In un Paese come l'Italia basta l'onestà per diventare martiri. Lo sanno i magistrati e gli investigatori che si battono contro la criminalità organizzata (come Scopelliti, Cassarà, Livatino), i giornalisti che non si limitano a riportare notizie d'agenzia ma indagano (come Impastato, Cutuli, Arrigoni), ma anche gli uomini delle scorte, i testimoni scomodi e moltissimi altri che hanno avuto la sola colpa di non voltarsi dall'altra parte. Sono morti a centinaia per proteggere lo Stato, la libertà di stampa, il significato della giustizia, i nostri diritti: un fiume di sangue su cui si regge la Repubblica. Le loro storie ci parlano di uomini e donne comuni, con una famiglia e una quotidianità uguali alle nostre, che non hanno esitato a rinunciarvi in nome della coerenza, del rispetto per il proprio lavoro e dell'amore per il proprio Paese. "Santi laici" si impegna a raccogliere l'eredità di queste vite, di queste storie di passione civile, a cui ogni anno il blog di Beppe Grillo dedica un calendario. Questo è un libro maggiore della somma dei racconti che lo compongono, più grande delle singole esperienze: è un compendio della nostra memoria collettiva, o di quello che dovrebbe essere. Perché l'elenco di omicidi ripercorre la nostra storia recente, dagli anni di piombo alle guerre di mafia, dalla stagione delle stragi agli attentati impuniti degli ultimi anni. E perché i Santi laici sono esempi pericolosi che il sistema si affretta a dimenticare.
Fine del mondo, terza guerra mondiale, epidemia letale: questi sono soltanto alcuni dei concetti che i profeti di sventura cercano di mettere nel nostro cervello. C'è un modo per difendere la nostra serenità? Sì, e questo libro cerca di spiegare come, aiutandoci anche a conoscere quello che realmente dovrebbe spaventarci e che, invece, accettiamo ogni giorno come normale.
Si può fare così la storia d'Italia. Scoprendo ogni giorno il fatto che accade. Sedendo in prima fila e guardandosi intorno. Ascoltando. Catturando. Registrando gli eventi quotidiani con gli occhi curiosi della cronista ironica. Raccontando, attraverso i suoi occhi e la sua mano, una storia, scritta al presente, che diventa Storia. Una storia italiana. Una storia italiana fatta di stelle che splendono, spendono, spandono e si spengono. Divi che fioriscono, sfioriscono, appassiscono; si sposano, sperano, si disperano. Donne che fanno le maestre, le commesse, le operaie. Una storia italiana. L'Italia della moda. Delle gonne che si accorciano, si allungano, si stringono, soffocano il ginocchio, lo liberano. Dei corpi. Dei seni che si gonfiano, si sgonfiano, si nascondono nei push up. Dei visi angelicati, indemoniati, plastificati. Delle sfilate. C'è silenzio lì, tra la folla. Tutti aspettano le modelle, con i loro abiti. Tutti aspettano di sapere come dovranno vestirsi, trasformarsi, camminare domani, oggi pomeriggio. Tra un'ora. Sfilano in passerella le modelle. C'è silenzio sacrale. C'è l'applauso finale. Allora: saremo tutti vestiti di viola. Sfilano, tra queste pagine, grandi attori, attorucoli e comparse. Rockstar, stilisti e affaristi. Ereditiere di Milano, contadine di Ravenna e domestiche di Genova. Le lunghe estati calde in Riviera, gli amori nascosti, gli amori annunciati, gli amori finiti.
Vi siete mai chiesti dove saremmo a quest'ora se al mondo non esistesse l'errore? Se Dio non avesse intaccato la perfezione del vuoto con la Creazione; se l'elica impazzita del Dna non avesse agganciato, di tanto in tanto, la proteina sbagliata; se Dante, peccatore errabondo, non avesse smarrito la "diretta via"; se davvero Colombo fosse sbarcato nelle Indie... Da sempre, la Storia procede di errore in errore, perché senza le sviste, gli inciampi e i tranelli dell'imprevisto l'umanità non sarebbe mai progredita, anzi, non esisterebbe neppure. In questo volume Pino Aprile ci guida in un percorso alla scoperta del lato sbagliato delle cose, insegnandoci ad apprezzare l'arte di prendere cantonate.
Si chiamavano Clara, Nadia, Magda, Felismina, Jang Qing, Elena, Caterina, Mira... Sono state spose, amanti, muse, ammiratrici... Si sono innamorate di un uomo crudele, violento e tirannico, l'hanno convinto che era bello, affascinante, onnipotente. A volte l'hanno dominato, a volte sono state tradite e ingannate. Alcune di loro sono state quasi più feroci del loro uomo. Spesso l'hanno seguito fino alla morte. Hanno tutte contribuito a plasmare le personalità più potenti e terribili del XX secolo. Del resto, uno degli ingredienti fondamentali del successo politico dei grandi dittatori è proprio il fascino esercitato sulle donne, che li inondavano di lettere d'amore. Come aveva capito Adolf Hitler, "l'importante è conquistare le donne, il resto arriva dopo". Diane Ducret ricostruisce gli incontri, le strategie seduttive, gli amori, il peso politico, il destino delle donne che hanno intrecciato le loro vite con quelle di Mussolini, Lenin, Stalin, Salazar, Bokassa, Mao, Ceausescu, Hitler, fino a entrare nel loro letto. "Le donne dei dittatori" esplora così i meccanismi più profondi e segreti del rapporto che lega sesso e potere. E, raccontandoci la storia da un'angolatura inedita, ci aiuta a capire l'attualità.
È risaputo. L'alta società assomiglia in tutto e per tutto a un ballo di gala: sotto i lustrini e gli abiti da sera pulsano le rivalità e le discordie più accese, circolano le peggiori malignità e i più infondati pettegolezzi. Eppure c'è chi in questa zona oscura del bel mondo ha imparato a camminare a occhi chiusi, armato solo di un inseparabile taccuino e di una penna affilatissima. Il suo nome è Indro Montanelli. Cosa c'entra una delle firme più prestigiose del Novecento italiano con i retroscena del jet-set e dei salotti letterari? La risposta è in questo libro, un concentrato di frecciate che sbeffeggia senza risparmio le ipocrisie e le piccolezze di amici, nemici, conoscenti e colleghi, riuscendo sempre a trasformare lo sdegno in ironia, il disprezzo in aforisma, la cattiveria in arte. In questi fulminanti testi, scritti per puro divertimento negli anni Cinquanta (sotto lo sguardo spietato del suo "cattivo maestro" Leo Longanesi), Montanelli rivela tutto il suo talento di dissezionatore del malcostume e mette a frutto il suo fiuto da segugio per stanare le contraddizioni e le magagne di chi gli sta intorno. Ma questi "Ricordi sott'odio" non sono solo un gustosissimo esercizio di crudeltà, sono anche e soprattutto la foto di gruppo di una stagione culturale che nella storia recente del nostro Paese non ha eguali.
"La pubblicità, uno dei mali più grandi di questo tempo, insulta i nostri sguardi, falsa tutti gli aggettivi, rovina i paesaggi, corrompe ogni qualità e ogni critica". Questa invettiva di Paul Valéry appare, oggi, più condivisibile che mai. E Mare Fumaroli ne ha d'improvviso piena consapevolezza "un certo mattino del settembre 2007", per strada, allorché "una minuscola conversione dello sguardo" gli permette di cogliere "l'assedio in piena regola" cui tutti noi siamo sottoposti, "presi e inghiottiti nell'esposizione universale, a getto illimitato e continuo, delle ultime attrazioni visive dell'arte delle arti contemporanee, il marketing". Per sottrarsi all'assedio, Fumaroli intraprende così un viaggio liberatorio, nel tempo e nello spazio, attraverso le arti visive e la storia della cultura dell'Occidente: dall'antichità greco-romana di un'Europa di cui Parigi è il cuore alle immagini di una contemporaneità di cui New York è la capitale. Un itinerario sinuoso come quello dei grandi viaggiatori del passato, sostando nei luoghi più disparati e concedendosi brevi o ampie diversioni, fra incontri di ogni tipo (dal Parmigianino a Duchamp a Warhol a Damien Hirst, da Chateaubriand a Baudelaire, da sant'Agostino a Kierkegaard, da Barnum a Buffalo Bill, da Vitruvio a Frank Lloyd Wright) - e dando libera espressione a entrambe le sue anime: quella di erudito e quella di affilato pamphlettista. Un viaggio per il quale il lettore gli sarà grato, purché sappia seguirlo nello spirito di quell'otium attivo...
I trattati internazionali non riescono più a frenare i crimini di guerra perché i conflitti attuali sono scontri spietati tra belligeranti diseguali che fanno regredire alla barbarie più feroce. Dilagano forme di privatizzazione della guerra (i "famosi" contractors) che si sottraggono a qualsiasi tipo di legge. I diritti umani, poi, sono usati spesso come pretesti per attaccare l'avversario. È talmente antiretorica questa conversazione di Antonio Cassese da mettere a nudo la debolezza del diritto proprio in chi si è speso e si spende tuttora, rischiando in proprio, per affermarlo. Ma in questo paesaggio umano dolente, dove si scandagliano i fondali della nostra convivenza civile, emerge con forza il ruolo decisivo dell'opinione pubblica internazionale: quella che Cassese intende qui risvegliare raccontandoci, con la memoria degli occhi ma anche con la generosità del cuore, gli incontri e gli scontri della sua vita di judge internazionale.
Saima, torturata e uccisa dal padre per aver cercato, con il ragazzo che si era scelta, una vita diversa a Karachi. Marie, che dopo aver perso la figlia Laurette nell'epidemia di colera seguita al terremoto di Haiti, ora insegna alle altre donne in una scuola di Medici senza Frontiere come difendersi dall'infezione. Marie Lucie che ha vagato due giorni fra le macerie di Port-au-Prince stringendo a sé la piccola Marianne. Lidia, di Guatemala City, caricata a forza su un'auto e violentata tra la folla in un mercato. Anaya che ha partorito a sessanta miglia da Lampedusa su una carretta del mare in avaria. Jeany e Mercy, infettate dal virus dell'HIV in Malawi, che si curano e continuano a sperare. Sono solo alcune delle storie al femminile che Monica Triglia ha raccolto nei centri di Medici senza Frontiere, negli ospedali dove operano i suoi dottori e il suo personale. Racconti di donne senza volto, su cui i riflettori non si accendono mai, donne ferite, violate, emarginate. Ma anche di donne che, un giorno della loro vita, hanno preso una decisione esaltante e difficile al tempo stesso, quella di entrare a far parte di MSF. A queste donne dimenticate Monica Triglia ha regalato una voce: attraverso le testimonianze raccolte in Pakistan, Haiti, Guatemala, Lampedusa, Malawi, ci fa scoprire un mondo lontano ma di grande impatto emotivo, e ci dice, una volta di più, che se si vuole dare una speranza di futuro e di sviluppo a un Paese in difficoltà, si deve partire dalla donna.
C'è un professionista che ha aperto un passaggio abusivo fra la casa e lo studio e non si trova un giudice in grado di impedirglielo; ci sono i genitori separati che, sulla strada della riconciliazione, vorrebbero ricontrattare tempi e modi dell'affido congiunto dei figli, ma un giudice sedicente esperto in materia non vuol cedere sulle restrizioni concordate anni prima, quando tra i coniugi era "guerra aperta"; c'è poi il caso del licenziato dalla discoteca che lo aveva assunto facendogli firmare un contratto per l'intera stagione e che per recuperare il compenso dovuto e non corrisposto attende oltre dodici anni, durante i quali le lire fanno in tempo a diventare euro; e poi ci sono le sentenze mai depositate, i ritardi smisurati e le assenze ingiustificate di giudici e magistrati... c'è perfino una causa da 35,00 euro e un giudice che autorizza un tizio a portare la pistola in aula. Insomma, la giustizia civile in Italia proprio non funziona. Tanto che nel Belpaese i processi civili pendenti, come dicono gli addetti ai lavori, sono più di 5 milioni e mezzo: un numero impressionante di eredità, fallimenti, divorzi, liti di ogni genere congelati per anni e anni dentro il grande freezer della giustizia.
Dalle campagne e dalle mense contadine alle tavole borghesi, con le loro diverse liturgie, all'attuale contaminazione universale di modelli gastronomici. Dal paiolo che bolliva appeso alle catene del camino al focolare televisivo, dalle mitologie lunari e dal decollo della scienza galileiana all'attuale scenario postagrario e postindustriale, "La terra e la luna" esplora zone ed epoche cruciali della storia alimentare. Raccontandoci di pane, vino, formaggi, ma anche di grassi e olii, delle cucine regionali e delle tecniche industriali di conservazione, per arrivare a paninoteche, insalatone e spezzatini di soia, Piero Camporesi ripercorre dall'Alto medioevo a oggi l'evoluzione dei rapporti della società con il cibo per individuare, nell'incessante interazione tra la concreta materialità dei processi fisiologici e la dimensione simbolica e culturale, le continuità e le fratture nel costume e nelle abitudini quotidiane degli italiani.
ogni otto minuti nel mondo una donna viene assassinata. Per gelosia, perché non si vuole accettare la fine di una relazione o perché la sua debolezza la rende una preda facile e indifesa. La misteriosa morte di Simonetta Cesaroni, il delitto dell'Olgiata, i treni silenziosi sui quali ammazzava Donato Bilancia, sono solo alcuni dei casi che hanno occupato per anni le pagine di cronaca. Se per alcuni di essi il rigoroso esame della scena del delitto ha condotto in tempi brevi gli inquirenti alla cattura del colpevole, per altri il contributo essenziale è arrivato dopo anni con l'ausilio dell'attività tecnico-scientifica, e in particolare grazie alla prova del Dna. In "Uomini che uccidono le donne", Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, ripercorre i crimini italiani più celebri e controversi, risolti proprio attraverso le più avanzate analisi di laboratorio e l'utilizzo della "prova regina". Dall'inchiesta sull'omicidio di Dobbiaco del 2002, che portò all'arresto del responsabile per mezzo di uno screening genetico di massa (lo stesso metodo che potrebbe risolvere il caso di Yara a Brembate) alla ricostruzione della folle dinamica della strage di Erba; dalla scarcerazione di due innocenti accusati per errore dello "stupro della Caffarella", alle ultime rivelazioni sull'omicidio della studentessa sedicenne Elisa Claps, scomparsa nel lontano 1993. Garofano ci guida sui luoghi del delitto, ripercorrendo le indagini della polizia scientifica.