Il 'delitto Matteotti', di cui quest'anno ricorrono i cento anni, è stato senza dubbio il più grande 'caso' della storia italiana. Proviamo a raccontarlo come se nessuno l'avesse raccontato prima, come se nessuno lo ricordasse più, facendone 'un affaire' in cui non è semplice districarsi. All'inizio dobbiamo analizzare la scena del crimine, sul lungotevere di un afoso pomeriggio romano, e descrivere la meccanica del delitto. Dopo di che si approfondisce la conoscenza prima degli esecutori e poi dei loro mandanti - il duce e il suo entourage - per raccontare la tremenda lotta per il potere e per la sopravvivenza di uomini divisi su tutto, ma accomunati dalla menzogna (mentono tutti e più di tutti mente il loro capo) e dalla consapevolezza che per salvare se stessi devono salvare a ogni costo Benito Mussolini. Poi dovremo interrogarci sui possibili moventi del delitto, muovendo dall'assunto borgesiano che se la realtà può sottrarsi all'obbligo di essere interessante, non possono sottrarvisi le ipotesi. Infine, come in ogni delitto, c'è un 'dopo', le molteplici 'vie di fuga' dall'affaire: dai processi del 1926 e del 1947 al destino di ciascun protagonista nel corso del ventennio. Ma soprattutto c'è Giacomo Matteotti. Finora è stato come un fantasma: un'assenza, una salma, la vittima. Giunti alla fine, siamo costretti a chiederci: chi è, chi era, chi è stato Matteotti? E perché proprio lui?
Tra il 20 e il 29 maggio 1937 ebbe luogo, in Etiopia, il più grave eccidio di cristiani mai avvenuto nel continente africano: nel villaggio monastico di Debre Libanos, il più celebre e popolare santuario del cristianesimo etiopico, furono uccisi circa 2000 tra monaci e pellegrini, ritenuti 'conniventi' con l'attentato subito, il 19 febbraio, dal viceré Rodolfo Graziani. Fu un massacro pianificato e attuato con un'accurata strategia per causare il massimo numero di vittime, oltrepassando di gran lunga le logiche di un'operazione strettamente militare. Esso rappresentò l'apice di un'azione repressiva ad ampio raggio, tesa a stroncare la resistenza etiopica e a colpire, in particolare, il cuore della tradizione cristiana per il suo storico legame con il potere imperiale del negus. All'eccidio, attuato in luoghi isolati e lontani dalla vista, seguirono i danni collaterali, come il trafugamento di beni sacri, mai ritrovati, e le deportazioni di centinaia di 'sopravvissuti' in campi di concentramento o in località italiane, mentre la Chiesa etiopica subiva il totale asservimento al regime coloniale. L'accanimento con cui fu condotta l'esecuzione trovò terreno in una propaganda (sia politica che 'religiosa') che andò oltre l'esaltazione della conquista, fino al disprezzo che cominciò a circolare negli ambienti coloniali fascisti ed ecclesiastici nei confronti dei cristiani e del clero etiopici, con pesanti giudizi sulla loro fama di 'eretici', scismatici. Venne a mancare, insomma, un argine ad azioni che andarono oltre l'obiettivo della sottomissione, legittimate da una politica sempre più orientata in senso razzista. I responsabili di quel tragico evento non furono mai processati e non ne è rimasta traccia nella memoria storica italiana. A distanza di ottant'anni, la vicenda riappare con contorni precisi e inequivocabili che esigono di essere conosciuti in tutte le loro implicazioni storiche. Prefazione di Andrea Riccardi.
Da oltre trent'anni l'Italia vede attuarsi periodicamente soluzioni 'irregolari' delle crisi politiche. Ciampi, Monti, Draghi. Da tempo i presidenti della Repubblica si regolano come se fosse in vigore da noi la Costituzione della Quinta Repubblica francese, o forse pensano che sia ritornato lo Statuto Albertino: convocano 'qualcuno' che metta le cose a posto. Non possiamo non chiederci se, tra le cause immediate di questa deriva, non ci sia il disinvolto e reiterato ricorso alla cosiddetta 'unità nazionale' e al conseguente assembramento di formazioni politiche ritenute antitetiche ma destinate a perdere, nel corso di tali esperienze, larga parte dei loro connotati. È probabile che tutto questo si sia verificato sotto la pressione incalzante di costringenti strutture extranazionali in grado di imprimere una accelerazione. Ma il problema ineludibile che abbiamo di fronte è: a quale prezzo e con quale riassetto del nostro ruolo internazionale si sia prodotta una tale mutazione, e se essa sia irreversibile.
10 anni fa - il 12 maggio del 2014 - moriva il card. Marco Cè, dopo 23 anni di patriarcato a Venezia e ulteriori 12 di presenza come emerito. Il segno lasciato nella diocesi è stato decisivo e ancora appare in molte persone da lui incontrate e nelle istituzioni da lui volute e guidate. Gli interventi del patriarca Marco nella vita ecclesiale e negli spazi pubblici della città hanno abbracciato molteplici ambiti: dalla Sacra Scrittura ai mass-media, dalla liturgia al mondo sociale e del lavoro, dalla spiritualità al ricco contesto culturale veneziano, traghettando la diocesi dai vorticosi anni '70-'80 del secolo scorso fino alle soglie del secondo millennio. Tutto e sempre a partire da un centro vitale e propulsivo: l'"adorabile persona di Gesù", proclamato e celebrato in ogni circostanza. Frutto della collaborazione di laici e preti suoi collaboratori, questo volume tenta, a partire dal materiale finora disponibile, una prima lettura del suo lungo e variegato episcopato. Prefazione di Francesco Moraglia. Postfazione di Angelo Scola.
Un progetto che nasce da una ricerca puntuale sulle preghiere a Maria che, dai primi secoli fino ai giorni nostri, hanno accompagnato la fede del popolo cristiano. Un lavoro che ha le radici nella tradizionale devozione mariana. Da questo è nato il progetto di una pubblicazione fatta di testi e immagini tutte tratte dalla iconografia che nei secoli si è sviluppata sulla Madre di Dio. La pubblicazione sarà preceduta dall'autorevole introduzione di Sua Eminenza Reverendissima Il Cardinale Angelo Comastri. Un contributo sulla forza della preghiera mariana come si è sviluppata nel grande alveo della storia della Chiesa. Lo scopo è incrementare la devozione a Maria, particolarmente urgente in questo momento storico, avvicinando così il popolo ad una devozione semplice ma decisiva per l'esistenza. 60 preghiere mariane affiancate da dipinti, affreschi e sculture dedicati alla Madonna. Se credessimo nell’efficacia della preghiera, tanto tempo lo passeremmo in ginocchio. E il mondo cambierebbe direzione!
L'autore descrive con delicatezza e sincerità il percorso che lo porta a scoprire la forza della fede attraverso la vicinanza con Beatrice. La disabilità di Beatrice diventa così uno specchio che riflette la misericordia divina e apre la strada alla nascita di un gruppo di preghiera, un luogo dove la comunità si riunisce per condividere la propria fede e sostenersi reciprocamente nella Carità.
La Terra Promessa di cose strane in cielo ne ha vise a iosa fin dall'antichità. Questo studio vuole approfondire quanto emerso dalla corposa casistica UFO ebraica, senza che alcun potere costituito insabbi la verità.
Non è facile camminare in questa vita, piena d'insidie, delusioni, inganni ma fortunatamente Maria è presente sempre per aiutarci nei momenti di sconforto, nelle delusioni, nelle cadute.
Come ha sempre insegnato la Chiesa cattolica, il demonio è un essere personale che opera con violenza per distruggere l'uomo nella sua dignità: vende falsità come verità e i vizi come virtù, confonde, corrompe e semina discordia, in alcuni casi giunge anche a possedere. Attraverso un sintetico ma esauriente percorso storico-scritturistico-magisteriale su chi è realmente Satana, la sua natura i suoi limiti, il suo stato creaturale (e perciò limitato) il suo modo di operare, l'Autore ci offre gli elementi di conoscenza e mezzi per affrontarlo e combatterlo. Senza sottrarre l'uomo alle sue responsabilità, non bisogna tuttavia disperare: Gesù Cristo dice infatti "Io ho vinto il principe di questo mondo", "Le porte degli inferi non prevarremmo".
Il Concilio Vaticano II doveva annunciare un'età dell'oro nella Chiesa Cattolica, ma il caos e la discordia hanno scosso i pulpiti e svuotato i banchi delle chiese. "Vaticano II. Che cosa è andato storto?" è uno dei testi fondamentali del dibattito (sociologico, filosofico e teologico) che si è svolto negli Stati Uniti sulla crisi post-conciliare. Esso registra il declino della Chiesa dopo il concilio a causa della disobbedienza dei fedeli e soprattutto dei teologi, manifestatasi in modo emblematico nel rifiuto dell'Humanae vitae di Paolo VI (1968): un'opposizione che va molto al di là delle questioni di morale sessuale e si pone come contestazione globale dell'autorità del magistero di sempre della Chiesa Cattolica. Prefazione Stefano Fontana.
Quante sono le città della nostra vita, e che cosa rappresentano? Questo libro è un viaggio nel tempo e nello spazio: dagli angeli sulle rovine di Bruxelles al sole elettrico di Battipaglia, dalla stanza dei bottoni di Washington alla madre dell'Italia infeconda di Veio, dai tizzoni bruciati di Volgograd alle sapienze perdute di Atene. Eraldo Affinati è un maestro della toponomastica lirica. Ha raccolto trecento città del mondo: conosciute, sognate, inventate, tutte descritte ed evocate in brevi ritratti di grande concisione fantastica e affettuosa adesione sentimentale, nei quali i lettori potranno riconoscere le proprie stesse preferenze e idiosincrasie, in un gioco di riflessi capace di favorire e moltiplicare le connessioni interiori. Ogni descrizione di città è un romanzo in miniatura. Ogni sezione è introdotta da un corsivo che racconta una città-guida: Charkiv, sconvolta dal recente conflitto russo-ucraino, nel fantasma della Seconda guerra mondiale; Venezia, segnata dal dolore della bellezza; Roma, caput mundi. Ci si può perdere nella polvere mesopotamica di Babilonia, tra le galline senza cresta di Acchiappa-citrulli, sulle tracce di Anguilla a Yuma, nei promontori di Rosberg a Fulgor. Il prologo è a New York, matrice urbana della modernità sfregiata e ricostruita, città simbolo con una costante vocazione alla decadenza; l'epilogo invece è a Gerusalemme, in grado di riassumere, nella sua storia splendida e drammatica, tutti i grovigli irrisolti del mondo. Le città del mondo è un libro che appassiona sin dalle prime righe, un labirinto magico nel quale si è felici di perdersi.
Il monastero di Glinsk, al confine tra Ucraina e Russia, risale alla fine del Sedicesimo secolo e fin dalla sua fondazione ha visto il fiorire di santi. Tra i principali spicca l'abate Filaret, vissuto in pieno Ottocento, quasi un figlio spirituale di quel san Paisij Velickovskij che rappresentò uno dei pilastri fondamentali per la rinascita del monachesimo ortodosso russo, e legato a san Serafino di Sarov, che riteneva il suo monastero una vera scuola di vita monastica. La vita di san Filaret, qui tradotta per la prima volta in lingua italiana, racconta infatti l'amore e il fervore, insegna l'obbedienza e la disponibilità all'azione divina. La narrazione è arricchita dai numerosi insegnamenti ai fratelli monaci e dal Paterikon, brevi note agiografiche sulle figure più fulgide che hanno coronato il monastero di Glinsk.