È giunto il momento di porsi domande molto più profonde su cos'è l'Unione e su ciò che dovrebbe diventare I leader europei hanno deciso: l'Ucraina, la Moldavia, la Georgia e tutti i paesi dei Balcani occidentali entreranno nell'Unione europea. Le buone argomentazioni non mancano ma, di fronte a Putin determinato a distruggere tutto ciò che rappresenta, l'UE non ha margine di errore, soprattutto dopo l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Tuttavia il processo è stato avviato senza un piano preciso né un accordo sugli elementi essenziali. Lungi dal rafforzare l'UE, questa decisione potrebbe ostacolarne l'azione, privandola al tempo stesso della sua efficacia. È una corsa a capofitto mentre l'Europa non ha ancora una politica estera, una difesa unificata, un bilancio degno di questo nome. Inoltre, questi leader non hanno imparato nulla dall'illusione turca vent'anni fa o dalla Brexit? In Europa nulla è mai scontato, soprattutto quando il nazionalismo ritorna prepotente. Non è più il momento di fingere che l'unione fa la forza senza prima occuparsi di creare unità.
I rapporti tra poteri pubblici e religioni - e in particolare il diritto alla libertà religiosa - hanno avuto un ruolo centrale nella storia d'Italia. Non a caso, gli sono dedicati ben quattro articoli della Costituzione, un esempio raro nel costituzionalismo contemporaneo. Tuttavia, il cammino del diritto alla libertà religiosa è ancora poco studiato nel nostro paese. Da questa scarsa conoscenza deriva un dibattito pubblico poco attento alla dimensione giuridica delle problematiche legate alle identità religiose e una certa difficoltà - o resistenza - della politica e dell'amministrazione ad attuare un diritto spesso misconosciuto e sottovalutato nelle sue implicazioni civico-sociali. In parallelo, la trasformazione del panorama culturale e religioso italiano, ormai pluralista, rende urgente la consapevolezza delle sfide da affrontare e degli strumenti normativi disponibili. L'attuazione del diritto alla libertà religiosa diventa così un banco di prova per valutare la fedeltà agli standard del costituzionalismo democratico. Questo libro, a tredici anni dalla prima edizione e a quarant'anni dal "nuovo concordato", offre una sintesi e una chiave interpretativa della situazione attuale, evidenziando le principali questioni ancora aperte, che richiedono una riflessione e un intervento non più procrastinabili.
Le basi della terapia cognitiva - primo volume di una serie di manuali operativi dedicati alle terapie cognitivo-comportamentali di seconda e terza generazione - descrive i principi e le tecniche della Terapia razionale emotiva comportamentale (REBT), la prima forma di terapia cognitiva che ha definito la struttura del colloquio cognitivo introducendo il celebre modello ABC. Dopo una chiara illustrazione delle basi filosofiche e teoriche di questo approccio, il volume approfondisce i dieci passi della procedura REBT, suddivisi in una fase di accertamento e una di intervento. Ogni capitolo è organizzato in tre sezioni: principi di base, linee guida e problemi e soluzioni. Il testo è arricchito da esempi di domande e vignette cliniche, che lo rendono un riferimento prezioso sia per i terapeuti in formazione sia per i professionisti e i clinici più esperti che desiderano approfondire le loro conoscenze e competenze nelle tecniche cognitivo-comportamentali.
Il "Kit per la pratica sensomotoria" costituisce uno strumento concreto che permette di accedere alla conoscenza innata che risiede nel corpo di ciascuno di noi, troppo spesso condizionata da storie personali e contesti socioculturali di cui non abbiamo piena consapevolezza. Le carte, suddivise in 15 temi, propongono un approccio diretto al metodo della psicoterapia sensomotoria di Pat Ogden, senza però voler in alcun modo sostituire un percorso clinico. Vi si può fare ricorso tra una seduta e l'altra, all'interno del setting terapeutico o anche in autonomia, dopo aver acquisito dimestichezza con le modalità proposte. Poiché il corpo ci insegna sempre qualcosa di diverso lungo tutto l'arco della nostra vita, questi esercizi possono essere svolti in qualsiasi momento, anche a distanza di anni, per trarre nuove conoscenze e sviluppare una connessione profonda con noi stessi, gli altri e il mondo.
L'eredità che Hannah Arendt ha consegnato al nostro tempo è immensa e viene qui offerta l'opportunità di raccoglierla con la consapevolezza che in questi decenni non si è esaurito il gravoso e delicato compito trasmesso alle generazioni future. In The Human Condition, in modo particolare, Arendt ha gettato le basi di un programma di lettura e interpretazione del moderno, privo di indulgenza nei confronti degli stereotipi ricorrenti e del progressivo appiattimento delle condizioni della vita umana entro cui è legittimo sperare di costruire spazi di riconoscimento comune, nonché di stabilire legami di reciprocità. I contributi qui raccolti riflettono una pluralità di voci e prospettive, ciascuna contrassegnata da specifici accenti e sensibilità. Ogni saggio pone criticamente in risalto aspetti centrali della riflessione arendtiana, ma anche quei non pochi punti controversi o eccessivamente densi, per non dire opachi, di un pensiero che non si lascia agevolmente afferrare, e non è collocabile senza un certo disagio all'interno di alcuna delle correnti culturali o ideologiche del Novecento, benché sia innegabilmente un pensiero della modernità quello che con Arendt ha inteso volgersi contro e "oltre" il moderno.
Le voci silenziate dell'accoglienza sono innanzitutto quelle di chi - in un mondo scosso da guerre sempre più sanguinose e disuguaglianze sempre più estreme - cerca protezione, pace e libertà in Europa, sfidandone le frontiere fortificate, i respingimenti. Le voci di chi è arrivato in Italia cercando sicurezza e la protezione. Le ha trovate? È stato accolto? Come appare l'accoglienza agli occhi di chi la riceve? Che cosa ne pensano i diretti interessati? Come ne interpretano le pratiche e i servizi? Rispondono alle loro urgenze, bisogni, desideri? Le loro parole, raccolte in un lungo percorso di ricerca, che ha coinvolto quasi 400 migranti inseriti o esclusi dai sistemi di accoglienza italiani e quasi 200 operatori, restituiscono un punto di vista "altro", in ombra perché trascurato, se non esplicitamente silenziato nel dibattito pubblico, cui non hanno diritto di parola. La voce silenziata è anche quella degli operatori dei diversi sistemi di accoglienza, lavoratori che quotidianamente affrontano con i rifugiati le contraddizioni, le criticità, le disconnessioni di un sistema incompiuto e frammentato, in cui la parola protezione fatica a concretizzarsi nella realtà. Allo specchio, migranti e operatori, riflettono da dentro, mettendo in gioco gli specifici angoli visuali e attraverso i loro vissuti è possibile comprendere in un modo inedito l'accoglienza, le sue dinamiche, le sue logiche, il suo possibile sviluppo.
"La donna che sfidò la jihad" è la storia vera di una ragazza cresciuta sotto il dominio islamico radicale, addestrata a credere che il suo scopo ultimo fosse servire Allah morendo come jihadista. Una ragazza che, due notti prima di "partire per sempre", fa un sogno che cambia definitivamente il suo futuro. Contro ogni previsione, dopo quel sogno, Esther si converte al cristianesimo, anche se lasciare l'islam significa firmare la sua condanna a morte. Invece di ucciderla, il padre la sfida a una serie di dibattiti pubblici con studiosi musulmani: la Bibbia contro il Corano. Il prezzo della sfida è la sopravvivenza: se Esther vincerà il dibattito sarà libera, ma se vinceranno gli studiosi musulmani rinuncerà alla sua fede cristiana. Questo libro è la storia della decisione radicale di una donna e di quella sfida; ma è anche, e soprattutto, il racconto di ciò che accade nelle comunità fondamentaliste, di come vengono cresciuti e formati i futuri terroristi: un'incredibile storia vera di una battaglia personale che diviene insieme storica, politica e sociale.
Il libro è stato paragonato da Umberto Eco a un cucchiaio: un oggetto perfetto e non ulteriormente migliorabile. Ma come si è arrivati a questo risultato? Federica Formiga spiega quali siano gli elementi che identificano il prodotto librario e propone, in un percorso sistematico attraverso i secoli, le tappe del suo sviluppo e i suoi maggiori protagonisti. È tra Quattrocento e Cinquecento che si stabilizza un'accezione di libro come oggetto in grado di contenere testo in quantità considerevoli, prodotto a costi relativamente bassi e capace di resistere nel tempo. Il Settecento e l'Ottocento sono invece i secoli di svolta per gli autori, che iniziano a vivere del lavoro della propria penna, mentre gli editori si aprono alle nuove tecniche di stampa, che hanno lanciato il libro verso la modernità, passando dalla censura e dai diritti editoriali. Infine, agli e-book è riservata l'ultima parte, in cui si cerca di capire quali, forse, nuovi scenari aspettano il libro.
È un lavoro interdisciplinare, che utilizza tutte le fonti di conoscenza disponibili per affrontare il difficile tema della scrittura e della storicità dei Vangeli. Un grande contributo a questa investigazione viene dallo studio scientifico e brillante delle opere di Maria Valtorta.
L’argomento del presente libro è quello della datazione e attribuzione dei Vangeli canonici, la cui storicità, che comporta la verità storica degli eventi narrati è stata apertamente messa in dubbio nel secolo XIX. In particolare, è stato messo in dubbio che fossero stati scritti da testimoni oculari degli eventi narrati e che risalissero ai primi decenni dopo la crocifissione di Gesù, nonostante i molti documenti storici rinvenuti, tra i quali i frammenti di papiro molto antichi che potrebbero risalire anche a poco dopo il concilio di Gerusalemme dell’anno 49. Gli scritti di Maria Valtorta possono aiutarci in questo sforzo esegetico. E al di là delle tante informazioni di carattere storico, la lettura delle sue pagine davvero «innalza la mente a Dio, nutre l’animo e promuove la vita interiore».
Questo manuale fornisce un quadro completo della psicologia dello sviluppo. Dopo una descrizione delle principali teorie dello sviluppo - da quelle classiche a quelle più recenti - sono presentati i metodi di indagine più comunemente utilizzati per studiare lo sviluppo e sono trattati i diversi domini in cui l'individuo concretamente si sviluppa: fisico, motorio, percettivo e cognitivo. Sono poi illustrati i processi di acquisizione del linguaggio e del comportamento comunicativo, lo sviluppo sociale, affettivo, emotivo e morale. Disponibile nella sua versione digitale sulla piattaforma Pandoracampus.
Come affrontare le sfide di questa nostra epoca sempre più precaria, in cui la lotta tra Bene e Male pare sul punto di raggiungere il proprio apice e ogni luce si estingue, avvolta dall'avanzare delle tenebre? Come si può evitare, in questi tempi bui, di domandarsi se sia ancora possibile un futuro per il genere umano? Per padre Livio una risposta a queste domande esiste, e risiede nella fortezza. Ma non bisogna confondersi: la fortezza non ha nulla a che fare con la forza fisica, la violenza o la prepotenza; è piuttosto, insieme alla prudenza, alla giustizia e alla temperanza, una delle quattro virtù morali sulle quali l'uomo è chiamato a costruire se stesso. Una qualità dell'anima, e quindi spirituale, necessaria e imprescindibile per affrontare quel cammino che è la nostra vita e che, per sua natura, è faticoso e colmo di insidie. Ma ognuno di noi, addestrandosi fin dall'inizio alla pratica di questa virtù, perseverando e guardando alla propria esistenza come a una missione da compiere, può trovare il sentiero per uscire dal labirinto delle illusioni e, grazie all'intelligenza e alla volontà che gli è stata donata, navigare attraverso il mare agitato dell'esistenza, senza affondare al primo temporale e aprendosi un varco al di là delle tenebre, verso l'eternità.
Ambigua e poliedrica, la vergogna ci riguarda tutti: attraversa la storia dell'umanità, si manifesta nei primi mesi della nostra vita e non ci abbandona mai, fino all'ultimo respiro. Capace di trasformarsi in strumento di riscatto o di devastazione, può aprire la strada alla redenzione, come accade all'assassino che riconosce l'orrore del suo delitto, o condurre a scelte moralmente discutibili, come nel caso del pavido che, per paura del giudizio dei compagni, si rende colpevole degli atti più riprovevoli. La vergogna, dunque, è «buona» quando rivela la nostra vulnerabilità e si fa forza trasformativa. Ma è anche «cattiva» quando ci annichilisce, riducendoci al silenzio per conformarci ai valori più meschini della collettività. È perciò un'emozione legata a doppio filo allo sguardo dell'altro, che ci scopre e ci espone, svelandoci non solo agli altri, ma anche a noi stessi. Si manifesta nel viso, nella voce e nel corpo e ci distingue dagli animali: il rossore è segno evidente di un'emozione che è solo umana. Tra delitti efferati compiuti per paura del disonore e la «vergogna dei giusti» di cui parla Primo Levi, e a partire dal suo etimo (la «gogna» medievale), Marco Bouchard esplora le infinite pieghe della vergogna, scavando nel suo ruolo di strumento sociale, tra controllo e coesione. Con una prosa che fonde pensiero civile, riferimenti letterari e vicende di cronaca, il libro traccia la mappa di questo sentimento universale e offre una riflessione profonda su come la vergogna modelli l'umanità e le sue relazioni. Dal pensiero di Braithwaite sulla vergogna reintegrativa ai personaggi delle opere di Roth, McEwan ed Ernaux, passando per le riflessioni teologiche di Bonhoeffer e il richiamo a passi biblici e mitologici, e a precedenti giudiziari, ogni pagina illumina un aspetto meno ovvio della vergogna, mostrando come questo sentimento complesso e sfuggente sia legato, in modo imprescindibile, all'idea stessa di convivenza civile.