Un testo sconcertante, che, a tratti, lascia il lettore spaesato, mettendo a nudo, con sobria e ironica dissacrazione, i luoghi comuni e le ipocrisie della società borghese, del lavoro, dell'economia, della famiglia, della cultura. "Il denaro" rappresenta al meglio la profonda crisi della Belle Épogue e appalesa la maestria della penna di Péguy, autore capace di dare una forma letteraria raffinata alla critica dell'esistente, sempre fuori da schemi ideologici prevedibili o scontati. Tradotto e curato da Giaime Rodano, che per questa edizione ha scritto una nuova introduzione, intitolata: Péguy l'antimoderno, profeta del "postmoderno".
Il vantaggio di ogni crisi, come quella che sta attraversando attualmente la società, è che "costringe a tornare alle domande; esige da noi risposte nuove o vecchie, purché scaturite da un esame diretto" (Hannah Arendt). È un invito ad aprirsi agli altri e a non irrigidirsi sulle proprie posizioni. È un'occasione di incontro e una circostanza preziosa anche per i cristiani, chiamati a verificare la capacità della fede di reggere davanti alle nuove sfide, chiamati a entrare senza timore in un dialogo a tutto campo nello spazio pubblico. "La bellezza disarmata" propone gli elementi essenziali della riflessione svolta da don Julián Carrón a partire dal 2005, anno della sua elezione a presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione dopo la scomparsa del fondatore, il Servo di Dio don Luigi Giussani, che nel 2004 lo aveva chiamato dalla Spagna per condividere con lui la responsabilità di guida del movimento. Gli scritti, nati in occasioni diverse, sono stati ampiamente rielaborati e ordinati dall'autore allo scopo di fornire organicamente i fattori di un percorso decennale, lungo il quale egli ha approfondito il contenuto della proposta cristiana nel solco di don Giussani, alla luce del magistero pontificio e in paragone col travaglio e le urgenze dell'uomo contemporaneo. Il volume intende offrire il contributo di una esperienza di vita a chiunque sia alla ricerca di ragioni adeguate per vivere e costruire spazi di libertà e di convivenza in una società pluralistica.
Cosa vuol dire aver fatto il bambino nell'Italia del boom economico e il ragazzo negli anni Settanta? Ce lo spiega con implacabile ironia Beppe Severgnini, in un libro che ormai è un classico e da vent'anni ci racconta chi siamo. In questa edizione - totalmente rivista e arricchita con fotografie di oggetti recuperati in "lunghe giornate di speleologia domestica" - i racconti e i ricordi personali di Beppe si trasformano nella biografia di una generazione cresciuta tra biglie in spiaggia e picnic in montagna, minibasket e ping-pong, corsi d'inglese e viaggi col plaid, Vespe e traghetti. Chi è adulto, con questo libro ripercorrerà le tappe della propria formazione; i figli sorrideranno leggendo le gesta dei genitori; i meno giovani sfoglieranno l'album di famiglia. E tutti insieme capiremo come la storia di un bambino italiano possa diventare anche storia d'Italia. Una storia che prova una cosa: "Credo che italiani siamo diventati tutti. E italiani, in Italia, si diventa ancora".
Il lavoro, intenso e totalizzante, le amiche, gli amori, i viaggi. È questa la vita di Rita fino al giorno della diagnosi più inaspettata, quella che non si vorrebbe ascoltare mai: un cancro già a uno stadio avanzato. Tutto il suo mondo le crolla addosso, ma non c'è tempo per cedere alla disperazione e alla paura, bisogna iniziare subito la cura. Preparare le valigie, non per una vacanza, ma per sottoporsi alla chemioterapia al Campus bio-medico che diventa una seconda casa, mentre il tumore è il detestato inquilino moroso da sfrattare. Una cura faticosissima, che scandisce il tempo con i suoi cicli e rende le giornate una lotta contro gli effetti collaterali. In questa guerra quotidiana Rita conquista nuove consapevolezze e una forma profonda di felicità. Grazie al percorso chemioterapico e a un anno di sacrifici che le ha consentito di riscoprire tutto ciò che più conta nella vita, Rita può concedersi un ultimo viaggio per festeggiare il Capodanno. Anche se la guerra non è vinta, il cielo stellato sopra il catamarano che solca i mari dei Caraibi è più luminoso che mai.
Un pugno nello stomaco. La rivelazione del lato oscuro di una delle città più sognate del mondo. La bellezza e la gioia di vivere carioca assediate dalla violenza di criminali e poliziotti, dalla ferocia della dittatura e dalla corruzione della democrazia, dal trionfo dei cliché che nascondono la realtà. Antropologo e scrittore, autore del libro da cui è stato tratto il famoso e cruento film "Tropa de Elite", amministratore pubblico con alte responsabilità, Luiz Eduardo Soares ha avuto accesso al meglio e al peggio di Rio de Janeiro. Ha studiato e frequentato le favelas più malfamate, ma ha anche vissuto nei quartieri bene e lavorato nei grandi palazzi del governo. Per tutta la vita ha ascoltato racconti al limite dell'incredibile, ha preso il sole su spiagge da sogno, ha partecipato al famoso Carnevale, ha vissuto in altre città e in altri paesi, ma è sempre tornato a Rio. E ora ha deciso di raccontare la sua città al mondo. Così nasce questo libro, un caleidoscopio di orrore e speranza, bellezza e violenza, danza e furia. Mangueira, la peggiore delle favelas, e il suo cammino di cambiamento. La manifestazione di protesta spontanea del 2013, la più grande della storia brasiliana. I cliché, così superficiali, così profondi, della festa del Carnevale. L'orrore della tortura di stato durante la dittatura. La profonda corruzione della democrazia, vista in prima persona.
"L'Italia è un giardino" è un libro che racchiude i luoghi pensati e costruiti per il piacere dell'occhio di chi osserva: dai giardini di Valsanzibio, Tivoli e Firenze a quelli pubblici di Palermo, Genova e Milano, dalle grandi regge di Monza, Venaria e Caserta ai boschi-giardino di Ninfa, Merano, Ischia e Bomarzo. Eden che a volte imitano, come in un gioco di specchi, la natura selvaggia, quel mondo che un tempo esisteva soltanto oltre le mura. Una finta natura addomesticata, un paesaggio immaginato e poetico, costellato di citazioni esplicite tratte dalla cultura antica, neoclassica, barocca o moderna. Occasioni preziose per ristabilire un'armonia urgente e necessaria col mondo.
Dai cani randagi crudelmente soppressi in Romania alle bambine cambogiane vendute per una notte ai nuovi ricchi cinesi, dal massacro degli yazidi in Siria a quello degli elefanti in Africa, questo libro racconta in presa diretta molti degli orrori che funestano il nostro pianeta. Le 'cose viste' da Pietro Del Re, da anni inviato di guerra, sono lo sterminio tra popoli e nazioni rivali e la violenza sull'ambiente e le sue creature più fragili, uccelli equatoriali o balene della Norvegia. Sono cronache, queste, che spaziano su più continenti, e senza distinzione di specie, con la convinzione che l'avvicinarsi il più possibile al dramma per ascoltare vittime e aguzzini, dannati e salvati, sia l'unico modo per smontare i meccanismi del Male, svelandone a volte gli ingranaggi meno visibili. Nel buio di tanto orrore brilla talvolta una scintilla di speranza nella tenacia, nel sorriso o nel coraggio di coloro che non si piegano davanti al crimine e all'ingiustizia. Sono loro che possono riscattare il mondo dall'abominio.
Pavia, qualche anno dopo il 774. Alla tavola di Carlo Magno, che festeggia la vittoria sui Longobardi, si insinua di nascosto Adelchi, il principe sconfitto. Ma perché si ingegna a spezzare diligentemente tutte le ossa di cervo, di orso e di bue che restano nei piatti? Fonte Avellana, XI secolo. Pier Damiani è malato da tempo. Il suo corpo è debilitato perché nell'eremo il cibo scarseggia, in particolare manca il pesce. I confratelli insistono perché mangi carne, ma lui li rassicura: abbiate fede, il pesce prima o poi arriverà. Sarà Dio stesso a pensarci. Alessandria d'Egitto, XIII secolo. Il cuoco Fabrat vede comparire un povero con un pane in mano. Non ha soldi per comprare altro cibo, tiene il pane sopra la pentola e intercetta il fumo che sale. Fabrat non è di buon umore; si rivolge al povero con modi sgarbati e gli dice: adesso pagami "di ciò che tu hai preso del mio". Il povero si schermisce: ma scusa, io non ho preso dalla tua cucina altro che fumo. Fabrat non molla: pagami quello che mi hai preso. Come andrà a finire? E che avventure sono quelle di Dante Alighieri ospite del re di Napoli, del contadino Bertoldo in fin di vita per non avere rape da mangiare, dei castelli di zucchero presentati al banchetto di nozze del signore di Bologna, del cuoco Martino che lavora a tu per tu con l'umanista Platina? Si leggono d'un fiato le storie di questo libro, senza perderne una.
È arrivato il momento, dopo trentasei anni, di spiegare fatti rimasti finora in sospeso. Gli italiani hanno assistito inermi ad attentati di ogni genere: omicidi di militanti politici, poliziotti, magistrati. E stragi crudeli, terribili, come quella alla stazione dì Bologna del 2 agosto 1980 che causò 85 morti e 200 feriti e che, nonostante la condanna definitiva dei tre autori, continua a essere avvolta nel mistero. Dopo interminabili indagini giudiziarie e rinnovate ipotesi storiografiche, gli autori di questo libro, esaminando i materiali delle commissioni Moro, P2, Stragi, Mitrokhin, gli atti dei processi e degli archivi dell'Est, e documenti "riservatissimi" mai resi pubblici, hanno tracciato una linea interpretativa sinora inedita, restituendo quel tragico evento a una più ampia cornice storica e geopolitica, senza la quale è impossibile arrivare alla verità. La loro inchiesta chiama in causa la "doppia anima" della politica italiana, le contraddizioni generate dalla diplomazia parallela voluta dai nostri governi all'inizio degli anni Settanta e, in particolare, lo sconvolgimento degli equilibri internazionali provocato dall'omicidio di Aldo Moro, vero garante di un patto con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina finalizzato a evitare atti terroristici nel nostro paese. Senza questo viaggio a ritroso nel tempo è impossibile capire la stagione del terrorismo italiano culminata nell'esplosione del 2 agosto 1980.
Un pamphlet che, attraverso uno stile sciolto e senza retorica, consente di capire che cosa sta realmente accadendo alle relazioni tra l'Europa e quella parte del mondo islamico a noi più vicina, dal Medio Oriente al Maghreb fino alle comunità islamiche europee, illuminando nessi storici dimenticati e fornendo un importante strumento di riflessione sulla convivenza con i musulmani che vivono nei nostri paesi. Prefazione di Sergio Romano.
Gennaio 1933: Adolf Hitler viene nominato cancelliere e adotta una serie di provvedimenti volti a instaurare un regime totalitario e spiccatamente antisemita. Lion Feuchtwanger e Arnold Zweig, celebri scrittori ebreo-tedeschi, si trovano all'estero e decidono di non tornare in Germania. Continueranno però a riflettere su temi come la storia, la cultura e l'identità ebraiche. I due saggi contenuti ne "Il compito degli ebrei" che, pubblicati a Parigi in quello stesso fatidico 1933, vengono proposti ora al lettore italiano si inseriscono perfettamente nella medesima tradizione di pensiero rivelandosi nel contempo assai stimolanti e stilisticamente pregevoli. Ciò vale per il contributo di Feuchtwanger, secondo il quale il nazionalismo ebraico, in quanto fenomeno cosmopolita ed esclusivamente culturale, sarà in grado di arricchire in misura determinante un mondo ormai senza frontiere, come per il breve saggio di Zweig, il quale prende in esame l'insopprimibile volontà di esprimersi che aveva contraddistinto l'attività di tanti artisti provenienti dalle comunità ebraiche dell'Europa orientale e i risultati prodotti nei diversi ambiti artistici.
Qual era la lingua parlata da Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden? L'ebraico, il greco, il latino? Olender ripercorre il dibattito delle grandi discipline (filologia, linguistica comparata, storia delle religioni), mostrando come nel momento di massima "positivizzazione" delle scienze umane emerse una biforcazione tra Ariani e Semiti, decisiva per tutto il sistema culturale occidentale. Lo studioso ci conduce alle radici della nostra identità religiosa e culturale, e ci consente di intravedere come all'incrocio tra filologia e mitologia, tra religione e scienza si stagliano, già nell'800, come scrive Jean-Pierre Vernant nell'introduzione "quasi sullo sfondo oscuro di un quadro le ombre dei lager e il fumo dei forni".