Recenti studi scientifici dimostrano che nella comunicazione il linguaggio verbale interviene solo per il 7 per cento, mentre il tono della voce e la gestualità contano rispettivamente per il 38 e il 55 per cento ai fini della trasmissione del messaggio.
Ecco una preziosa guida illustrata per conoscere e utilizzare il linguaggio del corpo, per decifrare e interpretare:
• i movimenti automatici: i tic, i gesti simbolici, i segnali che denunciano ipocrisia e falsità;
• le attitudini caratteristiche: la postura, i movimenti delle mani e delle gambe, il modo di camminare e di sedersi, di usare gli oggetti più comuni;
• i gesti che rivelano le emozioni e i sentimenti più profondi.
Il libro si propone di mostrare come i simboli e le credenze del passato influiscano profondamente e a distanza di tempo sul nostro modo di rappresentare i rapporti umani e in particolare i rapporti uomo-donna. Buñuel e Bergman sono assunti come esempi di due contesti sociali diversi: uno cattolico, l'altro protestante; uno che mette al centro della società il celibato casto e l'altro il matrimonio. I due registi affrontano il rapporto con le donne da questi due diversi scenari di provenienza e ci fanno vedere quali difficoltà specifiche i due contesti fabbricano per uomini e donne. È un libro di storia della cultura, esamina in qual modo la società influenza la sfera psichica degli individui, forzando gli affetti dentro percorsi preordinati.
Da Platone a Boccaccio, da Victor Hugo a D'Annunzio, da Gramsci a Virginia Woolf: una raccolta di pensieri sul tema della lettura. Questa antologia, necessariamente parziale, ha lo scopo di rendere espliciti alcuni punti di vista sulla lettura pronunciati nel corso dei secoli. È come guardare se stessi mentre si legge: una forma di spionaggio o se si vuole di introspezione. La penso anch'io così? La pensiamo ancora così oggi? La nostra epoca ha già nostalgia dei libri. Non li ha ancora eliminati, non è ancora riuscita a sostituirli con lo schermo dei computer. E se l'umanità che legge smettesse di leggere? Interromperemmo una catena virtuosa, che ci consente di collegarci, anche senza internet, con il mondo del passato e del presente lontano da noi. La lettura è esplorazione, esposizione di sé all'esperienza altrui. Poi, si sa, c'è anche l'arte, l'emozione di incontrare l'opera d'arte sotto forma di poesia, di romanzo o racconto. In breve, diventeremmo molto più poveri. Chi legge sa che, se smette, qualcosa finisce, un mondo scompare. Impossibile? È già accaduto un'infinità di volte. (Paolo Mauri)
Libri, cattedre universitarie, riviste, dibattiti accademici: tutto ciò che un tempo costituiva la fonte principale di informazione storica appare sovrastato da nuove forme di comunicazione. L'uso pubblico della storia si è oggi dilatato oltremisura, e se fino a qualche tempo fa erano gli storici a informare le opinioni comuni sul nostro passato, oggi sono i soggetti politici, i mass media, gli opinionisti della carta stampata a svolgere questo ruolo. Stefano Pivato si interroga su come stia cambiando, oggi, il mestiere di storico e quanto sia necessario che gli specialisti comincino a mettere la divulgazione al centro delle proprie riflessioni e dei propri dibattiti. La vera domanda non è infatti tanto a che serve la storia, quanto, piuttosto, a chi serve.
Anche viaggiando si può contribuire alla realizzazione di un mondo giusto, equo nella distribuzione delle risorse, solidale. È questo l'obiettivo del "turismo non per caso", responsabile, che si va diffondendo sempre di più, e che intende conoscere i popoli di altre terre sostenendoli e non sfruttandoli. Questa guida, oltre a raccontare che cosa significa fare del turismo responsabile, quali vantaggi derivano per il viaggiatore e per le comunità locali, attraversa i cinque continenti, visita sessanta paesi, alla ricerca delle più importanti strutture in cui vivere una vacanza sicuramente rilassante o avventurosa o culturale, ma sempre e comunque nel rispetto dell'"altro".
Per capire quanti anni ha una sequoia bisogna tagliare il tronco e contare gli anelli. Se la sequoia avesse un collo non ce ne sarebbe bisogno. Odio la gente che sostiene - protesta Nora Ephron - che invecchiare è bello, che si diventa saggi e si capisce quali sono le cose importanti. Ci si ribella, ci si deve ribellare all'immagine contraffatta di sé che appare nello specchio. Anche perché dal collo all'anima il passo è breve. Invecchiare non è roba da rammolliti, diceva Bette Davis, e Nora Ephron lo dimostra con un senso dell'umorismo impagabile e con l'aggiunta: "tanto più se sei una donna". Una donna alle prese con i problemi della "manutenzione" (fitness-tinte-massaggi), angustiate dall'ombrosa adolescenza dei figli, che poi se ne vanno lasciando un nido vuoto in cui gioie e problemi finiscono, ma la preoccupazione è per sempre, atterrite dalla scomparsa delle amiche più care, duro memento mori, in un universo che continua a considerarla solo una vaga eventualità. Parlare dell'età incerta compresa fra la maturità e la senilità, e farlo con tanta caustica sincerità e allo stesso tempo con la leggerezza dell'umorismo, non è impresa da poco.
"Si respira un'aria al cloroformio in giro per il paese. È come se la gente si alzasse tardi, crescesse di peso, indugiasse con il naso all'aria in vaghi pensieri. Molti cominciano a convincersi che sia inutile darsi da fare e guardare al futuro, molto meglio rimanere immobili e conservare il passato. Che cos'è che non funziona? Quale malattia ha colto i nostri connazionali? Perché le riforme trovano una sempre maggior schiera di accaniti oppositori? Si è messo in moto un meccanismo che può andare tranquillamente sotto il nome di 'economia della pigrizia'. Gli italiani hanno un alibi per chiamarsi fuori dall'interesse generale?"
Fa scandalo una donna vestita da uomo? Oggi forse no, almeno in Occidente, ma fino a quarant'anni fa era impensabile. Valeria Palumbo ripercorre la storia delle donne che in tutti i secoli, in tutte le culture, hanno assunto abiti maschili per conquistare un'indipendenza altrimenti irraggiungibile. Donne che si sono abbigliate da marinaio, da frate, da soldato, che si sono fatte passare per dottore, re, esploratore, bandito, semplicemente per navigare, viaggiare, combattere, studiare, scoprire. E ancora oggi molte ragazze in Arabia Saudita, Iran e Afghanistan si travestono per poter andare a lavorare. Il libro si propone come un saggio sulla libertà, o sull'aspirazione alla libertà.
La mente degli italiani è l'ultima regione inesplorata del paese, e vale un viaggio. Ma è un viaggio insidioso, e non tutti hanno il coraggio d'intraprenderlo per il timore di scoprire verità scomode. Beppe Severgnini, dopo aver indagato su inglesi e americani, non ha paura di giocare in casa e affrontare la sfida. E così percorre sistematicamente l'Italia: trenta luoghi in dieci giorni, dall'aeroporto alla spiaggia, dal condominio allo stadio, da nord a sud, dall'alimentazione alla politica, dai recinti della morale allo zoo della televisione. Un'esplorazione metodica, ironica e sentimentale per aiutare il lettore straniero a mettere da parte le sue convinzioni e a capire davvero "un paese che ci manda in bestia e in estasi nel raggio di cento metri e nel giro di dieci minuti".
Questo volume racconta il tentativo di applicare la scienza del Criminai Profiling al mondo dell'hacking. Lo scopo principale è quello di dotare di un nuovo strumento di indagine chi quotidianamente lotta contro i cybercrimini. L'underground hacker è un mondo molto discusso, ma troppo spesso anche stereotipato e di conseguenza poco capito. Consapevoli di questo gli autori provano a darne una nuova visione, raccontando storie e illustrando personalità e personaggi affascinanti, mai banali, che vivono l'hacking come un'arte, secondo etiche differenti ma ben codificate. Ecco quindi che, man mano che la riflessione si sposta verso aspetti e problematiche criminologiche e tecnologiche, molti miti si sfatano mentre il quadro d'insieme assume tratti sempre più definiti, svelando al lettore realtà nascoste o solo accennate e rispondendo a domande come: chi sono gli hacker? Come vivono quando non sono in Rete? È possibile tracciarne il profilo in base al comportamento, alle violazioni effettuate? Hacking è veramente sinonimo di criminalità?
Il 9 maggio 1962 Italo Calvino scrive a Umberto Eco di avere intenzione di redigere un manifesto "per una letteratura cosmica". A un certo punto della sua vita, al volgere del "nuovo secolo" degli anni sessanta, Calvino guarda alla scienza come mai aveva fatto in passato. E lo fa perché per esprimere le nuove situazioni esistenziali e per comprendere "il nostro inserimento nel mondo", egli sente la necessità di occuparsi delle immagini che la scienza produce e del linguaggio che impiega nel produrle. Attraverso Calvino il libro racconta un pezzo importante di storia della cultura italiana del Novecento. Grazie all'impiego di numerose lettere e documenti di archivio inediti ne ricostruisce la trama nei suoi molteplici particolari. Giorgio de Santillana, Sergio Solmi, Anna Maria Ortese, e poi, ancora, Cassola, Vittorini, Bollati, Timpanaro sono alcune delle personalità con cui Calvino discute e si confronta nei diversi momenti del suo lavoro di scrittore. Legati a precisi contesti storici e culturali, questi incontri si trasformano in luoghi privilegiati di osservazione e d'indagine, e forniscono l'occasione di entrare nel laboratorio Calvino in modo originale. Raccontare Calvino e la scienza è infatti anche un modo per fare uscire Calvino da Calvino: un modo, a venti anni dalla morte, per restituirgli un po' di vita, per liberarlo dagli schemi sempre più astratti e ripetitivi in cui troppo spesso è costretto.