Amoris laetitia offre una prospettiva di rinnovamento ecclesiale che passa per la riscoperta della ricchezza e della complessità dell'amore familiare. L'Area famiglia e vita di Azione cattolica ha provato a raccogliere questa sfida, ascoltando persone e storie dentro e fuori l'associazione, e strutturando dei percorsi, secondo il paradigma della cura, che possano essere utilizzati dalle realtà territoriali, dalle coppie cooptate dell'Azione cattolica, da quanti vogliano promuovere la soggettività della famiglia per una Chiesa e un'Ac che sappiano correre "il rischio di sporcarsi con il fango della strada" (Al 308).
«Non narrerò tanto il destino di me solo, quanto quello di tutta una generazione, della nostra inconfondibile generazione, la quale forse più di ogni altra nel corso della storia è stata gravata di eventi.» Molto più che semplice autobiografia, "Il mondo di ieri" è il ritratto incantato di un'epoca scomparsa, la suprema epopea di quella "Felix Austria" che tanto segnò la storia e la cultura europea, quel mondo nel quale «ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito: in cui tutto aveva una sua norma, un peso e una misura precisi». Al centro della narrazione sta la Vienna imperiale, simbolo di un'epoca indimenticabile che Zweig - esponente di una generazione che «ha imparato a fondo l'arte preziosa di non rimpiangere il perduto» - descrive in tutto il suo splendore e in tutte le sue contraddizioni. Pubblicato postumo, "Il mondo di ieri" è segnato da un'atmosfera autunnale che imprime all'intera opera il severo suggello della modernità.
La fotografia della seconda, o terza, rivoluzione digitale è un magma che si espande in modo incontrollabile. Ancora non abbiamo chiaro cosa significhi usare il cellulare come macchina fotografica, confezionare le immagini per i social, produrre quell'enorme massa di scatti che si riversano ogni giorno in Internet divenendo parte di giganteschi database, che già algoritmi e intelligenza artificiale hanno cambiato il codice genetico dell'atto fotografico. Come affrontare la rivoluzione in atto? Quali strumenti servono per analizzare il fenomeno, e in che misura la teoria della fotografia può ancora soccorrerci? Il postfotografico - come concetto inclusivo che fa da ponte tra tutte le fasi della fotografia digitale - richiede una messa a fuoco a più livelli. Come diversa tecnica della luce, diverso gesto, diversa politica e scienza del visibile. Una differenza che non è novità assoluta ma piuttosto il riaffiorare di un'idea originaria di fotografia, lasciata ai margini per gran parte del Novecento. I quindici saggi qui contenuti ne approfondiscono ciascuno un aspetto, tra passato e futuro: la fotografia come metodo di tracciamento, raccolta di luce non visibile, tecnica di misurazione del Sé e del mondo, nodo di connessioni, oggetto paradossale che non è più obbligatoriamente visto, ma nondimeno presente, e ancora capace di permettere una partecipazione allargata al mondo.
Nel 2013 la vita politica italiana ha vissuto una vera e propria rivoluzione: nelle aule parlamentari è entrata una quota di eletti privi di esperienze politiche pregresse mai vista in passato. Le ripercussioni sul piano linguistico sono state enormi: se il tradizionale, astruso "politichese" della prima Repubblica era già stato soppiantato, a partire dal 1994, da un linguaggio più colloquiale e comprensibile, la xvii legislatura (2013-2018) ha visto l'affermazione di quello che si può definire "socialese", cioè un lessico adatto alla diffusione attraverso i social network, che accarezza, e spesso fomenta, le consuetudini più deteriori della comunicazione. Dal 2018, sul sito Treccani viene analizzato ogni quindici giorni un termine emergente di questa neopolitica. Basandosi sui risultati di tale osservatorio, Michele Cortelazzo ha individuato le tendenze linguistiche degli attuali politici, a iniziare dai leader - veri protagonisti di questa fase politica incentrata sulla personalizzazione -, ricostruendo la storia di tecnicismi, di modi di dire (chi ci mette la faccia, chi non vuol mettere le mani nelle tasche dei contribuenti, chi ci ragiona sopra...), di nuove parole politiche - vaghe come cambiamento; tipiche di una parte (patriota) o dell'altra (campo largo); nate per mascherare le idee proprie o manipolare quelle altrui, per denigrare gli avversari, per mostrare competenza, per creare un consenso emotivo (quante ruspe e mangiatoie...) - e di non pochi anglicismi (come 'recovery' o 'underdog').
La storia è tornata e ha riportato la guerra. Dal momento in cui è stata immaginata come Stato nazionale fino all'atto della sua nascita, durante le campagne del Risorgimento, i conflitti mondiali e la lotta partigiana, la storia dell'Italia unita sembra un'unica narrazione di uomini in armi, sacrificio, guerre e combattimenti. Certo, a conti fatti a essere tramandate sono più sconfitte e ritirate che vittorie gloriose. Ma ciò non toglie che da oltre un secolo le memorie degli italiani siano state affollate soprattutto dall'esperienza della morte sul campo di battaglia. La morte temuta, la morte inferta, la morte per la collettività, la morte per poter immaginare un futuro democratico, la morte onorevole. Marco Mondini rilegge questo lungo racconto in un viaggio attraverso l'immaginario e il ricordo delle guerre. E oggi? Armi e morte sono tornate a occupare il nostro spazio quotidiano sfidando la tentazione di distogliere lo sguardo.
Tra il 1954 e il 1955, Giovannino Guareschi, allora direttore del "Candido", trascorse tredici mesi in carcere a Parma: dopo aver pubblicato sul suo giornale due lettere attribuite ad Alcide De Gasperi fu condannato per diffamazione a causa del duro commento che le accompagnava. Convinto di aver subito un torto perché non gli era stata data la possibilità di difendersi, Giovannino decise di non presentare appello e di scontare la pena. Al carcere seguirono poi sei mesi di arresti domiciliari. Questo libro è lo straordinario racconto di uno dei momenti più controversi della vita di un grande autore e polemista del Novecento. Una testimonianza preziosa - arricchita da numerose illustrazioni nel testo e nell'inserto a colori - raccolta ed elaborata attraverso numerose fonti, molte delle quali inedite: le memorie familiari e degli amici e collaboratori; il memoriale del maresciallo delle guardie carcerarie Mario Pellegrinotti, diventato amico dell'illustre prigioniero; le migliaia di lettere e cartoline spedite dai lettori e soprattutto gli scambi epistolari di Guareschi, tra cui in particolare le lettere inviate alla moglie Ennia - la Vedova Provvisoria - e la corrispondenza relativa alla stesura della sceneggiatura del film Don Camillo e l'onorevole Peppone, in cui si ritrova tutta la vivacità e l'inventiva del miglior Guareschi. Prefazione di Giovanni Lugaresi.
Nel centenario dell'assassinio di Giacomo Matteotti (1885-1924), questo libro ne ripercorre la vicenda in modo non rituale. Di uno dei delitti più simbolici dell'intero Novecento non si vuole, infatti, né offrire un racconto dettagliato, né scandire i canoni consolidati dei suoi quando, come, perché, né farsi sedurre dalle trame delle mille eredità, storiche e soprattutto memoriali, che da un secolo a questa parte si sono accumulate. Enzo Fimiani reinterpreta Matteotti, proponendo al lettore alcune sfide intellettuali e civili. Almeno tre emergono come principali: decostruire il suo mito su tutti i diversi piani nei quali si sviluppa, ideale o politico, celebrativo o ideologico, per ricondurlo alla storia e alle sue molteplici variabili; «normalizzare» la sua uccisione togliendole la patina di evento eccezionale, non per fare opera di deminutio bensì per inserirla in contesti più ampi e complessi, ridando così un peso e un significato non di maniera alla sua esistenza; riflettere sullo strano destino politico di Matteotti, icona del Novecento, ma, per certi versi, cattiva coscienza delle contraddizioni e dei cortocircuiti di tutte le famiglie politiche del secolo, nella «sua» sinistra come nelle destre, perché a nessuna omologabile, da nessuna manipolabile e, per tutte, «una macchia, una colpa».
Il testo trae la sua origine nell'invito rivolto da Papa Giovanni Paolo II a tutti i cristiani a trovare le forme in cui il ministero del Vescovo di Roma "possa realizzare un servizio dell'amore riconosciuto da tutti gli interessati" (Ut unum sint 95). Numerose risposte a questo invito sono state offerte da diverse comunioni cristiane, così come riflessioni pertinenti da vari dialoghi teologici ecumenici. Il Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani ha visto nel 25° anniversario dell'Enciclica Ut unum sint, così come nella convocazione da parte di Papa Francesco di un Sinodo sulla sinodalità, l'opportunità di offrire una sintesi di questi recenti sviluppi ecumenici. Il libro, che riassume una trentina di risposte alla Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II e cinquanta documenti di dialogo ecumenico sul tema, è il frutto di un'ampia consultazione ecumenica e sinodale.
The document The Bishop of Rome finds its origin in in the invitation addressed by Pope John Paul II to all Christians to find, "together, of course", the forms in which the ministry of the Bishop of Rome "may accomplish a service of love recognized by all concerned" (Ut unum sint 95). Numerous responses to this invitation have been offered from different Christian communions, as well as relevant reflections from various ecumenical theological dialogues.
The Dicastery for Promoting Christian Unity saw in the 25th anniversary of the encyclical Ut unum sint, as well as in the convocation by Pope Francis of a Synod on synodality, an opportunity to offer synthesis of these recent ecumenical developments. The Bishop of Rome, summarising some thirty responses to Ut unum sint and fifty ecumenical dialogue documents on the subject, is the fruit of a large ecumenical and synodal consultation.
It concludes with a brief proposal of the Dicastery, identifying the most significant suggestions put forward by the various responses and dialogues.
This document is published in the hope that it will stimulate further theological investigation and practical recommendations for an exercise of the ministry of unity of the Bishop of Rome "recognised by all concerned".
Teologia ed educazione: un binomio dato a lungo per scontato nella tradizione, che nel corso del XX secolo è andato incontro ad una progressiva crisi per i cambiamenti dei paradigmi teorici e culturali delle due discipline, a contatto con la nuova situazione caratterizzata dalla postmodernità. Dalla metà del Novecento il sapere teologico cerca però di rivedere e ricontestualizzare la prospettiva cristiana sul fenomeno educativo, proprio quando questo sembra monopolizzato dagli approcci scientifico-sociali con vocazione empirica. Questa raccolta di testi distingue tre fondamentali momenti: la prima sezione considera il rapporto, tra la fine del secolo XIX e la prima metà del XX, tra l'educazione e la teologia dominata dal progetto neoscolastico in ambito cattolico e dal protestantesimo culturale in quello evangelico; la seconda si sofferma sul cambiamento di paradigma della teologia contemporanea, mettendone in luce le implicazioni antropologiche, che costringono a rimettere in gioco il problema della libertà e le questioni relative al "senso" del vivere; infine, la terza sezione cerca di mostrare le intersezioni tra la nuova antropologia teologica dell'educazione e i contributi proposti dalle principali teorie pedagogiche, dalla psicanalisi e dalle concezioni evolutive dell'educazione.
Milleduecentoottantacinque chilometri quadrati (senza contare tutto quello che le sta attorno). Un paio di centinaia di musei, oltre novecento chiese, più di duemila ettari di parchi. Da dove si comincia a scoprire la Città Eterna? Perché se è vero che Roma è immensa e meravigliosa quasi in ogni sua via, è anche vero che senza una guida esperta il rischio è quello di perdersi il bello e di finire in qualche trappola per turisti. Ecco perché Themino si è guadagnato il titolo di «Cicerone social di Roma»: con i suoi consigli da grande appassionato e il suo genuino entusiasmo per l'amata capitale (che conosce come le sue tasche) ha conquistato il web e nel suo primo libro riunisce il meglio delle sue imperdibili chicche. Una Roma così non l'hai mai vista è un manuale d'istruzioni da tenere sempre sotto mano, una guida ragionata, esaustiva, originale, perfetta per chi visita la città per la prima volta, ma anche per chi ci ha sempre vissuto. Contiene 75 mete imperdibili e 13 passeggiate che vi porteranno a scoprire luoghi insoliti e capolavori imprescindibili, storie misteriose e antiche leggende, belvederi indimenticabili e quartieri da riscoprire. Da nord a sud, da est a ovest, sopra e sotto terra, Roma vi lascerà comunque, a ogni passo, a bocca aperta.
Segretario del PCI tra il 1972 e il 1984, a conclusione e culmine di una lunga militanza, Enrico Berlinguer è considerato uno dei personaggi più iconici, carismatici e indiscutibili della cosiddetta «Prima Repubblica». In questo libro Marcello Sorgi ripercorre la sua parabola politica dall'enunciazione della strategia del «compromesso storico», che porterà al confronto con il presidente della DC Aldo Moro e ai governi di solidarietà nazionale presieduti da Andreotti, al progressivo distacco dall'Unione Sovietica, definitivamente sancito dopo il colpo di Stato in Polonia del 1981, alle elezioni del 1976 con il risultato storico del 34,37 per cento alla Camera - a un'incollatura dalla DC -, fino alla morte prematuramente sopraggiunta durante un comizio, quando il partito era ormai avviato al declino. Contrapponendo la storia alla leggenda e la cronaca all'agiografia, Sorgi offre una lettura inedita della leadership di Berlinguer attraverso la propria diretta testimonianza e i ricordi di alcune figure chiave di quegli anni, tra cui Achille Occhetto, Massimo D'Alema, Giuliano Ferrara e Walter Veltroni. Nell'osservare così da vicino il mausoleo dell'«ultimo capo del popolo comunista» sarà impossibile non riconoscerne le crepe, né evitare di interrogarsi sulle ragioni per cui, ancora oggi, la sinistra italiana continua a vivere nella sua ombra.
Gesù è stato un rivoluzionario, un capo politico sfortunato nella sua iniziativa di ribellione antiromana, oppure un difensore dell'ordine stabilito? Oscar Cullmann, di fronte alle teorie scientifiche contrastanti del suo tempo, ha voluto in questo libro - edito per la prima volta nel 1970 e più volte ristampato - esaminare sul piano puramente storico ed esegetico l'atteggiamento di Gesù sulle questioni fondamentali del culto ebraico, del problema sociale e di quello politico. Gesù attende un Regno che non è di questo mondo ponendosi oltre l'alternativa tra ordine stabilito e rivoluzione. Sebbene non risparmi le critiche più aspre alle istituzioni esistenti, altrettanto nettamente respinge le tendenze politiche rivoluzionarie del suo tempo: nel loro ideale, che mescola il messianismo religioso alle aspirazioni politiche, vede una, se non la tentazione diabolica per eccellenza e proclama la necessità prioritaria assoluta della conversione personale del cuore. Una pietra miliare nel dibattito sul Gesù storico.