Federico Rampini, dopo cinque anni a Pechino, è dal 2009 corrispondente della “Repubblica” da New York, il luogo forse più “caldo” del momento. Dal suo nuovo, privilegiato osservatorio si interroga, in questo libro, sul destino declinante della superpotenza americana e disegna una mappa che tiene conto dei nuovi rapporti di forza con Cindia dopo la crisi del 2008. Quali sono gli effetti della “nuova America” sulla “vecchia Europa”? Come sapremo rispondere alle sfide della nuova economia globale? E soprattutto: come stanno cambiando in questo scenario le nostre vite? Rampini risponde con la consueta lucidità e capacità di visione a queste domande cruciali, raccontando, attraverso una molteplicità di storie e personaggi affascinanti, gli. stili di vita, le nuove forme di lavoro e i protagonisti del mondo che verrà.
Il rapporto di Leonardo Sciascia con la politica è centrale in tutta la sua opera di scrittore e polemista. E su questo rapporto si sono dette tante cose: comunista o no? Anticomunista o meno? La polemica nei suoi confronti si è fatta rovente nel momento in cui scelse di candidarsi nelle liste del Pci alle elezioni comunali di Palermo nel 1976 e, in senso opposto, quando nel 1978 si dimise dal Consiglio comunale. Polemiche rinnovate quando nel 1979 Sciascia fu eletto deputato nazionale ed europeo nelle liste del Partito radicale. La sua opera letteraria ha suscitato scontri politici: basti pensare alle reazioni di esponenti democristiani e cattolici quando in libreria arrivò Totomodo. Ma non c’è libro o articolo di Leonardo Sciascia che non abbia provocato discussioni sin da quando nel 1960 pubblicò Il Giorno della Civetta raccontando, non solo all’Italia ma al mondo, cos’era la mafia (parola allora impronunciabile) e cos’era la società in cui operava e dove trovava consensi e anche contrasti di minoranze politiche, sindacali e di isolati servitori dello stato. Negli anni ottanta quando sul “Corriere della Sera” scrive l’articolo I professionisti dell’antimafia, Sciascia è aggredito verbalmente dal Comitato antimafia di Palermo e dalla sinistra. Reazioni che su un versante diverso si ripetono quando pubblicò L’affaire Moro.
Emanuele Macaluso è stato insieme a Sciascia nel gruppo antifascista di Caltanissetta nel 1941 e nella cellula comunista clandestina di cui Sciascia, non iscritto al Pci, faceva parte. Da allora la loro amicizia è stata segnata da battaglie comuni e da polemiche, anche roventi. Grazie a questo rapporto Macaluso ha la possibilità di seguire con un’ampia documentazione e con inedite interpretazioni l’itinerario politico di Sciascia attraverso il suo impegno letterario e civile.
Questo volumetto è dedicato a chi ha sofferto per amore ma continua a innamorarsi.
A chi ha fatto soffrire e ora agirebbe diversamente.
A chi ha fatto soffrire e meriterebbe una lezione (di stile, non una vendetta).
A chi crede che l'educazione sentimentale andrebbe insegnata nei primi anni di vita e si è solo in parte rassegnato all'abbandono.
È dedicato a chi, nonostante tutto, non smette di meravigliarsi della piega di un polso o di un sorriso disegnato nella folla di un binario affollato.
Non troverete in questo libro un manuale per curare le vostre ferite né una storia zuccherina su come coltivare l'amore perfetto.
Roberto Ruspoli compone un elegante sillabario sull'amore e sullo stile nell'amore in cui meritano una comparsa i seduttori universali quanto gli ex, le crocerossine masochiste e le Madame Bovary che albergano in tutti noi, i vampiri e gli inguaribili romantici.
L'autore compone un mosaico soggettivo e universale al tempo stesso, dal primo incontro all'ultimo addio, passando per l'alta infedeltà e il matrimonio. Scherza sul gioco amoroso, allude all'impero delle emozioni in cui i sensi confliggono con gli imperativi morali e scioglie ogni riserva a favore della libertà: senza vittime, però!
Un'elegia fin troppo vera sul materiale più incandescente e caduco di tutti i tempi, su un tema intimissimo, spesso custodito nella solitudine più sconfinata.
Roberto Silvio Nicola Rossi Ruspoli ha studiato pittura alla School of Visual Arts di New York e le sue opere sono state esposte in numerose personali. E' tra i protagonisti di Cortesie per gli ospiti in onda su Real Time. Vive a Roma.
Dopo aver definito Berlusconi “inadatto a guidare l’Italia” si è sentito accusare di essere “anti-italiano”. E per provare il contrario, ha viaggiato per un anno intero su e giù per la penisola. Dal Politecnico di Torino alla Fiera Addiopizzo di Palermo, da una chiacchierata con Nichi Vendola a un’udienza con Giorgio Napolitano, dai capitalisti toscani agli inventori pugliesi, Bill Emmott, giornalista inglese innamorato dell’Italia (seppure spesso esasperato da essa), ha visto cose che molti italiani non possono nemmeno immaginare. In questo libro, racconta il suo viaggio in una nazione molto più sfaccettata, colorata e ricca di creatività e voglia di fare di quella “ufficiale”: una realtà, purtroppo, sommersa dal malaffare e da una politica incompetente. Perché giudici efficienti come il torinese Mario Barbuto ottengono risultati, ma solo lottando contro una gestione della giustizia straordinariamente lenta e farraginosa. Imprese all’avanguardia come la napoletana Tecnam crescono, ma intralciate dalle pastoie di una legge sul lavoro troppo garantista. E in molti altri settori — da un’università ormai allo sfascio a un’informazione ostaggio dei poteri forti — non sono certo le idee, le energie e il talento a mancare, ma la meritocrazia, le infrastrutture, gli incentivi. L’analisi di Emmott non fa sconti: non sarà con il voto di simpatia che l’Italia si risolleverà dalle ultime posizioni nelle classifiche mondiali. Perché l’intera storia del Paese è quella di una lotta continua tra Buona Italia e Mala Italia e quest’ultima, al momento, sta vincendo. Ma non deve per forza essere sempre così, e dalla riforma elettorale a quella della giustizia, dal rinascimento accademico a quello imprenditoriale, per una nazione che sappia ritrovare l’orgoglio e la buona volontà le vie da percorrere sono molte e sono aperte. Certo, però, sono tutte in salita.
Bill Emmott, scrittore indipendente, è stato dal 1993 al 2006 direttore dell’“Economist”. Nel 2003 ha vinto il premio “È giornalismo” per il lavoro della rivista nel trattare le notizie sull’Italia. Scrive regolarmente per il “Times” a Londra e “la Stampa” in Italia. Ha scritto molti libri sul Giappone, in Italia è uscito Asia contro Asia (Rizzoli 2008). Vive nel profondo della campagna inglese, ma passa un sacco di tempo negli aeroporti.
Svenimenti è un’indagine sulla perdita dei sensi, sull’universo delle mancanze. Svenire alla vista di un ago, svenire per una posizione eretta tenuta troppo a lungo, svenire a causa di un film impressionante. Ma anche essere costretti a venir meno. E cosa succede quando ci si ritira, naturalmente o non, in uno stato d’incoscienza?
Qual è la condizione dell’uomo nel sonno? E quella sperimentata durante un’anestesia, o dopo essersi iniettato cocaina in vena?
Ci sono risposte scientifiche a questi quesiti e ci sono letture degli stessi quesiti e delle relative risposte che nascono dalla riflessione e dalla vena narrativa di uno scrittore. Come succede nei tredici racconti di Albinati, a tratti saggistici, a tratti poetici, sempre affabulatori. Dalle sedute di rebirthing (oggetto di più racconti), in cui lo stato d’incoscienza del paziente si trasforma in generatore d’immagini così vive da far dubitare dell’incoscienza stessa, agli appunti freudiani sui casi di svenimento in quattro donne afflitte da isteria; dall’anestesia come bardo (stato intermedio, secondo un trattato buddista, prima che l’anima trovi la sua strada), alle situazioni in cui si parla di simulazione dello svenimento e fino alle lacrime faticose e liberatorie, indotte dagli accordi ipnotizzanti di una canzone: tutto è per l’autore materia narrativa.
Una fragilità originaria è presente nel corpo, nella carne di una persona, che proprio in quella mancanza, in quella perdita scopre una fonte di rivelazione e di sconosciuta energia. Albinati scandaglia coscienza e incoscienza, le interroga, ne evidenzia confini, misteri e contraddizioni, illumina il più possibile le zone oscure che esistono nel silenzio della fissità e del venir meno.
Il ritmo della scrittura è modulato su una bassa frequenza che, eccetto brevi passaggi, accompagna il lettore in una lettura fluida, armonica, consonante pur nella alternanza dei registri; la lingua puntuale e virtuosa connota i diversi brani e li accomuna in un percorso narrativo originale, che partendo dai particolari, dalle esperienze personali, dai racconti degli amici o da libri e film, attraversa la vita, il sogno, il cinema e la letteratura.
Mi interessano le condizioni di parziale visibilità e ascolto. Lo svenimento a prima vista è una perdita, una riduzione delle proprie facoltà, una mutilazione psichica… eppure, il desiderio parte sempre da una mancanza, o sviamento. Da una dispersione che impedisce l’approccio
pieno, padronale, il comando delle operazioni. Edoardo Albinati
“Sullo svenimento aleggia sempre il sospetto della simulazione. Non è semplice verificare se una persona ha realmente perso i sensi o stia fingendo: in che misura i suoi sintomi siano obiettivi: del resto, le ragioni che causano un collasso sono le stesse che istigano a fingerlo. Premesse e risultato sono validi nell'uno e nell'altro caso. La persona priva di sensi attira l'attenzione su di sè, o si cancella dalla scena, si cava d'impaccio, sottraendosi alle richieste e alle situazioni sgradevoli, ispira affetto, pietà, intenerimento, attrazione fisica, esige e ottiene aiuto".
EDOARDO ALBINATI è nato a Roma nel 1956. Ha pubblicato una raccolta di racconti, Arabeschi della vita morale (Longanesi 1988), e diversi libri di narrativa e di poesia, Il polacco lavatore di vetri (Longanesi 1989, nuova edizione Oscar Mondadori 1998), da cui è stato tratto il film omonimo di Peter Del Monte, Orti di guerra (Fazi 1997), Elegie e proverbi (Mondadori 1989), La comunione dei beni (Giunti 1995), Maggio Selvaggio (Mondadori 1999), 19 (Mondadori 2000), Sintassi italiana (Guanda 2001), Il ritorno. Diario di una missione in Afghanistan (Mondadori 2002). Con Svenimenti (Einaudi 2004), ha vinto il Premio Viareggio. Con Fandango Libri ha pubblicato Tuttalpiù muoio (2006) insieme a Filippo Timi, Orti di guerra (2007) e Guerra alla Tristezza! (2009).
Stai pensando a un ex compagno di scuola che non senti da anni, quando improvvisamente squilla il telefono e all’altro capo del filo c’è proprio lui. Dal fondo di un armadio, dove è stato dimenticato per anni, emerge un pacchetto che contiene proprio l’abito che stavi cercando in quel momento. Stai per salire su un aereo, ma avresti urgentemente bisogno di parlare a un amico che rincorri da giorni senza successo. Salito a bordo, lo trovi seduto nel posto di fianco al tuo. Si tratta di «coincidenze», che la scienza spiega con lunghe catene di cause ed effetti, e il senso comune definisce solo come capricci del caso. E se dietro a ognuna di esse ci fosse qualcosa di più, qualcosa che non si può spiegare con il calcolo delle probabilità o con il semplice fatalismo? Se le nostre necessità e le nostre speranze potessero infl uenzare gli avvenimenti sul piano fisico e incanalarli verso ciò a cui aspiriamo? Esiste insomma la possibilità di interazione tra spirito e materia, una facoltà umana che non conosciamo e che potrebbe migliorare il corso della nostra vita? Già un secolo fa Carl Gustav Jung, introducendo il concetto di sincronicità e dedicandovi alcune delle sue pagine più importanti, aveva dato dignità scientifica ad argomenti fino ad allora sottovalutati dal mondo accademico. Oggi gli studiosi si interrogano sempre di più su questi temi, prendendo in considerazione ipotesi desunte da campi quali la teoria delle stringhe, la riduzione dell’entropia, la dinamica non lineare. Tra corpo e mente, tra scienza e fede, Le coincidenze non esistono è un viaggio affascinante attraverso i piccoli e grandi eventi sincronicistici della vita, quei rari momenti in cui l’universo sembra ascoltare le nostre richieste.
Jan Cederquist (1936-2009) è stato uno dei più famosi copywriter e pubblicitari svedesi e, grazie alle sue campagne, ha vinto moltissimi riconoscimenti nazionali e internazionali. Tra una pubblicità e l’altra ha coltivato il suo forte interesse per la filosofia, la psicologia e le tematiche spirituali. Sposato e padre di quattro figli, nel 1994 ha lasciato il mondo della comunicazione per dedicarsi alle sue più grandi passioni: scrivere, fare giardinaggio e suonare musica jazz con il contrabbasso. E dimostrare che le coincidenze non sono solo frutto del caso.
“Nel momento in cui i medici avevano rinunciato a curarmi – e io a farmi curare da loro –, proprio quando mi vedevo già imprigionato in una condizione di vita contrassegnata dal dolore cronico, c’è stato qualcuno che mi ha proposto un modo bizzarro per venirne fuori: ‘Impara a stare fermo e a respirare’, è stato il consiglio”. Afflitto da una malattia invalidante che nessuno riesce a spiegare o alleviare, Tim Parks comincia a esplorare il misterioso e affascinante rapporto che lega la mente al corpo. E’ aperto a ogni soluzione, ma non sospetta che gli esercizi di respirazione – e la meditazione – possano fornire le risposte ai suoi interrogativi e una insperata via d’uscita per lui, istintivamente scettico verso qualsiasi teoria esoterica o new age. Da questa rinnovata consapevolezza si avvia non soltanto un istruttivo e a tratti esilarante percorso alla ricerca degli effetti della malattia sul proprio lavoro e su quello degli altri scrittori, ma anche una riflessione stimolante sul ruolo che hanno lo sport e l’arte nel modellare il nostro atteggiamento verso la salute, una meditazione sull’identità e la dimensione spirituale. Senza dimenticare che quello della malattia è lo sfondo esistenziale di tutti gli esseri umani (o quasi), Parks ci insegna a fidarci anzitutto di quello che “dice” il nostro corpo, mostrandoci con intelligenza e ironia che è proprio questa l’unica strada che conduce all’armonia e al benessere.
Molte migliaia di anni fa, l'evoluzione della civiltà umana fu guidata, fin dai suoi primi passi, da una razza di esseri straordinari, venuti da un altro mondo e depositari di conoscenze che noi umani cominciamo solo oggi a comprendere. Testi antichi e resti archeologici avvalorano questa ipotesi. E se lette con occhi diversi, queste fonti aprono una porta verso una nuova interpretazione del sapere e ci rivelano la natura del "codice" grazie al quale la vita intelligente si diffonde nell'universo. Partendo dalla sapienza astronomica dei templi megalitici e dalla distinzione che esisteva nell'antichità tra "fato" e "destino", Sitchin ci svela il meccanismo che è alla base di tutte le profezie, anch'esso legato a quel misterioso codice. E quel codice il segreto che le tradizioni esoteriche di tutte le culture hanno tramandato attraverso i secoli, spesso senza comprenderne il vero significato. È quel codice - che gli antichi rappresentavano con l'immagine di due serpenti intrecciati - il segreto che dà la vita e trasmette l'identità. E quel codice è il DNA.
Noi due siamo disabili nell'epoca degli spaventati dagli spaventapasseri, i fantocci di paglia che raccomandano di tapparsi in casa e aizzano l'insicurezza privata.
Siamo disabili senza coraggio pubblico in piazza e fraternità di zingari tra zingari.
Ventitré scrittori del Sud, uniti dall'impegno antimafia, si sono incontrati per dare una risposta civile a Silvio Berlusconi che, a Olbia nel novembre 2009, ha giurato di voler "strozzare quelli che scrivono libri di mafia". Strozzateci tutti propone un'altra idea di scrittura: mettere a disposizione dei lettori un'osservazione partecipata della realtà mafiosa. Un'analisi declinata in ambienti, territori e professioni eterogenee. Un'indagine materiale e culturale che scandaglia il senso comune dei fenomeni, i riflessi psicologici e le risorse per liberare i corpi e le coscienze dalla costrizione criminale. L'obiettivo finale è raccontare come e perché la criminalità organizzata sia entrata nel corpo vivo del Paese definendo e realizzando un sistema economico e sociale parallelo e alternativo, efficiente e moderno. Informare sulla mafia, discuterne per uscire dall'indifferenza e dall'omertà è un altro obiettivo di questo libro, che ha donato i diritti d'autore a un social network per garantire la libera diffusione delle informazioni. La prefazione è di Marco Travaglio.
In breve
"Lo scrittore, se appartiene al suo tempo, se non è rimasto ancorato al passato, deve conoscere i problemi del tempo in cui gli è capitato di vivere. E quali sono questi problemi oggi? Che non ci troviamo in un mondo accettabile, anzi, al contrario, viviamo in un mondo che sta andando di male in peggio e che umanamente non serve.". Le vicende politiche e letterarie internazionali nel commento sempre schierato e arguto di un grande scrittore.
Il libro
Oltre a essere uno dei più grandi scrittori del nostro tempo, José Saramago è stato anche un acuto osservatore della realtà. Iscrittosi clandestinamente al Partito comunista nel 1969, nel periodo in cui il Portogallo era retto dal regime dittatoriale di Salazar, non ha mai abbandonato l’impegno politico, considerando la propria condizione di scrittore inscindibile dalla coscienza di cittadino. È noto anche per le sue posizioni marcatamente anticlericali, che lo hanno posto al centro di aspre polemiche in patria, soprattutto dopo l’uscita del Vangelo secondo Gesù Cristo, tanto da indurlo a trasferirsi alle Canarie. Sempre attento alle novità e interessato al confronto e al dialogo con il suo pubblico, non si è fatto cogliere impreparato dall’avvento del digitale e a quasi novant’anni ha aperto un blog, su cui scriveva di tutto. Si spazia dalle riflessioni sul futuro del pianeta ai propositi per il nuovo millennio, da temi “globali” come la questione degli indios al panico da pandemia per la cosiddetta influenza “suina”, dal Chiapas a Israele, dal razzismo nella Francia di Sarkozy alla tragedia dell’Aquila, dai centri commerciali quali nuove cattedrali del consumismo al laicismo come unica arma nei confronti delle ingerenze della chiesa cattolica nel nostro vivere quotidiano. Tratta di ciò che lo indigna, ma anche di ciò che ama e rispetta. Parla di poesia, di libri, di arti, di valori, e lascia spazio anche a ricordi e riflessioni più personali. Non può mancare poi Berlusconi, una questione che viene affrontata come una vera deriva sociale e politica del nostro paese. Saramago esalta le nostre grandezze passate, il genio italico, l’arte, la Storia per poi, riprendendo Cicerone, mettere il primo ministro italiano nei panni di Catilina, chiosando: "Fino a quando, o Berlusconi, abuserai della nostra pazienza?". Questo è l’ultimo quaderno che Saramago ha potuto scrivere, prima di morire, e di lasciare così un vuoto incolmabile nel panorama culturale europeo e mondiale.
Difesa, Errore, Garantismo, Intercettazioni, Prescrizione: sono alcune delle voci di un alfabeto particolare. Scritto da chi, con queste parole, ci lavora ogni giorno.
Che cos’è concretamente la giustizia e come funziona? Molti degli strumenti normativi o dei concetti chiave che la animano sono in questi anni al centro del dibattito pubblico, ma non sempre le ‘parole’ usate sono comprese correttamente. Una per tutte: ‘prescrizione’. Accade che tale termine (indicativo della estinzione di un reato per decorso del tempo) venga sempre più spesso considerato sinonimo di ‘assoluzione’ (cioè di esclusione della responsabilità o, addirittura, del reato) e che su questa confusione si giochino le aperture dei telegiornali di maggior ascolto e il compiacimento di politici di primo piano, finalmente appagati nel vedere giudizialmente certificata la propria illibatezza. Il peso della parola deformata è, in questo caso, decisivo. La parola a questo punto la prendono 16 magistrati per spiegare come funziona la giustizia in Italia, quali i fondamenti teorici a cui si rifanno molte norme e provvedimenti, quale è l’armamentario degli strumenti messo a punto, nel tempo, per ottenere risultati e perseguire i reati.