Vasco da Gama raggiunse l'India via mare nel 1498. Se il suo nome rinvia all'epopea delle scoperte geografiche, questo libro ne ricostruisce la vita e le imprese sottraendole all'ingannevole leggenda che s'iniziò a formare intorno alla sua figura quando era ancora in vita fino a farne, secoli dopo, un eroe nazionale portoghese. Così, una ricerca storica diviene un'occasione per riflettere su questioni più generali come l'invenzione dei miti e il modo in cui il nazionalismo se ne serve.
"Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governarle". Così scriveva nel 1895 Gustave Le Bon nel suo celebre libro "Psicologia delle folle". Emilio Gentile rievoca le principali esperienze di partecipazione delle folle alla politica dall'antichità all'età contemporanea, per concludere con esempi di capi straordinari, che hanno governato con le folle per distruggere o per salvare la democrazia. Da Napoleone Bonaparte a Napoleone III, incontrando poi Franklin D. Roosevelt, Churchill, de Gaulle e Kennedy, il lettore avrà modo di riflettere sull'attuale tendenza a trasformare il "governo del popolo, dal popolo, per il popolo" in una democrazia recitativa, dove la politica diventa l'arte di governo di un capo, che in nome del popolo muta i cittadini in una folla apatica, beota o servile. Attraverso la storia raccontata da Gentile, il lettore può forse trarre l'impulso a preservare la dignità della propria coscienza critica, evitando di essere assorbito nella folla sottomessa al capo in una democrazia recitativa.
L'11 settembre 2001 ha segnato l'avvio di un nuovo capitolo della storia mondiale. Da quel momento il terrorismo di "matrice islamica" è diventato uno dei fenomeni che più hanno segnato lo scenario internazionale, lasciando lungo il suo corso una scia di sangue che pare esulare da ogni logica e ragione. Ma quali sono le radici storiche che hanno alimentato la nascita delle diverse formazioni jihadiste e quali percorsi ne hanno segnato l'evoluzione in questi anni? Cosa si intende per jihadismo e quali rapporti esso intrattiene con il concetto di jihad? Cosa distingue al-Qaida dal sedicente "Stato lslamico" e come ha fatto quest'ultimo a divenire un attore di primo piano all'interno del contesto mediorientale e globale? Chi sono i foreign fighters partiti per andare a combattere in Siria e Iraq? Quali sono le sfide portate dai gruppi jihadisti a Tunisia, Libia ed Egitto? Come viene letta dalle nostre agenzie di sicurezza la minaccia posta dai mujaheddin e come possono affrontarla in teatri distanti e complessi? Sono queste alcune delle domande a cui il volume intende dare risposta, avvalendosi del sostegno di un gruppo di sette ricercatori riuniti dall'ISPI, uno dei più antichi e importanti istituti di ricerca con sede a Milano.
Gino ha undici anni e della guerra sa solo che porta la fame, e che quando arrivano gli aerei si scappa in cantina. L'emigrato Italo vive a Parigi, si è sposato da poco ed è felice, ma stanno arrivando i tedeschi, e con loro le caccie all'uomo. Ben poche delle persone investite dalla guerra in casa furono senza dubbio carnefici, o divennero vittime senza scampo. La verità è che tutti cercarono, ogni giorno, di prendere decisioni e di sopravvivere in un contesto sempre più difficile, in una dimensione esistenziale che non può coesistere con facili schematismi, ma è immersa nel grigio della nebbia morale. Come hanno fatto loro i conti con quel passato? E come li abbiamo fatti noi? L'Italia dei venti mesi di guerra civile (1943-1945) è tutt'oggi un campo di battaglia storiografico. Le responsabilità, gli eroismi, le ragioni e i torti occupano ancora molta letteratura storica e divulgativa. Gli occhi sono puntati sui nazisti, oppure sugli ebrei, oppure sui partigiani. Con questo libro, Carlo Greppi compie un'operazione del tutto originale e riesce a spostare la questione al di fuori del terreno consueto, impostando la sua ricerca alla scoperta del vissuto, delle storie e delle vite degli "uomini in grigio", cercando di restituire al lettore una visione non deformante di quel momento storico. Un modo nuovo di scrivere la storia. Il periodo più buio dell'Italia novecentesca. E una domanda: cosa sarebbe stato ciascuno di noi sotto la Repubblica di Salò?
Come sono cambiati il ruolo e l'immagine della donna nella contemporaneità? A tale interrogativo cerca di rispondere questo volume che, promosso dall'Associazione di Storia Contemporanea, presenta in un quadro d'insieme agile e lineare alcune tra le principali tappe che hanno radicalmente trasformato la condizione della donna moderna: libri, impegno politico e amministrativo, leggi e sentenze, esperienze di lotta e di contestazione, canzoni e riviste hanno fatto fare un salto di qualità alla donna, delineando un itinerario non privo di ostacoli e storture, di fraintendimenti e complicazioni, ma comunque rivolto nella direzione del superamento della discriminazione, dell'inferiorità e della marginalità che hanno a lungo condizionato, e ancora condizionano, la sua vicenda storica.
Cinquecento anni fa, il 29 marzo 1516, il Senato della Serenissima Repubblica di Venezia deliberò che gli ebrei di diverse contrade cittadine si trasferissero "uniti" (cioè tutti) nella corte di case site in Ghetto, presso San Girolamo. Nasceva così il primo "recinto degli ebrei". Si trattava in origine del "geto de rame", il luogo in cui venivano riversati ("gettati") gli scarti della lavorazione delle fonderie presenti nella zona. Nel corso dei secoli, e su tutti i continenti, questa parola veneziana sarebbe presto diventata sinonimo di segregazione. Nato come misura di confinamento, il Ghetto diviene in breve un luogo effervescente e cosmopolita, che accoglie gli ebrei provenienti dai luoghi più diversi, oltre a rappresentare uno dei centri di commercio fondamentali della Repubblica veneziana. La struttura architettonica delle sue case, inusuale per Venezia - con i suoi caseggiati stranamente sviluppati in altezza per far posto al numero crescente di abitanti confinati nel luogo -, si intreccia alla vicenda storica del luogo, decisamente centrale per l'Italia e per l'Europa. Qui sorgono i banchi di pegno dai quali passerà buona parte del prestito di denaro della potenza lagunare, ma nel Ghetto non mancano le professioni liberali e la cultura, che fanno di Venezia una delle capitali indiscusse del mondo ebraico e non solo.
Per un quarto di secolo (1929-1953) Iosif Stalin è stato il padrone assoluto dell'Unione Sovietica. Dall'ufficio al Cremlino, o dalle dacie fuori Mosca dove spesso risiedeva, il dittatore gestiva con pugno di ferro ogni aspetto della vita sociale, sulla base di un'interpretazione estremistica e ultrasemplificata del marxismo. Ossessionato dall'idea di "nemici interni" pronti a tradirlo, Stalin instaurò un regime di terrore che non permise mai a nessuno dei suoi sudditi di sentirsi al sicuro. Si calcola che ben 60 milioni di persone incolpevoli abbiano subito i tragici effetti della discriminazione e repressione, fino alla pena capitale. Eppure, oggi in Russia sembra rifiorire il mito di Stalin quale figura storicamente "necessaria", che ha avuto quantomeno il merito di trasformare un paese arretrato in una superpotenza industriale in grado di affrontare e sconfiggere Hitler. Oleg Chlevnjuk, considerato il maggior esperto mondiale di Stalin e del suo tempo, si oppone a tale tendenza "giustificazionista" sfatando vari miti sul despota sovietico, da quelli celebrativi che lo dipingono come "amministratore eccelso", "stratega militare lungimirante", "vittima di ambiziosi e avidi collaboratori" agli altri, opposti, che lo vorrebbero "traditore del lascito di Lenin", o addirittura, e unicamente, "belva assetata di sangue" e "criminale sadico e paranoico".
SPQR is the Romans own abbreviation for their state: Senatus PopulusQue Romanus, 'the Senate and People of Rome' - and this magnificent book is an eloquent and a definitive account of their story.
Sant'Anna di Stazzema è composta da una manciata di case distribuite su un anfiteatro collinare che guarda il mare, a un'altezza variante dai 600 agli 800 metri. Qui è stato compiuto il secondo più grave massacro d'Italia, dopo quello di Marzabotto, e uno dei più gravi ed efferati nell'Europa occidentale occupata dai tedeschi: il numero dei morti - fra essi molti bambini, donne, anziani - oscilla, a seconda delle valutazioni, fra i quattrocento e i cinquecentocinquanta. Il volume raccoglie le testimonianze dei sopravvissuti, allora bambini.
Cinquecento giorni trascorrono, nella vita di Napoleone Bonaparte, tra il crollo dell'Impero, l'esilio all'Elba, i Cento Giorni e la partenza, infine, per Sant'Elena. Al loro inizio c'è un tentativo di togliersi la vita, a Fontainebleau, nelle stanze vuote di un palazzo vuoto da cui tutti si sono prudentemente allontanati, lasciando solo l'Imperatore in disgrazia. Alla fine, ancora la tentazione di un suicidio, sul vascello inglese che lo conduce, ormai prigioniero, a Sant'Elena. In mezzo, un tempo per così dire intermedio - 500 giorni non sono né pochi né molti - scandito da scelte obbligate: partire, restare, combattere, fuggire. Scelte che si sbaglierebbe a immaginare rivolte solo alla vittoria, o peggio alla rivincita. Esse sono, più spesso, dettate, al contrario, dall'idea della sconfitta, dall'incubo del congedo. Come uscire di scena è, per Napoleone, in questo finale di partita, molto più importante che restare a tutti i costi sul palcoscenico. Come uscire di scena, rendendo per sempre indimenticabile ciò che egli ha fatto nei giorni della fortuna, evitare di negarlo con un comportamento poco appropriato, fare che la propria vita, e la storia che in essa si è scritta, non perda di significato, come molti, troppi, intorno a lui vorrebbero fare e provare a fare in quei lunghi, brevi 500 giorni.
La storia delle Crociate è nota, eppure è una storia spesso raccontata a metà, perche si basa quasi esclusivamente su fonti occidentali. Questo saggio intende considerare secondo una nuova, più equilibrata, prospettiva gli scontri fra musulmani e cristiani durante il Medioevo su tutte le sponde del Mediterraneo musulmano. Trattate come parte attiva della relazione dinamica tra gli stati islamici medievali e le società che vanno dalla Spagna all'Iran, le Crociate vengono dunque lette non soltanto come un episodio esotico, ma come parte integrante della storia della civiltà islamica stessa. Intrecciando la prospettiva tradizionale e il punto di vista dei musulmani medievali, le Crociate emergono come qualcosa di completamente diverso dalla pretenziosa retorica delle cronache europee: diventano un gioco degli scacchi diplomatico da padroneggiare, un'opportunità commerciale da cogliere, un incontro culturale che ha plasmato le esperienze musulmane ed europee fino alla fine del Medioevo e, come spesso è accaduto, una contesa politica sfruttata da ambiziosi governanti che fecero un uso astuto del linguaggio del jihad.
L'era imperiale è dominata dalla figura di Pietro il Grande, il quale, affascinato dal progresso tecnologico, decide di modernizzare la Russia. L'imposizione del taglio della barba, segno di appartenenza all'Ortodossia, l'obbligo di portare abiti di foggia occidentale e i comportamenti blasfemi del sovrano inaspriscono la frattura tra i seguaci dello scisma dei veteroritualisti, emarginati e perseguitati, e i fedeli della Chiesa di Stato, completamente asservita all'autocrate. Pietro porta a termine un programma di laicizzazione al quale si ispireranno i regnanti del XVIII secolo, in particolare Caterina II, e decreta l'abolizione del Patriarcato, affermando: "Dio mi ha concesso di governare i laici e il clero e pertanto io sono per loro sovrano e patriarca", optando, quindi, per un cesaropapismo di stampo protestante e allontanandosi irrimediabilmente dal modello bizantino della sinfonia tra sacerdotium e imperium. La Chiesa, denominata Ente della professione ortodossa, viene trasformata in dicastero statale e si riduce a mero instrumentum regni. La storia di questa Chiesa è quella dello Stato stesso e lo sarà anche al tempo dei piissimi zar dell'Ottocento. L'imposizione di valori estranei al mondo russo crea una divisione tra i cultori della ricca tradizione spirituale della Russia (slavofili) e i partigiani del modello petrino (occidentalisti). Queste due antitetiche correnti di pensiero hanno, peraltro, in comune la convinzione di una missione salvifica della Russia.