La testimonianza di questo "libro italiano", di questo racconto autobiografico che ripercorre la storia d'Italia del secondo dopoguerra fino al '68 e agli anni '80 e dei suoi cantieri metalmeccanici, di quel mondo fordista che il postfordismo ha solo tragicamente dislocato, e solo in parte, costituisce un contributo, letterario e appassionante nella lettura, di un linguaggio orale messo per iscritto, per intendere due realtà del tempo presente. La prima riguarda lo sfruttamento bolso, calcolato e violento dei lavoratori, quale condizione necessaria al superprofitto. La seconda riguarda la creatività solidale del mondo subalterno, che nell'aderire o inventare forme organizzate di alternativa è capace dell'impossibile in condizioni insostenibili.
"Elogio dell'ozio" è uno dei quindici saggi che compongono questa raccolta, in cui Russell tratta le più disparate tematiche politiche e sociali. I pericoli derivanti dall'eccesso di zelo e l'importanza della contemplazione; architettura e questioni sociali; critica del comunismo, critica del fascismo e argomenti in favore del socialismo; cinismo dei giovani e conformismo della società moderna; l'educazione, la salute mentale, l'anima. Temi diversi ma collegati da una tesi generale: "Il mondo soffre per colpa dell'intolleranza, del bigottismo e per l'errata convinzione che ogni azione energica sia lodevole anche se male indirizzata; mentre la nostra società moderna, così complessa, ha bisogno di riflettere, di mettere in discussione i dogmi".
La guerra inebria, dà un obiettivo, una motivazione, una soluzione: Chris Hedges la conosce bene. Per il "New York Times" è stato nei Balcani, in Medio Oriente, in America Centrale e ciò che ha visto lo ha sconvolto: amici, nemici, colleghi intossicati e quasi drogati dallo scontro. Partendo dai classici, da Omero a oggi, in questo libro Hedges affronta una triste verità e un mito antico: il legame d'amore fra gli uomini e la guerra, l'attrazione fatale tra il rischio e la gloria, la seduzione della battaglia e la perversione del conflitto.
Il concetto di ospitalità racchiude degli aspetti erotici; soddisfa infatti il desiderio di essere accolti ma anche quello di dare e ricevere. Fin da Omero è possibile ripercorrere diverse concezioni di ospitalità e diverse strategie di seduzione dell'ospite. L'atto di ospitare racchiude mille turbamenti, offrendo un'ampia casistica erotica, dalla seduzione al traviamento. L'ospitalità kafkiana ha aspetti angoscianti nella forzata convivenza in famiglia fra esseri incompatibili e dove si finisce per essere reciprocamente sgraditi ospiti. Un viaggio nella letteratura, in cui a ogni stazione c'è un ospite, attivo o passivo, che l'autore esamina per ricostruire un interessante "bestiario" delle tipologie incontrate.
I saggi che compongono questo libro riguardano argomenti molto diversi - dalla Torre di Babele allo Zibaldone, dagli indovinelli di Leonardo ai rapporti tra etica e giustizia -, ma sono uniti nella critica alle impostazioni mentali che riducono all'uno, facendo di ogni fatto o cosa un'entità omogenea e un'essenza immutabile. Assumono invece il criterio del "doppio pensiero" per delineare narrazioni del mondo alternative sia al pensiero unico asservito al più forte, sia a quella forma di relativismo che, legittimando acriticamente ogni credenza o costume, finisce per giustificare l'esistente. Stefano Levi Della Torre (Torino, 1942), pittore e saggista, vive a Milano e insegna alla Facoltà di Architettura del Politecnico.
Milano è come la punta di un iceberg. Sotto, immensa, c'è la sua storia. Ogni tanto un'onda ne scopre un frammento, prima che le acque, nell'opera di corrosione inarrestabile che questa città si è proposta per esistere sempre presente a se stessa, nel presente, lo riportino sotto. Millenni underground. Per conoscerla, bisogna avere la pazienza di ascoltarla. Con lo stetoscopio. Come pulsa dentro. Bisogna saperla sentire. Suo malgrado. Dove rivela la sua memoria. Diceva Nietzsche che la vitalità non trae giovamento dalla storia. Chi vive, se vuole andare avanti, deve dimenticare. Il suo passato. E Milano si dimentica, si trasforma. Per sopravvivere a se stessa.
Una panoramica tra filosofia, politica e costume che guida il lettore alla scoperta della personalità e dell'identità tedesca attraverso l'analisi del linguaggio. La lingua tedesca pone, rispetto ad altre lingue europee, particolari ostacoli nella comprensione, è caratterizzata da una grande capacità d'astrazione e, al tempo stesso, di precisione che mettono in difficoltà il lettore italiano. Questo volume offre una chiave di lettura dell'anima della Germania, raccontando uomini e fatti attraverso le parole. Da Willy Brandt e Marlene Dietrich, considerati "infangatori del nido", a Enzensberger definito un "pensatore laterale". Un'analisi della lingua per comprendere un popolo.
Lo scrittore iberico rivolge il proprio sguardo verso altri scrittori: non sulle loro opere, ma sulle loro vite, sulle passioni e sugli odi, le manie, le grandezze, le miserie. L'idea è quella di raccontare questi letterati "conosciuti da tutti come personaggi da romanzo, al di là della fama o dell'oblio". Ed ecco un gruppo di brevi biografie, ritratti di autori e autrici di culto: Faulkner e Conrad, Tomasi di Lampedusa e Henry James, Kipling e Rimbaud, Wilde e Mishima. Autori scelti sull'onda del gusto, da lettore, e con soltanto due regole: che i prescelti non fossero in vita e che non fossero spagnoli. Due sezioni presentano ritratti di donne meno note, ma dalle vite singolari, e riflessioni su fotografie famose di scrittori.
Una delle opere più riuscite, lette, e discusse di Indro Montanelli. I suoi incontri ravvicinati con personaggi che hanno segnato un'epoca della nostra storia nell'immediato dopoguerra: i ritratti - graffianti, incisivi e mai scontati - di Francesco Saverio Nitti, uno dei padri del liberalismo italiano; Anna Magnani, l'interprete insuperabile del cinema neo-realista; Guglielmo Giannini, "inventore" del Partito dell'Uomo qualunque; Dino Grandi, il fascista che contribuì a rovesciare il fascismo; e poi Marotta, Guareschi, Spadolini, Longanesi, il Campesino combattente della Spagna repubblicana, Agnelli, Rossellini, un "insolito" Gomulka e tanti altri ancora.
"La testimonianza più bella sull'immenso passato del Mediterraneo è quella che fornisce il mare stesso. Bisogna dirlo e ripeterlo. Bisogna vedere il mare e rivederlo. Naturalmente esso non può spiegare tutto di un passato complesso, costruito dagli uomini con una dose più o meno elevata di logica, di capriccio o di aberrazione, ma rimette con pazienza al loro posto le esperienze del passato, restituendo a ognuna i primi frutti della sua esistenza, e le colloca sotto un cielo, in un paesaggio che possiamo vedere con i nostri occhi, uguali a quelli di un tempo. Per un momento, di attenzione o di illusione, tutto sembra rivivere."
Massimo Caprara entra nel cuore della vita politica e culturale italiana quando la seconda guerra mondiale non è ancora finita. E da allora ne è insieme appassionato protagonista e insostituibile testimone. In un intenso e incalzante dialogo con Roberto Fontolan, Caprara racconta la "storia di una coscienza", la sua, che come in una soggettiva cinematografica attraversa le stanze della nostra storia per restituirci volti e atmosfere, parole ed eventi con straordinaria, drammatica immediatezza. Ma c'è di più. Il libro non è "soltanto" un vibrante racconto storico-politico, ma l'itinerario sofferto di chi, cercando l'ideale, ha trovato il suo contrario, l'ideologia.
GLI AUTORI
Massimo Caprara ha da poco passato gli ottanta anni. A partire dal 1944 è stato per circa vent'anni segretario di Palmiro Togliatti, ha vissuto dall'interno gli avvenimenti fondamentali della storia del Pci. Sindaco di Portici, è stato Deputato alla Camera dal 1953 al 1973, avendo inoltre ricoperto il ruolo di segretario del Gruppo parlamentare e responsabile regionale per la Campania. Nel 1969 viene radiato dal Pci assieme al gruppo del Manifesto di cui è uno dei fondatori. Giornalista professionista ha diretto l'"Illustrazione Italiana". E' attualmente collaboratore de "Il Giornale". Ha pubblicato i seguenti volumi: I Gava (Feltrinelli 1975), L’attentato a Togliatti (Feltrinelli 1978), Ritratti in rosso (Rubettino 1989), L’inchiostro verde di Togliatti (Simonelli 1996), Quando le botteghe erano Oscure (il Saggiatore 1997), Togliatti, il Komintern e il gatto selvatico (Bietti 1999), Paesaggi con figure (Ares 2000), Gramsci e i suoi carcerieri (Ares 2001). Nel 2002 è stato nominato consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sul "dossier Mitrokhin".
Roberto Fontolan è nato nel 1956. Vissuti i primi infuocati anni ’70 al liceo milanese Berchet (il "liceo rosso"), fin dai tempi dell’università si è dedicato al giornalismo. Un’avventura cominciata alla radio ("Supermilano", una emittente libera milanese) e proseguita poi al settimanale "Il Sabato", al quotidiano "Avvenire", alla Rai, dove ha ricoperto diversi incarichi tra cui la direzione del Centro di Produzione di Milano e la vicedirezione del Tg1, alla televisione del gruppo "Sole 24ore", della quale è stato direttore fino al dicembre 2003. Ha realizzato numerosissimi reportage e inchieste in Italia e all’estero, ha curato e organizzato programmi televisivi, ha lavorato nelle pubbliche relazioni e nell’organizzazione culturale. Attualmente si occupa di nuovi progetti di comunicazione e svolge attività di consulenza. E’ docente presso il master di giornalismo all’Università Cattolica di Milano.