malerba ruota attorno ad un paradosso: il sogno è quanto di più ambiguo e sfuggente ci sia, bizzarro, evanescente, insensato com'è. Eppure da secoli si svolge un'accanita battaglia interpretativa alla ricerca di una traccia da decifrare, di un significato recondito, di una via da seguire. Il luogo del massimo arbitrio è oggetto dunque di una massiccia ricerca di significati che attraversa non solo la storia umana ma anche la sua geografia.